Capitolo [part not set] di 39 del racconto Spy cam

di Claudia Effe

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Capitolo 3

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Luca passò la mattinata chiuso nel suo ufficio.

Provava qualche senso di colpa a demandare tutto il lavoro al suo dipendente, ma aveva un sito da mantenere che, per certi versi, costituiva anch’esso un’attività commerciale.

Interrogò l’hard disk del suo computer, verificando le registrazioni della notte.

Il materiale era già notevole: Martina si era masturbata per una dozzina di minuti, quindi si era addormentata senza rivestirsi.

Aprì subito la webcam sulla stanza da letto, constatando come la ragazza stesse ancora dormendo.

La luce entrava abbondante dalle finestre e l’immagine sul suo monitor era estremamente nitida, tanto da permettergli di cogliere un piccolo neo accanto all’ombelico e una leggera cicatrice sulla caviglia.

Il suo membro reagì immediatamente alla visione.

Era così bella; quanto avrebbe dato per farsela!

Entrò nella sezione “archivio” del sito e vi caricò il video girato la notte precedente, mettendolo in vendita a € 2.99; quindi vi pubblicò alcune foto della performance, scaricabili gratuitamente.

Era bene invogliare un po’ la potenziale clientela.

Centoventi persone erano comunque già collegate, tutte intente a contemplare il corpo nudo di Martina; due scaricarono subito il video.

Luca sorrise, passandosi una mano sul cavallo dei pantaloni.

Mai aveva guadagnato soldi con così tanto piacere.

Martina si svegliò con calma alle dieci passate.

Non doveva andare a lavorare, almeno che si riposasse!

Si stiracchiò a lungo nel letto, quindi si alzò e, senza vestirsi, andò in cucina.

Mentre preparava il caffè elaborò il da farsi.

Quella sera sarebbe passato da lei il suo padrone di casa e doveva in qualche maniera risolvere il problema.

Non voleva andare a letto con lui, ma dove trovare i soldi?

I suoi genitori erano da escludere, suo fratello meno che meno…

Il suo ex?

“Piuttosto mi faccio scopare veramente”, pensò tra sé, pur inorridita da quell’eventualità.

Sorseggiò il caffè, in piedi accanto alla finestra, facendo attenzione a non avvicinarsi troppo al vetro per non essere scorta da fuori.

Avesse saputo che oltre duecentocinquanta persone la stavano guardando proprio in quel momento forse avrebbe sorriso della sua prudenza.

Terminò il caffè, depose la tazza nel lavello e tornò in camera da letto.

Aprì il cassetto della biancheria, rimanendo un attimo interdetta.

Era certa di aver riposto nel cassetto il suo perizoma portafortuna, quello rosso, solo il mattino precedente, e ora non c’era più.

Esplorò il cassetto sottostante, quello dei reggiseni, nel dubbio di essersi confusa, ma non era neppure lì.

Ne prese uno nero e lo infilò (con disappunto di trecentodieci utenti), quindi indossò un reggiseno sportivo.

Sarebbe andata a correre al parco per un’oretta, magari le sarebbe venuta qualche buona idea su come recuperare i soldi.

***

Più tardi, quel pomeriggio, Martina sedeva nuovamente sul divano, questa volta persuasa che non avrebbe trovato una soluzione; almeno non quel giorno.

Aveva stilato un elenco – invero piuttosto esiguo – di amici e conoscenti che avevano le potenzialità economiche per aiutarla, ma li aveva via via depennati dalla lista, fino a quando non ne era rimasto solo uno, il suo ex datore di lavoro.

Era certa che, nonostante avesse chiuso l’azienda adducendo insormontabili difficoltà economiche, si fosse preparato il terreno in precedenza e fosse tutt’altro che indigente.

Avrebbe fatto leva sul lavoro che aveva svolto con impegno negli anni passati e, tra le righe, su come fosse a conoscenza della relazione extraconiugale che il suo padrone aveva intessuto con la commessa ucraina.

Per uno che aveva intestato tutti i beni alla moglie sarebbe stato alquanto problematico che tutto quanto diventasse di dominio pubblico.

Nel frattempo avrebbe cercato di persuadere il signor Agnello ad aspettare ancora qualche giorno, magari promettendogli qualche soldo in più.

Si alzò e andò ad aprire il cassetto della credenza, sperando che Marco, andando via, avesse dimenticato un pacchetto di sigarette.

Non fumava, ma sentiva che in quel momento avrebbe potuto concedersi uno strappo alla regola.

Non sapeva che quei movimenti oziosi erano seguiti da quattrocentosessanta persone, attirate sul sito dall’avviso postato da Luca tre ore prima in cui annunciava che alle sei precise Martina avrebbe fatto sesso con il suo padrone di casa.

Non c’erano sigarette.

Sentì suonare il campanello; contemporaneamente il suo cuore sobbalzò.

Il signor Agnello entrò in casa con un’espressione sul volto tutt’altro che affabile.

“Allora?”, chiese brusco.

“Si sieda, per piacere”, lo esortò Martina.

L’uomo si accomodò sul divano, ma era evidente come fosse per nulla rilassato.

“Senta, glielo dico subito: io non ho i soldi…”, cominciò Martina.

Il signor Agnello infilò una mano nella tasca interna della giacca e ne estrasse una busta.

“Le cose sono semplici, signorina: io qui ho un’ingiunzione di sfratto già compilata. Se mi dà i soldi, io la strappo; se non mi dà nulla, io la porto al mio avvocato. Non ci sono altre vie”.

“Senta, io la capisco, ma a breve dovrei ricevere una somma molto importante e salderò tutto il debito, anzi, le darò anche qualcosa in più per il disturbo”, piagnucolò Martina.

L’uomo ridacchiò: “Signorina, io affitto immobili da trentacinque anni e questa storia l’ho sentita già decine di volte. E, mi creda, non è capitato neppure una volta che questi soldi siano poi effettivamente arrivati. Ero stato chiaro ieri, mi pare”.

Martina sentiva un groppo in gola.

“Facciamo una cosa – propose – io adesso mi vesto bene e usciamo assieme a cena. Chiacchieriamo, ci conosciamo meglio e sono convinta che lei capirà che sono una brava persona”.

L’uomo si alzò in piedi.

“Non ho dubbi che lei è una brava persona, Martina; però è una brava persona che non paga. Ora, l’unica conoscenza che potrei fare di lei e che potrebbe spingermi a cambiare idea non impone di uscire di casa e non necessita che lei si cambi, anzi. La scelta è sua, ma io non ho pazienza infinita”.

Martina mandò giù amaro.

Cosa altro poteva fare?

“Mi segua”, disse.

Si avviò verso la camera e si sedette sul letto.

Sarebbe stato così squallido?

Agnello si fermò in piedi davanti a lei.

“Si spogli”, disse.

Martina slacciò la camicetta e se ne privò, deliziando settecentotrenta persone – attraverso la webcam sul lampadario – con la visione del suo reggiseno, quindi si abbassò i jeans.

Rimase seduta sul letto.

“Vada avanti”, la esortò Agnello.

“Prima mi sbrigo, prima finisco”, pensò la ragazza tra sé.

Si slacciò il reggiseno e si sdraiò sul materasso, quindi si sfilò anche il perizoma.

Agnello sedette accanto a lei.

“Si lasci dire, signorina, che il suo ragazzo deve essere stato pazzo a lasciarla. Lei è molto bella”.

Le passò una mano sul seno, mentre Martina si sentiva morire.

“Grazie”, disse solo.

L’uomo le palpò anche l’altro seno, quindi si spostò subito sull’inguine.

Martina chiuse gli occhi, cercando la maniera di estraniarsi da quella esperienza, come se tutto quello stesse capitando ad un’altra.

“Le è già capitato altre volte?”, chiese.

L’uomo annuì.

“Qualche volta”, disse solo.

Cercò di insinuare un dito nella vagina di Martina, ma la ragazza era completamente asciutta.

“Allarga le gambe”, disse.

“La prego”, disse lei con un filo di voce.

“Forza!”, venne rimproverata.

Martina eseguì l’ordine, chiudendo gli occhi.

L’uomo le massaggiò il monte di venere con i polpastrelli, quindi le infilò il dito medio nella vagina.

Martina si morse il labbro inferiore.

Agnello portò l’altra mano su di lei, toccandole i seni.

“Rilassati…”, le disse sottovoce, palesamente eccitato.

Martina sapeva che sarebbe stato effettivamente meglio se lei fosse stata meno contratta, ma come avrebbe potuto essere diversamente?

Al di là del contesto, quell’uomo era veramente brutto e non c’era nulla di sexy in quello che stava capitando.

Diversa era, invece, l’opinione delle oltre ottocento persone che si stavano godendo lo spettacolo attraverso le due webcam.

Il dito di Agnello uscì dalla vagina e si spostò pochi millimetri più in basso.

“Aspetti, si sta sbagliando…”, si lamentò Martina.

La sua protesta venne arrestata dal tocco del polpastrello di Agnello sul suo ano.

“Nessuno sbaglio – replicò l’uomo – Ora stai zitta!”.

Agnello aumentò la pressione e introdusse due falangi nel sedere di Martina, che si morsicò nuovamente il labbro inferiore.

L’uomo sorrise con fare sadico e spinse ulteriormente il dito, facendolo scorrere per tutta la sua lunghezza.

Martina sentì il corpo estraneo penetrare dentro di lei e, un attimo dopo, lo sentì muoversi avanti e indietro.

Deglutì, mentre i suoi capezzoli venivano tormentati dall’altra mano di Agnello.

“Ti piace?”, le chiese.

Martina annuì, anche se l’espressione facciale tradiva tutt’altra sensazione.

Agnello andò avanti e indietro ancora per qualche minuto, quindi le sfilò il dito dal sedere.

“Dai, mettiti in ginocchio e terminiamo questa cosa”, le disse.

Portò le mani alla vita e si slacciò la cintura dei pantaloni, Martina si mise a sedere sul letto.

L’uomo si abbassò i pantaloni e le mutande, scoprendo il pene in erezione.

Martina non ebbe bisogno di farsi dire cosa fare: si mise in ginocchio e accostò le labbra al sesso dell’uomo.

“Ecco, brava”, disse lui, posandole una mano sulla nuca e tirandola verso di sé.

Martina sentì il membro di lui lambirle il palato e si sforzò per trattenere un conato di vomito.

Prese ad andare avanti e indietro, mentre con la lingua cercava di stimolarlo.

Non le piaceva, non le piaceva per nulla, ma prima lui fosse venuto, prima sarebbe finito tutto ciò.

Sentì l’uomo ansimare leggermente, segno che gli stava piacendo.

Con una mano Martina gli raggiunse lo scroto e lo accarezzò con la punta delle dita, cercando di aumentargli il piacere; con l’altra gli impugnò la base del pene.

Chiuse le labbra lungo l’asta e cercò di percorrerla per la sua intera lunghezza, avanti e indietro, fino a quando Agnello non la fermò.

“Leccami la cappella!”, le disse.

Martina estrasse il pene dalla bocca e appoggiò la punta della lingua sul glande dell’uomo.

Era perfettamente esposto e umido di umori.

Gli diede una lenta passata di lingua.

“Brava, perfetto”, sottolineò l’uomo con voce più rauca del solito.

Un’altra leccata, commentata con un sospiro greve.

Un’altra leccata, questa volta una specie di rantolo.

Lo schizzo colpì Martina appena a destra della bocca.

Fece per ritrarsi, ma la mano dell’uomo, ancora sulla sua nuca, le strinse i capelli e le impedì di muoversi.

I successivi schizzi le coprirono le labbra e il mento, mentre annaspava come se fosse in procinto di affogare.

Si sentiva umiliata come mai prima.

Agnello si mise a ridere, quindi si tirò su mutande e pantaloni.

“E brava la mia zoccoletta!”, disse l’uomo, mentre Martina non osava neppure guardarlo in faccia.

Si guardò attorno, ma non vide nulla con cui pulirsi.

Il suo padrone di casa si allacciò la cintura.

“Ora me ne vado. Ci vediamo tra una settimana, spero che allora avrai i soldi”.

Martina lo guardò con aria stranita.

“Come sarebbe i soldi? E… tutto questo?”, domandò.

Agnello si mise a ridere sguaiatamente.

“Cara ragazza, mi fai morire con la tua ingenuità! – disse allegro – Mica avrai pensato che due leccate e una sborrata in faccia potessero valere millecinquecento euro?”.

Martina era stupefatta.

“Ma allora perché? – chiese – Perché ho dovuto fare questo?”.

“Grazie a questo, io per una settimana non depositerò l’ingiunzione di sfratto. Ma solo per una settimana; giovedì prossimo, se non avrò visto i soldi, procederò”.

Le voltò le spalle e si allontanò, mentre Martina non riusciva a capacitarsi di essersi comportata come una puttana per un tornaconto così misero.

Luca, mentre Martina si buttava sotto la doccia per lavare via la vergogna, provvedeva a sua volta a pulirsi il pene.

Non aveva potuto resistere e si era concesso una memorabile sega in onore della sua bella vicina.

Non era stato probabilmente l’unico, visto che oltre cinquecento utenti avevano pagato per assistere alla medesima performance e oltre duecento si erano già prenotati per scaricare il video.

Non poteva illudersi che ogni giorno saarebbe andata così, ma non avrebbe potuto ambire ad un inizio migliore.

Mentre si rivestiva pensò alla ragazza costretta a fare un pompino per non essere sfrattata.

“Chi è lo sfigato, eh Martina?”

***

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