Capitolo [part not set] di 39 del racconto Spy cam

di Claudia Effe

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

Il mattino successivo, mentre Alina era alle prese con il primo colloquio con Luca, Martina fermava l’auto nel posteggio dello stabilimento balneare.

Aprì la portiera e quasi le mancò il fiato quando venne aggredita dal caldo torrido di quella mattina.

I suoi nonni, fortunatamente, da più di trent’anni si facevano riservare ogni estate un lettino e un ombrellone nello stesso stabilimento, anche se ormai da qualche tempo la loro salute impediva loro di essere bagnanti assidui.

Per questo motivo, sia Martina che suo fratello avevano la delega implicita ad utilizzarlo a piacimento.

Prese il borsone e si diresse velocemente presso la reception.

“Sono la nipote della signora Lina”, disse all’uomo di mezza età seduto dietro al vetro, intento a leggere la Gazzetta dello Sport.

Lui la degnò di uno sguardo sommario, poi le disse semplicemente:“Ombrellone quattordici” e le porse la chiave della cabina.

Si erano visti decine di volte negli anni, e ogni volta Martina aveva provato una discreta repulsione per quell’essere.

Gli regalò un sorriso falso, prese la chiave e si avviò all’interno dello stabilimento.

Dieci minuti dopo riemergeva dalla cabina in bikini nero e occhiali da sole.

Distese l’asciugamano sul lettino e si sdraiò, sentendo subito il morso del sole sulla pelle.

Infilò le cuffiette nelle orecchie, selezionò sull’i-Pod una playlist di musica da festa e chiuse gli occhi.

Nei giorni successivi sarebbe andata a cercare lavoro, ma in quel momento aveva voglia di rilassarsi.

I soldi di Sandro, poi, le avevano dato un po’ di respiro, anche se non sarebbero durati a lungo.

Sarebbero stati i primi e gli ultimi guadagnati in quella maniera, ma nel frattempo era giusto godersi il momento.

Anche se, tutto sommato, facendo una certa selezione, non sarebbe stata un’esperienza da scartare in toto.

Se un fustacchione si fosse presentato a lei, offrendosi di pagare per averla, perchè avrebbe dovuto dire di no?

Prese un sorso da una bottiglietta d’acqua e si osservò; la pelle della pancia stava cominciando ad arrossarsi.

Si guardò attorno; non c’era tanta gente e, soprattutto, nessuno che conoscesse.

Si slacciò la chiusura del reggiseno, lo tolse e lo mise in borsa, quindi si sdraiò nuovamente sulla schiena.

Dopo aver passato qualche settimana ad esibirsi in cam, sicuramente le si era abbassato il senso del pudore.

Ma poi, di che pudore stiamo parlando?

Mostrare due seni al vento?

Si chiese, piuttosto, cosa stesse aspettando a smantellare le telecamere da casa sua.

Non era propriamente esperta nei lavori manuali, ma anche lei sapeva che smontare una telecamera era molto più facile che montarla.

Forse, dentro di sé, non aveva ancora chiuso quella parentesi; forse stava facendo come quelli che, provando a smettere di fumare, tengono comunque un pacchetto nel cassetto, perché dentro di loro sanno che presto o tardi torneranno ad accendersi una sigaretta.

Pensando alle sigarette, si sollevò un istante per cercare il pacchetto nella borsetta e non poté non notare un uomo sulla cinquantina, a pochi passi da lei, che voltò rapidamente la testa non appena lei sollevò il capo.

La stava guardando e aveva paura di essere stato notato.

Martina sorrise dentro di sé; se quell’uomo avesse saputo come sarebbe stato facile guardarla fino a un paio di giorni prima…

Con questo pensiero, rinunciò alla sigaretta e si distese di nuovo, questa volta intrecciando le mani sotto alla nuca per rendere ancora più prominente il seno.

Che guardasse pure, quello sfigato, sicuramente non aveva una moglie sexy come lei.

Aprì gli occhi dietro agli occhiali da sole.

L’uomo si era nuovamente girato a guardarla, convinto di non essere visto a sua volta.

Martina sentì i suoi capezzoli irrigidirsi.

Inarcò la schiena, come per stirarsi, e approfittò del movimento per allargare il proprio raggio di osservazione.

C’era una coppia attorno ai trenta che sembrava osservarla, sulla sinistra, e un terzetto di ragazzi molto più giovani che ridacchiavano indicandola.

Segaioli… si sarebbero sfogati più tardi pensando a lei.

Decise di rincarare la dose.

Sciolse il nodo del costume sul suo fianco sinistro, quindi su quello destro, e raccolse i lacci – ormai privi di utilità – sul triangolino di stoffa che le copriva il pube.

Avrebbe preso una bella abbronzatura, quasi integrale, l’avrebbero apprezzato gli utenti delle webcam, se mai si fosse esibita ancora.

Chiuse gli occhi e si abbandonò alla carezza del sole.

Si ridestò dal torpore quando sentì vociare vicino a lei.

Dischiuse gli occhi e vide che i tre ragazzi che prima stavano ridacchiando erano in piedi a un paio di metri da lei.

Uno le dava le spalle e si rivolgeva ad un altro – di fronte a lui e coperto dal suo stesso corpo alla vista di Martina – con fare concitato, quasi litigando, mentre il terzo riprendeva la scena con il telefonino.

“Dai, smettila, non fare il coglione!”, urlava saltellando sul posto.

Urlò “No!”, quindi scartò rapidamente di lato e solo all’ultimo Martina capì che il ragazzo si era spostato per evitare una secchiata d’acqua, partita dall’amico di fronte a lui.

Il getto di liquido gelido la colpì in pieno, e istintivamente si alzò in piedi nel tentativo disperato di evitarlo.

Urlò per la sorpresa e per il freddo, e quando riaprì gli occhi vide che i tre ragazzi – uno dei quali sempre armato di telefonino – la stavano guardando e stavano ridendo.

Seguì la direzione dei loro sguardi e comprese il motivo dell’ilarità: alzandosi in piedi, la mutandina del costume – alla quale aveva sciolto i lacci – era caduta a terra, e in quel momento era completamente nuda.

Non poté non notare i capezzoli, resi turgidi dall’improvviso freddo.

Intuì che la scena del litigio era stata architettata ad hoc per farla alzare di scatto.

“Bravi, siete stati furbi!”, disse loro battendo ironicamente le mani.

Combatté contro il suo istinto e non si coprì, constatando come la scena avesse attirato gli sguardi di una dozzina di altri bagnanti.

Che guardassero, non erano sicuramente i primi.

Raccolse con calma studiata la mutandina da terra e la scosse energicamente per liberarla della sabbia.

L’acqua e la sabbia avevano creato un impasto decisamente sgradevole, simile al cemento.

Rimase qualche istante con gli slip in mano incerta su cosa fare: andare a sciacquarli sotto alla doccia oppure indossarli?

“Signorina, dove crede di essere?”, si sentì apostrofare.

Alzò lo sguardo e incrociò quello dell’uomo all’ingresso. Teneva le braccia incrociate e la stava squadrando da capo a piedi.

“Lo dica a loro!”, disse lei indicando i ragazzi, che per altro non avevano interrotto le riprese.

“Non me ne frega nulla – rispose l’uomo – Questa non è una spiaggia nudista, o si riveste, o se ne va!”.

Martina scosse il capo contrariata, quindi si voltò verso il mare.

“Vado a lavarlo in acqua”, disse prima di sentire altre obiezioni.

Si incamminò lentamente verso il bagnasciuga, godendo degli sguardi di tutti verso di lei.

Sentiva la pelle quasi sfrigolare, come se gli occhi degli astanti la stessero friggendo.

Si immerse nell’acqua fino alle caviglie, ricevendo subito sollievo dall’acqua fresca.

Decise che aveva già dato sufficiente spettacolo, così compì ancora qualche passo, immergendosi fino alla vita.

Agitò le mutandine del costume in acqua e, una volta liberate dalla sabbia, le indossò nuovamente.

Continuò ad avanzare, lasciando che l’acqua la coprisse fino a metà busto.

Era piacevole, avrebbe dovuto venirci più spesso.

“Sicuramente il tizio all’ingresso la prossima volta si ricorderà di me”, pensò divertita.

Per quanto sarebbe andata con uno come lui?

Non meno di mille euro, quantificò. Anzi, almeno mille e cinquecento.

“Cosa cazzo sto pensando?”, si domandò. “Non avevo detto che avrei fatto selezione?”.

Si allontanò ulteriormente dalla riva, godendosi il fresco.

Certo che, ad avere un po’ di pelo sullo stomaco, quello sarebbe stato un lavoro che le avrebbe fatto guadagnare dei soldi.

Trecento una volta, duecento l’altra…avrebbe potuto crearsi dei clienti abituali, tipo Sandro.

Immerse la testa in acqua per scacciare certi pensieri; quando tornò su vide che una coppia – un ragazzo e una ragazza – si stava avvicinando a lei.

Si fermarono a qualche metro, parlando tra loro e indicando nella sua direzione, poi la ragazza si staccò dal compagno e avanzò verso di lei.

“Ciao – le disse quando fu a un paio di metri – Posso farti una domanda?”.

Martina rimase sorpresa.

“Certo”, rispose.

“Tu per caso ti chiami Martina?”.

“Sì – rispose sorpresa – Ci conosciamo?”.

Martina cercò di inquadrare il volto di quella persona, cercando familiarità tra le sue vecchie compagne di scuola e amicizie varie.

La ragazza ridacchiò nervosa.

“Scusa se chiedo, ma tu per caso avevi un sito fino a qualche giorno fa?”.

Era il caso di negare, visto che l’aveva riconosciuta?

“Sì, sono io”, confermò.

La ragazza sembrò sollevata.

“Ci sembravi tu, infatti. Mio marito ed io abbiamo passato molto tempo guardandoti. A proposito, io sono Valentina”.

Le tese la mano e gliela strinse.

Valentina aveva una trentina di anni e il tipico incarnato delle ragazze del sud. Occhi neri e capelli corvini completavano il quadro.

“Può venire qui anche mio marito?”, le chiese.

“Certo”.

La ragazza fece un cenno con la mano all’uomo, che si avvicinò subito.

Anche lui doveva essere attorno ai trenta. Barba corta, capello curato. Non male.

“Ciao, sono Mauro”, si presentò.

“Scusa se ti abbiamo disturbata – disse – Ma non appena ti ho vista sotto l’ombrellone ho pensato fossi tu”.

“Non c’è problema – lo tranquillizzò Martina – Piuttosto, come siete finiti sul mio sito?”.

Lui alzò le spalle.

“Non ricordo. Credo una mail di un mio collega, o uno del calcetto. Come mai non sei più on line?”.

Martina fece spallucce.

“Ho avuto dei problemi con il gestore del sito. Mi ha presa in giro”.

“Peccato – rispose lui – Ti abbiamo spesso seguita. Anche in momenti normali, intendo; mentre facevi colazione, guardavi la televisione. Ormai un po’ ti conosciamo, sei quasi un’amica”.

“Anche di più, considerando cosa avete visto”, scherzò Martina, pur provando un certo imbarazzo.

I due si guardarono per qualche secondo, come se dovessero decidere su chi dovesse fare cosa, poi Mauro prese la parola: “Senti, dovremmo chiederti una cosa. Spero non ci giudicherai troppo sfacciati. È un’idea che ci è venuta guardando te con la tua amica Sara…”.

“Chiedi pure – rispose – Giunti a sto punto…”.

Martina ascoltò per qualche minuto la proposta dei due ragazzi, meditò qualche istante, quindi rispose: “Per me non c’è problema, ma per onestà devo dirvi che queste cose non le faccio gratis. Per voi è un problema?”.

Mauro scosse il capo: “No, non è un problema. Non pensavamo ti facessi pagare, ma va bene. Di quanto stiamo parlando?”.

“Il sito era per me una fonte di reddito – si giustificò Martina – Ho bisogno di soldi, se mi avete seguita lo saprete senz’altro. Comunque, visto che siete carini e mi piacete, potremo fare tutto con duecento euro”.

I due si guardarono, poi annuirono assieme.

“Va bene, ci stiamo. Quando possiamo fare?”.

“Anche questa sera, se volete. Da me o da voi?”.

“Ehm, io ho mia madre che abita al piano di sopra e talvolta scende, forse è meglio da te – spiegò Mauro – Poi siamo anche curiosi di vedere dall’interno l’appartamento su cui abbiamo fantasticato tanto”.

Martina rispose che non c’era problema, diede loro l’indirizzo e li salutò.

“Ho fatto selezione, no? – si disse tra sé – Non c’è niente di male ad andare con persone che mi piacciono, giusto?”.

Si voltò e si immerse nuovamente nel mare.

***

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