Capitolo [part not set] di 39 del racconto Spy cam

di Claudia Effe

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Capitolo 7

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Un’ora dopo, Luca stava riepilogando la situazione a Martina.

“Hai tre zone non coperte: il cucinino, la zona dei sanitari e l’ingresso dove ci troviamo ora. In questa maniera se hai bisogno di non mostrare qualcuno o qualcosa è sufficiente che ti sposti in quei luoghi. In casi estremi, qui – e porse un telecomando alla ragazza – hai un interruttore che disattiva tutto. Però ti consiglio di usarlo solo in casi estremi, perché alla gente piace spiarti sempre, anche quando dormi o guardi la televisione”.

Martina sentì lo stomaco chiudersi a pensare a questo pubblico di guardoni silenziosi.

“Ho sostituito la telecamera della stanza da letto e ne ho messa una molto buona, la definizione delle immagini da lì sarà ottima. Sappilo, se vuoi mostrarti bene”.

Martina si rese conto che aveva il respiro affannato. Veramente aveva detto di sì a quella cosa?

“Hai un tablet?”, le domandò Luca.

La ragazza aprì un cassetto, estrasse un iPad e lo avviò.

Luca lo prese e vi digitò sopra qualcosa, quindi lo restituì a Martina.

“Ora da qui vedi quello che vedono gli utenti. Qui sulla destra – le mostrò – leggi i commenti di chi è connesso, qui sotto puoi scrivere tu. Fino ad ora non hai mai scritto nulla per… ehm… ovvi motivi, ma un po’ di interazione può giovare alla causa. Io anche posso scrivere, il mio nickname è Dio”.

“Modesto, come sempre”, commentò Martina.

Luca guardò l’orologio e si spostò verso la porta.

“Si è fatto tardi. Sono più di due ore che le telecamere non trasmettono e non è bene. Io vado, tu comportati normalmente e vedrai che non avrai problemi. Se hai bisogno di qualcosa scrivimi in chat o telefonami che arrivo”.

Si sporse per dare un bacio a Martina, ma la ragazza lo respinse con una mano.

“Allargati meno”, lo ammonì, e gli chiuse la porta in faccia.

Una volta sola, sospirò e si mise le mani sul volto.

Quella avrebbe potuto essere la cazzata più grande di tutta la sua vita.

Avrebbe solo provato, poi basta; sicuramente questa cosa non sarebbe durata più di qualche giorno. Giusto il tempo di racimolare qualche soldo e pagare qualche debito.

Si spostò in tinello e si sedette sul divano.

Dal tablet vide che quattro persone erano connesse e la stavano guardando.

Questa cosa era pazzesca: era semplicemente una ragazza seduta, eppure in quattro erano lì ad osservare.

Cinque, in quel momento.

“La gente ha veramente un cazzo da fare”, pensò tra sé.

Cosa poteva fare?

Era imbarazzante sapere di avere pubblico, per quanto esiguo.

Come si sarebbe comportata non avesse saputo nulla e fosse appena rientrata in casa?

Si sarebbe cambiata, certamente.

Si spostò nella stanza da letto.

“Sù, o la fai bene o non la fai!”, si disse.

Si sedette sul letto e si tolse le scarpe, quindi si slacciò i pantaloni.

Aveva lasciato il tablet nell’altra stanza, non sapeva in quanti la stessero guardando.

Meglio così.

Si abbassò i pantaloni, sforzandosi per non voltarsi rispetto alla telecamera, quindi si sfilò la maglietta, rimanendo in biancheria intima.

Sforzandosi di non accelerare il passo, andò verso la sedia dove soleva riporre i suoi abiti e indossò un paio di shorts e un top bianco.

Riprese a respirare in maniera più regolare quando fu nuovamente coperta.

Tornò in tinello e recuperò il tablet.

Ventotto persone la stavano guardando in quel momento; ventotto persone che, presumibilmente, avevano assistito a quello strip molto casto.

Scorse i commenti a lato.

Si sarebbe aspettata un mucchio di maialate, invece si dovette ricredere.

Molti dicevano che era molto carina, altri professavano addirittura amore nei suoi confronti.

Forse aveva sottovalutato il “suo” pubblico.

Altri cinque si unirono alla visione.

Poteva fare qualcosa di più?

Non doveva dimenticare che – benché lei non lo sapesse – tutti loro l’avevano già vista nuda.

E non solo, purtroppo.

Si tolse il top, mostrando il reggiseno.

Il cuore batteva a mille.

Un certo consenso si levò dagli spettatori.

Prese il tablet, portò il cursore sul box di scrittura e scrisse: “ciao”, poi premette invio.

Il suo saluto generò un piccolo tripudio tra gli utenti.

“Ma allora leggi!”

“Tesoro, sei bellissima!”.

“mostraci di più, ti prego!”.

Uno le mandò una gif animata raffigurante un mazzo di rose.

Le venne da ridere.

“sei carino!”, scrisse.

Prese il tablet in mano e si spostò nuovamente nella stanza da letto.

Si sdraiò sulla pancia e posizionò il tablet sul materasso davanti a sé, in modo da poter controllare cosa gli altri scrivessero.

Vide attraverso la telecamera l’immagine di se stessa distesa.

Era carina, poteva dirlo, e aveva anche un bel sedere.

Sollevò leggermente il bacino e slacciò il bottone degli shorts, quindi li abbassò fino a metà coscia.

“Siiiii!!!! Daaaiiii!!!”, fu il primo commento che ricevette, e i successivi furono simili.

Sorrise e si abbassò i pantaloncini fino a metà polpaccio, quindi se ne liberò con un movimento rapido.

Il suo perizoma, o meglio, il suo sedere, erano ora in piena vista di cinquantaquattro persone.

Sentiva il cuore battere forte ma, contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, non era spaventata.

Era eccitata.

Ormai i commenti erano troppo veloci per poterle permettere di rispondere uno ad uno.

Il tema comune era ovviamente uno: che si togliesse ancora qualcos’altro.

“Sono in casa mia – pensò – Potrò fare quello che voglio?”.

Allungò una mano dietro alla schiena e slacciò il gancetto del reggiseno, quindi sollevò un istante il busto dal materasso per sfilarlo via.

La telecamera sopra di lei diffuse sul web l’immagine di Martina vestita solo con il perizoma.

Ora erano novantuno a guardarla.

Martina vide i messaggi susseguirsi rapidamente.

Un paio lasciarono il loro numero di telefono, altri si limitarono a pubblicare commenti entusiasti.

Poteva osare un po’ di più?

Certo che poteva; l’aveva anche già fatto, del resto.

Non sapeva di essere spiata, ma l’aveva fatto.

Prese tra le dita l’elastico del perizoma.

Quel semplice movimento provocò entusiasmo nella rete.

“dai, toglilo!”.

“nuda! Nuda! Nuda!”.

“non farmi soffrire!”.

Lo abbassò di qualche centimetro, spostandolo fino a metà natica.

La telecamera non le inquadrava il volto, ma stava sorridendo.

Il suo culo, che una volta il suo ragazzo aveva definito “un po’ grosso”, stava risvegliando gli entusiasmi di un centinaio di persone.

Abbassò ancora il perizoma, scoprendo totalmente le natiche, quindi si sollevò sui gomiti e, alzando il sedere, fece in modo che l’indumento intimo le arrivasse fino alle ginocchia.

Si abbassò nuovamente sul materasso, realizzando in quel momento di avere i capezzoli eretti e il respiro affannoso.

Aveva il coraggio di ruotare su se stessa e mostrarsi nuda a quelli che erano ormai centocinquanta persone?

Irina lo faceva, era più coraggiosa?

Era più bella?

Sicuramente no.

Trattenne il fiato e, con decisione, fece perno sull’avambraccio destro e rotolò sul materasso.

Guardò dritto verso la telecamera e sorrise.

***

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