Capitolo [part not set] di 39 del racconto Spy cam

di Claudia Effe

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

Loredana si era distratta
durante la punizione di Sara.

Non riusciva a staccare
gli occhi dalla sorella, ancora legata al tavolo e apparentemente
tranquilla.

Aveva appena perso la
verginità, cosa le stava passando per la testa?

Loredana e la sua famiglia
non erano particolarmente religiosi e la verginità non aveva per
loro una connotazione sacra, ma indubbiamente per ogni donna la prima
volta era indimenticabile.

Cosa può succedere ad una
ragazza che viene per la prima volta deflorata da uno sconosciuto,
legata ad un tavolaccio e sotto gli occhi di centinaia di persone?

Potrebbe sviluppare un
rapporto anomalo con il sesso?

Era così presa da quelle
considerazioni che sobbalzò quando Alberto la toccò sulla spalla.

“Alzati, puttana!”, le
disse.

Loredana obbedì
automaticamente e si portò nel punto indicato da Alberto, un tappeto
persiano.

Cosa le sarebbe successo
ora?

Non aveva più voglia di
soffrire, ma allo stesso tempo anche il sesso non la stimolava più
di tanto.

Aveva appena elargito tre
pompini, un po’ troppi per le sue attitudini.

Alberto le ammanettò i
polsi dietro alla schiena.

“Liberate questa
puttana!”, disse indicando Alina, ancora legata al tavolo.

Lorenzo, ancora nudo, le
slacciò i polsi e le caviglie e con una mano la aiutò a scendere a
terra.

“Vieni qui, vicino a
quella maiala di tua sorella!”, le ordinò Alberto.

La ragazza si posizionò
davanti a Loredana.

La guardò direttamente
negli occhi, con sguardo fiero, come ad affermare che non si
vergognava di quanto aveva fatto.

O forse voleva solo
dimostrare alla sorella di essere all’altezza della situazione.

“Vi volete bene,
sorelline?”, domandò Alberto.

Loredana si limitò ad
annuire, mentre Alina proruppe in un sonoro “sì”.

“Lo immaginavo. Datevi
un bacio, allora. Vi farà piacere, immagino, un gesto di affetto in
un momento come questo”.

Loredana si avvicinò ad
Alina e le diede un bacio sulla guancia.

“Dove siamo?
All’asilo?”, le canzonò Alberto.

Fu Alina questa volta ad
accostarsi alla sorella.

Inclinò leggermente la
testa verso destra e aprì la bocca.

Loredana compì lo stesso
movimento e le loro labbra si serrarono.

Chiuse gli occhi e subito
sentì la lingua di Alina carezzarle il palato.

Era un bel bacio, pieno di
sentimento; si rammaricò che le manette non le permettessero di
abbracciare la sorella.

Si avvicinarono ancora di
più e i loro seni si toccarono.

Loredana sentì il proprio
capezzolo, decisamente turgido, sfiorare quello di Alina.

La sua lingua accarezzò
il palato della sorella minore.

“Basta!”, disse
Alberto afferrando Loredana per una spalla e portandola indietro.

Le due rumene continuavano
a guardarsi.

“E’ bello avere una
sorella, o un fratello – proseguì Alberto – perché a volte sono
le uniche persone su cui si può contare. Oltre gli amici, oltre
tutti. E oggi vorrei verificare se ognuna di voi po’ contare
sull’altra”.

Prese da un cassetto un
barattolo di vetro pieno di una crema arancione e vi immerse due dita
dentro, intingendole.

“Allarga le gambe!”,
ordinò a Loredana, quindi passò le dita a fondo tra le grandi
labbra della ragazza.

Si voltò e ripetè
l’operazione con la sorella.

“Questa crema è un
cocktail formato da senape, peperoncino, tabasco, pepe e
qualcos’altro di simile”.

Loredana cominciò subito
a sentire un bruciore tra le gambe.

“Tra poco avvamperete,
ragazze belle, e non potrete pulirvi le fighe perché siete
ammanettate. Ma c’è un lato positivo di questa crema: è
perfettamente commestibile. Brucia un po’, ma con la lingua va via.
Traete le vostre conclusioni….”.

Loredana sentì il suo
inguine avvampare.

Già era stato provato
delle scosse elettriche, ma quello era quasi peggio.

Si inginocchiò e provò a
sfregare la vulva sul tappeto, sperando di asportare un po’ del
liquido incendiario, ma inutilmente.

Alberto l’aveva fatto
penetrare molto a fondo.

Anche Alina cadde carponi
sul tappeto.

“Lory, sdraiati sulla
schiena”, le disse sottovoce.

La sorella maggiore, con
una smorfia sul volto provocata dal dolore, si coricò supina e
allargò le gambe, sperando che in quella maniera le potesse arrivare
un po’ di sollievo.

Non fu la posizione a
alleviarle il dolore, ma la sorella.

Alina si sdraiò accanto a
lei e poggiò le labbra sulla vulva di Loredana.

“Alina, sei mia
sorella…”, si oppose la maggiore, ma smise di parlare quando la
lingua di Alina le penetrò tra le grandi labbra e le leccò uno
strato di crema.

Provò immediatamente un
po’ di sollievo.

“Tu non senti
bruciore?”, le chiese con gli occhi chiusi.

“Certo”, rispose Alina
continuando a leccare.

Loredana torse il busto e
avvicinò il volto all’inguine di Alina.

“Allarga le gambe, ti
aiuto io”, le disse.

Non aveva mai leccato una
donna, non l’aveva mai neppure toccata, però immaginava che Alina
stesse soffrendo quanto lei e desiderava ricambiare il favore.

Alina aprì le gambe e
Loredana poggiò subito le sue labbra sue quelle grandi di Alina.

Estrasse la lingua e cercò
di insinuarla il più possibile dentro la sorella, mentre sentiva
come – tra le sue gambe – anche Alina stesse facendo lo stesso.

Doveva aver asportato un
buon quantitativo di salsa, perché il bruciore era parecchio
scemato.

Riusciva meglio a
distinguere le sensazioni.

Leccò via un po’ di
salsa; quasi tossì da quanto era piccante.

Ancora una leccata,
all’unisono con Alina.

Ancora una volta, questa
volta un po’ meno piccante.

Probabilmente era una
salsa molto concentrata, Alberto non ne aveva messa molta.

Tra poco sarebbe finita.

Probabilmente era già
finita quella tra le gambe di Loredana, che ora non riusciva ad
essere più tanto lucida.

Avrebbe dovuto dire ad
Alina di smetterla, che ora stava bene.

Avrebbe potuto, ma non lo
fece.

Leccava bene la sorella;
meglio degli uomini che si erano prodotti nella stessa operazione nel
passato.

Anche sulla sua lingua il
senso di piccante era finito, c’era un altro sapore: le secrezioni di
Alina.

Sapeva di questo una
donna?

Non potè non pensare come
la vagina che stava leccando avesse ricevuto poco prima il membro di
Lorenzo, ma non se ne curò.

Era sua sorella, quella,
ed erano entrambe eccitate.

Loredana aprì
maggiormente la bocca e avvolse le labbra attorno al clitoride.

Prese a succhiarlo, come
fosse un gelato.

Alina, più sotto, la
imitò subito.

Loredana sentì la lingua
umettarle il punto più sensibile e emise un gemito.

Alina era bravissima, la
stava facendo impazzire.

Che avesse già
esperienza?

Poco importava, in quel
momento, anzi, meglio ancora.

Allargò le gambe per
favorire la lingua della sorella minore e, a sua volta, cercò di
leccarla con più intensità.

Aveva un buon sapore.

Sentì un brivido
percorrerla.

Stava per venire?

“Alina…”, disse, ma
non fece in tempo a formulare il concetto.

Il suo corpo venne
attraversato da un brivido intenso e contrasse il volto mentre
l’orgasmo la percorreva.

Si godette il momento per
qualche secondo. Poi tornò a concentrarsi sulla sorella.

Doveva godere anche lei
ora.

Tamburellò il clitoride
con la lingua, lo avvolse con le labbra e lo stimolò con passate
lente e intense.

Non ci mise molto,
conosceva i punti che facevano godere lei e suppose fossero gli
stessi per la sorella.

La giovane contrasse i
muscoli delle cosce e inarcò la schiena.

“Vengo….brava Lory!”,
disse con un filo di voce.

Loredana staccò le labbra
da Alina e la osservò mentre, con gli occhi chiusi e la bocca
aperta, godeva anche lei.

Questa volta terminò la prova con un sorriso.

***

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