Capitolo [part not set] di 13 del racconto Insane Asylum

di Aedon69

CAPITOLO 11 – EPIDEMIA

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

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CHIOSTRO DEL MONASTERO DI MONTECRUCIO – ORE 24:00

Astor Almond e Suor Brigida videro il ragazzo correre a perdifiato verso di loro, si fermò ad un paio di metri, boccheggiando.

“Voi…voi siete…normali?”, chiese il ragazzo.

“Normali?”, chiese la badessa.

“Si… normali, non vi state accoppiando e non vedo cadaveri vicino a voi… dovete essere normali… lo siete?”

Astor guardò il ragazzo, preoccupato, il silenzio della notte era rotto da urla e grida.

“Stai calmo, raccontaci cosa è successo… se per normali intendi dire se siamo noi stessi… si… siamo normali.”

Luca iniziò a raccontare la sua storia, l’improvvisa irruzione del professor Meyer e delle due alunne, la violenza, lo stato catatonico della madre, la situazione degenerata che regnava nell’ostello.

“Mio dio, una suora morta…” si rammaricò Suor Brigida, “… ma cosa sta succedendo?”

“Credo di avere qualche risposta, qui, chiusa nella mia borsa… dobbiamo trovare un posto sicuro…”, disse Astor.

“Nella mia stanza… venite…lì troveremo anche il dottor Sibelly…”, li invitò la badessa, “… andiamo.”

***
MEZZANA – ORE 00:00

Chiara ed Eleonora dormivano profondamente, il rustico in cui abitavano gli era stato lasciato dai genitori. Le due ragazze si recavano a Mezzana l’estate per preparare le prime sessioni degli esami universitari in tranquillità e silenzio, lontane dal caos della città. Il rustico era stato costruito abbastanza lontano dal centro abitato, circondato da una fitta vegetazione, vi si arrivava solo attraverso una piccola stradina sterrata.

Eleonora si svegliò di soprassalto, la sorella ronfava al suo fianco, dormivano sempre insieme, inseparabili, anche se avevano tre anni di differenza l’una dall’altra. Chiara aveva ventuno anni, mora, magra ed alta, un bel viso dolce, la sorella era bionda, aveva ventiquattro anni, più tonda e formosa, una terza piena che non mancava di suscitare sguardi ammirati al suo passaggio. Eleonora sentiva dei rumori all’esterno, le erano sembrati dei passi. La ragazza scese le scale di legno che portavano nella sala al primo piano, il silenzio era assoluto, accese la luce e si guardò intorno, non c’era nessuno.

Bussarono alla porta, Eleonora saltò, spaventata, si chiedeva chi fosse a quell’ora.

“Chi è?” chiese, senza aprire la pesante porta di legno.

“Sono Padre Marcello, vengo dal monastero, abbiamo avuto un incidente con la macchina mentre facevamo ritorno, potrebbe cortesemente permetterci di fare una telefonata?”

“Chi è?”, chiese Chiara, che nel frattempo si era svegliata.

La sorella di Eleonora di solito dormiva nuda, il caldo dell’estate si faceva sentire anche in quei luoghi solitamente freschi.

“Vestiti, ci sono dei frati che hanno avuto un incidente, vogliono telefonare…”, disse Eleonora alla sorella.

La ragazza aprì la porta, il frate attendeva sull’uscio, le sorrise mentre la ringraziava per avergli aperto, dietro di lui c’erano altri tre religiosi, tutti con il cappuccio del saio tirato sopra la testa.

Una volta dentro casa si chiusero la porta alle spalle.

“Come state?”, chiese Eleonora agli uomini, “Qualcuno si è fatto male?”

“No figliola, siamo tutti sani, vivi sola?”

“No perché?”

“Nulla figliola”, rispose il monaco, “dov’è il telefono?”

Eleonora indicò il telefono all’uomo, nel frattempo Chiara era scesa, si era messa indosso una t-shirt sbrindellata molto corta, le sue gambe magre ed affusolate erano scoperte, i suoi capezzoli piccoli e sporgenti spiccavano dal tessuto leggero della maglietta. All’arrivo della sorella più piccola i tre frati col cappuccio salutarono, si scoprirono il capo, Eleonora notò subito i loro occhi, luminosi, quasi fluorescenti.

Le ragazze offrirono loro dell’acqua, mentre i tre frati sedevano al tavolo, sorseggiando in silenzio, il frate che era al telefono fece ritorno.

“Fra poco l’abate manda una macchina a prenderci…”, disse il frate, guardando interessato la piccola Chiara che sedeva sull’ultimo scalino di legno.

“Che belle ragazze, che fate di bello qui tutte sole?”, disse l’uomo guardandosi intorno.

Eleonora rimase interdetta da quella domanda, fece finta di nulla, non rispose ed andò vicino alla sorella.

“Sole… solette… due belle troiette!”, iniziò a canticchiare il frate.

Eleonora era allarmata, era stata incauta ad aprire a quegli uomini. Padre Marcello si avvicinò alle ragazze, continuando la filastrocca.

“Due belle ragazze, da sole e un po’ pazze… sollazzan per ore… il nostro signore…”, continuò il religioso avvicinandosi ad Eleonora, che, ormai impaurita, indietreggiò verso la sorella più piccola. Chiara afferrò la mano della sorella, si era alzata, vedeva l’uomo che sorrideva, avanzando verso di loro.

“la piccola è mora, magretta e bellina, io sono contento di scoparla in cucina…”, gli altri tre frati si alzarono, seguendo Padre Marcello.

Il frate aveva raggiunto le ragazze, si mise dietro ad Eleonora, impietrita, iniziando a sussurrarle all’orecchio l’oscena filastrocca.

“La grande è un po’ bionda, di forme rotonda, di certo lei vuole…. Un cazzo che SFONDA!”

Il frate afferrò Eleonora per i capelli, le fece girare il viso verso il suo, espirò un soffio di aria malevola, verde e nauseante. La ragazza inalò il respiro del frate, si sentì soffocare. Chiara stava cercando di scappare per le scale quando fu agganciata da uno dei religiosi e portata verso le sedie, disposte intorno al tavolo. Uno dei frati si tolse la corda che legava il saio alla vita, legò le braccia di Chiara alla sedia, anche lui le fece inalare il suo respiro malvagio, la ragazza ebbe un sussulto, tossì, sentiva il petto che le esplodeva.

Eleonora si sentiva strana, diversa, lontana da se stessa, le mani del frate che la tenevano per i capelli si mossero sui suoi seni, li strinsero. La ragazza sentì un languore vorace che le si accendeva tra le gambe, iniziò a colare liquido caldo dalla fica, una voglia inarrestabile di essere presa in modo selvaggio.

Chiara boccheggiava, le sue gambe si aprivano si chiudevano, sentiva il calore salirle dalla fica ad ondate intermittenti, uno dei frati le poggiò il suo cazzo duro e nodoso sulle labbra, lei sgranò gli occhi, alle sue narici arrivò l’odore forte del membro dell’uomo, con la lingua lambì la cappella lucida, chiuse le labbra succhiando forte. Un altro frate si inginocchiò tra le gambe di Chiara, le strappò le mutandine ed infilò la sua lingua tra le piccole labbra della sua fica. La ragazza grondava copiosa il suo liquido sulle cosce, un secondo cazzo le fu avvicinato alle labbra, iniziò ad alternarsi tra i due membri duri, succhiandoli, bagnandoli di saliva, leccando con la lingua le cappelle gonfie dei frati.

Eleonora era in ginocchio, dietro di lei Padre Marcello le teneva le terga con le mani mentre infilava il suo cazzo nella sua fica grondante ed affamata.

“Oh si, muovi quel culo da puttana… su ragazza… su… prenditi il mio santo cazzo su per la fica…”, la incitava Padre Marcello.

Chiara fu fatta stendere sul tavolo, i frati iniziarono a scoparla a turno, due ai lati le tenevano le gambe larghe mentre infilavano i loro uccelli nella bocca avida della ragazza. Il frate che la stava scopando iniziò ad infilarle un dito nel culo umettando il suo piccolo buco con il liquido caldo che le colava dalla fica.

“Un culo vergine… una troia con il culo vergine, un giorno fortunato per il nostro padrone…”, disse il frate che stava tra le gambe di Chiara, estrasse il suo cazzo lordo di umori e lo puntò all’ingresso del buchino grinzoso e bagnato della ragazza.

***
CAMERA DELLA BADESSA – ORE 00:30

Il dottor Sibelly era terrorizzato, rannicchiato su una poltrona saltava ad ogni urlo o rumore che proveniva dai corridoi bui del monastero. Astor, la badessa ed il ragazzo erano seduti intorno al tavolo. Almond tirò fuori i due vecchi volumi ritrovati nella biblioteca antica.

La badessa afferrò il volume più antico, passò le dita sui rilievi dorati posti sul dorso della copertina impolverata, lo aprì, era scritto in latino, lo iniziò a scorrere. Astor era assorto nella lettura della storia del monastero.

“Puoi collegarti ad internet?”, chiese Astor al ragazzo, facendo un cenno con gli occhi alla sacca col computer poggiata sul tavolo.

“Si certo… cosa vi serve?”, rispose Luca.

“Demoni, possessioni legate a riti orgiastici… tutto quello che trovi circoscritto in questa zona.”

“Ok, inizio…”, rispose il ragazzo.

Luca accese il computer, si collegò alla rete segreta del suo gruppo di hacker, entrò in un forum di discussione che trattava di possessioni e demonologia, digitò le chiavi di ricerca cercando di scremare le informazioni in base a quello che stava accadendo nel monastero ed alla sua posizione geografica.

“Che tipo di demone stiamo cercando?”

“Un demone della lussuria, senza ombra di dubbio…”, rispose Almond con un sorriso spento.

***
MEZZANA – ORE 00:30

Suor Lorenza entrò nel bar, a quell’ora c’erano soltanto camionisti ed alcolizzati, il vecchio televisore appeso al muro rimandava una partita di calcio inglese, il volume era basso.

La suora si sedette al bancone, tirò su la tonaca mostrando le sue gambe tornite, guantate con delle calze a rete autoreggenti.

Uno degli uomini nel bar fischiò alla volta di suor Lorenza.

“Bella… è già carnevale?”

La suora si girò verso l’uomo, allargò le cosce mostrandogli oscenamente la fica, sorrise malevola.

“Sono veramente una suora…”, rispose con una voce sensuale, “… stanotte ho bisogno di… riempire il mio vuoto interiore…”

L’uomo si alzò, andò verso la religiosa, si tirò giù la zip sfoderando il suo uccello considerevolmente grosso, lo porse con la mano alla suora esclamando:”Questo basta per colmare il tuo vuoto?”

“Oh si, eccome…”, rispose la suora leccandosi le labbra, “Uno solo? E gli altri che fanno?”

Suor Lorenza afferrò con la mano il membro dell’uomo, nel frattempo gli altri frequentatori del bar si avvicinarono ai due, la donna sentì l’uccello dell’uomo indurirsi nella sua mano, si inginocchiò ingoiandolo in bocca, affamata. Gli altri uomini erano intorno ai due, con i loro cazzi nella mano li porgevano alla suora che, ingorda, iniziò a succhiarli ed a leccarli come un ossessa, avida di carne pulsante.

Suor Lorenza si pose in ginocchio sul pavimento, si alzò la tunica scoprendo un meraviglioso culo tondo ed abbondante, incorniciato perfettamente dalla fascetta nera di pizzo delle autoreggenti, i suoi occhi brillavano di un verde malato e spento.

“Mettetemelo nel culo… lo voglio solo nel culo, davanti mi devo mantenere vergine per il mio padrone…”, li incitò la suora.

Uno degli uomini si mise sopra di lei, le sputò sul culo, oscenamente offerto, vi spinse il cazzo duro con tutta la sua forza. Suor Lorenza gridò di piacere, il cazzo le scivolò nell’ano in tutta la sua lunghezza, nel frattempo continuava a leccare il cazzo degli altri frequentatori del bar, la sua bocca era piena di carne pulsante ed odorosa, laccava ansimando le cappelle tese degli uomini.

Il primo le sborrò copioso nel culo, riempiendole l’intestino di liquido caldo.

“Mhhh…. Siiii…. Sotto un altro…”, li invitò la suora.

Il pavimento del bar si coprì di una nebbiolina leggera, verde, melliflua, gli astanti respiravano quell’aria malevola mentre usavano il corpo della suora come un puro oggetto del piacere.

Il secondo sprofondò nel culo di suor Lorenza, ben unto dallo sperma del compare precedente, il liquido vischioso le grondava dall’orifizio indecentemente slabbrato e largo.

Schizzi di sperma le colpirono il viso, nel giro di pochi minuti la suora era ricoperta di sborra, saliva ed umori, lorda ed eccitata continuava ad essere inculata dagli uomini che si alternavano nel suo culo sfondato, possedendola oscenamente.

Quando tutti gli astanti furono soddisfatti la suora si alzò in piedi, li guardò e disse:”Ora andate… andate nelle vostre case, andate dalle vostre mogli e dalle vostre figlie… il mondo è vostro… prendetevelo!”

Gli uomini uscirono, nella notte, nel buio.

***
CASA DI CHIARA ED ELEONORA – ORE 00:30

Chiara urlò di dolore, il frate le entrò nel culo con un movimento secco del bacino, facilitato dagli umori che colavano copiosi dalla fica della ragazza. L’uomo sentì l’anello elastico e morbido dello sfintere cedere all’ingresso della sua cappella gonfia. Spinse ancora, allargandole le natiche con le mani, fece sprofondare il suo cazzo nel culo morbido e caldo di Chiara.

“Mhhhh come è stretta la verginella… gliel’ho rotto il culo… per il mio padrone…”

Chiara iniziò a dimenarsi, il culo pieno di quel cazzo impetuoso, spingeva il bacino, più entrava più le faceva male e più lei godeva, della saliva le colava ai lati delle labbra a causa degli spasmi inarrestabili che squassavano il suo corpo sollecitato.

Gli altri due frati avevano rivolto le loro attenzioni ad Eleonora, le stavano scopando la bocca con foga, spingevano le loro aste dure in fondo alla gola, rivoli di saliva le colavano dai lati della bocca, un altro frate le aveva messo il cazzo tra le tette, stringendole con forza, iniziando a muoverlo veloce sbattendole la cappella dura sul mento.

Chiara era in preda ad un orgasmo continuo, la sua fica schizzava copiosa il liquido caldo del suo godimento, il frate si sfilò dal suo culo per entrarle tra le piccole labbra bagnate, sguazzando rumorosamente nei suoi liquidi umorali e vischiosi.

“Siiiiiiiiiiiiiii, dai dai dai….”, urlava la sorella più piccola.

Eleonora fu trascinata per i capelli verso la sorella, le portarono il viso all’altezza della fica di Chiara, si gettò sul buco caldo e dilatato della sorella, lo leccava, avida ed eccitata, infilando la sua lingua impertinente tra le natiche lucide di umori della sorella.

I frati iniziarono a spruzzare i loro getti di sborra calda sulle due ragazze, il liquido vischioso colava lento sulla loro pelle giovane e calda, le sorelle si leccavano a vicenda, le loro lingue infilate l’una nella fica dell’altra, Chiara fiottava il suo liquido nella bocca spalancata di Eleonora che, ingoiava quel nettare umido ed odoroso.

Le due sorelle vennero scopate per ora dai frati che, al termine, le lasciarono sole nella casa, pronte a diffondere il male nel resto del paese.

***
CAMERA DELLA BADESSA – ORE 01:00

Almond alzò la testa dal volume impolverato che stava leggendo, in sottofondo i piagnucolii isterici del dottore, dei colpi sordi alla porta fecero girare le teste dei presenti.

“Non aprite…”, disse Almond, “… Qui dice tutto… è tutto scritto…”, disse con un filo di voce.

“E quindi?” lo esortò Luca a proseguire.

“Che Dio ci aiuti…”, disse l’uomo, mentre impugnava la pistola guardando in direzione della porta.

***

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