Capitolo [part not set] di 13 del racconto Insane Asylum

di Aedon69

CAPITOLO 4 – IL RICOVERO DEI DANNATI

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

(function() {var s = document.getElementsByTagName(“script”)[0],rdb = document.createElement(“script”); rdb.type = “text/javascript”; rdb.async = true; rdb.src = document.location.protocol + “//www.readability.com/embed.js”; s.parentNode.insertBefore(rdb, s); })();Usa il tasto “now” per scegliere colori e caratteri del testo!

***

***

MONASTERO DI MONTE CRUCIO – FORESTERIA – ORE 00.00

Giulio non riusciva a prendere sonno, sua moglie Mara dormiva pesantemente girata di spalle. Si alzò dal letto con uno strano senso di irrequietezza, quello che era successo il pomeriggio in chiesa, con la donna ospite dell’ostello, non smetteva di provocargli una forte eccitazione.

Andò in salone, accese la televisione facendo zapping tra i vari canali privati che trasmettevano pubblicità di telefonia erotica. Le immagini che scorrevano sullo schermo lo eccitavano, si tirò giù i calzoni del pigiama iniziando a carezzarsi il cazzo teso.

“GIULIOOO… VAI DA TUA FIGLIA… ORA!”

La voce lo fece saltare dal divano col cuore in gola. Era arrivata da un punto imprecisato del salone, era una voce indistinguibile, non avrebbe potuto dire se femminile o maschile, molto bassa, suadente. Si sistemò i pantaloni e si alzò dirigendosi verso la stanza di Carlotta. Camminava in uno stato di trance, era spaventato ma la sua volontà era stata sostituita da un irrefrenabile desiderio. Aprì la porta socchiusa di sua figlia. Nella penombra scorse i suoi capelli castani e le sue spalle, coperte da una canottiera viola.

Entrò nella stanza attento a non far rumore, si avvicinò al letto sedendosi sulla poltroncina rossa di fronte. Poteva scorgere il culo della figlia coperto soltanto da un minuscolo perizoma di colore nero, le sue gambe lunghe ed affusolate, i suoi piedini graziosi si muovevano durante il sonno.

Giulio si tirò fuori il membro, guardando sua figlia iniziò a masturbarsi, vedere il sedere di Carlotta lo eccitava, immaginava di toccarlo, di allargarle le natiche scoprendo la sua natura morbida e giovane.

La stanza iniziò a vibrare, lievemente, un ronzio sommesso coprì i rumori della notte, Carlotta si girò, nel movimento una spallina della canottiera scese scoprendo il seno appena accennato. Giulio fissava l’areola gonfia e rosea, il capezzolo turgido. Venne nella sua mano, in silenzio, il ronzio cessò improvvisamente. Si pulì sulla maglietta ed uscì dalla stanza per tornare nel letto con sua moglie. Si addormentò immediatamente sognando di possedere Carlotta tra i banchi della chiesa.

***

MONASTERO DI MONTE CRUCIO – UFFICIO DELLA BADESSA – ORE 9.30

Suor Clara sedeva di fronte la scrivania di Suor Brigida, la Badessa. La novizia aveva le mani giunte sulle gambe e si stava tormentando le unghie. Seduto su una poltrona rossa c’era l’abate, Padre Ignacio, che ascoltava attentamente il resoconto della giovane suora.

“Quindi Clara, dicci cosa è successo. Cosa giustifica l’averci convocato così urgentemente a quest’ora” chiese la badessa mentre scarabocchiava distratta su un foglio bianco.

“Madre, questa notte è successo un fatto gravissimo…” Si interruppe guardando l’abate sprofondato con i suoi centoventi chilogrammi nella comoda poltrona, “… verso la mezzanotte ho iniziato ad udire dei rumori inquietanti provenire dalla cella a fianco la mia, quella di Suor Luigia, mi sono alzata per capire da cosa fossero provocati…”

Suor Clara tremava nervosamente durante il racconto: ” Ho poggiato l’orecchio al muro, sentivo dei lamenti ed allora sono andata a vedere cosa stava succedendo. Ho aperto la porta della cella di Suor Luigia ed ai miei occhi è apparsa una scena disgustosa…”

Suor Clara si interruppe. Suor Brigida la incitò ad andare avanti mentre l’abate si alzò dalla poltrona distogliendo lo sguardo dal seno prorompente di Suor Clara, che risaltava nonostante la tunica nera della novizia.

“Ho visto Suor Luigia di spalle, con la camicia da notte tirata su fino alle spalle e dietro di lei…. Mio Dio… dietro di lei c’era padre Luca, nudo dalla cinta in giù che si muoveva come un ossesso in atti che non oso nominare, Madre.”

“Cosa sta dicendo sorella?” intervenne severo Padre Ignacio, “… che due membri della nostra congrega sono stati colti durante un atto impuro, ne è certa? È una cosa molto grave quella sta dicendo, ne è sicura?”

Suor Clara sussultò, l’abate ammirò, non visto, l’eccitante seno della suora che tendeva il tessuto scuro del suo abito.

“Ne sono sicura, Madre la prego mi creda, mai potrei inventare una storia del genere…” disse quasi piangendo la giovane novizia.

“Padre Ignacio? Che dice?” chiese la badessa rivolta all’abate.

L’uomo distolse lo sguardo dal petto della novizia. L’abate era imponente, completamente calvo, aveva una barba lunga e luciferina, le sopracciglia folte oblique gli davano un aspetto terrificante, Suor Clara tremava intimorita.

“Sorella…” Disse rivolto alla badessa, “… Direi di gestire l’accaduto ciascuno per proprio conto, lei con Suor Luigia, io con padre Luca… la pena sarà severa, non posso permettere che un fatto del genere possa passare senza conseguenze… prevedo per il mio confratello un lungo soggiorno nella cella di costrizione… lei come vuole procedere?”

La badessa accennò un sorriso perfido, guardò l’uomo dritto negli occhi, un lampo di intesa passò tra i due, inavvertito da Suor Clara.

“Ho i miei metodi Abate, se vuole posso condividerli con lei al momento della punizione… “ Rispose la badessa.

L’uomo annuì, sembrava soddisfatto.

“Suor Clara, voglio che vada lei a comunicare a Suor Luigia la notizia. Voglio che le dica di rimanere chiusa nella sua cella fino a che non la farò chiamare….” ordinò la badessa. “Ora può andare sorella.”.

Una volta che la suora fu uscita dalla stanza padre Ignacio si pose dinanzi la scrivania della badessa: ”La nuova ospite?”

“Ho parlato ieri col Dottore, non ci sono segni di coscienza, rimane inerme nella sua stanza, non parla né interagisce col mondo esterno.”

“Mhhh capisco, vorrei poterla vedere.” Disse l’abate, serio.

“Vedremo cosa si può fare, Sibelli è molto severo riguardo alle influenze… esterne. Ho fatto richiesta più volte per una visita ma mi è stata negata. Il Dottore sta aspettando dei cenni di coscienza da parte della paziente, inoltrerò comunque la sua richiesta.”

“Allora ci aggiorniamo madre, mi faccia sapere quando intende procedere riguardo alla nostra novizia peccatrice…” disse padre Ignacio alla badessa.

“Certo, confido che porterà l’attrezzatura richiesta…” Rispose la superiora sorridendo.

“Non mancherò… a dopo.” Disse l’uomo uscendo dall’ufficio.

***

RICOVERO DI MONTE CRUCIO – ORE 10.45

Il dottor Sibelli si trovava in una delle salette mediche del ricovero. Legata in un lettino c’era una paziente: una donna di trentatré anni, castana, con i capelli castani rasati cortissimi. La paziente era sedata, Indossava un camice verde, era assicurata al lettino con delle cinghie di cuoio che le tenevano ferme braccia e gambe. L’infermiere che assisteva il dottore la guardava assorto.

“Strano, a vederla così non immagineresti mai che, dopo essere stata licenziata, ha fatto a pezzi con una mannaia tutti i suoi ex colleghi” disse l’infermiere.

“Si, è veramente carina…” rispose una delle due guardie che erano nella stanza insieme al dottore ed all’infermiere.

“Mi prepari venti ml di composto, grazie…” disse il dottor Sibelli rivolto all’infermiere. Era impaziente di iniziare la dimostrazione. Erano anni che lavorava al composto, era nervoso ed esaltato, era la prima volta che i risultati dei suoi studi venivano presentati alla comunità medica.

Alla presentazione erano stati invitati vari componenti dell’apparato medico-carcerario del paese, i rappresentanti delle varie forze dell’ordine ed alcuni agenti dei servizi segreti della santa sede. La lista gli era stata fornita dalle alte sfere.

Iniettò nel braccio della donna il liquido incolore e fece un cenno all’infermiere di portare la paziente nella sala conferenze. L’infermiere uscì, trasportando il lettino, seguito dalle due enormi guardie ed il dottore.

***

RICOVERO DI MONTE CRUCIO – STANZA 7 – ORE 10.45

Nella stanza di detenzione numero sette l’ospite silenziosa iniziò a muoversi, avanti e indietro. Era seduta a gambe incrociate al centro della stanza, le braccia inermi poggiate sulle gambe, il volto rivolto verso il basso non permetteva di guardare il suo viso. Iniziò a cantilenare sommessamente, il movimento del suo corpo accelerò, le pareti della stanza iniziarono a scurirsi come se la luce del sole, che filtrava attraverso la grande finestra posta nella parte alta di uno dei muri scrostati e sporchi, non le raggiungesse.

La stanza di detenzione iniziò a tremare, vibrava come se accanto qualcuno vi avesse acceso il motore di un jet. Il tremolio crebbe di intensità richiamando l’attenzione di due infermieri che si affacciarono dallo spioncino della robusta porta metallica che chiudeva la stanza.

Dallo spioncino i due uomini poterono vedere la ragazza seduta al centro, ma la loro attenzione fu catturata dal sangue che ricopriva le pareti. Il liquido rosso sembrava sgorgare dal nulla, colava lento dai muri raccogliendosi davanti alla ragazza che si muoveva dondolando avanti e indietro.

“Chiama qualcuno, sta succedendo qualcosa di strano” disse uno degli infermieri allarmato.

***

RICOVERO DI MONTE CRUCIO – SALA CONFERENZE – ORE 11.15

Gli invitati alla dimostrazione si zittirono all’ingresso del lettino. La paziente venne posizionata nella sala conferenze, adibita ad ambulatorio per l’occorrenza. L’infermiere iniziò ad accendere i macchinari medici di controllo mentre il dottor Sibelli cominciò ad illustrare alla platea gli obiettivi della sua ricerca.

“Come sapete al momento la nostra situazione detentiva è arrivata ad un punto critico: sovraffollamento, mancanza delle strutture adatte al recupero, scarsa preparazione del personale. Con questa ricerca abbiamo voluto operare direttamente sul detenuto andando ad agire chimicamente sui suoi centri nervosi per eliminare i circuiti ‘malati’ che ne hanno provocato l’azione criminale, qualunque sia la sua entità.”

Andando verso la paziente, che iniziava a risvegliarsi, il dottore proseguì.

“Abbiamo preso come prima dimostrazione dell’efficacia della nostra ricerca una donna all’apparenza normale. Questa donna è stata condannata per l’omicidio di otto persone, suoi ex colleghi, persone che con lei avevano avuto rapporti di amicizia, con cui aveva diviso una gran parte della sua vita…”

Poi continuando a parlare Sibelli attivò il proiettore al suo fianco: ”… e qui possiamo vedere il massacro compiuto da questa donna due giorni dopo essere stata licenziata.”

Le immagini proiettarono una carneficina spietata, i corpi delle vittime smembrate giacevano in un lago di sangue, i muri dell’ufficio dove era stato consumato il massacro erano ricoperti di sangue.

“Ora!” disse il dottore per attirare di nuovo a sé l’attenzione, “abbiamo somministrato alla paziente un composto capace di intercettare le comunicazioni neuronali del cervello e deviarle verso zone sinaptiche che vengono programmate attraverso questo macchinario. La nanotecnologia ci ha permesso di veicolare i recettori in zone prestabilite scelte secondo le nostre direttive. Il composto dovrebbe avere effetto fra circa 15 minuti, nel frattempo sveglieremo la paziente e cercheremo di farla reagire in maniera violenta, quando il composto inizierà il suo lavoro vedrete che a quelle stesse sollecitazioni la paziente reagirà in maniera del tutto diversa.”

Poi rivolto verso l’infermiere disse: ”Può procedere.”

La donna sul lettino cercava di liberarsi dalle cinghie di cuoio, i suoi occhi iniziarono a mettere a fuoco l’ambiente circostante, si agitava sempre di più man mano che realizzava dove si trovava.

“Cosa cazzo volete farmi maledetti succhiacazzo… “ strillava la donna tendendo i suoi nervi nello sforzo di liberarsi, “… brutti stronzi rottinculo… vi squarto tutti… bastardiiiii…. lasciatemi stare… lasciatemi stare…”

Ad un cenno del dottore l’infermiere si avvicinò alla paziente, le strappò il camice verde facendone saltare alcuni bottoni. La donna rimase nuda, con solo le mutandine indosso. Ad un altro ordine di Sibelli anche le mutande le furono tolte facendola rimanere completamente nuda. La sua fica era totalmente rasata, il suo seno grande e tondo si muoveva eccitante nello sforzo di liberarsi.

“Nooooo….. nooooo…. Bastardi figli di puttana… cosa volete da meeeeee!!!”

La donna era impazzita, come una tarantolata si agitava nel lettino, schiumava di rabbia, l’infermiere ne era intimorito.

Sibelli si avvicinò al macchinario, regolò il potenziometro posto sotto lo schermo ai fosfori verdi che rimandava grafici e dati monitorati. Spinse il pulsante rosso di accensione. La donna si immobilizzò immediatamente, il silenzio nella sala ora era assoluto.

Il dottore armeggiò con la piccola tastiera bluetooth collegata alla macchina, poi guardando l’infermiere ordinò: ”Puoi liberarla ora…”

L’infermiere guardò serio il dottore, come ad assicurarsi di aver capito bene l’ordine. Slegò la donna che rimase inerme sdraiata sul lettino.

“La paziente, durante la sua detenzione, ha manifestato una particolare avversione alle avances sessuali…” proseguì Sibelli, “… l’anno scorso ha strappato a morsi il naso ad un nostro inserviente che aveva tentato di toccarle il seno. Oggi abbiamo deviato i suoi recettori sinaptici in modo da convogliare le informazioni nervose verso l’area del suo cervello atta a ricevere le sollecitazioni erotiche, aumentandole artificialmente di intensità. In poche parole, l’abbiamo trasformata, se mi concedete il termine, in una ‘cagna in calore’.”

Sibelli si avvicinò alla donna che sdraiata quieta sul lettino lo guardava con aria assente. Il dottore le afferrò il capezzolo tra l’indice ed il pollice, strinse aumentando gradualmente la pressione. La donna iniziò a muovere le gambe, stringeva forte le gambe per poi allargarle mostrando alla platea di ospiti la fica implume.

“Mhhh dottore… che fa?“ disse la donna sdraiata con una voce completamente diversa da quella dell’ossessa che si agitava sul lettino qualche minuto prima.

Sibelli incurante dei mugolii della paziente prese due mollette metalliche legate tra di loro da una catenella, le applicò ai capezzoli della donna aumentandone la stretta attraverso una vite di regolazione. Stretti nella morsa i capezzoli diventarono violacei mentre la donna si era portata le dita alla fica iniziando a masturbarsi, incurante dei presenti alla dimostrazione.

“Stringa dottore la prego… sto godendo…” gemeva la donna nell’estasi della masturbazione.

Il dottore tirò verso l’alto la piccola catenella che teneva insieme le due pinze, il seno della paziente fu tirato verso l’alto dai capezzoli tesi ed allungati. Qualcuno dal pubblico iniziò a muoversi sulla sedia cercando di sistemarsi più comodamente per gustare meglio lo spettacolo.

La paziente mugolava ad alta voce, invocava il godimento, la bocca del dottore si increspò in un sorriso soddisfatto: ”Ora cari signori passiamo ad una fase successiva. La paziente sarà sottoposta ad una sollecitazione più profonda e dolorosa, prego infermiere introduca la macchina.”

L’aiutante del dottore portò nella sala un macchinario metallico con un albero a camme alla cui estremità erano fissati due enormi falli in plastica. L’infermiere li unse, poggiò i due falli a ridosso dei buchi umidi della donna che, a gambe oscenamente larghe, aspettava ansimando l’ingresso nei sui più intimi pertugi di quei due mostri di plastica morbida.

L’infermiere spinse, facendo gridare dal piacere la donna, accese la macchina che, sferragliando sommessamente, iniziò a muovere i due enormi cazzi finti nella fica e nel culo della donna. La paziente inarcò la schiena, un fallo di color neutro le slabbrava la fica mentre un altro, nero e molto largo, le stava sfondando il piccolo forellino anale uscendone lordo ed umido.

“Ohhh dio come mi sfondano, ancora…. Ancora…. Siiii….” implorava la donna ad occhi chiusi.

Tra i presenti si levò un leggero brusio, qualcuno avanzò dalle ultime file per cercare di vedere meglio quello che stava accadendo sul lettino.

Ad un cenno del dottore l’infermiere spense la macchina e fece scendere dal lettino la donna, la fece girare facendola adagiare al bordo del lettino con le gambe divaricate, dalla sua fica colavano gli umori viscidi del suo godimento. L’infermiere fece entrare di nuovo il fallo nero nel culo della paziente, poi a forza infilò anche l’altro, lo sfintere a stento reggeva la divaricazione di quei due enormi cazzi finti. Di nuovo l’infermiere accese la macchina, i due falli entravano nel culo della donna slabbrandole l’orifizio arrossato ed oscenamente aperto.

“Ora procediamo con l’ultimo test… chi è così coraggioso da infilare il suo uccello nella bocca di questa potenziale assassina?” Chiese il dottore, con una punta di divertimento nella voce, al pubblico.

Il generale dell’esercito alzò la mano, fu invitato ad avvicinarsi alla donna. Il militare si sbottonò i pantaloni sfoderando il suo cazzo duro e gonfio dall’eccitazione. I due falli artificiali entravano senza fatica nell’ano slargato della paziente che strillava convulsamente. Il generale infilò il cazzo con brutale crudezza nella bocca della donna che lo accolse ingorda. La paziente ciucciava come un’ossessa il membro del generale, lo sentiva in gola, lo leccava avida saggiandone il sapore forte. L’infermiere, evidentemente eccitato, aumentò il ritmo della macchina, le cosce della donna erano bagnate dai suoi umori, venne schizzando un getto di liquido caldo che colpì l’infermiere sul camice.

Il generale venne nella gola della donna tenendole la testa con la mano fino a farle bere anche l’ultima goccia di sborra.

L’infermiere staccò la macchina, la donna gli si buttò ai piedi implorandolo:”“Ancoraaaa…. Ne voglio ancora…. Dai sbattimelo ancora nel culo…. Ancoraaaa….”

Il dottore fece portare via la donna mentre concludeva la sua dimostrazione: ”Signori, abbiamo finito, spero che i risultati del test abbiano soddisfatto i nostri comuni amici e… finanziatori…”

Gli invitati risero complimentandosi con il dottore, uscirono dalla sala conferenze fermandosi nella stanza attigua dove era stato allestito un rinfresco.

Il generale si avvicinò al dottore:” Complimenti, sono soddisfatto… in tutti i sensi… mi dica… non è possibile avere una dimostrazione privata del vostro composto diciamo… ehm… la prossima settimana? Lo sa che posso influenzare decisioni molto… importanti se opportunamente…. sollecitato.”

Il dottore sorrise furbescamente: ”Mio caro generale, mi chiami la prossima settimana, farò in modo che lei possa scegliere il soggetto che più l’aggrada!”

“Perfetto, la richiamerò sicuramente” disse il generale soddisfatto.

Il dottor Sibelli guardò lo schermo dello smartphone, il sorriso che lo aveva illuminato pochi secondi prima fu spento dal messaggio proveniente dalla sezione di detenzione, corse via senza salutare nessuno degli invitati. C’erano problemi con la nuova ospite.

***

[un nuovo capitolo viene pubblicato ogni due giorni! Torna all’indice]

[ti piace questo racconto? Dillo all’autore!]

Vai al capitolo...