Capitolo [part not set] di 13 del racconto Insane Asylum

di Aedon69

CAPITOLO 5 – DEPRAVAZIONE IN FAMIGLIA

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***

UFFICIO DELLA BADESSA ORE 14.00

Padre Ignacio sedeva sulla poltroncina in sala d’attesa, di fronte alla scrivania di Carlotta, la segretaria della badessa. La ragazza stava correggendo il contratto di manutenzione per i lavori di rifacimento della facciata lato est del monastero, dove le suore avevano i loro dormitori.

L’abate guardava con interesse la ragazza, era assorta a scrivere sul computer, indossava una camicetta nera ed una gonna grigia aderente, seduta a gambe accavallate muoveva il piede digitando sulla tastiera, l’uomo ammirava le sue gambe affusolate, le sue caviglie fini esaltate da sandaletti grigi con un tacco abbastanza alto.

“Quando ha detto che potrà ricevermi la Badessa?” chiese l’abate impaziente.

“Non è ancora nel suo ufficio, mi ha detto che sarà qui tra poco e di aspettarla. Ha tenuto a precisare che la faccenda è molto urgente” rispose Carlotta.

Il telefono squillò, Carlotta alzò la cornetta, era Sergio, il suo fidanzato. La ragazza parlava a bassa voce cercando di non far ascoltare all’abate la sua conversazione privata. L’espressione della ragazza era seria, dall’altra parte qualcuno le stava dicendo qualcosa di poco piacevole, muovendosi con la sedia ad aprire un cassetto la ragazza allargò leggermente le gambe scoprendo, alla vista dell’abate, le sue mutandine nere.

Padre Ignacio fantasticava sul corpo della ragazza, ne percorreva con lo sguardo le curve delle cosce, la vista delle mutandine lo eccitava, immaginava la fichetta della ragazza senza peli, con le labbra pronunciate ed il clitoride sporgente, come piaceva a lui.

L’uomo non era mai stato uno stinco di santo. Aveva preso i voti per fuggire dalla miseria delle favelas brasiliane ma quello che aveva appreso durante la sua gioventù lo aveva forgiato ad essere prepotente ed incline alla violenza. Aveva avuto donne sia prima che dopo aver preso i voti, anzi, della sua posizione ne aveva approfittato, facendo cadere nella sua rete ignare e semplici devote.

La sua carriera nel clero era stata veloce, spinta da ricatti ed intrighi, forte delle sue connivenze con la malavita brasiliana era riuscito a farsi trasferire a Roma, nella città del vaticano, da dove aveva fatto da tramite con la malavita locale.

La droga era il suo vizio più radicato, dopo anni di traffici ed espedienti la polvere bianca gli era diventata un supporto insostituibile alle sue depravazioni.

La badessa entrò trafelata nella stanza, seguita dal dottor Sibelli e da un inserviente del ricovero evidentemente scosso e spaventato.

“Venga nel mio ufficio Abate, abbiamo cose importanti di cui parlare” disse la badessa mentre apriva la porta di legno massiccio del suo ufficio.

L’abate si alzò lentamente, la sua stazza lo faceva muovere a rilento, l’imponenza della sua figura aveva sempre provocato una sorta di timore e lui ne faceva un suo punto di forza. Diede un’ultima occhiata alle cosce scoperte della segretaria ed entrò nell’ufficio.

***

CANTIERE ALA EST – ORE 14.10

Suor Clara passeggiava nell’uliveto all’esterno delle mura centrali del monastero. La facciata est della costruzione era coperta dalle impalcature erette per la messa in opera dei lavori di ristrutturazione della struttura antica. Gli operai urlavano e sudavano lavorando sospesi sulle palanche di legno della struttura metallica.

La Religiosa si sedette all’ombra di un ulivo, da lì poteva seguire i lavori, la vista di quegli uomini sporchi e operosi la distraeva dai pensieri cupi che la opprimevano. Aveva comunicato a Suor Luigia la punizione che l’aspettava. La sorella aveva reagito in maniera violenta alla sua comunicazione accusandola di essere una spia. Clara ascoltava le urla dei lavoranti, erano tutti provenienti dall’est, rumeni, moldavi, Ucraini.

L’impalcatura tremò leggermente, gli uomini che vi erano sopra si ressero ai tubi metallici per non cadere, la bruma verde iniziò a salire verso l’alto, tentacoli incorporei ricoprirono la struttura pensile rendendola irreale, gli uomini allarmati si guardavano gli uni con gli altri. Suor Clara si alzò, avvicinandosi al fenomeno, vide gli operai tentare di scendere quando la nebbia irreale li avvolse completamente per poi sparire misteriosamente come era apparsa.

Gli uomini scesero a terra, si guardavano senza parlare, come se tra di loro ci fosse un legame, come se facessero parte di un branco. Suor Clara si accertò che stessero bene, gli operai annuirono silenziosamente avviandosi verso l’impalcatura ma senza salirvi. La suora tornò all’ulivo ripensando allo strano fenomeno. Il gruppo di cinque uomini era riunito in cerchio ai piedi della struttura metallica, parlavano tra di loro senza parole, la donna li guardava incuriosita.

Suor Clara si stancò di osservare gli operai, erano ormai dieci minuti che stazionavano senza muoversi e senza parlare, si incamminò nel folto dell’uliveto, il sole era alto e la luce donava al posto un qualcosa di magico. Si fermò ai piedi dell’albero più vecchio, il suo tronco ricurvo incuteva timore e rispetto, era alto e l’ombra che proiettava a quell’ora del giorno era invitante.

Suor Clara si sdraiò sull’erba, guardava le nuvole quando un fruscio la fece alzare, i cinque operai le erano intorno, con le loro mani in tasca, le loro canottiere macchiate di vernice, le loro facce assenti ma, allo stesso tempo, pericolose.

La donna si alzò impaurita:”Cosa volete… che fate qui…”

Uno degli uomini le si avvicinò al volto, aprì le labbra, un sottile sbuffo verdastro usci dalla sua bocca insinuandosi nelle narici della suora. La Religiosa tentò di fuggire, corse verso il dormitorio scartando gli uomini che, immobili, la fissavano inespressivi. I rami bassi degli ulivi le strapparono il velo sciogliendole i capelli lunghi e mossi. Ogni passo le sembrava più pesante, la vista sfuocava a tratti rendendole ardua la fuga, girava la testa per controllare gli uomini alle sue spalle ma quelli restavano fermi come ad aspettare.

Suor Clara si fermò ansimando vistosamente, le sue gambe iniziarono a muoversi autonomamente verso gli operai, tornò indietro, il suo corpo non le obbediva, il gruppo si allargò a semicerchio per poi accerchiarla una volta che lei fu giunta nel mezzo. Le loro mani iniziarono a toccare il corpo della suora, il suo petto veniva stretto con violenza. Le fu alzata la veste, indossava delle calze bianche che le furono strappate all’altezza dell’inguine, anche le mutandine bianche di cotone le furono tolte a forza. Dita callose e tozze si insinuarono nella sua fica.

Suor Clara era sopraffatta, la sua coscienza si era sdoppiata, la sua mente rifiutava le attenzioni oscene degli operai ma il suo corpo reagiva sotto il controllo di una misteriosa malia, allargò le gambe, le dita degli uomini frugavano dentro di lei, le stringevano il clitoride facendola gocciolare copiosa.

“No… non voglio… lasciatemi vi prego…” Implorava la religiosa mentre si offriva impudica agli uomini che la circondavano. Uno di loro le sbottonò la tunica, i suoi seni ballonzolarono fuori dal reggiseno scoprendo i capezzoli inturgiditi, le sue mani furono portate ad afferrare i membri eretti degli uomini, le dita della suora carezzavano le loro aste tese e nodose.

La religiosa fu fatta inginocchiare, lacrime calde le solcarono le guance mentre la sua bocca veniva profanata dalle cappelle rosse e gonfie dei suoi aguzzini. Da dietro fu fatta piegare, sentì mani sconosciute afferrarla per i fianchi, urlò quando la presero da dietro, con foga animalesca, infilandole nella fica i loro cazzi duri. A turno iniziarono a scoparla da dietro.

Due degli operai si alternavano nella sua bocca, mentre li leccava le loro mani torturavano il suo seno enorme, i capezzoli le venivano stretti, tirati violentemente, schiaffeggiati con forza.

La donna assaporava il gusto acre dei cazzi che le scopavano la gola, il suo corpo sussultava ad ogni colpo di bacino dell’operaio che la stava prendendo in quel momento, iniziò a godere, la sua mente non si stava più sforzando di resistere, dal suo ventre ondate di piacere salivano prepotenti facendola urlare.

“Oh mio Dio… cosa fate… mhhh… mi piace… mi sta piacendo… che il signore mi perdoni… godo .. godooo.”

Gli uomini, incoraggiati dalle sue grida, iniziarono a scoparla con più foga, uno degli operai le allargò le natiche, la donna senti la cappella spingerle all’ingresso del buco stretto e scuro del suo culo, sentì la carne calda del cazzo penetrare dentro di lei con forza riempiendola e facendola urlare dal piacere.

“Ahhh… cosa? Dio mio, nel culo… allargatemi tutta… sono una puttana…. Sono una puttana…”

Una spinta più forte.

“Siii sfondami, ancoraa!”

L’uomo le afferrò le natiche e le allargò per poi penetrare dentro il suo culo slargato fino alla radice del cazzo, fino a farla godere nell’essere completamente aperta.

“Ancoraaaa, più in fondo, più grande, lo voglio più grande… vi prego scopatemi.”

La suora aveva perso qualunque freno, squassata dagli orgasmi pregava quegli uomini rudi e maschi di scoparla fina al limite. La fecero alzare per legarle le braccia, con il cordone della tunica, ad un ramo del vecchio albero di ulivo. Le schiaffeggiano il seno, che ballonzolava eccitante ad ogni colpo, segni rossi le comparvero sulla pelle chiara. Da dietro un altro degli operai la scopò nella fica scivolando tra i suoi umori caldi, la donna gemette, urlò, si dimenò.

Ad ogni schiaffo il suo utero si contraeva di piacere, le afferrarono le gambe e la penetrarono da davanti mentre uno degli operai le leccava il buco del culo che colava liquidi caldi ed intensi. La slegarono, la fecero accucciare a terra, con il culo esposto ai loro occhi, pronto per i loro cazzi.

A turno le slargarono il culo, ciascuno degli uomini le schizzò fiotti di sperma caldo e denso nello sfintere facendola gemere come un’ossessa.

“Mhhh siii nel culo, com’è calda, sono una troia vero? Siii mi sento tanto troia, trattatemi come una lurida cagna…”

Rivoli di sperma uscirono dal culo oscenamente dilatato della suora, lei lo raccolse con due dita, se le portò alla bocca, leccò avida masturbandosi e leccando i cazzi lordi degli uomini che le erano davanti.

Dopo aver goduto gli operai lasciarono la donna inerme sul prato, nuda e lorda di sperma, lei alzò gli occhi, le sembrò di scorgere un volto, un volto maligno che la fissava e rideva, lei allargò le gambe, allungò le braccia verso l’amante immateriale, il volto sogghignò malvagiamente e scomparve. Suor Clara svenne in un limbo senza coscienza.

***

UFFICIO DELLA BADESSA ORE 15.00

“Allora ha iniziato ad ondeggiare… e il sangue… il sangue usciva dalle fottute pareti…”

Il racconto dell’inserviente aveva scosso i nervi della badessa, lo sapeva che la nuova ospite avrebbe portato dei problemi, dal suo arrivo a Monte Crucio non c’era stato giorno in cui la madre superiora non aveva rivolto un pensiero a quella ragazza misteriosa su cui tutti avevano puntato la loro attenzione.

Il dottor Sibelli congedò l’inserviente, poi guardando i suoi interlocutori chiese: ”E ora che si fa, scientificamente non posso nemmeno immaginare un fenomeno del genere, forse voi dall’alto della vostra esperienza spirituale potete aiutarmi.”

Padre Ignacio rispose: “Siamo certi dell’attendibilità dell’inserviente? Forse è un visionario, forse lo stare con i pazzi tutto il giorno ha fatto impazzire anche lui ..”

“Ci sono testimoni, l’inserviente è affidabilissimo, valuto attentamente ciascun lavoratore che viene assunto nella struttura…” Disse il dottore rivolto a Suor Brigida, era lei l’ago della bilancia, era la badessa quella che, alla fine, prendeva sempre la decisione giusta.

“C’è anche un altro problema e mi sembra strano che Padre Ignacio non ne sia al corrente…”

“Cosa devo sapere?”

“Padre Alphonse è scomparso, nessuno al monastero lo ha visto da ieri. Era venuto da me avvertendomi di un… anomalia giù in chiesa e da quel momento nessuno ne ha avuto più notizia, l’ultimo ad averlo visto è stato Giulio Lorci, il marito di Mara…”

“Quale anomalia?” Chiese il dottore.

“Non si preoccupi, sta arrivando qualcuno dalla santa sede che si deve occupare del problema, forse è il caso, se padre Ignacio è d’accordo, di coinvolgerlo anche in questa misteriosa sparizione…”

“Se mi aggiornerà su quanto sta succedendo non vedo problemi a permetterlo, se invece lei continua a gestire questo posto come se io e… il dottore non esistessimo… mia cara mi permetta di dirle che non permetterò a nessuno di mettere il naso negli affari dei miei monaci” disse stizzito padre Ignacio.

I tre iniziarono a litigare, Carlotta dalla stanza d’attesa ascoltava le urla distrattamente, il suo cuore era stato spezzato da quello stronzo del suo fidanzato. Era stata lasciata dopo che aveva concesso al ragazzo la sua verginità. Si sentiva ingannata, usata. Lui l’aveva presa sui sedili posteriori della macchina, senza romanticismo, senza dolcezza, un atto meccanico a cui lei si era concessa per amor suo.

Si sentiva disperata, guardò l’orologio, erano le 16.00, dall’ufficio della badessa le urla continuavano, uscì, il suo turno di lavoro anche per oggi era terminato.

***

FORESTERIA – ORE 16.15

Carlotta rincasò, seduti in cucina c’erano Giulio, suo padre, con Marco, suo fratello.

“Dov’è la mamma?” Chiese acida Carlotta, aveva ancora gli occhi arrossati dal pianto.

Marco, con un gesto rapido fece sparire dal tavolo la bustina di cocaina che aveva usato poco prima con suo padre. I due si rifornivano da Padre Ignacio, legati non solo dal vincolo famigliare ma anche da vizi e perversioni, padre e figlio guardarono Carlotta mentre posava a terra la borsa.

“È dovuta scappare a Roma, in vaticano, per una commissione urgente, sarà a casa domani sera…” rispose Marco, “… tu cosa hai fatto?”

“Quello stronzo di Sergio mi ha lasciata, per telefono, nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia ha avuto!”

Giulio, il padre, si alzò dalla sedia, raggiunse sua figlia e l’abbracciò, cercò di non aderire al corpo della ragazza a causa dell’erezione che la sola vista di Carlotta gli aveva provocato.”

“Piccola mia, non ci pensare, quello stupido non ti merita, vedrai che oggi tuo babbo e tuo fratello ti coccoleranno tanto fino a farti dimenticare lo stronzo.”

“Grazie babbo, ora vado a fare una doccia ed a cambiarmi, poi ci organizziamo per la cena, ho voglia di cucinare per distrarmi, vi preparo qualcosa di buono.”

Padre e figlio si scambiarono un’occhiata di intesa mentre seguivano la ragazza che si avviava verso il bagno.

“Marco, vai a comprare del vino rosso, almeno sei bottiglie, poi vai in videoteca e prendi un bel film, stasera passiamo una serata in famiglia e facciamo rilassare tua sorella.”

Carlotta fece la doccia, andò in camera sua, strappò tutte le foto che la ritraevano col suo, ormai, ex-fidanzato. Indossò degli shorts gialli di cotone leggero ed una maglietta colorata che le lasciava scoperta la pancia. Quando uscì dalla stanza suo padre era ancora in cucina che sfogliava il giornale, aprì il frigorifero scegliendo il menu di quella sera. La doccia aveva lavato via parte delle sue sofferenze, canticchiava mentre tagliava le zucchine. Giulio guardava sua figlia, gli shorts le fasciavano il sedere piccolo ma ben fatto, i fianchi appena accennati e le sue gambe lunghe erano invitanti.

Marco aveva noleggiato un film di fantascienza e preso il vino, quando rientrò a casa trovò sua sorella china ad infornare il tortino di zucchine che aveva preparato, in quella posizione poteva ammirare il culo della ragazza in tutto il suo splendore. Suo padre era seduto al tavolo anche lui rapito da quella vista.

Giulio versò il vino in tre bicchieri e lo offrì ai suoi figli, brindarono sorridendo, Carlotta proseguì a cucinare, Marco mise su della musica, sorseggiavano sereni il vino mentre ognuno si occupava della cena.

Quando fu ora di mangiare le bottiglie vuote sul lavello erano arrivate a tre, si misero a tavola, brilli, facendo battute e ridendo. Carlotta si era completamente rilassata, Marco guardava incuriosito suo padre che faceva il simpatico con la figlia, il ragazzo iniziava ad intuire dove voleva arrivare il genitore e l’idea lo stuzzicava.

In generale Marco non mancava occasione per spiare la sorella o la madre, la notte si masturbava forsennatamente pensando a sua madre, alle sue cosce tornite e sensuali, al suo culo abbondante. Nelle sue fantasie allargava le natiche di sua madre per leccarle avido il buco del culo, vedeva se stesso affondare estasiato il cazzo tra le cosce della donna che lo aveva messo al mondo.

“buonissimo il tortino amore…” disse Giulio rivolto alla figlia mentre le versava dell’altro vino.

“Grazie papà, la mamma è una buona insegnante, sono contenta che vi piaccia…”

Finirono la cena, Marco e Giulio andarono in salotto, accesero il televisore. Marco tirò fuori la bustina con la polvere bianca.

“Ne vuoi?” chiese al padre mentre gli porgeva la banconota arrotolata.

“Si perché no…” rispose il padre chinandosi sul tavolino ad aspirare la sostanza stupefacente.

In quel momento entrò Carlotta, aveva finito di lavare i piatti e li stava raggiungendo per vedere insieme a loro il film noleggiato.

“Babbo, che stai facendo? Sei pazzo? Quella è cocaina!” Esclamò la ragazza stupita, biascicava leggermente a causa del vino, era scalza, i suoi piedini graziosi si muovevano armoniosi mentre cercava di stare in piedi senza barcollare troppo, era ubriaca.

“Dai tesoro, che c’è di male, facciamo un lavoro di merda tutti quanti, sempre a correre per questo o quel servizio, poi una volta finito torniamo in una casa che non è nostra, un po’ di aiuto per decomprimere la tensione… poi, con quello che ti è successo oggi, servirebbe anche a te” disse Giulio, porgendo la banconota alla figlia che era ancora ferma sulla soglia.

“Dai, non succede niente, solo per rilassarsi un po’…” Proseguì Marco, sornione.

La ragazza, titubante si avvicinò al divano, si sedette tra il padre ed il fratello, afferrò la banconota e si chinò sulle strisce di polvere bianca preparate dal padre. Nel chinarsi gli shorts si spostarono mostrando il perizoma a strisce colorate che incorniciava le sue natiche giovani ed invitanti.

“È la prima volta, mi si è addormentato il naso…” Rise Carlotta ubriaca e leggera, il cuore le batteva forte.

Nel frattempo Marco aveva fatto partire il film, il protagonista era Vin Diesel, Carlotta era entusiasta.

“E vaaai, grande Marco…” Urlò contenta, “… mi piace troppo lui, me lo farei proprio…”

Resasi conto di avere esagerato guardò suo padre: “Scusa babbo, mi sento un po’ alticcia…”

Giulio le poggiò la mano sulla coscia sorridendo: “Piccola mia, non ti preoccupare, siamo tutti un po’ su di giri, ma è la serata che ti avevo promesso no? Come stai?”

“Benissimo…” Rispose lei, bevendo un altro sorso di vino.

“… posso usarla ancora?” Chiese indicando la cocaina sul tavolo.

“Certo…” Rispose il padre.

Carlotta inalò di nuovo la polverina bianca, si accoccolò sul divano tra i suoi due maschi, Marco ogni tanto occhieggiava le gambe della sorella, le carezzava i piedi, era eccitato, il contatto con le dita graziose della ragazza lo stuzzicava, le massaggiava la pianta e la caviglia, le passava le sue dita tra le dita dei piedi.

Carlotta rimirava Vin Diesel, era sempre stato il suo sex symbol, forte, maschio. Beveva con gusto il vino rosso e denso, aveva la testa leggera, intorpidita da alcool e droga, appoggiò la testa sulla spalla del padre che le cinse le spalle con il braccio stringendola a se.

Marco salì a carezzarle il polpaccio, superò il ginocchio ed arrivò alle cosce, la pelle della sorella era liscia, vellutata, si spostò verso l’interno, il suo cazzo era teso all’inverosimile.

Giulio abbracciava la figlia, la sua mano era all’altezza del seno, poteva vederne la curva lieve dalla maglietta sbrindellata. Provò a sfiorarla, il dorso della mano toccò lievemente il seno della figlia attraverso il cotone fino, Carlotta non si scompose, si girò verso il padre con gli occhi lucidi e gli bisbigliò all’orecchio: “Babbo, ne prendo un altro pochino… mi fa stare bene…”

Giulio annuì, aveva il cazzo che spingeva dolorosamente nei pantaloni.

“Uff… “ Sbuffò Giulio.

“Che hai fatto babbo?” Chiese la figlia mentre tirava un’altra striscia.

“Ho i pantaloni stretti e sto scomodo ma non mi va di cambiarmi, mi piace il film…” Rispose Giulio.

“Levateli… tanto siamo in famiglia…” Disse Carlotta risistemandosi tra i due nella stessa posizione.

La ragazza prese la mano del fratello e la portò alla gamba facendogli capire che quella coccola gli piaceva. Giulio si sfilò i jeans stretti, rimase in slip, il bozzo della sua erezione era palese, Carlotta poggiò la testa sulla sua spalla, i suoi occhi guardarono fugacemente le mutande tese del padre.

Carlotta allargò lievemente le gambe, lo sguardo fisso allo schermo, suo padre le sfiorò di nuovo il seno, stavolta le sue dita si intrufolarono nella maglietta, il suo mignolo toccò il capezzolo della figlia, piccolo e turgido.

Marco salì ancora con la mano, era a ridosso dell’inguine della sorella, azzardò un contatto, le sue dita sfiorarono il tessuto leggero degli shorts, aumentò leggermente la pressione del tocco, tastando la morbidezza delle piccole labbra della fica di Carlotta attraverso il cotone.

Le dita di Giulio giocavano col capezzolo della figlia, i suoi polpastrelli disegnavano piccoli cerchi intorno all’areola del piccolo seno, si stringevano morbidi a stuzzicare il capezzolo turgido ed invitante. Carlotta si stava godendo la sensazione languida delle carezze che stava ricevendo, la sua testa era leggera, il suo cuore batteva all’impazzata per l’eccitazione delle sensazioni proibite che quei tocchi lievi le stavano donando.

Carlotta si versò dell’altro vino, il liquido le riscaldò la pancia facendola rabbrividire, la testa le girava, si sentiva umida tra le gambe, si chinò a sniffare altra polverina bianca, si rimise sul divano, allargò le cosce, ormai senza pudori, aspettava la visita delle mani di suo padre e suo fratello.

Giulio, ormai consapevole di aver raggiunto il suo scopo tirò su la maglietta della figlia, si chinò a leccarle i seni piccoli e morbidi, la sua lingua titillava i capezzoli. Marco le aveva scostato gli shorts, le sue dita entravano nella fica della sorella, era fradicia, leccò il suo sapore, poi portò le dita umide alla bocca di Carlotta che tirò fuori la lingua assaggiando i suoi stessi umori.

La mano della ragazza scese verso le gambe del padre, carezzò il membro del padre che, prepotente, uscì fuori dal bordo degli slip, le dita di Carlotta toccarono la punta rossa e dura del cazzo paterno, lo afferrò stringendolo, sentendolo inturgidirsi nel palmo della sua mano.

Marco sfilò gli shorts e le mutandine alla sorella, si chinò tra le sue cosce ammirando la sua fichetta implume, le sue labbra piccole e arrossate dall’eccitazione, bagnate dall’eccitazione; la sua lingua iniziò a titillare il clitoride della ragazza, scese verso la fessura fradicia e gocciolante, con le dita le teneva aperte le labbra della fica.

Carlotta ansimava, il cazzo del padre le riempiva la mano, lo masturbava lentamente, col pollice gli toccava la cappella gonfia, l’eccitava sentire il membro turgido che guizzava ad ogni suo tocco.

Marco si era sbottonato i pantaloni, aveva allargato le gambe della sorella afferrandole con le mani, spinse il cazzo dentro di lei, il calore lo avvolse, le labbra umide della sua fica si chiusero intorno al suo membro, iniziò a muoversi dentro di lei.

Giulio montò in piedi sul divano, Carlotta ingorda allargò la bocca ed ingoiò il cazzo del padre. Il sapore acre del membro paterno la faceva impazzire. Suo fratello la stava scopando in modo divino, sentiva il cazzo che le scivolava dentro, la sua fica era fradicia ed accogliente, il piacere, la droga, l’alcool, si mischiavano in un’unica turbinante sensazione di godimento. La sua lingua si avvolgeva intorno alla carne dura del cazzo di Giulio, lo ingoiava avida, giù fino in fondo, con la cappella che le riempiva la bocca.

Marco ed il padre si cambiarono di posto, Carlotta poté assaggiare il cazzo del fratello odoroso dei suoi stessi umori, la sua lingua percorreva per intero l’asta dura di Marco per poi ingoiarla tutta, serrando le labbra e succhiando forte.

Giulio scopava la figlia come un forsennato, le sue dita, dapprima dolci e delicate, stringevano forte i capezzoli di Carlotta, li stava torturando strizzandoli e tirandoli oscenamente.

Carlotta gemette nel momento in cui Marco le venne in bocca, sentì la sborra calda irrorarle la gola scendendo nel suo stomaco, inghiottì tutto gustando il sapore acidulo dello sperma.

Giulio stava per venire, si sfilò dalla figlia e le fece tirare fuori la lingua mentre lui si masturbava il cazzo dinanzi il volto di Carlotta. Lo schizzo le inondò la faccia, colandole sulle guance e sul collo.

Marco si accese una sigaretta, soddisfatto, Carlotta si accoccolò al padre in preda all’estasi dell’orgasmo, Giulio sedeva rilassato accarezzando i capelli della figlia e pensando alle future porcate che lo aspettavano.

***

UFFICIO DELLA BADESSA – ORE 17.00

“Sorella, io capisco tutto, ma lei ancora non mi ha risposto su cosa sta succedendo nella chiesa…” urlava Padre Ignacio verso Suor Brigida.

La badessa restava ferma sulla sua posizione, i suoi nervi iniziavano a cedere, erano tre ore che discutevano e non riusciva a far calmare l’abate.

Bussarono alla porta, la badessa andò ad aprire, sulla soglia apparve un uomo alto di circa quaranta anni, massiccio, lunghi capelli neri ed unti gli scendevano sulle spalle larghe, i suoi occhi erano di un nero profondo.

“Buonasera, mi chiamo Astor Almond, mi manda la santa sede… è lei suor Brigida?”

La badessa annuì e lo fece accomodare, l’uomo la turbava, era bello, di una bellezza selvaggia e misteriosa, la religiosa lo mise al corrente degli ultimi avvenimenti, l’uomo ascoltò in silenzio mentre nel monastero il buio prendeva, lentamente, il posto della luce.

***

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