Capitolo [part not set] di 10 del racconto Alessandra

di Monsterdark

1. Introduzione

La prima volta che vidi Alessandra, beh non me la scorderò mai.

Bionda.

Alta circa 1,70.

Capelli lunghi poco oltre le spalle con un curato taglio scalato.

Tailleur giacca-pantalone nero, camicetta bianca e un femminilissimo tacco a slanciarne la figura.

Lineamenti affilati, labbra sottili e rosse, il collo era adornato da un elegante filo di perle e la scollatura della camicetta, pur essendo poco rivelatrice, attirava lo sguardo verso un seno non molto voluminoso ma comunque armonizzato al resto del fisico.

Stava chiedendo al receptionist dell’hotel come raggiungere la sala conferenze, dove entro pochi minuti avrebbe tenuto una splendida lezione ad un uditorio di settanta selezionatissimi professionisti del settore tutti concordi nel definirla, chi con ammirazione e chi con invidia, la migliore sul campo.

Sia chiaro, la sua fama era molto più che meritata e costantemente corroborata da grande intelligenza, ottima capacità manageriale, intuito finissimo e carattere da vendere; se si considera che all’epoca aveva ventisei anni solamente, capirete il perché bastasse dire il suo nome perché tutti, ma proprio tutti, nel settore sapessero di chi si parlava.

Mi fa strano, ora, pensarla così, perfetta ed elegante sintesi di professionalità e femminilità che da subito mi fece perdere la testa. Mi fa strano, dicevo, soprattutto ora che la sto guardando scarmigliata, sudata, sporca di sperma ai lati della bocca mentre due senegalesi le penetrano figa e culo con ritmo sostenuto facendola gemere continuamente. La scena è estremamente eccitante e probabilmente me la godrei anche, se non fosse doloroso per me assistervi. Nulla di straziante, ormai, quella fase è finalmente superata. Sì perché vedete, Alessandra, la splendida amazzone che sta urlando a Omar di “spaccarla” e di “farglielo sentire fino in gola”, è niente meno che mia moglie. Già, mia moglie.

Come siamo arrivati a questo punto?

Beh la storia è un po’ lunga, ma forse vale la pena raccontarla. Tanto quei tre ne hanno ancora per un po’… e quell’altro sta ancora aspettando il suo turno.

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