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di Claudia Effe
Terzo capitolo.
Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.
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A meno di un metro da lei, seduto in poltrona, c’era il suo fidanzato.
Era circa un anno che abitavano assieme, le cose erano andate bene fin dal principio.
Era proprio il fatto che tutto andasse bene a turbare Veronica. Avesse avuto dei dissapori, dei litigi, sarebbe stato più facile anche solo valutare la proposta del signor Torre. Invece così le sembrava di correre dei rischi inutili.
Anche se quello non era un tradimento.
La questione non era frequentare un’altra persona o innamorarsi; in questo caso era più simile ad una transazione di affari.
Sì, certo, chissà che cosa ne avrebbe pensato Paolo, allora…
Non poteva però negare che una parte di lei era anche lusingata da quello che le era capitato. Il signor Torre aveva un mucchio di soldi, non aveva una famiglia, avrebbe potuto chiederlo a chiunque, invece aveva scelto lei.
Forse aveva scelto lei anche perché era sempre stata gentile con lui; e poi non era neppure da buttar via come donna, quello sicuramente no.
“Paolo, ho visto Marina questo pomeriggio, mi ha chiesto se voglio andare dieci giorni in vacanza con lei”, provò a sondare la ragazza.
Il ragazzo sembrò svegliarsi dal torpore che lo aveva avvolto.
“Lei è sempre senza fidanzato, vero? E così chiede a te”, rispose Paolo con una punta di acidità.
“Che vuoi farci? Prima o poi troverà anche lei quello giusto, però non le va di andare in vacanza da sola”.
Paolo si stiracchiò e si alzò per andare a prendere qualcosa da bere.
“Fai pure, se ti fa piacere. Ma con il lavoro come fai?”.
“Ho tanti giorni arretrati dallo scorso anno, più volte mi hanno invitata a farli, non è sicuramente un problema”.
Quello era vero: doveva ancora fare dodici giorni di ferie dall’anno precedente e il notaio stesso le aveva detto di prenderseli a breve.
Paolo tornò dopo aver richiuso il frigo.
“Tanto io non posso prendere giorni – disse stappando una birra – Se pensi che le faccia piacere vai”.
Più tardi, Veronica non riusciva a prendere sonno.
Paolo, accanto a lei, russava; lei era sveglia come se fossero state le quattro del pomeriggio, anziché del mattino.
C’era un’altra cosa a cui pensava. Con quella cifra, il signor Torre avrebbe potuto ambire a qualcosa di meglio. Magari non per fare la vacanza, ma sicuramente qualche serata avrebbe potuto farla anche con donne più belle di lei.
Qualche mese prima Veronica aveva visto un sito in cui delle prostitute offrivano i loro servigi. Erano tutte bellissime, corpi stupendi e lineamenti perfetti. Con una frazione della cifra che aveva offerto a lei, chiunque avrebbe potuto garantirsi la compagnia di quelle dee del sesso per diverse sere.
E invece lui aveva chiesto a lei.
Magari l’aveva solo sparata grossa, e in quel momento si era già pentito.
Magari lei era lì a farsi mille pensieri, e lui invece se la stava ridendo di come quella ragazzina stupida che lavorava dal notaio si fosse illusa che lui avrebbe pagato una fortuna per andare con lei. Forse era così, forse lui voleva solo fare una sparata e poi raccontare agli amici: “Le donne sono tutte zoccole. Ho proposto dei soldi a una, e questa ci è stata subito”.
Si rigirò nel letto.
Ma se non fosse stato così?
Obiettivamente, non le era sembrato che lui stesse scherzando, né che fosse uno spaccone.
Magari il giorno dopo avrebbe trovato una scusa per richiamarlo e avrebbe sondato il terreno, giusto per capire se aveva cambiato idea.
Quella era la cosa migliore da fare.
[prosegui al prossimo capitolo…]
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