Capitolo [part not set] di 7 del racconto Tentazioni

di Claudia Effe

La più classica delle tentazioni: sesso per soldi. Una proposta elegante, semplice, attraente. Accettare? Rifiutare? Mentire? E che cosa cambia, poi?…

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

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Attenzione: in questo racconto sono presenti nomi e cognomi di alcuni personaggi. Si precisa che nomi e cognomi sono di pura fantasia, inventati dall’autore: ogni somiglianza o apparente riferimento a persone realmente esistenti o esistite è da considerarsi del tutto casuale e involontario. Il racconto è puramente frutto della fantasia dell’autore.

“Per piacere, signor Torre, una firma in ogni pagina. Leggibile, mi raccomando”, disse il notaio.
Davanti a lui il signor Torre, un uomo prossimo ai cinquanta, stempiato e con diversi chili di troppo, impugnò la penna ed ebbe un attimo di esitazione. Sembrò andare con la mente ad un luogo molto distante da lì, poi scosse la testa come a scacciare quel pensiero e appose la sua firma sui fogli che il pubblico ufficiale gli aveva appena presentato.
Il notaio si fece restituire la penna, quindi prese un assegno circolare e lo consegnò al signor Torre.
Era un assegno da un milione e cinquecentomila euro.
“Bene, signor Torre – disse il notaio – ora la **** Srl non è più sua e può ritenersi libero da impegni. Congratulazioni”.
Il notaio si alzò in piedi, strinse la mano prima al signor Torre e poi agli acquirenti, due uomini orientali che non avevano proferito parola per quasi tutto l’atto, limitandosi a confabulare con il loro interprete.
“Ora, signor Torre, si fermi con Veronica, la mia assistente che siede qui accanto, per le ultime formalità”.

Le ultime formalità, come le chiamava lui, erano il pagamento della sua parcella. Veronica, una ragazza di ventisette anni dalla carnagione olivastra e i lunghi capelli ricci, si alzò in piedi e lo invitò a seguirla.
Il signor Torre seguì il ticchettio di tacchi fino ad una piccola stanza che si apriva sul lungo corridoio dello studio notarile. Lì c’era una scrivania abbastanza spoglia, occupata solo da un paio di cartelline. La ragazza si sedette al tavolo, aprì la prima in alto e senza ulteriori formalità avvicinò la fattura al cliente.
“Può intestare l’assegno al notaio Lanzo”, disse.
Il signor Torre estrasse il blocchetto degli assegni.
“Datemi solo il tempo di versare il circolare”, disse compilando l’assegno.
La ragazza davanti a lui non fu turbata da quella richiesta; non era la prima volta che le capitava.
“Non c’è problema, metta pure la data della prossima settimana, così è più tranquillo”.
L’uomo sorrise, firmò l’assegno con scrittura zoppicante e lo porse alla ragazza, la quale lo pinzò all’interno della cartellina; quindi prese la fattura, vi appose il timbro “pagato” e la consegnò all’uomo davanti a lei.
“Ora, signor Torre, può fare tutto quello che vuole nella sua vita, non ha più impegni. Come si sente?”, chiese lei, forse solo per fare un po’ di conversazione.
L’uomo fissò un punto imprecisato alla destra della donna; come prima, sembrava essere perso nei suoi pensieri. Poi sospirò.
“Sa, signorina, una parte di me si sente ancora in colpa. Questa era l’azienda di famiglia, ci avevano lavorato prima mio padre e suo fratello, poi io per più di trent’anni. Non so se ho fatto bene a venderla”.
Veronica cercò di sdrammatizzare: “Però ora potrà alzarsi al mattino all’ora che vuole e non dovrà più andare a lavorare. Cosa farà, una vacanza?”.
L’uomo alzò le spalle: “Vacanza… non saprei. Non saprei neppure con chi andare”.
Veronica si pentì di aver iniziato quella conversazione. Non era la prima volta che vedeva quel cliente, si erano incontrati già diverse volte quando si trattava di definire gli estremi della vendita. Sapeva che si era separato dalla moglie tre anni prima e che non aveva figli.
“Non saprei – disse lei sforzandosi di sorridere – a volte anche andare in vacanza da soli fa bene, può essere rigenerante”.
L’uomo si alzò, sorrise e le porse la mano: “Qualche cosa farò, devo solo abituarmi all’idea di non andare più in azienda tutte le mattine. Ma la natura umana è così, no? Ci si abitua ai cambiamenti”.
Veronica si alzò in piedi anche lei e gli porse la mano: “Sicuramente non si pentirà della sua scelta, ne sono certa”.
Il signor Torre sciolse la stretta di mano e uscì dall’ufficio.

Veronica aprì nuovamente la cartellina e controllò che ci fosse tutto. Non appena la richiuse, sentì bussare nuovamente alla porta.
Quando la porta si aprì, vide che era nuovamente il signor Torre.
“Buongiorno – lo salutò – abbiamo dimenticato qualcosa?”.
L’uomo fece solo un passo dentro alla stanza, rimanendo in piedi.
“No, no. Avevo però una cosa da chiederle”.
“Mi dica”.
“Riguardo alla vacanza di cui parlavamo poco fa, lei verrebbe con me?”.
Veronica diventò rossa, non si aspettava una proposta del genere.
Doveva trovare la maniera di rifiutare senza essere sgarbata.
“Mi piacerebbe fare una vacanza, ma devo lavorare. E poi non penso che il mio fidanzato sarebbe d’accordo!”, aggiunse con un risolino.
L’uomo davanti a lei annuì: “Certo, lo immagino. Però le voglio fare lo stesso una proposta. Le propongo di scegliere lei la destinazione della vacanza. Mauritius, Seychelles, Messico, per me non fa nessuna differenza. Ho passato tutta la vita a lavorare e per me tutti i posti sono nuovi”.
Veronica rimase a guardarlo, chiedendosi come mai l’uomo non avesse capito che a lei la proposta non interessava.
“La vacanza la pagherò io, ovviamente; in più, le darò cinquemila euro al giorno”, aggiunse il signor Torre.
“Scusi, devo aver capito male…”, domandò Veronica.
“No, ha capito bene. Andremo in vacanza dove vorrà lei, e per la durata di questa vacanza lei prenderà cinquemila euro al giorno. Pensavo a dieci giorni di vacanza, che ne dice?”.
Veronica non sapeva cosa rispondere. La cosa migliore da fare era di prendere tempo.
“Guardi, la proposta che mi ha fatto è interessante. Però voglio pensarci bene, voglio darle una risposta sensata. Mi lasci qualche momento per riflettere”.
L’uomo annuì: “Certo. Lei ha il mio numero di telefonino, mi chiami quando vuole”.

[prosegui al prossimo capitolo…]

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