Capitolo [part not set] di 7 del racconto Tentazioni

di Claudia Effe

Settimo capitolo e fine della prima parte.

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

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“Ho avvisato al lavoro e arrivo un poco più tardi, così ti accompagno all’aeroporto”.
Veronica sentì il cuore fermarsi, si chinò a chiudere la zip della valigia per evitare che Paolo la guardasse in volto.
“Non è necessario, posso prendere un taxi”, rispose.
Il ragazzo le sorrise: “Non è il caso che tu spenda dei soldi. Ti accompagno io, così restiamo ancora un po’ di tempo assieme”.
Veronica armeggiò con la trousse dei trucchi. Come poteva dissuadere il suo ragazzo senza che la cosa suonasse sospetta?
“Sai – proseguì lui – ho pensato che, da quando io e te ci conosciamo, è la prima volta che diamo distanti per così tanto tempo”.
“Fosse solo quello”, pensò Veronica.
Paolo si avvicinò e prese una delle borse. “Incomincio a portarla in auto, quando sei pronta vieni giù anche tu”.
Non appena il ragazzo uscì dalla porta, Veronica prese il telefonino e avvisò il signor Torre: “Il mio ragazzo mi sta accompagnando. Io e lei non ci conosciamo”.
Sedette sul letto e si sforzò di elaborare una strategia efficace. Paolo si sarebbe aspettato di vedere Marina; come fare a giustificare la sua assenza?
Il telefono le squillò in mano: era Paolo.
“Vero, dai che si fa tardi! Vieni giù!”
Veronica prese il bagaglio a mano e uscì di casa, chiedendosi se gli eventi a cui stava andando incontro non avrebbero fatto sì che quella fosse l’ultima volta in cui la vedeva.

“Sei silenziosa. Sei preoccupata?”, le chiese Paolo, e nel contempo le appoggiò una mano sulla coscia.
Veronica dovette lottare contro se stessa per non togliergli la mano; il senso di colpa le rendeva sgradevole qualunque contatto con lui.
Cosa le aveva chiesto? Perché era silenziosa?
“Niente, è che stavo pensando se ho preso tutto”.
Prese il telefonino e mandò un messaggio a Marina: “Scrivimi che hai già fatto il check in e mi aspetti dentro”.
“Ho chiesto a Marina dove si trovi – spiegò con un mezzo sorriso – Lei è sempre in ritardo”.
Dopo qualche istante il telefonino emise un tenue suono elettronico. Veronica controllò i messaggi: Marina aveva fatto quello che le aveva chiesto.
“Ci deve tenere molto a questo viaggio – commentò Veronica – è già arrivata e ha già fatto il check in”. Orientò il telefono verso Paolo in modo che anche lui potesse leggere il messaggio.
L’auto si immise nella corsia delle partenze.
“Non è il caso che stai a pagare il parcheggio – disse Veronica – tanto qualche minuto e mi imbarco”.
“Guarda che non è un problema, sono solo alcuni minuti”.
“Sono soldi buttati, ci possiamo salutare qui”, disse Veronica, indicando il marciapiede.
Paolo accostò l’auto e azionò le quattro frecce, quindi allungò una mano e carezzò il viso della ragazza.
“Lo so che sono solo dieci giorni, ma mi mancherai”, disse.
Veronica sentì la gola stringersi; ma non poteva fare niente, non giunta a quel punto.
“Dai, ne puoi approfittare per fare quello che non fai quando ci sono io. Puoi vedere dei vecchi amici, guardare lo sport in tv tutte le sere”, rispose lei, sperando di non tradirsi con la voce.
Il ragazzo annuì: “Farò così. E poi dieci giorni passano in fretta, no?”.
Veronica non riusciva a sopportare il protrarsi di quel momento; si sporse verso Paolo e lo abbracciò. Una parte di lei le diceva che era ancora in tempo a tornare sui suoi passi, ma si rispose che ormai erano troppi gli elementi in ballo.
Sciolse l’abbraccio con Paolo, gli diede un bacio e scese dall’auto. Dopo qualche passo si voltò ancora verso di lui, che la stava osservando. Gli accennò un saluto con la mano, gli mandò un bacio ed entrò nell’aeroporto.

Non appena entrò nell’ampio edificio, vide subito la coda del suo volo e, tra la gente in fila, il signor Torre. Questi le fece un sorriso, ma lei con la testa fece cenno di no. Prese il telefonino e gli mandò un messaggio: “Il mio ragazzo è parcheggiato qui fuori, ci parliamo dopo il check in”. Si sentiva veramente una merda a comportarsi in quella maniera, ma giunta a quel punto non aveva altre opzioni.
Attese pazientemente che la fila si smaltisse, quindi prese la carta d’imbarco e, espletati i soliti controlli, giunse al suo gate. Il signor Torre era seduto con una rivista in mano e le aveva riservato un posto accanto a sé.
“Mi spiace – disse Veronica – Non so cosa gli è preso, ma oggi ha voluto accompagnarmi fino a qui”.
Il signor Torre alzò le spalle: “L’importante è che sia andata bene e che ora tu sia qui. Ha sospettato qualcosa?”.
Veronica si sedette accanto a lui: “No, non ha sospettato nulla”.
Si sentiva veramente male; inoltre stava crescendo il sentimento di disagio nei confronti del signor Torre. Se lui fosse stato il suo amante quello sarebbe stato probabilmente anche un momento bello, ma in quella situazione si sentiva veramente fuori posto.
“Senta – gli disse – mi dia qualche minuto per entrare in questa nuova situazione. Lo so che non è colpa sua, ma sono un po’ scossa”.
Il suo cliente le sorrise: “Non c’è nessun problema. Abbiamo nove ore di viaggio da fare e sono sicuro che quando arriveremo saranno state sufficienti per migliorare l’umore. Però ti chiederei fin da subito di abituarti a darmi del tu . Nel caso non te ne ricordassi, io sono Mario”.
Le porse la mano come se si stessero conoscendo per la prima volta; quel gesto la fece sorridere.
Gliela strinse e disse: “Piacere, Veronica”.
Si appoggiò al sedile e guardò la gente in attesa di prendere il loro stesso volo. Stavano tutti andando in vacanza, sembravano felici.
“Ah, prima che me ne dimentichi e la perda”, disse lui, frugandosi in una tasca. Ne estrasse una piccola fede d’oro.
“È quella della mia ex moglie, me l’aveva lanciata contro quando se n’è andata. Dovrebbe andarti bene; mettila, così non faremo chiacchierare le persone che incontreremo in viaggio".
Veronica prese l’anello e lo infilò all’anulare. La misura era corretta, forse un po’ larga. Si rimirò la mano con un vago senso di disorientamento. Lei non era una di quelle ragazze che hanno il matrimonio come obiettivo nella vita; allo stesso tempo non escludeva però di sposarsi un giorno, e il candidato migliore era tutt’ora Paolo.
E ora, senza nessun preavviso, sarebbe stata la moglie di un altro per una decina di giorni.

L’altoparlante chiamò il loro volo e diligentemente si misero in coda. Sino a quando non salirono sull’aeromobile, Veronica non smise di guardarsi continuamente attorno per verificare che non ci fosse il suo fidanzato. Paolo non era un ragazzo sospettoso, ma lei non era in grado di capire se il suo comportamento non gli avesse generato qualche sospetto. Da parte sua erano giorni che si sentiva bollire lo stomaco e non era da escludere che Paolo se ne fosse accorto.
Entrò nell’aereo e si sedette accanto al signor Torre, o Mario, come voleva essere chiamato. L’uomo si astenne dal disturbarla, forse rispettoso di quanto lei gli aveva detto poco prima.
Veronica visse con una certa apprensione il decollo – come del resto capitava ogni volta che prendeva un aereo – ma quando furono in quota, quando l’aereo bucò lo strato di nuvole e il sole fece capolino attraverso il finestrino, finalmente riuscì a sentirsi un po’ rilassata.
Ormai il dado era tratto, giunta sino a quel punto non avrebbe più potuto tornare indietro.

[Qui finisce la prima parte del racconto. La pubblicazione della seconda parte non è ancora stata programmata. Per commenti o informazioni, contattate l’autore]

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