Capitolo [part not set] di 8 del racconto ICVM

di Cigno

—LA LEZIONE—

“Se io dicessi la seguente frase: ‘Il viso di un uomo’. Cosa vi viene in mente? Sù, pensateci.”

La classe rimase in silenzio per qualche secondo, stordita dalla strana domanda del professore.

Ilaria, che partecipava sempre con piacere alle lezioni di Filologia, rimase interdetta tanto quanto i suoi compagni di corso.

“Sù! Pensateci… cosa vuol dire per voi questa frase?”
Alcuni ragazzi iniziarono a borbottare. D’un tratto, una ragazza della terza fila laterale alzò la mano.

Il prof. La indicò e le diede la parola.

“Il viso di un uomo è il volto. La faccia. Una caratteristica dell’individuo.”

“Brava. Come ti chiami?”

“Gaia.” Rispose la ragazza, vittoriosa.

“Il tuo nome mi serve, posso chiedertelo in prestito?” Chiese il professore con tranquillità.

Gli studenti continuarono ad ascoltare pur sapendo di aver capito meno di prima.

La ragazza rimase un po’ sorpresa dalla risposta e in modo incerto fece di sì con la testa.

“Bene, grazie. Qualcun altro vuole provare a dare una risposta più articolata?”
I ragazzi erano tutti confusi. Il professore capì il senso di smarrimento comune e continuò.

“Ciò che ha detto la vostra collega è tutto sommato giusto. Rientra a pieno titolo nel concetto che desidero trasmettervi, tuttavia mi serve che qualcuno di voi analizzi la frase nel dettaglio. Andate oltre il concetto anatomico. Volate basso. Riflettete sulle singole parole: Il viso di un Uomo.”

Il professore si avvicinò dunque alla lavagna e scrisse Viso e Uomo.

 

Ilaria, a quel punto, alzò la mano. Nella sua mente qualcosa s’era appena mosso.

“Professore, lei vuole sapere cosa significano Viso e uomo oppure cosa hanno in comune le due parole?”
Il professore guardò Ilaria in modo soddisfatto e rispose.

“Signore e signori, io vi ho fatto una domanda. E’ un po’ insolito che voi mi rispondiate con un’altra domanda… tuttavia! lei come si chiama, signorina?”
“Ilaria” Rispose lei.

“Ah beh, certo. La sua gaudentia e allegria la portano a trovare l’aspetto giocoso, comico e leggero in ogni cosa.”
Ilaria lo guardò stranita. Poi capì e sorrise.

“Mi ha capito, vero?” Chiese il professore.
“Si.” disse Ilaria.

“Vuole spiegarlo anche alla sua collega Gaia e al resto dei colleghi qui presenti, allora?” aggiunse il professore.

 

Ilaria si guardò intorno, lievemente imbarazzata. Non sapeva bene come reagire a quell’improvviso cambio di prospettiva. Adesso lei era al centro dell’attenzione e tutti attendevano una spiegazione plausibile che mettesse insieme i pezzi.

“Ok, ci provo. Dunque, se ho capito bene, il professore sta cercando di condurci nell’analisi delle parole, dell’etimologia e dell’origine di alcuni termini. Il fatto che mi chiami Ilaria, che deriva dal greco ‘Hilaros’ che significa appunto gioioso, allegro, ha indotto il professore a fare la battuta di poco fa…”

“Molto bene, Ilaria. Che altro?” Disse il Professore.
“Ecco, a questo punto non saprei come continuare. Cioè, Gaia significa terra. Pianeta. In un certo senso ha a che fare con il nostro mondo. La Terra.” continuò Ilaria.

“Continui, sta andando benissimo.” Disse il Professore, ignorando Gaia che, ritornata a sedere, sembrava alquanto ridimensionata e contrariata per non essere più oggetto delle attenzioni del professore.

“Ok. Da qui in poi posso solo fare delle deduzioni…” disse Ilaria.

“Che cosa deduce?” Chiese il Professore.

“Deduco che, stando a quel che ha detto lei pocanzi, il significato di Pianeta Terra ha a che fare con la frase ‘il viso di un uomo’.”

Il professore rimase in silenzio insieme a tutta la classe.

Ilaria era convinta di aver detto qualche fesseria e improvvisamente diventò rossa come un peperone.

Clap. Clap. Clap. Il professore batté le mani rompendo la tensione accumulatasi nell’aula.

“La vostra collega Ilaria ha dimostrato una splendida intelligenza deduttiva. Mi vorrei servire del suo ragionamento per proseguire e concludere il mio discorso. Permette, dunque?”

Ilaria era interdetta. “Oh, si. Certo, faccia pure.” disse.

“Grazie. Tornando a lei, Signorina Gaia. Il suo nome era utile, come abbiamo potuto notare. Tuttavia la domanda successiva che dobbiamo porci è la seguente: Cosa significano le parole ‘Viso’ e ‘Uomo’?
Certo, alcuni di voi continueranno a girarci intorno. Vi do una dritta: Pensate umilmente.”

 

La classe ricominciò a borbottare. Doveva essere un indizio che aiutava a capire meglio il concetto ma sembrava che le cose si stessero complicando ulteriormente.

Gaia guardava di soppiatto Ilaria che prendeva appunti. Ilaria morsicava ogni tanto la matita cercando di sforzare la memoria.

Poi l’intuizione.
“Umile, professore. Deriva dal latino Humus.” disse ad alta voce.

“Signorina Ilaria, lei non è più autorizzata a parlare.” disse in modo deciso il professore. La sua voce appariva dura ma allo stesso tempo tranquilla.

“Lei ha già ottenuto le capacità che mi ero ripromesso di trasmettervi. Ora è il momento che altri si facciano avanti.” aggiunse il professore.

 

Se da un lato Ilaria era delusa da quel veto improvviso, dall’altro rimase parecchio soddisfatta: Aveva dimostrato di essere una persona brillante e capace di agire d’intelletto.

Gaia rimase ancora più irritata e svilita. Servendosi dell’assist, urlò senza alzare la mano.

“Humus, cioè il terreno ricco in nutrienti. La terra è l’Humus.” disse.

Il professore le rivolse uno sguardo e annuì.

“Ottimo. Dunque, ricapitolando, il suo nome – Gaia – deriva dal Greco e significa terra.

‘Humus’ è il suolo. Il terreno, in lingua latina. La parola umile e il Nome Gaia hanno dunque origini comuni.

Lei è umile, signorina Gaia?” Il professore alzò lo sguardo in modo interrogativo.

Gaia rimase in silenzio. Non sapeva come rispondere. Optò per un prudente sorriso di circostanza.

 

Il professore ascoltò il parere di un altro paio di ragazzi. Una volta che la discussione sembrò arrivare all’ennesimo punto morto, egli parlò.

“Bene, ragazzi. Andiamo al dunque. Umile. Terra. Humus. Parole diverse con storie simili. E se vi dicessi che la parola Uomo ha la stessa origine?”

La classe rimase in silenzio.

“I primi uomini definirono loro stessi ‘generati dalla terra’, dunque ‘Humus’. ‘Humanus’. Terrestri.

Umani. Genere umano. La parola Uomo è arrivata fino a noi portando dentro di sé il concetto della terra, il nostro luogo d’origine.” Disse il professore, tracciando una linea che collegava Uomo e Terra.

“Passiamo ora, alla parola Viso. Il viso è ciò che abbiamo davanti a noi quando incontriamo qualcuno di conoscente. Noi esponiamo il nostro viso alla vista degli altri.

Viso. Vista. Capite il senso? La parola ‘Viso’ trae origine dall’atto di osservare qualcun altro.

In tedesco è lo stesso, pensate a ‘Gesicht’, al cui interno esiste il verbo ‘sehen’, cioè guardare.

Ogni lingua ha in comune questo tipo di informazioni rudimentali ma essenziali.

Il viso è ‘ciò che guardiamo negli altri’.”

 

La classe appariva come magnetizzata. Erano tutti col fiato sospeso per cercare di carpire ogni parola pronunciata dal professore. Egli, mentre continuava a parlare, indicava sulla lavagna la parola Viso e la collegava con una linea alla parola Vista.

 

“Ok. Dunque cosa ci rimane? Sappiamo da dove proviene la parola Viso. Sappiamo che origine ha la parola Uomo.

Cosa è per voi, dunque, ‘ il viso di un uomo’?”

 

Nessuno si azzardò a rispondere. Ilaria era ansimante e pregava di poter rispondere. Aveva già capito dove volesse andare a parare.

Il professore a questo punto unì le parole Vista e Terra.

“Gli antichi Uomini hanno profetizzato che nel futuro gli uomini astronauti avrebbero visto la terra da lontano!”

 

La classe scoppiò a ridere. Il professore fece una espressione grottesca portando le mani ai capelli per aggiungere comicità ulteriore.

Dopo pochi secondi tutti ritornarono silenziosi. Al ché, il professore tornò a parlare.

“Aldilà di questa interessante e certamente affascinante teoria, volendo analizzare meglio il significato di alcune parole, ci rendiamo conto che il quadro non è completo.

Dal latino e dal greco ci derivano moltissimi termini, che usiamo giornalmente. Pensate al prefisso ‘omo-‘. Omologo. Omosessuale. Omogeneo. Omonimo.
Tale prefisso deriva anch’esso dal greco e significa ‘stesso’, ‘identico’.”

 

Il professore dunque tornò alla parola Uomo. Ancora una volta, creò il collegamento con la parola “Omo-”.

“Chi è l’uomo? L’uomo altro non è che un nostro omologo. Un nostro simile. Ecco, dunque, che la parola uomo ha dato significato alla parola “Identico”. Non trovate sia bellissimo? Gli uomini si identificano con gli altri uomini. La parola stessa Uomo ce lo suggerisce.

Ma dove vogliamo arrivare? Dove ci porta questo benedetto ‘viso di un uomo’?”
Il professore unì le parole Identico e Vista.

 

“Signori. Il viso di un uomo rappresenta la nostra identità. Il nostro volto è uno specchio attraverso cui noi definiamo noi stessi come individui. La nostra identità, prima ancora dell’invenzione della psicologia, era stata già definita dal nostro linguaggio.

La nostra lingua, evolvendo, ci ha permesso di dare sostanza alla nostra essenza.

Mi auguro che abbiate compreso quanto sia importante la filologia e lo studio delle lingue per il genere Umano. Noi siamo esseri parlanti, dunque pensanti.”

 

La lezione si concluse e il professore ricevette un applauso assortito.

Ilaria era incantata. Sapeva che non lo avrebbe deluso neanche stavolta.

Mentre usciva dall’aula notò Gaia, la sua collega, discutere animosamente col professore davanti la cattedra. Era parecchio agitata. Si sforzò di carpire qualche frase ma non ci riuscì. Gaia si voltò, guardandola inviperita. Era certamente una confessione. L’invidia bruciava dentro di lei.

Mentre era nella strada verso casa si ritrovò a riflettere sulle cose che aveva appreso a lezione.

L’identità. Il volto. Il linguaggio.

Era talmente assorta dai pensieri che neanche si accorse d’aver percorso in automatico il tragitto che separa l’università da Via del Mirto, dove abitava.

Attraversò la strada, continuando a pensare a innumerevoli cose contemporaneamente.

Non riusciva a concentrarsi. Il suo pensiero vagava. Improvvisamente le si palesò davanti l’immagine di Francesco. Il volto del suo vicino di casa. Le buste di tè. Le conversazioni. Il bacio.

Ne focalizzò il viso con la mente. Il cuore le batteva forte. Una sensazione nuova, di pace, la avvolse.

Arrivò in casa e trovò Federico immerso nel tentativo di battere qualche avversario on-line ad un gioco sparatutto.

Sospirò.

Si distese sul letto, pensierosa.

Si addormentò facilmente, complice la stanchezza di una giornata.

I suoi sogni furono vaghi e tormentati. Sognava d’essere in mezzo a tante persone. Tutte indistinguibili.

Non riusciva a riconoscere il volto di nessuno. Presa dal panico, cercava di aggrapparsi ad altri elementi che potessero aiutarla a riconoscere chi aveva davanti.

Si guardò allo specchio e non si riconobbe. Era diventata anonima, come tutti gli altri.

D’un tratto lo vide. Era Francesco. Il suo volto era nitido. Occhi, orecchie, naso. Le labbra si allargarono in un sorriso.

Si avvicinava a lei con sicurezza. Ogni passo che compieva era come se qualcuno posizionasse di volta in volta un camino sempre più vicino.

Il calore e il benessere aumentavano. A pochi centimetri dalla sua bocca, avvertiva come se un fuoco fosse tutto intorno a loro. Fin dentro di lei.

Lo baciò appassionatamente e le fiamme divamparono, bruciando ogni cosa. Non aveva paura, non sentiva dolore.

Immaginò che i due corpi si fondessero l’un l’altro. Avvertiva le braccia di Francesco attorno alla vita. I suoi seni premevano sul petto di lui. Con le proprie mani, esplorava la sua schiena cocente e ne accarezzava i capelli crespi. La barba pungeva ma era come un dolce massaggio durante il bacio.

Si abbandonò completamente. La morsa in cui era stretta sembrava dovesse durare in eterno.

Si svegliò.

 

Era sudata, sotto le coperte. Il cuore le batteva all’impazzata. I vestiti ancora indosso erano zuppi.

Era convinta di avere la febbre. Le orecchie erano rosse e bollenti.

Le gote arrossate. La bocca impastata.

Lo vedeva ancora. Era il suo volto, sereno, rassicurante.

Era troppo tardi per tornare indietro.

Se davvero il viso di un uomo rappresenta la sua identità, lei sapeva di essersi appena identificata.

Rimase in silenzio per tutto il pomeriggio.

 

Vai al capitolo...