Capitolo [part not set] di 8 del racconto ICVM

di Cigno

La nebbia era così fitta in Via del Mirto che la strada sembrava perdersi in un mondo oscuro, sconfinato e intangibile. Nessuno passava. La strada era deserta.

Alessandra aprì gli occhi e si ritrovò di sopra il cielo stellato. Non avrebbe potuto capire che ore fossero, vista la totale mancanza del comodino e della sveglia.
Si domandò se facesse freddo. Strano, pensò. Non poteva affermare di sentire freddo. Tuttavia, sebbene indossasse solo un lenzuolo, non realizzò subito d’essere in mezzo alla carreggiata in una notte oscura e nebbiosa!
Riusciva a vedere i rilievi dei propri capezzoli attraverso la seta del lenzuolo. Scostò lentamente il tessuto e si ritrovò nella gelida notte invernale. Confusa e spaesata, cerco di mettersi seduta.
Le prime domande iniziarono a fare capolino nella sua testa. Cosa ci faceva li’? Perché era nuda?
Perché non si trovava nel suo appartamento insieme al suo letto?
Di colpo, si ricordò di essere letteralmente tette al vento, priva di alcun intimo, in mezzo alla strada. Seduta sul suo letto, ignorando come fosse possibile trasportarlo fin lì.
Corse verso il portone di casa ma non aveva le chiavi. Osservò le vetrate degli appartamenti. Sembravano coperte del tutto. Nessuno spiraglio poteva fare intravedere l’interno degli alloggi.

Una strana sensazione la travolse. Osservò il numero civico.

64.

Strano. Non era casa sua. Considerato che abitava in Via del Mirto 46, quella sembrava proprio la stessa identica casa, tuttavia a numeri civici invertiti.

Gridò aiuto.
Nessuno sembrava ascoltarla. Nessuno, in verità, sembrava esistere!
In preda al panico, cominciò a correre attraverso la fitta nebbia. Correva nuda, piedi scalzi. L’asfakto avrebbe dovuto essere freddo. Lei avrebbe dovuto avvertire i piedi congelare e le gambe tremare. Nulla di tutto questo. Nessuna sensazione.
Corse per circa 5 minuti. Aveva il fiatone ma non si sentiva stanca. Ritrovò il suo letto in mezzo la carreggiata. Sembrava non si fosse spostata per niente.

Ad un certo punto la vide. Era un’ombra. Si avvicinava minacciosa e inesorabile.
Era il profilo di un uomo con il cappotto lungo e il cappello.
Una paura spaventosa la colse. Lei era nuda, in mezzo alla nebbia, certamente in pericolo.
Si nascose dietro alcuni cespugli. Non aveva molti altri nascondigli cui fare riferimento.

Cercò di individuare l’uomo con lo sguardo. Egli era indecifrabile. Avanzava con costanza. Passo lento e cadenzato. Il volto messo in ombra dal bavaro rialzato. Borsalino calato giù a coprire gli occhi. Un uomo senza volto.
Si avvicinava verso di lei.
Alessandra era terrorizzata. Voleva gridare aiuto ma capì che nessuno l’avrebbe salvata. L’unico sforzo che poteva fare era quello di confrontarsi con l’unica altra anima viva presente insieme a lei.
Rimase nascosta mentre l’uomo le passava davanti senza accennare uno sguardo. La superò senza neanche curarsi del letto in mezzo alla strada.
Alessandra iniziò a turbarsi. Era convinta di essere la preda. Essere stata ignorata in quel modo la fece sentire ancora più a disagio. Decise dunque di seguirlo con lo sguardo. Si chiese dove stesse andando.

L’uomo si fermò poco lontano. La nebbia lo avvolgeva parzialmente.
Si avvicinò per guardare meglio. Aveva qualcosa in mano.
La mano si agitava in modo lento e deciso.
Era quasi ipnotico. Alessandra non riusciva a decifrare.
Avrebbe dovuto sentire freddo e invece sentiva quasi caldo. Era nuda, per strada, con la nebbia.

Davanti a sé un uomo col cappello e il suo pene in mano, alle prese con un ritmato atto masturbatorio.

Alessandra strabuzzò gli occhi. Non riusciva a crederci. Continuò a spiare l’uomo mentre l’atto osceno procedeva. La vista era parzialmente coperta sia dalla nebbia che da alcune foglie distanti.

Non sapeva bene come reagire. Si limitò a guardare.
Analizzando la situazione, cosa ci può essere di strano nel vedere un uomo avvolto dalla nebbia fare autoerotismo di notte?
Ripensò a dove aveva già visto fare una cosa del genere. Ad Andrea, certamente. La porta della sua camera era confinante con la cucina e spesso aveva l’abitudine di guardare attraverso il buco della serratura. Capitava alcune volte di vedere Andrea masturbarsi in cucina, da solo. Certamente c’era un piacere latente esibizionista nel masturbarsi negli spazi in comune di un appartamento per studenti.

Era tuttavia altrettanto chiaro che il piacere voyeurista era una caratteristica di Alessandra. Non glielo ha mai confessato. Aveva sempre tenuto il segreto per sé.

Ma qui? Come poteva tenere segreta una cosa del genere? Come si può ignorare un uomo incognito fare la stessa cosa in mezzo a una via? Non si può.

Eppure lei guardava, imperterrita. La sensazione di freddo non esisteva. Lei era convinta di essersene perfino dimenticata. Sentiva solamente un calore delocalizzato e ingravescente.
E’ come se un istinto indomabile la obbligasse a prendere visione della scena nonostante la propria volontà fosse combattuta.
E la sua volontà si palesò in modo chiaro ed esplicito. Era rappresentata dall’indurirsi dei capezzoli e dall’improvviso inumidirsi delle cosce.
Si portò istintivamente le braccia a coprire le sue intimità. Era pur sempre dotata di pudore, anche se in quella circostanza sembrava superflua.
L’uomo intanto andava su e giù lungo l’asta. Alessandra notava quanto fosse bello quel movimento, quasi un orologio a cucù che scandisce i secondi.
Era ritmico, pacato, deciso. Costante. Alessandra volle spostarsi per guardare da più vicino.

Ad un certo punto arrivò il vento. Era finalmente il freddo che tanto avrebbe dovuto dominare sulla scena. La schiena di Alessandra si increspò in una soave pelle d’oca. Chiuse gli occhi per godere della sensazione d’essere sfiorata da quella brezza.
Riaprì gli occhi. Una donna.

Quando era apparsa? Da dove?

Ella rimaneva di fronte il misterioso uomo e lo guardava in modo provocante.
Sembrava indossare un abito grigio luccicante. Tacchi alti. Guanti che arrivavano fino ai gomiti. Acconciatura anni ’30. Da dove proveniva? Dalla nebbia? Era sempre stata lì?

La donna si avvicinò all’onanista e divaricò le gambe. Coi guanti issava l’abito fino alla vita per scoprire le sue grandi labbra. Iniziò a massaggiarsi il clitoride, senza distogliere lo sguardo.
Alessandra ammirò imbambolata la scena di due persone mostrarsi i rispettivi sessi in mezzo alla strada. Era nuda e la cosa sembrava quasi naturale.
Il frusciò del vento fece rumore attraverso le foglie. L’uomo e la donna interruppero le loro porcherie e volsero lo sguardo verso Alessandra. L’uomo le puntava il pene contro.

Alessandra trasalì. Era stata appena scoperta o sapevano della sua presenza fin dall’inizio?
La donna faceva col dito il segno di avvicinarsi a lei. Alessandra, quasi automatizzata, si avvicinò.

Adesso era davvero vicina. Rimasero tutti e tre in silenzio.
L’uomo riprese il lavoro di mano. La donna esibiva il proprio sedere, alzando la gonna lunga. All’uomo sembrava piacere molto. Alessandra era lì che osservava da una posizione privilegiata ma non era oggetto di attenzioni da parte di nessuno dei due.

La donna tolse i guanti lunghi e iniziò ad aiutare l’uomo col cappello. Lo prese in bocca, dando ogni tanto qualche sguardo ad Alessandra che non accennava a muoversi dalla sua posizione di osservatore.

Spingeva con la testa. Andava sempre più a fondo. I gemiti dell’uomo si alternavano al rumore del vento. Alessandra era a pochi centimetri dai due. Non sapeva che mossa fare.

Voleva toccarsi i capezzoli ma sentiva la braccia bloccate.
Ad un certo punto l’uomo iniziò a mostrare i chiari segni di resa. Tremava e aumentava il ritmo. Eiaculò improvvisamente di fronte lo sguardo sconvolto di Alessandra e quello soddisfatto della Donna.
Lo sperma colava sulle spalle e sui seni della Donna, che rideva ed aveva una espressione solo vagamente familiare.
Rimasero in silenzio tutti e tre. L’uomo ancora aveva il pene ben eretto. Pulsante.
Il freddo si fece intenso. La prima goccia di pioggia cadde sulla punta del glande. Fece uno schiocco netto, udibile anche a distanza.
Il pene, alla pressione della goccia d’acqua, sbatacchiò in alto e in basso. Alessandra osservava tutto ed aveva ormai la sensazione che un fiume in piena fuoriuscisse dal suo ventre. La pressione aumentava. Chiuse gli occhi. Era eccitata da morire. Voleva abbandonarsi completamente.
Riaprì gli occhi, con le dita ormai stava esplorando la propria vagina alla ricerca di un piacere rimasto troppo a lungo taciuto.

La pioggia cominciò a cadere copiosa. Le gocce erano grosse. Facevano un gran baccano atterrando sulla schiena di lei, sull’addome di lui e sui seni di Alessandra, che osservava avidamente.
Tutto diventò sempre più bagnato.
I due misteriosi figuri continuarono a guardarsi, incuranti della presenza di Alessandra e della pioggia. Ella, nonostante il freddo, la pioggia e il vento, sentiva un calore indomabile. Una dissociazione sensitiva pazzesca e irrazionale. La pioggia le bagnava i capelli e le rendeva gli umori ancora più fluidi.
L’uomo e la donna guardavano Alessandra, in silenzio. Erano assorti e completamente rapiti dai movimenti della ragazza che aveva smesso di osservare e iniziava la sua danza per loro.
Alessandra avvertì l’orgasmo giungere a destinazione. Sentiva battere la pioggia sulla propria pelle.
Si sentiva infradicita. Aveva i brividi. Veniva e gemeva. Avrebbe voluto che i due signori che la scrutavano si dessero una mossa e partecipassero.
Chiuse gli occhi. Aprì la bocca e godette dell’orgasmo in mezzo alla strada. Nuda, in compagnia di due sconosciuti, sotto la pioggia. Emise un flebile gemito.

Si accasciò per terra. Esausta. La pioggia aveva ormai allagato tutto. I due incogniti la aiutarono a rialzarsi. Fece passare qualche secondo, il tempo di riprendere consapevolezza delle proprie gambe tremanti. Si soffermò dunque sul viso della Donna. Era chiaramente Maria Rita.

Si Girò verso l’uomo. Quello era Andrea.

Non più due volti anonimi.

Una volta tornata in piedi si slegò dalla presa dei due ragazzi. A questo punto, i due coinquilini iniziarono ad indicare la porta del civico n. 64.

“Cosa volete? Cosa devo fare?” chiese Alessandra.

“Questo è lo scopo. L’appuntamento.” Disse Maria Rita.

“Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti.” Disse Andrea.

 

Andrea e Maria Rita scomparvero nella nebbia. La pioggia continuò incessante. Alessandra iniziò a tremare per il freddo.

Quale scopo? Quale appuntamento?
L’intera via del Mirto scomparve. Dissolvendosi. Alessandra continuava ad avvertire una intensa umidità e quasi improvvisamente si sentì cadere. Chiuse gli occhi.

Riaprì gli occhi. Aveva ancora la mano poggiata sul basso ventre. Era sotto il lenzuolo. Fradicio.
Lei grondava di sudore. Sollevò il lenzuolo bagnato e vide che aveva allagato completamente il materasso. Si guardò intorno. Era nella sua stanza. La sveglia posta sul comodino accanto al letto segnava le tre di notte.
Si cambiò. Ripulì velocemente il tutto e ripensò a ciò che aveva sognato.

Aveva certamente sottovalutato la situazione. Sapeva di avere esagerato il giorno prima quando iniziò a guardare da dietro lo spioncino della porta.

Maria Rita. Andrea. I loro discorsi. I loro sguardi. Il bacio.

Non appena essi si allontanarono Alessandra scoppiò d’ira. Si sentiva tradita. Completamente annientata. Avrebbe voluto entrare dentro la loro stanza e maledire entrambi.

Era uscita dalla sua camera per andare ad origliare dietro la porta di Maria Rita. Li riusciva quasi a vedere, nudi, senza mai arrivare all’atto finale.

Non se la sentì di interrompere quello strano atto d’amore e decise di lasciar perdere.

In lacrime, mentre ritornava verso la propria stanza, vide il computer aperto.

Diede un’occhiata e scorse le foto di loro due, amici e amanti di vecchia data. Si sentì in colpa.

Erano osceni ma anche tanto in sintonia.

Capì immediatamente che quello che stava facendo era un errore.

E ora li sognava. Li spiava anche durante il sonno. Esisterà di certo uno scopo a tutto questo.

C’è bisogno dell’aiuto di tutti.

Si chiese se fosse disposta a capirci di più. Si rispose immediatamente.

Sarebbe andata al civico 64 per scoprirlo.

 

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