Capitolo [part not set] di 8 del racconto ICVM

di Cigno

—LA CONVOCAZIONE—

 

“1 euro e 50, prego.” disse la commessa del minimarket vicino casa.

Ilaria raccolse gli spiccioli con fatica. Teneva sulle spalle lo zaino stracolmo di libri e il sacco della spesa.

Aveva già pagato in precedenza ma si era resa conto di voler comprare delle patatine al formaggio esposte all’ingresso. Non aveva spazio ulteriore in cui conservare il pacchetto e dunque decise di tenerle in mano e mangiarle lungo la strada verso casa.

Era pensierosa. Ripensava a ciò che le era capitato a fine lezione.

Il suo professore volle parlarle in privato, nella sua stanza.

 

“Ilaria, sono contento che sei qui. Sei una delle mie studentesse più brillanti. Me ne sono reso conto fin da subito e ci tenevo a fartelo sapere…” disse il professore.

“Oh, grazie. E’ davvero un onore sentirselo dire.” rispose Ilaria piuttosto rincuorata.

“Non sono un tipo che normalmente fa questo tipo di proposte, tuttavia sentivo l’esigenza di parlarti.” Aggiunse lui.

Ilaria rimase in silenzio, in attesa di capire che tipo di proposta stesse ricevendo.

Il professore dunque prese una busta e gliela porse.

“Ecco a te. Questo è un invito.” disse il professore.

“Un invito per cosa…?” chiese Ilaria.

“E’ un progetto nuovo a cui sto lavorando da un po’ di tempo. Riguarda la simbologia linguistica. Sto collaborando con alcuni studenti per realizzare uno studio comparato. Mi servono menti brillanti, come la tua.” disse il professore.

“E io che ruolo ho?” chiese lei.

“E’ ancora tutto da definire… posso dirti soltanto che ciò che affronteremo è, diciamo, complicato. Studieremo insieme i complessi meccanismi che si celano dietro la capacità del linguaggio di descrivere l’uomo e la società. Cercheremo di dare un senso ad alcune caratteristiche fondamentali: La scrittura, la lettura, la relazione lettore-scrittore e il potere delle parole nell’evocare emozioni, idee e speranze.”

“Credo di capire.” disse Ilaria. “Tuttavia, mi chiedo come mai non ne abbia trattato a lezione!” aggiunse.

“Vedi, non tutti possiamo essere protagonisti. Ho dovuto operare una selezione ben specifica. Questi argomenti non rientrano nel nostro normale corso di studi. Allora, ci sarai?” disse Il professore.

 

 

L’invito del professore le aveva fatto perdere la concentrazione. Decise dunque di saltare la lezione successiva. Aveva bisogno di riflettere.

Stava camminando lungo la strada, ingurgitando patatine. Aveva la busta in mano, con un orario e un indirizzo.

Era estremamente incuriosita ma sentiva anche un certo senso di inquietudine. Arrivò quasi davanti casa.

 

—IL COLLOQUIO—

 

Gaia bussò alla porta del professore. Quel giorno si era vestita in modo molto provocante. Ne andava di mezzo la sua reputazione.

Il professore fece un sorriso grosso e le fece segno di entrare nella sua stanza.

“No, professore. Lei non dovrebbe farmi entrare nella sua stanza in questo modo…” disse lei.

Il professore rimase interdetto per qualche secondo.

“Come… come avrei dovuto farti entrare?” disse.

“Beh, dovrebbe prima chiedermi gentilmente che ci faccio qui…!” disse lei.

“Oh… certo. Beh, non ho visto nessuno in corridoio quindi mi sentivo più spontaneo” il professore cercò di rimediare cercando di mantenere un tono. Poi aggiunse: “Ok, signorina. Bene. Mi dica, a cosa devo questa visita nel mio studio?”

Gaia lo guardò in modo malizioso ed entrò a passo lento e cadenzato. Sapeva che il professore non poteva ignorare quella sua minigonna plissettata a quadretti e la camicia da scolaretta.

Stavolta il look di Gaia era decisamente da rimanere senza fiato. Aveva le calze bianche e le scarpe converse nere abbinate con la cravatta. Un gilet verde scuro che richiamava il colore della gonnella.

Un rossetto color scarlatto e i capelli raccolti a coda di cavallo.

Si era probabilmente ispirata             a qualche manga giapponese. Rivolse un’occhiata ben decisa al professore, disarmandolo.

“Ho saputo che sta facendo alcuni colloqui ai suoi studenti più meritevoli…” disse lei.

“Oh, si. E’ proprio cosi.” Il professore sembrava piuttosto impacciato ma cercò di rimanere calmo, nonostante la potente erezione già attiva per via di ciò che stava vedendo.

“Bene.” Disse Gaia mentre prendeva posto sulla sedia con le gambe incrociate.

“Sono qui per partecipare al colloquio…!” aggiunse giocherellando con la coda di capelli.

“Oh, ma vede, in realtà siamo già al completo. Non posso inserire altre persone…!” disse il professore mentre si avvicinava in modo serpentino alla sua alunna.

“Ah, ma davvero?” disse Gaia fulminandolo con lo sguardo.

“Eh si.” disse lui.

“E non si potrebbe proprio fare una eccezione?” replicò Gaia, mentre fingeva di controllarsi il trucco con uno specchietto e facendo movimenti osceni con la bocca e la lingua.

Il professore deglutì. Non sapeva bene come continuare la conversazione. Il cazzo premeva sui pantaloni e sentiva il sudore della fronte.

Gaia continuò a guardare il professore cercando di evidenziare il meglio di sé.

“Allora? Professore? Rimane muto?” disse lei, spazientita.

“Oh… ehm. No, cioè. Volevo dire… che intende con eccezione?” disse il professore spaesato.

 

Gaia a quel punto si alzò e procedette verso di lui guardandolo fisso negli occhi.

“Mio caro professore, le eccezioni può deciderle lei. Non merito anche io un’opportunità?” disse mordendosi il labbro inferiore.

“Tutti meritano un’opportunità.” Disse il prof.

“E allora mi metta alla prova!” disse Gaia.

Il professore la guardò intensamente. Sapeva che era difficile resistere a simili avances.

Gaia era lì per un obbiettivo ben preciso. Non c’era via di fuga.

“Mi mostri le sue qualità, allora…!” disse lui, infine.

Gaia sorrise in modo diabolico. Si sfilò la cravatta, tolse il gilet lasciandolo cadere per terra. Staccò uno per uno i bottoni della camicia e rivelò un reggiseno di pizzo bianco, particolarmente sexy.

Il professore deglutiva e la sua erezione sembrava ormai incontenibile. Iniziò in modo quasi automatico a palpeggiarsi. Gaia capì di averlo già circuito.

 

Si massaggiò lentamente e avidamente le mammelle, mentre il professore stava a guardare e continuava a strofinarsi una mano sul pacco.

Tolse dunque la camicia e abbassò le spalline del reggiseno.

“Che ne dice di queste referenze, caro professore?” disse lei.

“Ha chiaramente una bella… media dei voti.” disse lui.

Una volta svelati i capezzoli, si bagnò entrambi gli indici con la saliva e iniziò a umettare le areole. Tremava tutta.

“Posso mostrarle il mio curriculum, se vuole…!” disse Gaia.

“Faccia pure.”

“Dovrà mettersi comodo.” disse lei, spingendo il professore sulla sedia.

Ondeggiò i fianchi e continuò a toccarsi le tette in modo deciso. Con la lingua riusciva a raggiungere i capezzoli e poteva leccarli con tranquillità.

Ondeggiò e si voltò, dando le spalle al professore.

Portò entrambe le mani sui fianchi, facendole scorrere lentamente verso il basso per portare giù la minigonna.

Il professore osservò le due splendide natiche della studentessa svelarsi in tutta la loro bellezza.

Sculettò leggermente per far cadere del tutto l’indumento.

Adesso rimaneva in slip, mentre il professore aveva già abbassato la zip dei pantaloni.

“E’ un curriculum niente male…!” disse lui mentre tastava la consistenza del suo pene.

“Non ha ancora visto le mie qualità principali.” disse lei mentre si avvicinava e si inginocchiava, allargandogli le gambe.

Avvicinò la testa verso l’inguine del professore e aspettò che gli venisse concessa la visione della verga ben eretta.

Il professore quindi tirò fuori l’uccello e lo fece dondolare.

“Come se l’è cavata, finora, con esami gli orali, signorina?” disse il professore.

“Tutti trenta ad eccezione di un 18.” disse lei, mentre agguantava con una mano il pene del prof.

“A cosa era dovuto quel 18?” chiese lui, sussultando per la mano fredda attorno al cazzo.

“Quella volta non digerii bene la lezione. Non mi andava giù.” disse lei.

“Se vuole superare il colloquio, sappia che deve mandare giù proprio tutto, stavolta.” disse lui.

Lei lo guardò, ridendo.

Diede una prima leccata all’asta, poi una seconda, aiutandosi con una mano. Avvolse il pene del professore con le sue labbra, sporcandone il glande col rossetto.

Iniziò a gustarsi il cazzo del suo professore, andando su e giù.

Egli godeva, fregandosene del suo ruolo e concentrandosi sulle sensazioni.

Lei ogni tanto emergeva e prendeva il respiro. Segava con forza quel cazzo lubrificato e pulsante.

Continuò il pompino animando ogni tanto anche i testicoli e il perineo.

Il professore gli strinse le tette avvertendo dentro di sé un calore improvviso.

I testicoli si ritrassero, l’asta si irrigidì ancora di più. Le gambe iniziarono a tremare.

Gaia aprì gli occhi senza smettere di leccare. Avvertì un primo schizzo sbatterle contro l’ugola.

Resistette al conato riflesso, camuffando con un colpo di tosse.

Poi un secondo schizzo.

Poi il terzo.

Tutti in bocca, mentre lei non smetteva di masturbare. Quando la sparatoria finì, lei diminuì la velocità e ingoiò tutto quello che aveva ricevuto.

Si separò dalla punta del cazzo con un grosso schiocco di labbra e mostrò la lingua pulita.

“I miei complimenti… lei ha certamente talento…!”

“Grazie, professore.” disse Gaia mentre tornava in piedi. Le ginocchia arrossate portavano i segni del pavimento.

Si tolse gli slip e le calze.

Il professore continuava a guardare, rimanendo con il pene ancora vagamente inturgidito fuoriuscito dai pantaloni.

“Cosa ne dice, dunque, sono anche io in squadra?” chiese Gaia.

“Mmh. Non so. Le altre concorrenti hanno saputo dar prova di altre qualità…!”

Gaia reagì male a quella frase.

 

“Le altre concorrenti? Vaffanculo.” gridò.

“Ehi! Non ti incazzare. Non ho ancora preso una decisione. Se mi dessi prova anche tu di queste qualità il posto sarà tuo…” disse lui, preso alla sprovvista.

Gaia lo guardò con un’occhiata torva. Poi si ricompose.

“Bene, professore. A questo punto non posso fare altro che sfoderare tutta la mia inventiva e preparazione…!”

“Era quello che volevo sentirmi dire…!” disse lui.

Si slacciò i pantaloni e li calò. Il pene era ancora moderatamente consistente.

Gaia lo prese e continuò a segarlo, mentre si palpeggiava una tetta. Era diventata stranamente nervosa e ansiosa.

Lo rimise in bocca per accelerarne il rinvigorimento. Il professore era in estasi.

Non appena l’erezione fu di nuovo adeguata, si voltò avvicinando il culo e allargando le natiche.

Si sedette e fece scomparire quella verga in un sol colpo.

Il professore gemette. Gaia avvertì un senso di invasione netto.

Si reggeva con le mani sulle ginocchia di lui, mentre faceva andare su e giù il bacino e dunque le chiappe.

“Ti piace?”
“E’ meraviglioso.”

“Sono assunta?”

“Sei bellissima…!” disse il professore, quasi ipnotizzato per via del su e giù del culo di Gaia.

“Dimmi che sono brava, non che sono bella. So di essere bella.” disse lei.

“Sei brava.” disse lui.

“Sono la più brava!” disse lei, mentre continuava a scoparsi il professore nel suo studio.

“Si, si, sei la più brava!”

“Ripetilo…!”

“Amore… sei la più brava!”

“Non mi chiamare amore! Io sono la tua studentessa più brava e tu mi stai scopando.”
“Sei la mia studentessa più brava e io ti sto scopando.”

“Ripetilo. Gridalo!”

“Sei la mia studentessa più brava e io ti sto scopando.”

“Mi stai scopando nel tuo studio.”

“Ti sto scopando nel mio studio.”

Il ritmo aumentava ancora. All’improvviso Gaia si fermò. Alzò il culo. Afferrò il cazzo e lo poggiò sul suo ano.

“Lo volevi da tanto, vero?”
Il professore sgranò gli occhi. Guardava il suo glande toccare quel succulento bottoncino tra le chiappe. Non poteva credere ai suoi occhi.

“Oddio, si! Sto godendo… ti prego facciamolo.”
“Spingi, allora.” disse Gaia, mentre con le mani allargava le natiche.

Il professore spinse la punta forzando e vincendo la resistenza muscolare.

Una volta dentro con il glande, iniziò una lenta progressione.

Gaia lanciava gridolini eccitati. Lui era ormai quasi al lmite.

Iniziò la penetrazione in silenzio, entrambi consapevoli di aver superato qualsiasi confine di realtà.

“Come ti senti ora che mi stai scopando da dietro?”

“Mi sento in paradiso…!” disse il professore.

“Farai tutto quello che ti dico?” disse lei.

“Certo, amore.”

“Non mi chiamare amore, ho detto. Scopami. Gridalo forte: Io sono la tua studentessa preferita.”

“Perché vuoi che lo dica ancora?”

“Dillo! Sono io la tua studentessa preferita.”

“La mia studentessa preferita.” Disse lui, ansimante.

“Le mie colleghe non sono nulla.” disse lei, avvertendo ogni colpo, ogni ingresso.

“Le tue colleghe non sono nulla, in confronto.” Disse il prof. Leggermente turbato ma comunque pieno d’eccitazione.

“Quelle puttane sono insulse!” disse lei.

“Quelle… oh ma che c’entra, adesso?” chiese lui.

“Dillo! Quelle puttane non hanno nulla più di me.”

“Quelle puttane…” lui incominciava a non gradire più di tanto quella scena.

“Soprattutto quella puttana di Ilaria. Lei è una puttana senza ritegno. Non merita nulla. Non merita tutte quelle attenzioni. E’ saccente e fa di tutto pur di attirare l’attenzione. Dovresti saperlo!” urlò lei in preda agli spasmi.

Gaia ricevette una spinta improvvisa. Dovette tenere l’equilibrio per qualche secondo per evitare di rovinare per terra.

 

“Che cosa cazzo ti è preso?” Disse Federico.

“Oddio… Fede. Scusami tanto… non volevo.” disse Gaia, terrorizzata.

“Come ti permetti di parlare di Ilaria in questo modo?” disse lui.

“Io non… ero nel personaggio. Scusami.”

“Tutte cazzate, stavi parlando seriamente.” disse Federico, ricomponendosi e rivestendosi.

“No, ti prego. Non volevo…!” farfugliò lei, mortificata.

“Ci eravamo detti tante volte: Non parlare di Ilaria. L’avevi promesso. Questo era un gioco. Il nostro gioco. Cosa ti è saltato in testa?” disse Federico lanciando i vestiti a Gaia, colmo di rabbia.

“Sai che ti dico? Vaffanculo. Tu la ami ancora.”

“Non ho detto questo. Quello che penso è che tu stavolta hai esagerato. Non è corretto infierire su una cosa in cui entrambi abbiamo una responsabilità…”
“Avevi tu la responsabilità! Non hai mai avuto il coraggio di lasciarla…!”

“Non darmi colpe per questa cosa. Siamo complici in tutto e per tutto…!” disse lui.

“Avresti potuto lasciarla tanto tempo fa. Riempivi di baci lei mentre scopavi me. Guarda un po’! Che fortuna! Aver trovato una persona come me! Teniamocela stretta!” disse lei, a questo punto inviperita.

“Forse dovresti andartene. Non so per quale motivo tu ce l’abbia a morte con Ilaria. Non so nemmeno perché ne stiamo parlando. Mi hai fatto fare questi stupidi giochi di ruolo perché neanche volevi stare con me. Ogni volta ti sei inventata un personaggio diverso da farmi fare. Il presidente, il dalai lama, il professore. Tutto Bello. Eccitante. Tuttavia finto!

Peccato, ora ho realizzato che sei qui per altri motivi. Mi dispiace ma non ci sto più. Esci fuori, adesso.”

 

Gaia aveva gli occhi lucidi. Quelle parole erano come stiletti infilati nella carne. Federico ci aveva visto giusto, stavolta. Non era così stupido come aveva sempre pensato.

Era la verità. Quel gioco perverso, quell’approfittarsi della vita privata della sua collega.

Una invidia patologica e autodistruttiva.

Se ne andò di casa sbattendo la porta.

 

Le lacrime le offuscavano la vista. Si mosse così rapidamente che non fu in grado di evitare lo scontro frontale.

Ilaria teneva ancora in mano la lettera d’invito e il pacco di patatine che esplose spargendole tutte per terra, lungo il pianerottolo.

Gaia avvertì un forte dolore alla testa mentre Ilaria ricevette una nasata sullo zigomo.

“Che cazzo…?” disse lei, istintivamente.

Si guardarono negli occhi. Si riconobbero immediatamente. Gaia era sconvolta, sia per il dolore che per la vicenda.

Non sarebbe dovuta finire così, quel pomeriggio. Avevano programmato tutto come al solito.

Ilaria non sarebbe dovuta rientrare a quell’ora.

Gaia non disse nulla. Si limitò a scappare giù per le scale.

Ilaria gridava, furiosa. Quello che fino a quel momento sembrava impossibile che accadesse si tramutò in realtà. Aveva subito realizzato che cosa significasse tutto questo.

Entrò in casa, lasciando il macello di patatine per terra.

 

 

Le urla si avvertirono in tutto lo stabile. Francesco, che aveva la stanza più vicina alla porta d’ingresso dell’appartamento dirimpettaio, non poté fare a meno di sentire quelle voci.

Uscì di casa e si ritrovò davanti una scena del crimine. Un sacchetto di patatine esploso, un gilet verde scuro e una busta.

Le voci provenivano da casa di Ilaria. Sembrava una brutta litigata. Non riusciva a interpretare nessuna parola, tuttavia.

Osservò la busta e la raccolse.

Pensò che fosse meglio rientrare in casa.

Chiuse la porta e tornò in stanza. La busta era indirizzata ad Ilaria, a quanto pare.

Lesse il contenuto.

“Il tuo contributo sarà essenziale per il nostro scopo. Ti aspetto.”

 

In fondo alla lettera c’era un indirizzo e un orario. Era un invito destinato a Ilaria.

Rimase in silenzio per studiare la mossa successiva.

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