Capitolo [part not set] di 8 del racconto ICVM

di Cigno

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– – – ILARIA- – –

Ilaria non riusciva a concentrarsi sulle sbobine di tedesco
che aveva in programma di fare.
Il suo fidanzato Federico si era da poco trasferito nel suo appartamento e la
vita di coppia non era certo facile.
Lei odiava il disordine e sembra che Federico fosse stato eletto come
rappresentante del caos dell’umanità intera.

Presa dallo sconforto e da una strana Fernweh (nostalgia di posti o vite mai
vissuti) decise che era giunto il momento di farsi un tè. Il tè placa tutte le
Sturmen (tempeste) d’animo.
Prese tutto l’occorrente e si rese conto che il tè che aveva comprato era in
realtà una strana tisana a base di finocchio.
Si… Diciamo che accade anche di peggio al supermercato!

“che due palle… questa robaccia mi farà anche distendere lo stomaco ma
io ho bisogno di rimanere sveglia. Sto scheisse (merda) di tedesco lo devo
finire oggi assolutamente.
Vediamo se i ragazzi di fronte mi possono prestare qualche bustina…”


Arrivata nel pianerottolo, prima di bussare si fermò a pensare: “oh cazzo
ma magari qualcosa diversa dal pigiama dovrei indossarla!”
Ritornò a casa e indossò leggins e maglione di Titti. Scelta discutibile per
molti ma lo status di studente richiede un preciso dress-code.

Suonò il campanello e si ritrovò davanti un ragazzo dai capelli scomposti,
sguardo apparentemente assonnato e maglietta degli slayer.

“Ciao! Sono ilaria, piacere, abito qua di fronte!”
“Ohi…ciao.” Disse il ragazzo, strappato evidentemente fin troppo presto
dalla fase di sonno profondo.

“Sei il ragazzo di una delle mie vicine? Posso chiederti
una cortesia?”
“No…in realtà io abito proprio qua. Piacere, Francesco.”
“Oh… scusami! Non ci eravamo mai beccati allora… io sto qui da
relativamente poco tempo.” disse Ilaria.

“Da quanto tempo?”

“Eh…Un anno.” rispose Ilaria, con ironia da cabaret
dilettante.
“Ah. E in un anno non ci eravamo mai…? Comunque scusa… entra se vuoi! Dimmi
pure…”

"Guarda non volevo disturbare, volevo solo chiederti se tenete in casa
qualche busta di tè! Purtroppo l’ho finita e oggi non ce la faccio proprio a
ricomprarle…”
“Eh, cavoli, aspetta che controllo…intanto entra pure! Non fare caso al
bordello…!”

Ilaria entra in casa e nota quanto sia ben più grande di casa sua. Forse la
presenza di Federico aveva reso il bilocale ancora più angusto.

Camminando dietro Francesco, non riuscì ad evitare il contatto visivo con la
tuta del ragazzo e la forma che egli gli conferiva. Gli uomini in tuta sono
normalmente degli uomini in tuta. Questo tipo di uomo, tuttavia, sembrava essere
un normale uomo in tuta con un bel fondoschiena. O almeno, questo è quello che
si ritrovò a pensare Ilaria mentre faceva lo slalom tra numerose cianfrusaglie
sparse per il corridoio.

“Non ci sono le tue coinquiline?”
“No… studiano tutte, credo.”
“Ah vanno in biblioteca, presumo!”
Francesco fece spallucce. Sembrava un tipo di poche parole. Approdarono in
cucina e il caos rimase coerente con l’arredamento dell’ingresso.
Una pila di piatti da lavare. Una specie di strano centrotavola e un tavolo
circolare che a stento si riusciva a riconoscere, tanto era coperto da devices
elettronici di qualsiasi natura.

“Cosa studi, tu?” Chiese lui.

“Lingue. Al momento faccio tedesco!” rispose lei.

Il bacino di Francesco continuava a risuonare nel campo
visivo di Ilaria, facendola diventare sorda.

Ilaria si rese conto di avere appena creato un ossimoro
bellissimo. O era una sinestesia?
Le figure retoriche non erano il suo forte. Preferiva lo studio delle lingue.
Centomila modi diversi di pronunciare una parola che può significare centomila
cose diverse. Quello era il suo campo. Ad interpretare le parole nel modo
giusto era sempre stata brava, almeno così credeva.

“Va bene nero?”
“Cosa?”

Improvvisamente il gelo. Nero? Cosa significa nero? Nero in
che senso? Schwarz. Buio. Profondo. Pece? Panico.
“Parlo del tè…nero ti piace?” sorrise Francesco, studiando la
reazione della vicina.
“Ah…si! mi piace, nero è buono!” Rispose a tono Ilaria, sentendosi
una cretina.
“Mi fa piacere che lo sottolinei!” Replicò Francesco, ironico.
“Oddio, che tristezza di battuta!” disse Ilaria, cercando di
scaricare tutta la celata ambiguità sulle spalle dell’altro.
“Ahah… non voleva essere una battuta! La verità è che ancora non mi sono
svegliato del tutto! E’ pur vero che se l’hai colta subito allora non era una
battuta cosi pessima!”
“No era pessima fidati… E comunque il tè verde è  migliore. Preferisco aggiungerci il latte di
solito…” Continuò Ilaria, pentendosi immediatamente di quello che aveva
appena detto. Una parola, molteplici significati. Un anno di corso di storia ed
evoluzione delle lingue europee non le aveva insegnato nulla?

Francesco la scrutò profondamente, rimanendo in silenzio. Quasi come una
macchina per raggi x.
Ilaria avvertì una sensazione di imbarazzo mista a inspiegabile eccitazione.
D’un tratto lo sguardo le cadde inavvertitamente sulla parte anteriore della
tuta di Francesco e notò un leggero rigonfiamento farsi strada tra le cosce.
Era una reazione normale per uno che si era svegliato da poco. Se ne volle
convincere ma non ci riuscì tanto bene.

“Milch! … l’unica parola che forse conosco di tedesco!” disse
Francesco, quasi per fuggire dall’imbarazzo.

Ilaria ci mise un attimo prima di rispondere. Le distrazioni erano troppe. Poi
focalizzò e disse “oh si? Bravo! Lingua complessa…!” Non aggiunse
altro.

Ilaria aveva subito intuito che Francesco avesse un certo interesse nei suoi
confronti visti certi sguardi e un certo modo standardizzato di attaccare
bottone.
La forma del pacco di lui intanto subiva un doveroso accrescimento. Cosa c’era
da eccitarsi in quel modo? Fatto sta che gli occhi di lei seguivano il
movimento lento e inesorabile del profilo. Non il profilo del volto, questo si
era già capito.

Francesco sembrò prenderci gusto e inarcò la schiena per aumentare la vistosa
protuberanza nascosta dalla tuta.

Ilaria sgranò dunque gli occhi, complice la predisposta dimensione dei suoi
bulbi oculari che di certo erano famosi per essere parecchio ammalianti e
brillanti. Perse per un attimo la padronanza dei gesti e allentò la presa della
bustina.
Francesco notò l’indecisione di Ilaria e rincarò la dose facendo finta di
stiracchiarsi. In questo modo il basso ventre si rese visibile e si intravidero
i peli del pube. A questo punto è grammaticalmente, lessicalmente e semeiologicamente
corretto parlare di “cazzo”. Prima, infatti, era un pacco con dentro un pene.
Poi una protuberanza in erezione e ora un cazzo vero e proprio, labilmente
sorretto e nascosto (male) dal pantalone della tuta. Non c’era altro modo di
definirlo.

Ilaria ebbe un tuffo al cuore e il repentino sbalzo pressorio determinò la
perdita completa di prensilità e dunque la busta di tè cadde per terra.
Istintivamente si chinò per raccoglierla, perché in questi casi il corpo ha un
linguaggio universale che non serve studiare all’università.

Francesco raccolse dunque la bustina e gliela porse, con
fare sornione.

“Grazie…” disse debolmente lei.

“Prego, figurati…prendine altre, qui non le utilizziamo”
rispose Lui. Di certo lui non tanto, ma non poteva dire lo stesso degli altri
coinquilini!
Si salutarono sul ciglio della porta e lei ritornò a casa.

Ilaria era confusa e aveva la bocca secca. Decise che era
meglio la tazza di infuso al finocchio, per stavolta. Doveva rilassarsi un
attimino. Al diavolo il te’ e al diavolo il tedesco.

Il resto della settimana andò nel seguente modo. Ogni
pomeriggio per circa quattro giorni lei bevve una tazza di tè nero e invece di
rimettersi a studiare pensava al sapore e all’odore che scaturiva dal liquido
bollente. Tale odore rimase associato agli eventi di quel pomeriggio bislacco
con Francesco.

Al quinto giorno, senza neanche indugiare col pensiero,
indossò le prime robette che le capitavano a tiro e tornò a bussare alla porta
di fronte. Francesco le aprì col suo solito fare da mezzo addormentato o mezzo
ubriaco.

Altre due buste. Altre chiacchere. Altre stiracchiate
ambigue.

Due giorni dopo stessa solfa, ma stavolta il tè lo presero
da lui.

“Quanto è complicato questo esame?”
“Tanto… sono in preda all’ansia costante!”
“Ma tu sei brava… sono sicuro che andrà magnificamente…!”
“Non te l’ho mai chiesto… cosa studi tu?”

“Io sono alla specialistica di Ingegneria gestionale. Una
strada un po’ impervia. Avrei preferito fare fisica. Tuttavia, non mi reputo
così in gamba da diventare uno di quelli lì.”
“Chi sono quelli lì…?”

“I matematici! I fisici… cioè insomma quella tipologia di
persone che vedono tutto come se fosse un complesso sistema di equazioni. E’
buono il tè?”

Ilaria lo guardava incantata. Non si rese conto che erano già passati parecchi
minuti dall’ultimo sorso.

“Oh si, è buono, davvero.”

“Quindi avrai intenzione di comprarlo?” chiese Francesco,
sorridendo.

“E perché? Mi conviene troppo chiederlo in prestito a voi!”
rispse Ilaria divertita.
“Non mi pare che sia molto conveniente! Non mi hai neanche proposto un
baratto!” disse lui.

Baratto. Allarme. Cosa significa baratto? Scambio. Do ut
des. Dare cosa? Dare a chi? Ricevere. Oddio. Cazzo.
“E che cosa vuoi? Ho dei biscotti…!”
“Uhm…non sarebbe male…” Rispose Francesco, sempre più distratto dalla zip
stranamente a metà della felpa di Ilaria.

Finito il tè si salutarono e ognuno tornò alle sue cose.

Il giorno dopo Ilaria, puntuale come una svizzera suonò
alla porta di Francesco. Stavolta aveva esagerato. Neanche le serviva più il
tè. Federico ne aveva comprato una scatola due giorni prima. E aveva davvero
dei biscotti, adatti per l’inzuppo.

Li aveva nascosti sotto la felpa.

Francesco aprì e come al solito fece entrare Ilaria per la
consueta tazza di tè.

Ilaria dunque si preparò a fare la sua mossa.

“Ho deciso di rispettare il baratto…” disse lei.

Francesco la guardò con la coda dell’occhio, interrompendo
qualsiasi altra azione.

Ilaria abbassò lentamente la zip della felpa.

Francesco riusciva a sentire il battito del cuore dal
dentro dei suoi timpani. Il nodo alla gola stava creando una feroce asfissia.
Le mani già sudavano copiosamente.

“Ho portato i biscotti!” Disse lei felice per aver
finalmente chiuso quel circolo vizioso fatto di debiti nei confronti dei vicini
tanto generosi. Ora non doveva più scusarsi per tutte le bustine avute in
prestito. Li tolse da sotto la felpa e li posò a tavola.

Francesco era immobile. Glaciale. Poi si ridestò.

Il suo pene, se vogliamo proprio dirlo, era reattivo. Quasi
radioattivo.

Pulsava in modo osceno e la cosa sembrava aver attirato
l’attenzione più dei biscotti stessi.

Ilaria si portò istintivamente una mano alla bocca. Era
troppo teso per non essere notato.

Ma come può un biscotto eccitare tanto?
Semeiotica, cazzo. Si ripeteva lei, continuamente. Il significato non è il
significante.

Il biscotto non è mai solo un biscotto.

La zip della felpa. Altro grande errore di valutazione.
Aveva forse lasciato intendere più di quanto dovuto?

“Dunque, dimmi un po’, nascondi sempre le cose lì…?”
Disse Francesco.

“No, in genere non c’è tanto spazio…” Altra bruttissima
scelta di parole, penso lei.

Nella testa di Francesco qualcosa andò in tilt. Tutto si
trasformò in una allegoria sessuale. I movimenti, i biscotti, la zip. Era così
ipnotizzato dalla presenza di Ilaria che il suo corpo reclamava un posto in
prima fila. Voleva accelerare i tempi.

Poggiò le mani sui propri fianchi, quasi a voler
indirizzare lo sguardo di Ilaria verso la zona pubica, altamente in attività.

Ilaria era certamente imbarazzata ma allo stesso tempo non
poteva fare a meno di guardare.

Francesco contraeva il perineo in modo da estremizzare i
movimenti del pene, ormai eretto.

Ad Ilaria capitò di nuovo di perdere la sensibilità delle
mani e si fece scappare i biscotti che caddero rovinosamente per terra.

Francesco era soddisfatto. Aveva appena fatto cadere un
oggetto con la sola forza del suo pene. Mentre i paragoni con la Forza di Star
Wars si sprecavano, si diresse verso di lei per aiutarla.

“Evidentemente queste mani non ti funzionano tanto
bene…!”
“No… ehm… evidentemente no.” disse Ilaria.

Continuarono a prendere il tè in tranquillità, nonostante
ci fosse uno strano aroma nell’aria.

L’odore tipico della tensione. L’attrazione irrazionale che
sembra permeare i luoghi in cui ti ritrovi quando un’altra persona sembra avere
uno strano feeling con te.
Un odore che assomiglia stranamente a quello delle foglie di tè.

Francesco usò questa sua potente arma molte altre volte.

Nei pomeriggi successivi, durante l’ora del tè, egli
escogitò numerose piccole tecniche diverse per far cadere lo sguardo d’Ilaria
tra le sue cosce.

Una volta si mise ad accavallare. Ilaria seguiva il
movimento con attenzione, senza perdersi una sola piega della tuta che
strizzava i poveri testicoli sballottati dall’andi rivieni di quei gesti.

Un’altra volta, mentre erano in piedi, iniziò a strofinare
l’asta lungo lo spigolo del tavolo. Movimenti appena percepibili ma
assolutamente inequivocabili.

Una volta invece finse di far cadere alcune gocce di tè sul
basso ventre e corse ad asciugarsi con dei tovaglioli esercitando in modo
grossolano dei movimenti che certamente non potevano e non volevano essere
nascosti allo sguardo curioso di Ilaria.

Ilaria sapeva che Francesco stesse iniziando a giocare un
po’ sporco con lei. Quel fallo-centrismo durante le loro conversazioni era
veramente esagerato. Sarebbe stato certamente di cattivo gusto per chiunque, ma
per lei era diverso. Lei era come magnetizzata.

Ogni pomeriggio prendeva tè con biscotti a casa del suo vicino
di casa appositamente per vedere quale altro strano modo potesse inventarsi per
mettere in mostra la sua mercanzia.

C’erano alcuni pomeriggi in cui lui sembrava totalmente
preso dal “mal de vivre”.

In quei momenti, Ilaria entrava in scena. Talvolta teneva i
gomiti stretti per far risalire meglio i seni attraverso la scollatura della
maglietta.

A volte fingeva di far cadere l’ennesima busta di tè e per
raccoglierla si prostrava avvicinandosi pericolosamente alle gambe di
Francesco.

Quei giochini talmente puerili andarono avanti per
settimane. Francesco calcolò di aver comprato circa tre o quattro confezioni di
tè in un solo mese e non aveva mai percepito quanto fossero aumentate le sue
minzioni giornaliere.

Ilaria, invece, lo aveva notato eccome! La sua diuresi era
aumentata del 100% da quando la storia del tè iniziò.

Fu così che Francesco e Ilaria iniziarono a conoscersi.
Alternavano momenti di concessione erotica fugace e momenti di confidenza.

La storia burrascosa tra Federico e Ilaria.

Le brutte esperienze con le ex di Francesco.

La vita tra coinquilini.

Le materie all’università.

La dimensione del pene di John Holmes e la passione in
comune per Elio e le storie tese.

L’ultimo pomeriggio fu il punto di non ritorno.

Ilaria era alle prese con il microonde. Ormai ne conosceva
le funzionalità a memoria, sebbene lei in quella casa non ci vivesse.

Stava aspettando che l’acqua arrivasse alla temperatura
giusta e si appoggiò incautamente sul tavolo con entrambe le mani.

Francesco, vuoi per distrazione vuoi per malizia, le passò
particolarmente vicino e iniziò a raccogliere gli oggetti posati in modo
disordinato sulla tavola. Nell’eseguire tale azione si allungò con la schiena
per raggiungere gli oggetti più distanti e si ritrovò a urtare le nocche di
Ilaria con la punta dell’Uccello.

Ilaria ritrasse immediatamente la mano, lui ebbe un
sussulto.

Si guardarono imbarazzati per mezzo secondo, dopodiché il
bip del microonde ruppe l’attimo.

Ilaria era indecisa su che pensare riguardo la vicenda.
Distrazione? Volontà? Azzardo? Non sapeva bene interpretare le intenzioni di
Francesco.

Lui era sempre lì, la sua erezione ormai era una cosa ormai
nota da tempo. L’aveva vista in tutte le posizioni e maniere.

Non ne avevano mai parlato davvero. Quel contatto fisico
generò una scossa elettrica nel cervello di entrambi.

Fu Ilaria a prendere il discorso per la prima volta.

“Francesco, io voglio proprio chiedertelo…”
“Che cosa…?” Era preoccupato della domanda.

“Perché….” disse lei, mentre giocherellava con un
cucchiaino.

“Si….?”

“Tu….” Continuava a tentennare cercando di concludere la
frase.

“Io…?”

“Perché ce l’hai sempre teso?”

Bomba sganciata. Una folgorazione.

Brava Ilaria, pensò congratulandosi con sé stessa.
Finalmente hai fatto la domanda giusta.

Perché cazzo mi sbatti questa erezione in faccia ogni
pomeriggio? Ma soprattutto, perché io continuo a venire qui pur sapendo quello
che mi aspetta? Si ripeteva queste domande in mente costantemente da giorni.

Francesco era shoccato. Non sapeva come reagire.

Si piazzò una mano a coprire il vistoso pacco. Ilaria
riuscì a nascondere un sorriso di soddisfazione.

“Scusa per prima… non volevo sfiorarti, la tua mano era
lì ma non ci ho fatto caso!” cercò di biascicare lui.

“Tu ce l’hai teso sempre! Ogni giorno da quando vengo qui a
prendere il tè vedo un’erezione.

Non ce l’ho con te. Non ti voglio umiliare. Mi chiedo,
tuttavia, perché lo fai?” disse Ilaria puntando il cucchiaino verso le parti
basse di Francesco.

“Io non…cioè… oddio, che discorso stiamo facendo? Ecco,
non penso che…” Francesco balbettava. Prese fiato. Chiuse gli occhi.
Riavvolse il nastro.

Aveva la risposta ma doveva calmarsi.

Contò cinque secondi e poi rispose.

“E invece tu? I biscotti tra le tette. Gli oggetti che ti
cadono? Ti pieghi a 90 davanti a me. Mi dai le spalle. Cerchi di avvicinare le
tue mani in prossimità delle mie gambe. Mi guardi di continuo.
Ti sembra che io sia stupido e non l’abbia notato? E’ vero. Spesso mi capita.
Tuttavia certe volte sto sto semplicemente al gioco tuo…!”
“Il gioco mio? Ok… forse abbiamo esagerato. Non volevo illuderti. Come ben
sai io ho un ragazzo e non ho intenzione di creare malintesi di alcun genere.”

Francesco la guardò negli occhi.
“Ehi, stai tranquilla. Non è successo nulla. Non c’è stato alcun malinteso”
disse lui, avvicinandosi di scatto alla ragazza.

A pochi centimetri dal suo viso.

Si guardarono intensamente per qualche secondo. Lei aveva
ancora in mano il cucchiaino. Il cuore batteva ad entrambi. Entrambi erano
colmi di eccitazione.

Ad un certo punto il cucchiaino cadde, come altre volte era
successo in passato. Il tintinnio risuonò nel silenzio della cucina. I due
erano ancora fermi a guardarsi.

Lentamente, Ilaria si chinò per raccogliere l’oggetto
caduto senza mai staccare gli occhi da Francesco, che rimase immobile a pochi
centimetri da lei.

Lei raggiunse con una mano il cucchiaino e per farlo si
accovacciò sulle gambe, finendo con il volto davanti la potente erezione, ormai
smascherata, di Francesco.

Ilaria rimase a contemplare ancora mezzo secondo la protuberanza di fronte ai
suoi occhi e analizzò la situazione. La sua posizione era sconveniente per la
fuga. Il suo interno coscia era inspiegabilmente caldo e umido e si domandò
come fosse arrivata a ritrovarsi in un tale equivoco in soli 3 minuti. Eppure,
nonostante il cervello si sforzasse di reagire, gli umori che le colavano dalla
fica erano diventati la sua tirannia e arrivò pure ad immaginare quante tazze
di tè poteva ricavarci, se avesse tenuto quel rubinetto aperto.

Stava quasi per cascarci. Stava quasi per toccare quel
misterioso e sempre più attraente rigonfiamento che vedeva da settimane. Poi si
rialzò.

“Francesco, scusami ma io non…” Non ebbe il tempo di
finire la frase che ricevette un bacio. Un appassionante e improvviso bacio
sulla bocca, ormai asciutta. Aprì le labbra e fece entrare la lingua di
Francesco a contatto con la sua.

Si scambiarono quel bacio per circa un minuto, ad occhi
chiusi. Poi lui la afferrò per le braccia e la strinse a sé.

Lei si staccò violentemente.

“Mi dispiace… è tutto un errore. Non possiamo, non
posso.”

Scappò via e uscì di casa. Arrivò alla sua porta e se la
richiuse dietro velocemente.
Dovette appoggiarsi alla sua porta di ingresso. Non sapeva se piangere o se
ridere.

Non riusciva a fare nessuna delle due cose, talmente era
presa dalla confusione
Il battito accelerato, sentiva caldo ed era tutta sudata. L’unica cosa che
realizzò era di essere arrapata da morire.

Mise mano alla fica. Si ritrovò completamente bagnata. Cominciò a strofinare le
dita sopra il clitoride. Era un piacere del tutto nuovo. Proibito. Sapido.
Intenso.

Sentì un calore pervaderla e respirava velocissimo.
Fiondò due dita nella vagina e cominciò a masturbarsi lì, nel corridoio di
casa. Federico ancora non era rientrato.
I capezzoli erano di marmo e dovette togliersi il maglione perché soffocava di
caldo.
I jeans erano fradici e si ritrovò nuda, appoggiata alla porta con l’orgasmo
dirompente in arrivo.
Quando esso arrivò emise un gemito che cercò il più possibile di silenziare,
fallendo quasi del tutto.
Si accasciò scomposta per terra. Il culo toccava il pavimento freddo e Ilaria
respirava affannosamente.

Rimase accovacciata per un minuto o due, sforzandosi di
controllare le proprie emozioni.

Ad un certo punto avvertì una strana sensazione. Si sentì toccare il sedere da
qualcosa di sottile e appuntito. Trasalì.
Si alzò di scatto e vide una lettera.
La lettera comparve da sotto la fessura della porta.

“Cara Ilaria. Spero tu possa trovare questa lettera prima che lo faccia
Federico. Mi scuso tanto per il comportamento di poco fa. Sentivo di poter
comportarmi in modo naturale con te da quando ti ho conosciuta. Evidentemente
ho esagerato. Ero eccitatissimo e non ho capito più niente. Ogni tanto la mia
parte irriverente prende il sopravvento. Quando vuoi una bustina di té io sono
qui… Spero tu possa perdonarmi per ciò che è successo. Vorrei che tutto fosse
come prima. A presto.
Francesco”

Ilaria si diede una sistemata e ritornò a studiare, cercando di non pensare a
quello che era appena accaduto.
Non sarebbe più andata a fare pausa del tè. Questo era certo.

Già le mancava, terribilmente.

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