Capitolo [part not set] di 8 del racconto ICVM

di Cigno

Il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan accolse il
primo Ministro Inglese Margaret Thatcher nello studio ovale.

Dopo i saluti istituzionali e le foto di rito, Reagan chiuse
la porta e si diresse verso il mobiletto-bar.

Invitò dunque la ministra a sedersi. Erano finalmente soli.

La lady di ferro prese parola: “Signor Presidente, la
ringrazio per avermi convocato presso la sua residenza. Tuttavia, avrei
preferito in tutta onestà discutere della crisi Iraniana pubblicamente, coinvolgendo
i rispettivi uffici degli affari Esteri. La mia permanenza su suolo britannico,
lei sa benissimo, è fondamentale per tutti gli organi di stampa e l’opinione
pubblica. Venire qui può essere interpretato da molte potenze Alleate come un
voler bypassare il loro giudizio.”

Reagan ascoltava impassibile, mentre si versava del Whisky.

“Chiamatemi Ronald, la prego. Non credo che Lei abbia
realmente compreso i veri motivi per cui oggi è seduta su quel divano…” Disse
Reagan mentre porgeva un bicchiere alla ministra.

La Thatcher rifiutò cordialmente l’alcolico.

“Allora illuminami, ‘Ronald’! A cosa devo questa
convocazione improvvisa?”

Reagan si sedette sulla sua poltrona presidenziale. Bevve un
sorso di Whisky e proseguì:

“Lei è qui, Margaret, perché in verità fonti a me
confidenziali riferiscono di un nuovo e ben più grave equivoco internazionale.”

Margaret Thatcher era fredda, impassibile e dotata di
estrema tranquillità, nel suo tailleur nero e acconciatura laccata.

Reagan continuò “Che mi sa dire, cara Margaret, riguardo
presunti contatti tra lei e il presidente Sovietico Gorbaciov?”
“Storie da dare in pasto ai giornali progressisti.” rispose noncurante la
Thatcher, mentre si toglieva il soprabito e lo poggiava sul divano.

“Un mio informatore asserisce che lei e Michail Gorbaciov
avete avuto frequenti colloqui privati, a mia totale insaputa.” disse Reagan.

“Che ti devo dire, Ronald? Sono una donna molto riservata.
Del resto, di questo nostro incontro, se vuoi proprio essere rassicurato, non
ho informato alcun funzionario sovietico. Mi sembra finora d’esser stata
coerente.” Rispose gelida e meccanica la Thatcher, mentre si slacciava gli
orecchini madreperlati.

Reagan si alzò di scatto e si avvicinò alla Thatcher, con il
bicchiere nella mano destra.

“Mi è stato detto, cara Margaret, che lei e Michail abbiate
discusso animosamente per parecchio tempo all’interno del suo ufficio.” rispose
il Presidente, mentre allargava leggermente le gambe e con la mano sinistra
lentamente abbassava la zip del pantalone.

La Thatcher guardò ammaliata quel gesto, mentre slacciava il
primo bottone della camicia di seta.

“E per caso ti hanno anche riferito gli argomenti di cui
abbiamo discusso?” rispose lei, con voce magnetica.

“Certamente. Pare che Michail abbia parecchio apprezzato le
sue abilità oratorie.” disse Reagan, mentre tirava fuori il pene presidenziale.

“Oh, beh. Non deve essere certo una novità per te, Ronald.”
rispose la Thatcher mentre afferrava l’uccello del presidente e lo cominciava a
segare dolcemente.

Poi aggiunse: “Una delle migliori qualità sovietiche, strano
a dirsi, è l’ascolto. Lo sapevi? Quando io mi esprimo con la mia bocca, loro
accolgono volentieri le mie istanze. Non è un caso che la guerra fredda
continui ancora oggi tra di voi: tu non sai ascoltare.” disse, mentre poggiava
la lingua sul glande ormai reso turgido.

Reagan sospirò. La Thatcher avvolse il cazzo con le sue
labbra sporcandolo di rossetto. Continuava a fissare negli occhi il Presidente
con sguardo serio e risoluto.

“E’ forse vero, Margaret, che lei abbia concesso al
presidente dell’Unione Sovietica un assaggio del suo fascicolo top-secret?”
Chiese lui mentre con una mano guidava la testa della Thatcher fino alla base
del pene.

La prima ministra quasi affogò, emettendo un colpo di tosse.
Si allontanò dal membro pulsante con energia e trasse un forte respiro a bocca
aperta.

“Vuoi sapere se Gorbaciov abbia sfogliato i miei secret
papers? Beh, lo ammetto. Gli ho lasciato dare un’occhiata.” rispose lei
ansimante, mentre faceva scorrere verso terra la sua gonna.

“Ebbene, tu sai che ora è mio diritto pretendere di venire a
conoscenza di quei fascicoli.” disse Reagan mentre con una mano massaggiava la
coscia della Iron Lady e con l’altra si portava un altro sorso di Whisky alla
bocca.

“Non sono informazioni che puoi avere così facilmente,
Ronald. Devi prima meritarle.” rispose lei mentre proseguiva con il massaggio
ai testicoli.

“Sù, voltati! Esigo che tu mi autorizzi l’accesso.” Disse
Reagan.

Arpionò un gluteo della Thatcher e costrinse la ministra a
mettersi carponi sul divano. Abbassò le mutandine di pizzo e scoperse la
rosellina anale più ambita di tutto il Regno Unito.

“Fatti un’idea, caro Ronald. Osserva pure, se vuoi. Ma non
ti illudere! Non sarò disposta a concedertelo senza nulla in cambio.” Disse
Lei.

—Intanto, all’altro capo del mondo—

Andrea ricevette Francesco nella sua stanza.

“Perché ti sei ridotto così? Sembra che non esci di casa da
settimane!”

“Sono davvero nei guai, Andre. E’ tutto un casino.” disse
Francesco colmo di apprensione.

“Spiegati meglio.” chiese Andrea.

“Ilaria. La nostra vicina. Quella ragazza che abita con il
suo ragazzo nell’appartamento di fronte.

Ci siamo conosciuti e frequentati negli ultimi giorni. Lei è
bellissima. Mi piace tutto di lei, ha una gran bella intelligenza. Una voce
soave. Un viso e un corpo da impazzire.

Lei è qui, a pochi metri da me, irraggiungibile. Come pensi
che mi possa sentire?” disse Francesco.

“Hai provato a parlarle?” Chiese Andrea.

“Ci ho provato, ma non risponde alle mie chiamate. Non risponde
ai messaggi. Da quando l’ho baciata è come sparita nel nulla.” rispose.

“Dovresti forse lasciar perdere, allora. D’altronde, lei ha
una relazione!” disse Andrea.

“Io so di piacerle! C’è una grande intesa tra noi, l’ho
percepita. Non voglio lasciarmela sfuggire…”

Andrea era perplesso. Non sapeva cosa consigliare. Era
giusto lasciare che il suo amico si dannasse la vita perseguendo una strada
tanto azzardata?

“Io capisco che tra di voi sia scattato qualcosa ma dovresti
rispettare la sua decisione. Sarebbe una situazione sfavorevole per te se quel
suo ragazzo, Federico, lo venisse a scoprire.”

Francesco sospirò sconsolato.

“Voglio, Devo poter fare qualcosa. Non mi do pace…” disse,
alla fine.

Proseguì: “Lo sai che è successo, dopo il bacio? Le ho scritto
una lettera e gliel’ho lasciata sotto la porta. Mentre mi avvicinavo sentivo
dei sussulti. Sembravano quasi dei gemiti. La porta sembrava tremolante. Sono
rimasto ad ascoltare per quasi un minuto fino a che la voce di Ilaria si ruppe
in un, come potrei definirlo? Ecco, ho avuto la sensazione che piangesse o che,
addirittura, stesse avendo un orgasmo. Non ti so dire, era solo un sibilo.
Infilai la busta sotto la porta e credo d’aver toccato qualcosa. Mi resi conto
che s’era mossa e allarmata e dunque preso dal panico me ne scappai dentro
casa.”

La sua voce era rotta dalla commozione.

Qualcuno, intanto, bussò alla porta della camera di Andrea.

“Avrai sicuramente avuto un’allucinazione. Scusami un
attimo, vado ad aprire.”

Andrea si recò alla porta e trovò davanti Alessandra.

“Oh, ciao.” Benché vivessero entrambi nella stessa casa,
quella era la prima volta che si vedevano dopo giorni.

“Ciao. Posso entrare? Vorrei parlarti…” disse Lei.

“Eh, no. Mi dispiace. Io e Francesco stiamo discutendo di
una cosa.” disse lui.

“Ah, Capisco.” fece lei, sconsolata. Poi aggiunse: “Beh, io
vorrei preparare del tè. Ne volete un po’?”

“Si grazie, sarebbe ottimo!” disse Andrea.

“Bene, allora per favore qualcuno di voi scenda a comprarlo,
perché è finito. Non so chi abbia finito tre scatole in due settimane.” rispose
lei seccata.

“Potrei scendere io, quando finiamo?”

“No. Interrompete e andateci ora.” concluse Alessandra,
andandosene in malo modo.

Andrea guardò l’orologio. Era tardi e non aveva alcuna
voglia di uscire. Tuttavia, non voleva fare incazzare Alessandra più di quanto
già non fosse.

“Ehi Fra… che ne dici se andassimo a chiedere un po’ di tè
ai ragazzi di fronte?” chiese lui.

“Cosa? Sei impazzito?” disse Francesco, sconvolto.

“Si dai, così almeno vi salutate! Tranquillo, ci parlo io,
ma tu devi seguirmi!” concluse Andrea.

—Nello Studio Ovale—

Margaret Thatcher era disposta a pecora e offriva una
visione esclusiva del suo culo al Presidente Reagan.

Il Presidente allargava i glutei e muoveva il viso su e giù
lungo l’insenatura.

“E’ uno scandalo che lei mi abbia tenuto nascoste queste
importantissime informazioni fino ad ora.”

“Ti prego, Ronald, risparmiami la retorica e usa quella
lingua in modo costruttivo, una volta per tutte.”

La Iron Lady premette il viso di Reagan sul suo
fondoschiena, costringendolo ad aprire le fauci.

“Leggi e godine finché te lo concedo.” Disse lei mentre si
mordeva un labbro per l’eccitazione.

La lingua di Ronald Reagan solcava le grandi labbra umide e
si faceva strada lungo i bordi dell’ano. Indugiava in modo osceno, tentando di
forzarne l’apertura.

“Dovrei esaminare più a fondo quello che mi trovo davanti.
Se solo mi concedessi un attimo…” disse Reagan mentre si menava furiosamente
l’uccello.

“Ho detto niente culo, Fede….” disse lei, rompendo
drasticamente ogni atmosfera goliardica e uscendo dal ruolo.

“Dai su! Non essere timida! Rimani nel personaggio!” disse
Federico.

“No, Ronald! Ti ho concesso di dare uno sguardo in virtù
della nostra alleanza. Non abuserai di me, non oggi.” La Thatcher ritornò
subito nel suo ruolo di dominatrice. La vera Lady di Ferro che la storia ha
conosciuto.

Reagan, dunque, si allontanò dal culo della Thatcher e
sventolò la sua verga presidenziale sul suo viso.

La Thatcher sorrise “Oh, bene! Vuoi per caso mettere la
firma? Ti servirà una buona penna e tanto inchiostro!”

—Sul Pianerottolo—

“Che cosa facciamo se c’è il suo ragazzo?” chiese Francesco.

“Lo salutiamo e garbatamente gli chiediamo se hanno bustine
di tè.” rispose Andrea.

“Non so, mi sembra troppo imbarazzante, e se stessero
facendo qualcosa?” chiese Francesco.

“Cosa dovrebbero fare? E’ quasi ora di cena.” rispose
Andrea.

“Non lo so, Andre. Mi sembra tutto troppo forzato.” disse
Francesco.

“Tu fidati di me. Devi saper gestire le difficoltà della
vita e devi saperti comportare con le donne.” disse Andrea, ben consapevole di
essere un gran predicatore che tuttavia razzolava malissimo.

Francesco si arrese. Andrea si ricompose un attimino, si
schiarì la gola e infine suonò alla porta.

—Studio Ovale—

Reagan stava concludendo la sua dichiarazione. La sua penna
scorreva velocissima dentro e fuori la gola della prima ministra Margaret
Thatcher.

Lei accoglieva con eleganza la protuberanza del presidente,
offrendo un delicato primo piano delle mammelle ormai del tutto libere dalla
morsa della camicia in seta.

“Le tue abilità oratorie sono sempre magnifiche, Margaret.
Dovresti fare questo per tutta la vita.” disse lui.

“E tu dovresti firmare di tuo pugno molti più provvedimenti,
non credi?” disse la Thatcher mentre menava a ritmo forsennato l’asta del suo
alleato americano.

“Oh, si! Margaret, prendi un foglio, devo sbo- cioè, devo
firmare assolutamente!”
Margaret offrì il suo volto, in totale serenità, in ginocchio sul tappeto dello
studio ovale.

“Si, Ronald! Firma il decreto, lo voglio vedere coi miei
occhi. Regaliamo al mondo il capitalismo che merita.” disse Lei.

“Sei una porca, lo sai?”

“Lo so. E tu un repubblicano del cazzo. Dai, su! Che tra
poco è ora di cena…”

Reagan emise un roco lamento che accompagnò il primo fiotto
di sperma.

L’eiaculazione fu potente a tal punto da atterrare sul
tappeto, intercettando e macchiando la camicetta della Thatcher.

Gran parte del viso della prima ministra era ora a firma del
Presidente degli Stati Uniti.

In un universo magico, dove la guerra fredda era combattuta
a suon di pompini e la crisi missilistica sostituita dal sesso anale, le cose
sembravano perfette.

Nell’universo reale, tuttavia, il gioco di ruolo fu
interrotto da un cacofonico e irritante suono di campanello.

“Hanno bussato?” chiese Lei, improvvisamente
allarmata.

“Forse si…” rispose Lui.

“Vai ad aprire, no? Cazzo, sono coperta di sperma. Vai,
prima che qualcuno si insospettisca!” disse lei, mentre cercava di
ricomporsi.

“Non possiamo fare finta di niente?” chiese lui,
evidentemente rincoglionito dopo l’orgasmo.

“Fede… non discutiamone proprio ora.” disse lei
mentre iniziava frettolosamente a ripulirsi il viso.

Federico era nudo. In ginocchio sul letto con il membro
ancora eretto e grondante.

A malincuore, si ripulì il cazzo e si rimise i boxer e i
jeans.

“E allora Tu, intanto, vai a fare un caffè…”
disse lui, da buon cafone.

Indossò una maglietta e corse verso l’ingresso.

Aprì la porta.

“Ciao.” dissero in coro Andrea e Federico.

“Uh…ciao.” Disse Fede.

“Siamo quelli dell’appartamento qui di fronte. Forse
non ci siamo mai presentati, io sono Andrea e lui è Francesco.”

“Piacere, Federico. Ditemi pure.”

“Disturbiamo?” Disse Francesco, cercando di
apparire enormemente garbato.

“No, stavamo soltanto studiando, ditemi!”

“Ah bene…no, era giusto una cortesia. C’è finito il
tè e ci chiedevamo se ne aveste ancora un po’.” Disse Andrea.

“Ah… boh. Credo di si! Da noi non finisce mai!
entrate…!”

Entrarono e tutti e tre si diressero in cucina.

Francesco notò con la coda dell’occhio che la stanza di
Federico aveva la luce accesa, la porta socchiusa e il letto disfatto.

Arrivati in cucina, Federico neanche si curò di offrire un
posto a sedere ai suoi ospiti. Cominciò dunque a cercare il tè.

Dall’altro lato della stanza, Andrea notò qualcuno taciturno
e circospetto che stava preparando il caffè. Quella dunque era Ilaria.
Abbastanza a disagio e in disparte, di sicuro per via della presenza di
Francesco. L’imbarazzo in quella stanza era palpabile.

Andrea guardò stranito l’amico e pensò che fosse davvero
sgarbato da parte sua non salutare Ilaria.

Francesco, dal canto suo, era come immobilizzato. Stregato.
Non riusciva a proferire parola.

Entrambi, infine, avevano notato la grossa macchia di sperma
sul colletto della camicetta di lei.

“Tè nero va bene?” Disse Federico.

“E’ perfetto, grazie!” Disse Andrea, cercando di
camuffare il più possibile ogni forma di imbarazzo.

“Ok… serviva altro?” Chiese apatico e svogliato
Federico.

“Ehm… no. Vabene così! Grazie e scusate il
disturbo…” rispose Andrea.

“Ok, Ciao!” Rispose inebetito Francesco.

Uscirono e ritornarono a casa. Andrea lanciò un’occhiata a
Francesco.

“Hai visto anche tu?” chiese Andrea.

“Già. Una grossa macchia di sperma sulla camicia. Ma come
cazzo ha fatto a non accorgersene?” disse Francesco, in stato di Shock.

“Sono davvero sbalordito dalla nostra capacità
d’autocontrollo. In altri momenti avrei iniziato a ridere come un malato.”
disse Andrea.

“Non c’è proprio nulla da ridere, sai?” disse Francesco.

“Eh, si, infatti. Scusa. Non volevo che vedessi tutto
questo. Tuttavia, sbaglio o me l’avevi descritta diversa? Più alta e coi
capelli scuri!”

Francesco si guardò intorno prima di parlare.

“Infatti, non era lei.” disse Francesco.

“Come?”

“Non era lei, Andrea. Non era lei. Non ho idea di chi
sia questa tipa. Mai vista prima.” Disse Francesco.

“Ah.”

Entrambi rimasero atterriti. Non dissero una parola per il
resto della serata.

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