di Cigno
—ESTATE 2008—
Periodo della Maturità. Esami di Stato. Ansia. Felicità.
Dubbio.
Due giovani diciottenni discutono sulla spiaggia. Le loro
paturnie erano finite. I loro sistemi di studio avevano funzionato e il diploma
tanto agognato era finalmente nelle loro mani.
Eppure, come durante un sogno dove credi di aver afferrato
un oggetto di immane valore, al risveglio ti ritrovi con un pugno chiuso vuoto
e tanto rimorso sul perché hai aperto gli occhi proprio in quell’istante.
In questa puerile e certamente non rara incertezza d’animo,
si confrontavano le impressioni dei due freschi diplomati. La spiaggia era
deserta. Lei aveva i capelli mossi tenuti indietro da un cerchietto.
Bikini viola e occhiali da sole giganti.
Lui, invece, era magro e abbastanza atletico. Pallido per
via della tintarella di libri fino alla settimana precedente.
“E dunque, cosa ne sarà di noi?” Chiese lui.
“Saremo probabilmente in città diverse, a studiare robe
diverse…” chiese lei.
“Sei sempre sicura di quello che vuoi fare? Voglio dire, è
una strada complessa…!” disse lui.
“Sono piuttosto sicura… si! Te, invece? Perché non pensi a
qualcosa di più “concreto” che magari ti dia slanci più decisivi per il
futuro?”
“Io non so bene che intendi per slanci più decisivi… Io so
solo che questa sembra essere la mia strada. Durante le lezioni, la materia che
mi ha affascinato di più era filosofia. Intendo perseguirla per la vita. Un
filosofo sa bene come reinventarsi perché, di fatto, ha studiato l’uomo e il
suo pensiero. Ergo, ha studiato tutto quello che serve sapere.”
La ragazza lo guardò ammaliata e poi gli diede un grosso
bacio sulla bocca.
“Sei unico. Probabilmente, la persona più adatta al mondo
nello studiare filosofia…!” disse lei.
“Grazie.” Disse lui, improvvisamente arrossito.
Mentre lei si distendeva a prendere un po’ di sole, lui la
guardava intensamente. Aveva un fisico parecchio accattivante. Il bikini viola,
di contrasto con la pelle olivastra, esaltava le forme e donava un vago senso
di peccaminoso, sebbene fosse un semplice pezzo di tessuto come tanti.
Il portamento di lei era suggestivo. Certamente riusciva a
dare nell’occhio molto più di altre ragazze anche più grandi o più atletiche.
“Lo vedo che mi fissi…” disse lei, tenendo gli occhi
serrati.
“Non vedo perché non debba farlo. Siamo venuti in questa
spiaggia che conoscevi solo tu, da soli. Non ho nessun altro da fissare…!”
rispose lui.
“Fissa il cielo! No? ‘Il cielo stellato sopra di te’…”
replicò lei.
“Eh, ma qui la ‘legge’ mi sembra tutt’altro che morale.”
sorrise lui.
La ragazza rise. Era una battuta apparentemente idiota, ma
non per lei. Era davvero una bella battuta, pensò tra sé e sé lui. Entrambi
stettero in silenzio per qualche secondo, lui osservando intensamente lei. Lei
beata dall’essere osservata.
“Dici che se facessi questo… sarebbe ancora meno morale?”
chiese lei, mentre infilava una mano dietro la schiena, tirava e slacciava il
pezzo di sopra.
“Sarebbe quantomeno oltraggio alla ‘legge’ Italiana.” disse
lui, in modo concitato.
“Si fotta la legge…” disse lei, svelando le dolci curve
dei suoi seni.
<CLICK>
Una foto, scattata con la digitale da 8 Megapixel. La
ragazza sembrò non curarsene più di tanto.
“Poi cancellala, per favore.” disse lei.
“Certo.” rispose lui, mentre si avvicinava ad uno dei
capezzoli dandogli un morso.
“Ahia! Stronzo…!” disse lei, sorridendo.
“Ti concedo di ricambiare il favore…!” rispose lui
avvicinando il suo petto al viso della ragazza.
“Ti faccio molto più male di quanto vorresti…!” replicò
lei.
In un turbinio di emozioni e spontaneità, i due giovani si
baciarono intensamente. Lui le massaggiò i seni scoperti. Lei tastò la
consistenza del pene ormai turgido di lui.
Per quel che importava loro, il tempo poteva pure fermarsi
in quell’Istante.
Il tempo, invece, la pensava diversamente.
“Andri, mi daresti una mano a prendere la pentola che sta
lassù?”
—INVERNO 2017—
“Si, Mari. Arrivo.”
Andrea chiuse repentinamente la cartella del PC che stava
visualizzando. Maria Rita era l’ultima persona che poteva esserne a conoscenza.
A dire il vero, poteva anche essere l’unica meritevole di
saperlo. Questo pensiero gli suscitò un brivido lungo la schiena.
Si alzò dalla sedia. Raggiunse la pentola posta nel punto
più alto degli sportelli della cucina e la porse a Maria Rita.
“Grazie.” disse lei.
Andrea tornò al computer. Era da parecchio tempo che non
sfogliava quella cartella.
Le foto di Maria Rita. Anni 2008-2009. Al tempo in cui,
compagni di classe allo stesso liceo dello stesso paesino di provenienza,
passavano le loro giornate a parlare di futuro e di sesso. Spesso, si
ritrovavano così a corto di argomenti che preferivano sostituirli con momenti
di fugace erotismo.
Per lo più sesso orale, sensazioni, odori e sapori. Erano
alla scoperta dei rispettivi corpi come farebbe un bambino: mettendo tutto ciò
che vede in bocca.
La scoperta dei loro piaceri più reconditi si fece strada
giorno dopo giorno, lasciando entrambi con una insoddisfazione che raramente
riuscivano a colmare.
Passarono gli anni e i due si persero di vista. Cambiarono
partner, chi per più tempo chi per qualche mese soltanto. Si ritrovarono
coinquilini per puro caso, un anno fa, quando ormai tutto era stato relegato in
soffitta ed etichettato come “vita vissuta e conclusa”.
Un anno dopo, Andrea, in un periodo di crisi e di messa in
discussione dei suoi sentimenti e delle sue capacità nel condividere le
emozioni con qualcuno, si rifugiò in quei ricordi delle dolci estati
post-maturità, dove il piacere e l’amore viaggiavano sullo stesso binario.
Ricordava ogni sensazione di quegli scatti.
La tetta galeotta avvistata libera in spiaggia a bivaccare
in tranquillità.
Le lentiggini sognatrici e la bocca carnosa in quel parco
vicino il duomo.
Le mani strette quasi a preghiera attorno l’uccello.
La lingua di Maria Rita poggiata sul proprio ano.
Le gote rosse durante i giorni ventosi di settembre.
La bocca aperta e gli occhi chiusi di Maria Rita a simulare
un orgasmo mentre riceveva una palpata di natica.
8 megapixel di ineguagliabile eccitazione. Ogni foto era una
storia. Ogni foto, un passo verso la sessualità incompleta di entrambi.
Poi il capolavoro. Uno scatto di spalle che mostra i capelli
particolarmente mossi di Maria Rita, dal colore simile a quelli di Alessandra,
nel periodo in cui faceva lezioni di spinning e quindi durante il breve momento
di tonicità massima dei glutei.
Un culo che, associato a quella posa plastica e quei capelli
ricci, faceva tornare alla mente il frutto delle sue frustrazioni: Alessandra.
L’altra coinquilina.
Quella che ora non gli rivolgeva più la parola da quasi un
mese.
La osserva lì, entrare in cucina dopo essere rincasata tardi
dalla biblioteca. Saluta tutti in modo frettoloso e poi rivolge uno sguardo di
profondo biasimo verso Andrea, che stava cercando di ricambiare con difficoltà.
Alessandra proseguì in stanza, senza dire una parola.
Merda. Pensò lui. Non sono capace di dirle neanche ciao.
Rimase assorto nei suoi pensieri per qualche secondo di
troppo, completamente dimentico del fatto che Maria Rita si trovasse ancora in
cucina, intenta a preparare qualcosa per la cena.
Quando Maria Rita si girò vide il suo fondoschiena sodo e
allenato riprodotto sullo schermo del pc di Andrea. Non potè fare a meno di
provare un moto di rabbia.
“Idiota. Sbaglio o mi dicesti che quelle foto le avevi
cancellate?” gridò lei.
“Oh, cazzo. Si. Scusa. Oddio… non volevo che le vedessi.”
“Le hai tenute tutte?” si avvicinò lei, minacciosa.
“No. No. Solo quelle più artistiche, così per ricordo…!”
farfugliò lui.
“Fai vedere. Non ti credo più ormai neanche sulla parola.”
disse lei.
Andrea era mortificato. Sapeva di aver esagerato stavolta.
Era normale che fosse rischioso guardare quella cartella in cucina, in presenza
di Maria Rita stessa.
I pensieri, tuttavia, a volte sono così confusi e mescolati
che spesso le azioni che meno hanno senso sono quelle di più immediata
realizzazione.
In cuore suo forse sperava che l’equivoco si verificasse.
Aveva bisogno di un nuovo guaio cui far fronte.
Maria Rita si sedette accanto a lui e gli strappò il pc
dalle mani.
Guardò la cartella con disgusto ma anche con malcelata
avidità. Cliccò su una immagine e disse:
“Le più artistiche, vero?” La foto ritraeva lei intenta a
eseguire una delle più complesse manovre di fellatio che si ricordi. Pene
tenuto interamente in bocca con le labbra a sfiorare il pube. Il periodo degli
allenamenti intensivi in cui si cercava di migliorare le rispettive
performance.
“Dai,quella è stata la prima volta in cui ci sei riuscita
del tutto…! Non potevo disfarmene.” Disse Andrea sdrammatizzando, ormai
arresosi all’idea che quello sarebbe stato un brutto quarto d’ora.
“E di questa che mi dici? Grossi traguardi anche qui…”
ritrovò la bizzarra foto di se stessa che slinguazzava lo sfintere di Andrea.
La prospettiva era particolarmente acrobatica e se non fosse per i testicoli
chiaramente in evidenza, si può avere perfino il dubbio di cosa si stia
guardando.
Andrea sorrise. Quello fu uno dei momenti più imbarazzanti
della sua vita. Concesse quel tentativo durante un pomeriggio di noia assoluta.
Si parlava di ruolo della donna. Di diritti e doveri degli uomini. Di
equilibrio tra sessi.
Come si arrivò al rimming è un particolare che sfuggiva ai ricordi di entrambi,
ma tant’è.
L’inquisizione proseguì, foto dopo foto. Alcune erano
davvero belle. Il tramonto con il sorriso di entrambi, abbracciati.
La finestra aperta sul cortile di casa sua in campagna,
mentre si baciavano dolcemente.
Finirono per guardare quelle immagini in silenzio,
ritornando alla memoria frame dopo frame.
Maria Rita dunque riconsegnò il portatile e sospirò.
Andrea era interdetto. Non sapeva se allontanarsi con le
ossa rotte o rimanere seduto lì.
Improvvisamente, Maria Rita lo prese per mano. Lo baciò
sulle labbra in modo delicato.
“Perché l’hai fatto?” Chiese Andrea.
“Non lo so…” disse Maria Rita. Si baciarono di nuovo,
dimenticando i motivi per cui inizialmente stavano per litigare.
Le mani di lei arrivarono a cingere i fianchi di lui. Misero
da parte il pc e iniziarono a toccarsi, sempre più intensamente.
Il bollore della minestra ogni tanto si faceva risentire.
Non appena Maria Rita poggiò il palmo della sua mano sui
jeans di Andrea, lui disse:
“Forse è meglio non qui.” disse Andrea.
Maria Rita spense il fuoco. Si ritirarono in stanza di lei.
Iniziarono a spogliarsi, dolcemente e lentamente.
Entrambi nudi, si posizionarono sul letto. Egli agguantò il
seno sinistro e iniziò a leccarne i contorni. L’areola prima, il capezzolo
dopo.
Ella avvertì la vibrazione in corpo e si lasciò cullare dai
brividi lungo la schiena.
Si esplorarono come facevano in passato. Centimetro dopo
centimetro.
L’asta turgida di lui. Le grandi labbra di lei.
La rosa anale di entrambi.
Giaccero immobili dopo essersi trasmessi l’orgasmo a vicenda
con la bocca.
Come nove anni prima, si ritrovarono contenti e appagati
senza concludere l’atto.
Si guardarono intensamente. Adesso erano nove anni da
quell’estate indimenticabile, il fato li aveva ricongiunti nello stesso
appartamento.
“Perché non l’abbiamo mai fatto?” Chiese Andrea.
“Avevi paura.” rispose Maria Rita.
“Eri tu ad avere timore…” replicò lui.
“Sapevamo entrambi che era meglio di no.” disse lei.
“Ma abbiamo fatto praticamente tutto il resto. Cosa c’è di
diverso?” chiese lui.
“Assolutamente nulla. Tuttavia, nel momento in cui lo
faremo, sarà tutto diverso. Io, te, noi.” rispose Lei.
“Non pensi che dovremmo forse lasciarci alle spalle queste
convinzioni? Alla fine siamo sempre noi… non cambia nulla, credo.” disse
Andrea.
“Siamo coinquilini da un anno e ci siamo rivolti solo
qualche parola a distanza di mesi. Credi davvero che non cambierà nulla?” disse
Maria Rita.
“Hai ragione.” disse Andrea, demolito e affranto. Già
pensava di aver fatto un torto miserabile nei confronti di Alessandra, ora
stava anche distruggendo quel rapporto rimasto in letargo da tanto tempo con
Maria Rita.
“Ti dirò. Avrei tanto voluto che fossi tu il primo con cui
fare l’amore.” aggiunse lei.
“Anche io, in realtà.”
Si guardarono intensamente. Erano complici di un reciproco
dialogo fatto di silenzi. Un sussurro inspiegabile che si manteneva a galla
sulle onde emanate dai loro corpi. Onde di erotismo e di eccitazione.
Andrea si alzò. Si vestì. La sensazione era la stessa di
nove anni prima. La bellezza dell’imperfezione.
Il piacere dell’incompiuto. Il cerchio che non si chiude.
Maria Rita e Andrea avevano un legame intenso. Lo stesso
legame che esiste tra l’Estate e l’Inverno.
Le stesse cifre che tengono insieme due rette parallele:
Equazioni quasi identiche ma senza possibilità che si incontrino.
Andrea uscì dalla stanza, lasciando Maria Rita nuda a
riflettere.
Percorse il corridoio e si infilò nella propria camera.
Ritornò con la mente a quelle immagini della famosa estate del 2008. Si ricordò
d’aver lasciato il computer in cucina.
Lo andò a recuperare e lo trovò aperto. Sul tavolo.
L’immagine di loro due drammaticamente felici sullo sfondo del tramonto.
Non era sicuro di averlo lasciato in quel modo, ma decise di
non pensarci e ritornò in camera, in silenzio.
Maria Rita si alzò dal letto, ancora nuda, e accese il
proprio PC.
Aveva conservato anche lei quelle immagini, all’insaputa
perfino di se stessa, nell’Hard Disk esterno.
Andò su google e ricercò “elbe”.
Immagini varie di un fiume del Nord Europa.
Modificò la ricerca: “Elbe racconti”.
Nessun risultato. Decise di non pensarci e si andò a
vestire.
Dopo un po’, si ritrovò a pensare alla frase di Paola di
qualche giorno prima.
“Essenziale è ciò che non vedo d’estate ma vedo d’Inverno.”
Cercò su google. Tra i risultati apparve un blog. Curato nei
dettagli e dalla grafica minimal assolutamente gradevole.
Molti articoli pubblicati a nome di un unico autore: Elbe.
Iniziò a leggere.
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