Capitolo [part not set] di 7 del racconto Tentazioni

di Claudia Effe

Quarto capitolo.

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

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“Signor Torre, buongiorno, sono Veronica dello studio del notaio”.
La voce dall’altra parte del telefono rispose con un certo stupore.
“Buongiorno Veronica. Sono contento che mi abbia chiamato”, disse.
Veronica si sentì avvampare e fu contenta che quella conversazione stesse avendo luogo solo per telefono e non di persona.
“La chiamo solo per dirle che la copia dell’atto sarà pronta tra circa sessanta giorni. Vuole che gliela spediamo oppure la viene a prendere lei?”.
Il signor Torre rispose spiazzato. “È lo stesso, non c’è problema. Passo a prenderlo io”.
Si percepiva dal tono di voce che non si era aspettato quel tipo di comunicazione.
Veronica cercò di prendere tempo, ritardando il momento in cui sarebbe arrivata al vero motivo per cui aveva chiamato.
“Allora segno di non spedirlo, va bene?”.
“Sì, le ho appena detto che va bene. Sinceramente, avevo creduto che lei mi chiamasse per quello che le ho detto ieri. Si ricorda, la vacanza…”.
Veronica abbassò la voce, benché non ci fosse nessuno nella stanza con lei.
“Voglio farle una domanda, signor Torre, ma voglio che lei sia sincero. Era seria la proposta che mi ha fatto?”, gli chiese.
“Certo che era seria, signorina. Perché avrei dovuto scherzare su una cosa del genere?”, rispose il cliente, quasi risentito.
Veronica chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della sedia.
“È che sono perplessa, signor Torre. Con quella cifra lei può avere molto meglio di me. Potrebbe andare con Manuela Arcuri, con una Velina…”.
L’uomo la interruppe: “A parte che non sono sicuro che questo sia vero, io non so neppure come potrei fare a contattare una Velina. Però io conosco lei, Veronica, è una bella ragazza e mi sembra una persona a posto. Ho fatto questa proposta a lei e solo a lei, semplicemente perché mi è andata così”.
Non sembrava uno scherzo.
“E quando vorrebbe partire?“.
"Quando vuole, signorina. Tanto ormai non ho nulla da fare durante il giorno. Devo interpretare questa sua domanda come un sì?”.
Veronica si affrettò a prendere le distanze: “No, era solo per domandare. Lei capisce, è una cosa molto particolare. Io ho anche un fidanzato”.
“Me lo aveva detto e lo immaginavo, una ragazza bella come lei… però questo è un problema che deve risolversi da sola, io non posso farci nulla", precisò lui.
“Già!”, pensò Veronica tra sé e sé. Non avesse avuto quel problema sarebbe stato decisamente più facile.
Improvvisamente, quella conversazione diventò pesante da gestire.
“Signor Torre, le chiedo scusa ma mi vogliono sull’altra linea”, inventò.
“Non c’è problema, Veronica. Spero di sentirla presto. Non voglio farle fretta, ma ho veramente bisogno di una vacanza e presto dovrò organizzarmi per partire. Mi piacerebbe farlo con lei, ma non potrò aspettare in eterno”.
“Lo capisco. La richiamerò io”, disse laconicamente, e mise giù la conversazione.

Terminato l’orario di lavoro, Veronica decise che non era il caso di tornare subito a casa. Aveva troppi pensieri per la testa e il suo fidanzato se ne sarebbe subito accorto. Quindi svoltò verso destra e si incamminò verso il centro.
Era necessario che prendesse una decisione, qualunque essa fosse, anche per rispetto nei confronti del signor Torre.
Era importante per lei mettere la parola fine a quella storia, affinché smettesse di pensare a certe cose e si dedicasse a qualcosa di più importante, ad esempio il suo lavoro e la sua famiglia.
Anche se, a ben vedere, anche la proposta del suo cliente avrebbe avuto un impatto sulla sua famiglia. Erano cinquantamila euro, non noccioline. Avrebbe potuto sistemare un po’ di cose, vivere tranquilla per parecchi mesi, anche anni se fosse stata un po’ attenta.
Certo, avrebbe comunque dovuto continuare ad andare a lavorare tutti i giorni, però avrebbe potuto permettersi cose che ora come ora erano decisamente precluse.
Come avrebbe fatto a nascondere il denaro a Paolo? Non avrebbe sicuramente potuto versare i soldi sul loro conto corrente: avevano il conto cointestato e sarebbe stato decisamente imprudente. Però nei paraggi dello studio era pieno di banche; avrebbe potuto entrare in una qualunque di quelle e aprire un conto intestato solo a lei.
Avrebbe avuto un suo Bancomat e lo avrebbe tenuto separato dall’altro. Il suo portafoglio era talmente pieno di tessere e carte che difficilmente Paolo se ne sarebbe accorto. Avrebbe potuto pagarci una spesa ogni tanto, farci il pieno di benzina. Avrebbe potuto essere quel tipo di aiuto che effettivamente cercavano, come un aumento di stipendio.
Si fermò davanti a una vetrina a guardare un completo da sera. Era bellissimo; avrebbe mai potuto permettersi anche un capo così? Il cartellino del prezzo indicava ottocento euro, una cifra decisamente proibitiva per le finanze di quel momento, ma sicuramente abbordabile nel momento in cui fosse tornata dalla vacanza.
Rimirò la propria immagine riflessa nella vetrina.
Erano motivazioni sensate, oppure stava semplicemente trovando la maniera per giustificare il fatto di voler fare la puttana? Perché alla fine era quello, aveva poco da girarci attorno.
C’erano motivazioni economiche, fuor di dubbio, ma questo valeva sicuramente anche per tutte le ragazze che tutti i giorni battono le strade. Anche loro lo facevano per denaro, mica per piacere o per vocazione. Perché avrebbe dovuto essere diversa dalle prostitute ai bordi delle strade? Per la cifra?
Si fermò al distributore automatico e comprò un pacchetto di sigarette. Fumava pochissimo, ma sentiva che quello era il momento giusto per concedersene una.
Era comunque ingiusto paragonarla a una prostituta da strada.
Intanto perché nel suo caso sarebbe stata una storia di una volta sola. Se fosse andata con il signor Torre quella sarebbe stata anche l’ultima volta; su questo doveva essere tassativa.
E poi per quale motivo la cifra avrebbe dovuto essere irrilevante? Lo chef di un ristorante a quattro stelle guadagna molto di più del cuoco di una pizzeria al taglio, e nessuno dei due si considera collega dell’altro.

Tossì il fumo della sigaretta.
Aveva già deciso, quindi?
Forse si.
Restava da capire come sarebbe stato l’impatto con il suo ragazzo. Perché da sola, elaborare i suoi pensieri per strada era facile, ma dirlo a lui sarebbe stato un altro paio di maniche.
Non gli avrebbe detto la verità, ovviamente, ma non sarebbe stato facile lo stesso.
Girò i tacchi e si diresse verso la sua auto. Se voleva parlargli, era giusto che lo facesse subito.

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