Capitolo [part not set] di 11 del racconto Le mie vacanze in montagna

di Carol89

Così adesso facevo da poltrona a mia madre. Completamente nudo io, completamente nuda lei, stesa di spalle su di me.
Irrigidito, immobile, avevo appena iniziato a percepire quell’assurdo contatto, a sentire la sua pelle nuda sulla mia, il suo sedere sodo e la sua schiena premere sulle mie palle e sul mio cazzo duro, che come un palo era premuto fra i nostri due corpi… che d’un tratto, sorprendentemente, l’idromassaggio cessò.
In tutta quella manovra di avvicinamento erano evidentemente trascorsi altri dieci minuti. E adesso eravamo daccapo.

Quel segnale giunse in realtà come una liberazione, per me: se l’idromassaggio era finito, non c’era più ragione perché mia madre restasse stesa sul mio corpo. Stop, finito, poteva alzarsi e andarsene.
– Oh, è già finito? – notò lei, a sua volta sorpresa. – Lo faccio ripartire… – aggiunse poi.
Così dicendo, senza esitare, si raddrizzò a sedere – liberando il mio cazzo, che tornò ad alzarsi dritto in acqua – e ruotò su se stessa, girandosi verso di me: i comandi dell’idromassaggio, infatti, erano dietro alla mia testa.
– No! – protestai intanto io. Fu una reazione istintiva, questa volta non mi trattenni. – Basta, dai…
Lei si era girata con grande agilità, e a quel punto divaricò le gambe – sott’acqua – appoggiò le ginocchia sulla panca, ai lati delle mie cosce. Praticamente era a cavallo delle mie cosce, dritta di fronte a me: l’acqua le arrivava sempre allo stomaco, e i suoi seni nudi erano adesso appesi proprio davanti a me. Si bloccò in quella posizione troppo esplicita, inadatta… per colpa della sorpresa dovuta alla mia reazione.
– Ma dai… – mi guardò con aria sorpresa, – io praticamente non l’ho fatto… adesso che abbiamo trovato la posizione…
– Sì vabbè… con me che faccio da poltrona! – protestai.
– Ma! Per una volta che puoi fare un piccolo favore a tua mamma! – mi sgridò, sempre fingendo sorpresa e indignazione ma questa volta con il sorriso che faceva capolino sul suo volto.
– Eh, sì… – mugugnai.  – Non ci tengo a essere schiacciato…
– Ma! Ma senti questo ingrato! – Finse di indignarsi ancora di più, ma intanto sorrideva. – Ti ho portato io qui, piccolo ingrato!
Così dicendo, fece per la seconda volta una cosa molto fastidiosa. Allungò una mano velocemente e mi pizzicò con le dita un capezzolo.
Forse “fastidiosa” non è la parola giusta. Il fatto è che io ho i capezzoli assai sensibili. Non so se capita anche a voi (mi rivolgo agli uomini) o se è una roba di cui dovrei vergognarmi… fatto sta che farmi toccare i capezzoli è un modo sicuro per eccitarmi. Infatti il mio pene, non visto, e già in mega erezione, ebbe immediatamente un sussulto per quel pizzicotto.
– Dai! – protestai, scacciando la sua mano. Lei rise, e provò ancora ad allungare la mano verso il mio capezzolo: io mi difesi e qui si manifestò un altro istinto ancestrale, che probabilmente è quella che viene chiamata legge del taglione: sapete, occhio per occhio… Insomma, d’istinto reagii allungando una mano anch’io. I suoi seni nudi erano lì, appesi di fronte a me… così allungai una mano e le pizzicai a mia volta un capezzolo.
Quando l’ebbi fatto, e ritrassi la mano, rimasi sorpreso io stesso. Non solo avevo davanti agli occhi il seno nudo di mia madre, ma adesso avevo addirittura osato toccarlo. Le avevo toccato un capezzolo.
Era stata una cosa veloce, non pensata. Quindi mi ritrovai a chiedermi – dopo averlo fatto – cosa avevo sentito: avevo tenuto per un istante fra le dita un suo capezzolo nudo… mi resi conto che l’avevo percepito carnoso, consistente…
Lei aveva spalancato la bocca, stupita. Faceva un’espressione ancora più sbalordita del suo effettivo stupore, ma intanto sorrideva ancora: glielo si leggeva chiaramente in volto.
– Ma!! – disse – come ti permetti!
Per tutta risposta, allungò di nuovo una mano e mi prese un capezzolo fra le dita. Questa volta, lo tenne. Me lo tenne stretto.
E allora lo feci anch’io. Allungai di nuovo la mia mano e tornai a prenderle con due dita, fra il pollice e l’indice piegato, lo stesso capezzolo di prima. E lo trattenni.
Adesso avevo fra le dita il capezzolo nudo del seno di mia madre. Lo sentivo: lo sentii duro, carnoso, sodo. Robusto, in contrasto con l’aspetto delicato e roseo che aveva a guardarlo.
Lei fece di nuovo un’espressione sorpresa, guardandosi il seno e la mia mano.
– …Lasciami aprire l’idromassaggio! – mi intimò dopo un attimo, guardandomi fisso.
– No… – risposi io, non più molto convinto, ma proseguendo per inerzia sulla posizione che ormai avevo preso.
Per tutta risposta, lei allungò anche l’altra mano e mi afferrò il secondo capezzolo. Ora me li stringeva entrambi.
E io allungai l’altra mia mano, e presi il suo secondo capezzolo. Adesso tenevo fra le dita entrambi i capezzoli nudi di mia madre.
Eravamo ad uno stallo, ma lei lo ruppe subito. Iniziò a torcermi i capezzoli, per gioco, ma facendomi effettivamente un discreto male. Io feci una smorfia, e reagii nell’unico modo possibile: non volendo cedere, strinsi di più i suoi capezzoli e glieli girai a mia volta, piegandoli e torcendoli.
Nicoletta gemette. Sì, emise proprio un gemito: mia madre, di fronte a me, emise un gemito, non so se soltanto di dolore (ma non la stavo stringendo al punto di farle così male…). La guardai in volto: aveva una smorfia strana, tesa. C’era ancora una traccia del sorriso di prima, ma se ne stava andando.
Per provare a fermarmi strinse e piegò ancora di più i miei capezzoli, ma su uno perse la presa. Io reagii immediatamente, dando un’altra torsione ai suoi, forte, profonda. Questa volta la sua reazione fu un gemito forte, ben distinguibile.
La vidi chiudere gli occhi, contrarre il volto. Ebbi quasi paura di averle fatto male, ma lei mi teneva ancora un capezzolo e non lo mollava: la battaglia – simulata, ma anche reale – era ancora in corso. E anch’io non ero insensibile a quella sottile tortura: il capezzolo mi doleva, e irradiava sensazioni forti che in qualche strano modo mi arrivavano fino al pene, drittissimo e gonfio.
Restammo un attimo immobili in quella posizione. Lei aveva gli occhi chiusi e le labbra strette. D’un tratto aprì gli occhi e mi fissò, con espressione sofferente ma combattiva:
– Solo una volta… dai, ancora un idromassaggio e basta!…
– No… – risposi, con il sottile piacere di chi si vendica, sorpreso del mio stesso potere.
Lei allora attaccò, torcendomi ancora il capezzolo che teneva fra le dita e cercando con la mano libera di riafferrarmi l’altro. Io scattai a difendermi, con il gomito difesi il mio capezzolo libero, e girando i polsi ruotai di centottanta gradi entrambi i suoi capezzoli, arrivando perfino a piegarle i seni.
Fu una vittoria schiacciante. Lei chiuse gli occhi, contrasse il volto, spalancò la bocca in un “aa-aaah!” di sofferenza e dovette lasciare anche l’altro mio capezzolo. Incurvò le spalle e mi afferrò debolmente i polsi, cercando di placarmi, ma subito mi lasciò… e fece il movimento opposto: piegò indietro le spalle, inarcò la schiena… spinse il petto in fuori, verso di me, verso le mie mani. I suoi seni morbidi, piccoli ma davvero morbidi e sodi, premettero contro le mie mani, le stesse che li stavano strizzando, tenendoli per i capezzoli. Stava premendo il petto contro le mie mani, le sue tette nude contro le mie dita.
La pressione aumentò: mi resi conto che si stava appoggiando a me. Ad occhi chiusi, la testa girata leggermente di lato, appoggiò il seno sulle mie mani e calò con il busto sulle mie braccia. Inizialmente la ressi un poco, ma subito dovetti piegare le braccia, e lei mi crollò addosso, il suo petto contro il mio, la sua testa su una mia spalla. Come nella boxe: aveva deciso di stringersi a me come modo per difendersi.
Mi trovai abbracciato a mia madre. Solo che entrambi i nostri corpi erano completamente nudi.
Sentii il mio pene premere, rigido, fra le nostre pance. Lo sentivo distintamente schiacciato contro i miei addominali, e sentivo su di lui, sulla parte inferiore, la pancia di mia madre.
Lei sospirò, con un gemito debole, quasi di sollievo. La sentivo bene, perché adesso la sua bocca era praticamente di fianco al mio orecchio. In effetti, grazie a quella mossa e a quella nuova posizione, io ero stato costretto a mollare la presa sui suoi capezzoli: ora avevo una mano schiacciata sul mio stomaco, mentre l’altra era rimasta sollevata, davanti al mio petto, ed aveva appoggiata sul palmo una sua morbida mammella nuda.
Cazzo. Sentivo il mio cazzo pulsare, durissimo, e sentivo sulla sua pelle ipersensibile il contatto con la pelle di mia madre. Lei era a ginocchia spalancate, a cavallo delle mie cosce… le sue cosce quindi, in quel momento, erano divaricate moltissimo. Ed era nuda, interamente…
Sembrava che fossimo giunti a una tregua, forse addirittura ad una vittoria mia. Aveva ceduto al mio attacco… almeno questa era la mia impressione. Ingenuo.
In realtà, con quel movimento, essendomi venuta addosso, era riuscita ad annientare il mio attacco… e ora riprese l’iniziativa. Silenziosamente, sollevò un braccio e la testa e provò a guardare oltre la mia spalla, dietro di me. Puntava ancora ai comandi dell’idromassaggio. Il gioco non era ancora finito per lei!
Io ero sbalordito, ma anche deciso a non cedere. Percepii il suo movimento, vidi che allungava il braccio e cercai di frenarla: feci pressione con la mano aperta sul suo seno nudo, e liberai anche l’altra mano, con la quale le afferrai un fianco, stringendolo, per trattenerla. Lei si aggrappò con una mano a bordo vasca e si issò, spinse con le ginocchia e cercò di avanzare verso i comandi con la mano protesa. La sua testa si alzò oltre la mia, il suo petto salì all’altezza delle mie spalle: sentii i suoi seni sulla mia pelle, li potevo vedere appena sotto il mio mento.
Ma fu un’altra la cosa che calamitò a quel punto tutta la mia attenzione. Ma proprio tutta.
Con quel movimento, alzandosi, scivolando con il corpo contro il mio… il suo inguine era venuto a contatto con il mio basso ventre.
Lo sentii distintamente. Mentre prima il mio pene premeva tra le nostre due pance, adesso sentii premere contro il pene… beh, il suo monte di Venere. Il suo inguine, insomma.
Dio mio, che sensazione. Mi girò la testa, fu uno shock. Eppure lei imperterrita proseguiva, cercava di raggiungere quei maledetti comandi! Io alzai una mano ad afferrarle una spalla e la trattenni, la spinsi giù con forza. Lei allora, di fronte al mio uso della forza, dei muscoli, cedette, e indietreggiò con le spalle: il suo petto si staccò dal mio, il suo volto fu davanti a me e si allontanò. Contemporaneamente però sedette ancor più di peso su di me, sulle mie cosce, con il sedere nudo, e il suo pube si schiacciò ulteriormente contro… beh, contro il mio pene.
Sentivo il pene premere contro il suo inguine, e percepii chiaramente l’iniziale abbraccio del suo. Mio dio, potevo sentire le sue grandi labbra! In quel momento, se l’anatomia non è un’opinione, il suo clitoride premeva esattamente contro la mia asta. Le sue cosce spalancate mi avvolgevano i fianchi, forti, muscolose.
La guardai in faccia. Aveva un’espressione strana: seria, non più giocosamente divertita come prima. Aveva le labbra socchiuse, come per una leggera sorpresa. I nostri sguardi si incrociarono, ma lei sembrò quasi non vedermi.
E poi fece quello che non dimenticherò mai. In quella posizione, occhi negli occhi, mosse il bacino. Premette esplicitamente il proprio inguine contro di me. Contro il mio cazzo.
La prima volta mi sembrò un sussulto, quasi un riflesso involontario. Avrei anche potuto crederci. Ma poi lo fece di nuovo.
E di nuovo.
Inutile dire che il mio piacere era immenso. Quella che sfregava sul mio pene, ormai in erezione spasmodica da un casino di tempo, era la sua figa: le sue grandi labbra, gonfie, morbide, come potete perfettamente immaginare che siano. La stimolazione che ne avevo era travolgente, perfetta. Sentii la mia asta massaggiata, e un attimo dopo perfino avvolta da quel caldo, morbido abbraccio.
E lei mosse la figa, su e giù, su e giù, due volte. E poi la terza.
Anche per lei doveva essere una stimolazione perfetta. Aveva il clitoride che premeva perfettamente contro il mio cazzo durissimo, non so se fosse un gioco dell’immaginazione ma potevo perfino sentirlo, eretto, gonfio.
Dopo il terzo movimento per un attimo si fermò. Chinò lentamente il capo indietro, sentii le sue mani arrivare alle mie ginocchia ed appoggiarvisi di peso. A quel punto aveva il mento sollevato, non le vedevo più bene il viso: e si mosse ancora, sfregando con più forza la figa sul mio pene.
Guardai le sue tette nude oscillarle sul petto. Ero inebetito, terrorizzato, completamente eccitato: in balìa di sensazioni violente, non ero più in grado di pensare lucidamente.
Mi resi conto che ero ormai eccitato e stimolato oltre ogni limite. Non mi sarei potuto trattenere ancora a lungo. Temevo che sarebbe presto finita con un risultato ormai inevitabile.
Non immaginavo che sarebbe andata perfino peggio di così.

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