Capitolo [part not set] di 11 del racconto Le mie vacanze in montagna

di Carol89

Come lo spettatore di un film (porno) osservai mia madre, di fronte a me, che piegava la testa e fletteva le spalle. Ebbi l’impressione di una scena al rallentatore, o forse si svolse davvero lentamente, non lo so. Sentii di nuovo aumentare la pressione sul mio cazzo, sentii la vulva gonfia di mia mamma che lo premeva, lo abbracciava con le sue morbide labbra. La pressione salì, le sue labbra gonfie scivolarono sulla mia asta durissima, salendo verso l’alto.

Percepii la pressione del suo clitoride, che arrivò a sfiorarmi la parte inferiore – sensibilissima – della cappella. Di nuovo, non so dire se era un’illusione, un mix di realtà e fantasie mie mentali, o se davvero lo sentivo: ma avevo la sensazione chiarissima del suo clitoride, lo sentivo piccolino e duro premere contro il mio cazzo.

Lei salì ancora, sollevando il bacino, e la sua figa scivolò all’altezza della mai cappella. Il suo caldo, inebriante abbraccio avvolse il mio gonfissimo glande, e fu un abbraccio sconvolgente, che mi fece sussultare e girare la testa.
Dovette essere una sensazione forte anche per lei. Adesso le nostre parti più intime e sensibili, quelle più ricche di innervature, direttamente collegate al nostro piacere sessuale, erano a contatto. Lei rialzò il capo, lentamente: abbassò il mento e tornò a rivolgere il viso verso la mia faccia. Potevamo guardarci negli occhi, ma vidi che il suo sguardo era vacuo, quasi assente. Aveva le labbra socchiuse, il viso contratto: la faccia di mia mamma era stravolta dal piacere, tesa, assorbita dal sesso. Vederla fu un ulteriore shock.
Non ebbi il tempo di stare a pensarci. La sua vulva, le sue labbra carnose si erano avvolte attorno alla punta del mio cazzo, avevano inglobato la mia cappella. E a quel punto lei non si trattenne: fece un movimento semplice, esperto, che io mai avrei saputo replicare. Alzò il bacino, lo piegò in avanti: in pratica rivolse la figa aperta verso di me. E permise al mio cazzo duro di scivolarvi dentro.
Io spalancai la bocca e mi scappò un lungo lamento, non seppi contenermi. Sentii il mio pene entrare, infilarsi a fondo, profondamente, in quella vagina stretta e morbida, gonfia e avvolgente. Fu una penetrazione lenta ma decisa, senza interruzioni: lei di fatto con quel movimento esperto si infilò il mio cazzo all’imboccatura della figa, e poi si impalò da sola, calando di peso, con tutto il bacino, sulla mia asta rigida.
Se lo prese tutto. Fino in fondo. Sentii la sua figa arrivare a premere contro il mio pube, sentii il suo culo sulle mie palle. Si impalò fino in fondo al mio cazzo, e lo prese fino in fondo alla sua figa.
Io a quel punto impazzii. Non capivo più niente. A bocca spalancata, emettendo suoni disarticolati, mi aggrappai alla panchetta sott’acqua, al bordo della vasca, ai suoi fianchi e alle sue cosce. Lei intanto, spietatamente focalizzata, mosse ancora il bacino, sollevandosi di qualche centimetro e calando nuovamente sul mio pene, una, due, tre volte. Mi masturbava con la sua figa.
Vidi che apriva la bocca come per emettere una “o” muta. Si appoggiò di peso su una mano sola, sollevò l’altra e se la portò tra le cosce, all’inguine: vidi e capii, dal movimento del suo braccio e dell’acqua, che si era portata la mano alla figa, si era messa le dita sul clitoride e aveva iniziato a sfregarlo. Lo sfregò subito con forza, freneticamente, dandosi piacere mentre si muoveva su e giù lungo la mia asta.
Una doppia stimolazione potentissima.
A quel punto gridò. Cioè, emise di nuovo dei gemiti, dei lamenti, ma questa volta erano brevi e intensi, ripetuti, a voce alta. Erano molto acuti, come quelli di una ragazzina.
Durò molto poco. Lei si stimolò selvaggiamente, sfregando con violenza il clitoride e impalandosi sempre più velocemente sul mio cazzo. Uno, due, tre, quattro, cinque colpi… persi subito il conto, travolto da quella valanga. La vidi contrarsi e contorcersi, sentii la sua figa stringersi con forza attorno al mio cazzo, e nel giro di pochi secondi venne.
Il suo orgasmo fu violento. Contrasse i potenti muscoli del suo corpo allenato, io mi sentii quasi schiacciato, sbriciolato dalla sua forza. Sussultò come se ricevesse delle scosse elettriche. E chiaramente quelle stimolazioni si ripercossero anche su di me.
Il mio cazzo si sentì prima stringere con forza dalla sua figa, poi sfregare rapidamente per le sue contrazioni: fu il colpo di grazia, non poté trattenersi oltre. Senza che io potessi controllarlo, lo sentii gonfiarsi definitivamente, sussultare con violenza e poi esplodere.
Eruttai sperma nella figa di mia mamma. La inondai, spruzzai fuori tutta la sborra che avevo accumulato in quell’ultima ora, o mezz’ora – non avevo idea del tempo che era trascorso. Il cazzo mi sparò ripetutamente, con un rinculo degno di una pistola, prendendo la carica per poi spruzzare con violenza getti potenti di sperma caldo.
Di sicuro le riempii la vagina. E a quel punto, stravolto, svuotato, nel pieno di quell’orgasmo devastante come forse non ne avevo mai provati prima, mi venne in mente un pensiero nitido, lucidissimo: pensai che ero appena rientrato dentro mia madre, proprio da dove ero uscito, e che avevo riversato dentro di lei tutto il mio seme di maschio.
Mi accasciai sulla panca completamente sconvolto.

Lei fu molto più lucida. Vidi – da spettatore passivo, come in un film – che riprendeva fiato, e dopo pochi secondi che si sfilava da me, scivolando via, ruotando su se stessa nell’acqua. Agilmente, con movenze feline, ruotò e si spostò al mio fianco, dal suo lato, dove avrebbe dovuto stare fin dall’inizio. Sedette sulla panchetta e si abbandonò come me, semisdraiata, con la testa appoggiata al bordo. Vidi che aveva ancora il fiato corto, respirava con la bocca aperta, calmandosi.
Richiuse la bocca molto prima di me. Allungò una mano fuori dall’acqua e recuperò il proprio costume, e con agilità, muovendosi il minimo indispensabile, infilò sott’acqua gli slip.
Mentre posizionava e allacciava il reggiseno, mi parlò.
– Io comincio a uscire – disse, con la voce un po’ bassa ma sicura, – Marisa mi aspetta per un aperitivo prima di pranzo. Ci vediamo a casa?
Non so se risposi. Provai a dire di sì, ma probabilmente mi uscì un suono disarticolato. Comunque annuii.
Lei intanto si era allacciata anche il reggiseno, e in un attimo si alzò e uscì dall’acqua, sfilando davanti a me. Aveva il passo sicuro, uscì senza barcollare, agile come sempre. Io osservai inebetito quel suo fisico stupendo, muscoloso, in perfetta forma.
– Dai, ci vediamo dopo allora! Non stare dentro troppo.
Se ne andò così, dandomi perfino un consiglio da mamma. Non voleva che esagerassi… Perché, non avevamo appena esagerato entrambi oltre ogni limite?

Rimasi in acqua ancora per diversi minuti. Ero senza energie, molle e svuotato.
Alla fine mi alzai, mi alzai in piedi nella vasca, così com’ero. Mi sentivo debole come un mollusco. Guardai in basso, mi guardai il pene: fino a poco prima era rimasto sollevato e durissimo, ininterrottamente per un sacco di tempo. Adesso pendeva flaccido, molle e piccolo rispetto a prima. Mi pulii la punta con le dita, anche se l’acqua calda aveva già fatto quasi tutto. Recuperai il costume e me lo infilai lì, in piedi in mezzo alla vasca. Non badai al pericolo che qualcuno entrasse in quel momento: tanto, ormai, con tutti i rischi che avevo già corso…
Uscii dalla vasca, presi l’asciugamano e mi diressi lentamente, con passo molle, fuori dall’area degli idromassaggi, e poi verso gli spogliatoi. Mia mamma se n’era davvero già andata: uscii dalla piscina senza più incontrarla.

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