Capitolo [part not set] di 11 del racconto Le mie vacanze in montagna

di Carol89

Mia mamma finì a tempo di record le sue vasche e, finalmente soddisfatta, sazia da quella fatica, venne da me. Capii che un corpo allenato e forte come il suo aveva bisogno di attività fisica, era come il pane per lei.
Nuotò fino davanti a me, che ero sempre appoggiato a bordo vasca, con i gomiti sul bordino, sciallato. Di fronte a me si tolse gli occhialini e mi sorrise.
– Beh, per i tuoi standard oggi hai fatto sport.
– Qualche vasca l’ho fatta… – ribattei serio.
– Sì, meglio di niente.
Si sciacquò gli occhialini e li appese al collo, poi vidi che si sistemava qualcosa, con le mani sott’acqua. Apparentemente sciallato, ero in realtà attento ad ogni suo movimento. Anche troppo.

Venne accanto a me e appoggiò le mani sul bordo della vasca.
– Hai voglia di stare ancora un po’ qui? – mi chiese intanto.
– Ma io vasche basta, per oggi… – mugugnai.
Lei intanto fece forza con le mani e si issò. Io fissai affascinato quella scena accanto a me.
Le sue braccia forti si raddrizzarono, i tricipiti si contrassero. Le spalle larghe e la schiena fecero forza e si issò come una piuma fuori dall’acqua, grondando goccioline. Mentre ammiravo quel lungo corpo sollevarsi, i miei occhi caddero ad un certo punto sui fianchi e sul culo, e lì si fermarono: vidi che issandosi sfregava il corpo contro il bordo della vasca, e che un lato del costume, degli slip già piccoli, si era abbassato per lo sfregamento.
Le vidi una natica praticamente scoperta. Mezzo culo nudo di mia madre. Perfetta, cazzo: era una chiappa soda, sollevata, asciutta. Tutto quell’allenamento in palestra le serviva…
Lei intanto ruotò il corpo, appoggiata sulle mani, come una ginnasta provetta. Si girò di centottanta gradi e si lasciò cadere seduta sul bordo, proprio accanto a me.
I miei occhi erano rimasti fissi sul suo bacino. Alla vista del culo si sostituì quella dei fianchi, del basso ventre e del pube… e lì il costumino mezzo abbassato e scostato mi fece vedere ben altro.
Per pochi secondi che mi sembrarono ere geologiche fissai ammutolito mezza figa di mia madre. Sì, il costume si era spostato, era fuori posto; e la vagina, o meglio, la parte esterna… insomma, le grandi labbra erano scoperte. Una delle due, almeno, fino allo spacco.
Mi colpì il fatto che era completamente glabra. O almeno così mi parve: quello che vedevo era in mezzo alle sue cosce, mezzo coperto dal costumino, fradicio di acqua che grondava. Però ebbi la chiara immagine di pelle assolutamente liscia, di labbra morbide e sinuose, di uno spacco profondo e… sì, beh, invitante.
Ok, ora mi considererete un freak. Ma che cazzo, provateci voi: avete di fianco il corpo di una donna perfettamente allenata, forte e con i muscoli definiti come non ne avete mai visti, lei è mezza svestita e, mentre vi si siede di fianco, a venti centimetri da voi, vi fa vedere mezza figa. Provateci voi a dire “hey, è mia mamma, sono completamente indifferente!”.
Io non me l’ero mai chiesto, non mi ero mai posto il problema. Ma lì, in quella situazione, indifferente non ero. I miei occhi erano calamitati, e il mio cazzo, beh, continuava a essere bello duretto.
In tutto ciò, lei si era accorta del problemino. Non si scompose quasi per nulla. Mi rispose come se nulla fosse – io dovetti faticare un po’ a ricordare che cosa avevo detto solo pochi istanti prima – e intanto, inclinandosi di lato e sollevando metà culo, si ritirò su gli slip che tornarono al loro posto: roba da niente, un secondo e mezzo.
– Non ti faccio fare altre vasche – mi disse, rassicurandomi. – Però ti porto in una vasca molto più adatta al tuo stile…
Con quell’ultima frase sibillina si alzò in piedi, scattante, e mi invitò a seguirla.
Grato del fatto che lei intanto si era girata e aveva iniziato a camminare, dunque non poteva vedermi, mi issai anch’io a bordo vasca e poi in piedi. Mentre mi alzavo diedi ripetute controllate al mio pacco: il pene era duro, allungato, piegato su un lato. Per fortuna però non era alla massima estensione, e stava dentro il costume. Certo il rigonfiamento si notava, nonostante il costume nero lo celasse un po’… mi guardai attorno come un ladro, felice di vedere che la piscina era semideserta e che per seguire mia madre non dovevo passare vicino ad altri esseri umani.
Nicoletta, intanto, cioè la mia mamma, si era diretta in fondo alla grande stanza della piscina, raccogliendo per strada i nostri asciugamani. Raggiunse una porta piuttosto anonima, che io notai solo quando lei ci si fermò davanti, aspettandomi.
Mi fermai accanto a lei, cercando di sviare l’attenzione dalle mie parti basse.
– Cosa c’è qui, la palestra? – chiesi.
– No, ci manca solo che ti porto anche in palestra. Poi ti addormenti su una panca – rise. Io feci una smorfia.
Mia mamma aprì la porta, mostrandomi un corridoio stretto e scuro, da cui fuoriuscì aria calda e umida.
– Qui c’è una piccola spa – mi rivelò. – Vasche idromassaggio!
Di certo era un tipo di vasca che mi attraeva più di quella da nuoto olimpionico. Seguendo il suo invito, un po’ titubante, imboccai il corridoio, e lei mi venne dietro.
In fondo al corridoietto si apriva un’altra sala, grande un terzo rispetto a quella della piscina. La luce era bassa e l’aria era umida, un po’ fumosa per il vapore acqueo. Nella penombra, distinsi tre vasche, come piccole piscine: erano vasche quadrate, larghe circa tre metri l’una, identiche e disposte in fila. Una ce l’avevo proprio di fronte, le altre due erano ai lati. Nessuna delle tre era occupata, e l’acqua al loro interno era ferma, placida.
– Vedi che bello? – mi disse mia mamma, fermandosi accanto a me. – Sono vasche idromassaggio.
– Gratis? – chiesi, stupito.
– Compreso nel prezzo del biglietto. Vieni!
Si diresse senza esitazioni verso la vasca più a destra – che era quella, per inciso, più appartata: l’ultima che si vedeva entrando, emergendo dal corridoio. Entrò subito in acqua e io la seguii, ma appena misi un piede in acqua mi bloccai: era calda! Nel senso: molto calda!
– Urca! È calda…
– Sì certo, è acqua a quaranta gradi. Dopo l’attività sportiva intensa – sottolineò questa parola con tono ironico, – è l’ideale. Dai entra, fifone!
Ecco, pure sull’idromassaggio mi batteva. Entrai, acclimatandomi con un po’ di cautela. Lei intanto si era allungata verso i comandi a bordo vasca e in pochi secondi fece partire le bolle dell’idromassaggio: un ronzio di fondo si diffuse nella sala, le bolle iniziarono a scoppiettare e il vapore si alzò in aria.
In cima alla vasca, dal lato dei comandi, c’era una panchetta di plastica, abbastanza confortevole. Lei si era seduta lì e mi fece cenno di raggiungerla. Sedetti accanto a lei, immerso fino al petto.
– Hai il costume stretto? – mi chiese, e intanto vidi che si chinava leggermente in avanti e trafficava con le mani sotto l’acqua.
– Eh? – chiesi, senza ben capire che cosa intendesse.
Nel frattempo vidi una sua mano emergere in superficie, tenendo stretto qualcosa che, dopo un attimo, riconobbi: era il reggiseno del suo costume. Si voltò e lo appoggiò sul bordo della vasca, quindi tornò a sedere dritta.
L’acqua le arrivava appena sotto le spalle. Io deglutii.
– Con l’acqua molto calda i costumi elasticizzati sono pericolosi. Ti bloccano la circolazione. È meglio se lo togli.
Mentre me lo spiegava, vidi che si muoveva ancora (lo capivo dalle spalle, la parte del suo corpo che emergeva nuda sopra il pelo dell’acqua). Un attimo dopo si chinò di nuovo in avanti e questa volta la mano emerse da sott’acqua stringendo il cadavere degli slip.
Si era levata anche quelli.
Era nuda.
Cazzo.
Io intanto stavo facendo la figura del pirla. Probabilmente avevo la bocca mezza aperta – a quel punto non me ne rendevo neanche più bene conto – e la guardavo un po’ in trance, con la reattività di un bradipo. C’era una sola cosa che dovevo fare: quello che aveva appena fatto lei, che intanto, bella nuda e contenta, era tornata a sedersi semisdraiata, appoggiando la nuca sul bordo della vasca opportunamente sagomato.
Chiaramente il mio sguardo era già caduto più volte in basso, ma si era fermato presto: la superficie dell’acqua, completamente piena di bolle e onde causate dalle bolle, era del tutto impenetrabile. E per fortuna, altrimenti…
Altrimenti cosa? Mi trovai con questa domanda appesa in testa, senza una risposta.
– Dai, che aspetti? – mi incitò lei, aprendo un occhio per guardami, ancora là fermo a metà.
– Mah… devo proprio?… – osai chiedere, titubante.
A quel punto lei aprì entrambi gli occhi. Mi guardò stupita e sorrise. – Ma cos’è, hai vergogna?
Noooooo, pensai. Beh, non esattamente. Non solo. Insomma.
– No… – dissi, non troppo convinto.
– Non c’è nessuno, e poi sei dentro alla vasca! – sottolineò lei.
– Ok, ok…
Insomma, lo feci. Un po’ impacciato, sollevando appena il sedere, mi abbassai sott’acqua gli slip del costume. Li calai e me li sfilai dai piedi.
Subito percepii la bestia, il mio pitone allungato, che si sollevava e muoveva libero in acqua come un’alga. Ce l’avevo allungato, ce l’avevo indurito. Era inevitabile. E l’acqua calda non aiutava.
Feci come lei, appoggiai il costume a bordo vasca, mi sedetti e mi appoggiai indietro con la testa. Quel movimento – stendere indietro le spalle, e quindi aprire completamente le mie pudenda – mi costò uno sforzo. Se non ci fosse stata la superficie mossa dell’acqua a proteggermi… era come esibire il mio sesso nudo in piena vista.
Con mia madre nuda di fianco a me.
Cazzo.
– È bello, eh? – mi disse lei, senza muoversi né aprire gli occhi.
Cosa? A cosa si riferiva, al fatto di togliersi le mutande? L’acqua calda sul sesso? Starsene nudi uno accanto all’altra?
– Mh-m – risposi criptico, a occhi chiusi.

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