Capitolo [part not set] di 11 del racconto Le mie vacanze in montagna

di Carol89

Dopo quell’episodio scoppiavo d’imbarazzo e di confusione. Credo che possiate capirlo.
Intanto, per parecchie ore, non pensai ad altro. Continuavano a ripassarmi in mente le immagini di quanto era accaduto, continuavo a cercare spiegazioni, a chiedermi che cavolo era successo. Federica (lo capii in seguito) mise in atto una strategia chiara: sparì.

Uscì di casa pochi minuti dopo, credo con i capelli ancora mezzi bagnati, dicendomi velocemente che raggiungeva le sue amiche. Quando i miei tornarono non era ancora rincasata: telefonò e disse che cenava da una sua amica.

Io cenai da solo con i miei, poi, un po’ svogliatamente (avevo ancora la testa da tutt’altra parte), uscii con i miei amici del paese, dato che vennero a chiamarmi. Rimasi fuori poco, rincasai presto e, dopo essere stato un po’ in sala con i miei, me ne andai a letto. Federica era ancora “non pervenuta”. Rientrò a casa che io già dormivo, perché nemmeno me ne accorsi.
La mattina dopo mi alzai prima io, lei era ancora avvolta nelle coperte, girata di spalle. A colazione mi trovai con mamma e papà, e lei ci raggiunse soltanto dopo, quando noi avevamo praticamente finito. Così in pratica non ci trovammo nemmeno a tavola insieme.
E poi ci separammo per tutta la giornata. Io me ne uscii con papà, che aveva bisogno di aiuto per un lavoro manuale. Federica e la mamma rimasero in casa insieme.
Qui iniziarono le mie paranoie. Federica avrebbe spifferato qualcosa? Avrebbe raccontato a mia mamma quel che era successo? Quello che io avevo fatto?
Tornammo a casa per pranzo, pranzammo tutti insieme parlando del più e del meno. Apparentemente non c’era nulla di strano, ma io avevo le antenne dritte e stavo attentissimo a ogni sguardo, ogni parola detta con un tono strano…
Dopo pranzo uscii. Avevo in programma una partita di pallone nel campetto del paese, ed andai, anche perché avevo bisogno di staccare la mente. Ma non la staccai per niente. Continuai a pensare a Federica a casa da sola con i miei, a quello che avrebbe potuto dire… e alle colpe che poteva attribuirmi. Per peggiorare ancora le cose, quando tornai a casa, verso fine pomeriggio, trovai solo mia mamma: mio papà e mia sorella erano usciti insieme a fare un giro da qualche parte. Perché lei lo aveva accompagnato? Boh, disse mia mamma, le faceva piacere uscire.
Mia sorella aveva un ottimo rapporto con mio papà, forse anche più che con mia mamma, per certi aspetti. E se avesse voluto star da sola con lui per raccontargli quel che era successo?
Mi sudavano le mani mentre aspettavo che tornassero, e quando rientrarono fissai la faccia di mio papà in cerca di un’espressione di rabbia, incazzatura, disgusto… invece non ci lessi niente. Sembrava tranquillo, normale. Ma io continuavo a essere preoccupato.
L’ultima paranoia che mi venne: e se lei voleva magari aspettare che fossimo tutti insieme, a tavola, per raccontare i fatti del giorno prima così, all’improvviso?
Non vi dico che bella cena che passai, con queste ansie in testa. E inutilmente, visto che lei non disse proprio nulla.
Quella sera non uscii. Federica invece sì. Io rimasi da solo in camera, ufficialmente a leggere, in realtà in fissa. Seduto sul letto, un libro in mano, guardavo il vuoto davanti a me e pensavo. O meglio, davo libero sfogo al tornado di pensieri che mi turbinavano in testa.
Non vi nascondo che parte di questi pensieri erano in realtà immagini. Di ciò che avevo visto, di ciò che aveva potuto vedere lei. Persino immagini di ciò che sarebbe potuto succedere ancora, se non ci fossimo fermati lì. E non vi nascondo che queste immagini avevano una reazione immediata sul mio organismo… sulla parte bassa, in particolare. Ebbene sì, ero lì in camera che fissavo il vuoto, con il cazzo di nuovo in erezione, a ripensare a quel che era accaduto.
L’erezione mi smontava subito appena i pensieri andavano su mamma e papà, su Federica che faceva la spia con loro, sulla figuraccia e l’imbarazzo. Ma poi tornava a drizzarmisi appena ripensavo a lei mezza nuda, al mio cazzo in tiro sotto i suoi occhi, a me che venivo schizzando proprio di fronte a lei…
Insomma, ero nel casino più totale. Casino mentale e fisico. E allora, visto che erano ormai molte ore che mi trovavo in quella situazione, e non sembrava proprio migliorare (anzi), presi una decisione. Decisi che era il caso di affrontare la questione di petto e fare chiarezza.
Qual era la mia paranoia più grande? Che mamma e papà venissero a sapere. Che cosa dovevo fare allora? Primo, scoprire se erano già venuti a sapere qualcosa. Secondo, scoprire se mia sorella aveva intenzione di dirglielo.
Terzo, ma quello lo misi ultimo in coda, capire cosa diavolo pensava mia sorella di quel che era successo. Capire come cavolo era potuto accadere, se era colpa mia o… ma quello era più complicato e ci avrei pensato dopo.
Adesso che sapevo cosa fare, che avevo degli obiettivi, stavo meglio. Iniziai a pensare a come metterli in pratica e pian piano, tranquillizzato, mi addormentai. La mattina dopo scattava il mio piano.

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