di Altramira
Parte seconda – La villa
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La villa era cintata da un muro di pietra. A prima vista poteva essere una decina di metri, rinforzato con una base larga e inclinata verso l’esterno: una vera fortezza, provvista di bastione, pensò Federica. L’unico punto da cui si poteva intravvedere qualche cosa dell’interno era il cancello, che dava su un viale coperto di ghiaietto rosa chiaro, accompagnato sui lati da un doppio filare di alberi sempreverdi dal fogliame particolarmente folto. Il viale, dopo un centinaio di metri, svoltava a destra, lasciando all’immaginazione di chi guardava dall’esterno la fantasia di che cosa potesse trovarsi al di là degli alberi.
La telefonata alla villa era stata semplice e veloce. Federica aveva parlato con la segretaria personale della contessa Malzani di Roccanera, che aveva ascoltato con interesse le parole della giornalista e le aveva fissato un appuntamento per il giorno seguente alle cinque di pomeriggio. Era ancora inverno e Federica sapeva che, per quanto breve potesse essere l’incontro, sarebbe uscita dalla villa con il buio. Jeans, maglietta, maglione e un giubbotto pesante. Questo lo stile di Federica al di fuori della redazione, dove era portata a vestire secondo le direttive di Porzia. Le scarpe di pelle facevano scricchiolare il ghiaietto del viale, che dopo la curva a destra proseguiva quasi all’infinito, verso la facciata della grande villa. Già da lì si poteva ammirare la grandiosità della costruzione, probabilmente, pensò Federica, eretta nel quattordicesimo secolo e poi abbellita e sovrastrutturata in seguito. Infatti, le colonne del porticato sembravano, nonostante la fattura liscia e leggermente più stretta alla base, essere state aggiunte come ultimo elemento, chissà quando, ma sicuramente in un periodo in cui l’architettura aveva subito notevoli contaminazioni da un lontano passato, come ad esempio la lontana e fulgida architettura cretese. Le venne incontro una donna, fasciata in una sorta di kimono rosso, giacca e pantaloni, allacciato sul davanti. Era bassa di statura e aveva lineamenti orientali. La pregò a gesti di salire nel portico.
-Il mio nome è Hai Jay Wan, sono la segretaria personale della contessa, ci siamo sentite per telefono- disse, una volta vicine.
Il suo italiano era perfetto, non una sbavatura di accento, non una minima inflessione che potesse far capire la sua provenienza. Hai Jay scrutò Federica da capo a piedi, senza dire una parola. Il suo viso era rilassato, eppure faceva trasparire un non so che di severo, che indusse la giornalista a ricacciarsi in gola le parole “beh che c’è da guardare?”, già sul punto di uscirle di bocca.
-Prego, mi segua. La contessa la riceverà a momenti.
Federica seguì le istruzioni dell’orientale sulla direzione da prendere una volta all’interno della villa. Dopo un breve e largo corridoio, percorsero una piccola saletta d’ingresso ben arredata con mobilio d’epoca ed entrarono in un grande atrio, tappezzato da grandi specchi rettangolari senza cornice. L’effetto era molto bello e frastornante: in qualsiasi direzione si guardasse, eccetto la grande scala che scendeva dal piano superiore, ci si vedeva riflessi da una miriade di punti d’osservazione. La sensazione era quella di essere spiati in ogni minimo movimento. Inoltre l’acustica dell’atrio faceva risuonare un’eco particolare quando si parlava.
-Di qua, prego- disse la piccola donna e la sua voce parve provenire da ogni angolo del salone. Svoltarono a sinistra tra due specchi, in uno spazio che risultava occultato dalla sola presenza dei riflessi delle immagini. Il corridoio era molto lungo e dritto, in fondo ad esso Federica si trovò in una saletta completamente tinteggiata in blu, spoglia alle pareti e sul soffitto e provvista di due tappeti e ampi cuscini sul pavimento, il tutto rigorosamente dello stesso colore, ma in diverse tonalità.
-Si accomodi dove desidera. La contessa arriverà al più presto.
Date queste indicazioni, Hai Jay Wan continuò nel corridoio seguente, lasciando Federica sola. La giornalista si guardò attorno non sapendo come comportarsi in un simile frangente. Rimase in piedi per un po’, fece qualche passo avanti e indietro per la saletta, poi cominciò a sentirsi a disagio e decise che accomodarsi su uno dei cuscini non avrebbe inficiato ciò che la sua ospite avrebbe pensato di lei. Scelse quello che le sembrava il cuscino più comodo, tolse il giubbotto e sedette piegando le gambe. Il suo sguardo vagò ancora per la stanza, pensando già a che cosa scrivere. Sicuramente nell’arredamento delle stanze della villa esisteva una componente psicologica non indifferente, studiata per suscitare particolari emozioni nei visitatori. Gli specchi l’avevano messa a disagio e probabilmente erano stati messi lì per quel preciso motivo, così come quella stanza la rilassava e la induceva a vagare col pensiero, lasciandosi cullare dal grosso cuscino e dal colore della stanza stessa. Sembrava di sprofondare nell’immenso e presto Federica sì scoprì a viaggiare con la propria mente, come di rado riusciva a fare. Non si accorse neanche del tempo che passava.
La contessa arrivò dopo quasi un’ora. Federica sentì i suoi passi, prima che lei entrasse nella stanza blu. Il suono era prodotto da un paio di bellissime scarpe nere i cui tacchi lavorati non erano più corti di una decina di centimetri. Lo sguardo della giornalista salì dalle scarpe verso l’alto. L’orlo del vestito arrivava alle caviglie strettissimo, nero e aderente fasciava il bacino e saliva, stringendosi in vita. Dal colletto rigido e alto, spuntava un collo sottile e ben fatto, nonostante l’età.
-Buongiorno.
Federica si alzò, per scoprire che la contessa era una donna particolarmente alta.
-Buongiorno, contessa Malzani.
La donna fece cenno alla giornalista di accomodarsi nuovamente. S’avvicinò al muro e premette quello che doveva essere un campanello, perché in poco tempo comparvero due cameriere con due sedie.
-Venga, sediamoci. Io purtroppo non ho più l’elasticità di una giovane donna e mio malgrado, non posso sedermi a terra. Le due donne sedettero, mentre le cameriere sparirono con la stessa velocità con cui erano comparse. Le sedie erano comode, anche se imponevano una posizione a schiena forzatamente eretta.
-Lei è venuta qui per…- fece una breve pausa, come a ricordare il motivo della visita di Federica -…per intervistarmi. Vero?
La voce della contessa era fluida e parlava con la presunzione di non ammettere interruzioni, lo si capiva dal tono e Federica se lo appuntò mentalmente.
-Si, contessa. Sono una giornalista e ho pensato che un’intervista a una persona come lei, conosciuta ma misteriosa, sarebbe apprezzata dal pubblico del nostro giornale.
La contessa Malzani finse di guardarsi intorno, in realtà voleva osservare i minimi movimenti di Federica.
-Vede…mi scusi, ma non ho il piacere di conoscere il suo nome.
Federica si affrettò, scusandosi.
-Federica Rossi, contessa. Mi chiamo Federica Rossi.
Compiaciuta delle immediate scuse e per la ripetizione del nome e cognome dell’interlocutrice, la contessa proseguì.
-Vede, Federica, io le sarei grata se lei mi comunicasse il vero motivo per cui vuole intervistarmi. Senza girarci troppo intorno e senza nessun tipo di scusa, che si rivelerebbe poi, alla fine dei fatti, poco credibile. Vada al sodo, io sono fatta così.
Federica si sentiva imbarazzata. Come poteva adesso spiegarle che correvano particolari voci su di lei? Avrebbe avuto il coraggio di sputare il rospo e renderle noto che della contessa Malzani di Roccanera si diceva fosse una sorta di predatrice di donne? La contessa attese, guardando, senza mai scostare lo sguardo, il viso della giornalista.
-Come posso spiegarle, contessa? Alcune voci, in realtà da verificare, parlano di lei come attratta da attività…- qui Federica si interruppe, bloccata dalla scabrosità dell’argomento e dallo sguardo fisso della contessa.
-Ha paura di dire che molti pensano che qui alla villa si svolgano attività poco chiare che riguardano la mia persona e quella di altre donne?
Federica abbassò la testa. Non riusciva a sostenere lo sguardo della contessa.
-Sì, in realtà sì. Mi scusi abbiamo, anzi ho cominciato con il piede sbagliato, contessa.
La donna fasciata nel vestito nero si alzò.
-Non si preoccupi, non è colpa sua. Le rilascerò un’intervista completa…- Federica alzò lo sguardo verso la contessa, stupita di quella decisione improvvisa. -…ma a una condizione non trattabile, Federica.
Una condizione. Forse doveva mantenere il segreto su alcune delle rivelazioni della contessa o forse le avrebbe chiesto di non pubblicarla che dopo una certa data.
-Posso conoscere questa condizione, contessa?
La donna, più anziana di Federica di una ventina d’anni, si avvicino alla sedia dove era seduta la giornalista.
-Lei dovrà provare ciò che succede qui, di persona. Se accetta ora non potrà più ritirarsi in seguito e dovrà portare a termine ciò che ha iniziato.
Lo stupore si trasformò in rossore sulle gote di Federica.
-Potrebbe spiegarsi meglio, contessa?
Ancora un passo verso la giornalista.
-Certamente. Le condizioni sono queste: lei accettando diventerà a tutti gli effetti una mia proprietà fino a fine prova. Non potrà rifiutare alcuna cosa io le chieda di fare. Io disporrò di lei in qualunque maniera mi aggradi. Le darò ordini e lei li eseguirà, senza fare alcuna domanda e soprattutto senza opporre alcuna resistenza e senza addurre alcun tipo di scusa. Il periodo di prova avrà fine quando io deciderò che lei avrà accumulato abbastanza esperienza da poter scrivere qualcosa su di me. Nell’eventualità che lei accetti verrà chiamata per nome e chiunque le si rivolgerà dandole del tu, ma lei si rivolgerà a me semplicemente chiamandomi Signora Contessa e nel caso dovesse scrivere lo scriverà con le iniziali maiuscole. Si dovrà ritenere l’ultima arrivata alla villa, per cui ogni persona che lei incontrerà all’interno della villa o nei miei spostamenti le sarà superiore in rango, e dovrà dare del lei a tutti.
Poi la contessa si fermò, evidentemente ricercando con la propria mente se avesse per caso tralasciato qualcosa.
-Per ora mi sembra di averle detto tutto. Lasci i suoi numeri di telefono alla mia segretaria. Verrà chiamata domani per conoscere la sua decisione.
La contessa si stampò un sorriso sul volto e lasciò Federica di nuovo sola.
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