Capitolo [part not set] di 9 del racconto Castalia: Giorgia

di Carol89

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Capitolo 2

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Alcune sere più tardi, Giorgia stava ripensando a quel cunnilingus. Per quanto ostentato, era stato un atto profondamente bello e appagante. Era certa che Chloe lo aveva fatto con piacere, perché sapeva di attrarla ed eccitarla. E sapeva anche che le voleva bene e le piaceva darle piacere.

Quella sera tutto era diverso. Giorgia era a casa di un uomo di un paese poco distante dal suo. Aveva camminato da sola nella brughiera per raggiungere la casa, poco dopo l’ora di cena, come da accordi. Gli accordi li aveva presi lei stessa, dopo il primo contatto avuto da sua madre: la donna non voleva mai sapere nulla dei dettagli e lasciava che fosse la figlia a sbrigarsela.

Era già stata in quella casa, almeno altre due volte, nel corso degli ultimi due anni. Quella sera si trovava in cucina e con lei c’erano solo gli uomini di casa: il proprietario e suo figlio. Il figlio aveva qualche anno meno di Giorgia, non sapeva quanti, ed era la prima volta che partecipava.

Giorgia era interamente nuda, così l’aveva fatta mettere il padrone di casa. L’uomo, pingue e grigio, era anch’egli nudo, steso su un’ampia panca a lato del tavolo. Il suo membro eretto si innalzava tra le cosce, rigido, non gigantesco ma di dimensioni più che normali.

Giorgia seguiva le indicazioni dell’uomo. Si era messa a cavallo del suo bacino, i piedi nudi sulla panca, le gambe raccolte. Gli volgeva il sedere, nudo. Con cura, indirizzò il pene rigido dell’uomo verso la propria vulva, e vi calò sopra, infilandoselo in vagina. Lo prese dentro di sé e in breve cominciò a muoversi su e giù, succhiandolo con le sue labbra vaginali, con un movimento ritmico che sapeva essere molto amato dagli uomini.

L’uomo sotto di lei non faceva eccezione, ed iniziò a mugolare e sospirare sotto i folti baffi. Lei, con il corpo magro e snello e i muscoli sodi, saliva e scendeva, stendendo e piegando la schiena di fronte a lui e stimolandolo a dovere.

L’uomo quella sera voleva coinvolgere anche il figlio, che era in piedi a guardare, poco distante. Chiese a Giorgia di girarsi di fronte anziché di schiena e le fece proseguire lo stesso lavoro, poi chiamò il figlio.

Giorgia si sarebbe aspettata che le chiedesse una fellatio al ragazzo mentre pompava su di lui, invece lui ordinò al figlio di prenderle i polsi, e di sollevarle le braccia sopra la testa. Il ragazzo, ben messo di stazza, eseguì, e sollevò le braccia sottili di Giorgia in aria. Lei contrasse i muscoli, soltanto per constatare che non poteva opporre resistenza a quelli ben più grossi del giovane ragazzo. Così ora saliva e scendeva sul membro del padre, mentre il figlio la teneva dritta, con il busto esteso e le ascelle spalancate, i piccoli seni esposti in pieno sul petto magro, rivolti verso i due uomini.

Il grosso membro che la penetrava le dava delle sensazioni, non poteva essere diversamente. Trattenuta in quella posizione tesa, i muscoli contratti, le sensazioni erano anche più forti, e Giorgia emise dei brevi gemiti.

– Ohhh… ti piace eh, piccolina?… Lo senti tutto?…

Giorgia non rispose. Non parlava quasi mai, non era quello che le si chiedeva. Era lì per scopare e per dare piacere, e non voleva fare più di quello. Ma la sua espressione e i suoi ansiti erano una risposta eloquente.

– Quando ti cresceranno le tette, Giorgina? – continuò a parlare l’uomo. – Hai ancora le tette di quando eri bambina… Come mai non ti crescono? Eh?… Sei ancora una bambina, forse?… Non direi…

Giorgia continuava a salire e scendere lungo l’asta rigida e lubrificata. Le sue gambe lisce, piegate su se stesse, lavoravano con i muscoli tesi. Il suo bacino si muoveva come uno stantuffo regolare. Con i polsi, con le braccia, si appendeva alla stretta delle mani del ragazzo, aiutandosi così a salire e scendere.

– Giorgio, toccale quel seno. Senti com’è.

Giorgia aprì gli occhi sorpresa. Il ragazzo si chiamava come lei? Come mai? Possibile che gli avesse dato quel nome apposta, pensando a lei? No… era troppo piccola quando quel ragazzo era nato…

Il ragazzo intanto, sempre in silenzio, aveva eseguito, e le aveva afferrato – per quanto possibile – una piccola mammella. In realtà le aveva semplicemente messo la mano sopra, e gliela premeva, esplorando quel poco di morbidezza che poteva offrire al tatto.

Giorgia teneva la schiena dritta, inarcata, e si penetrava da sola con il cazzo ingrossato dell’uomo. Quella mano che le premeva il seno aggiungeva sensazioni al tutto, facendole corrugare la fronte sugli occhi già chiusi, e spingendola a mugolare ulteriormente. Stava davvero godendo, anche se lo faceva per lavoro, e anche se non le piaceva farlo con gli uomini. Ma le reazioni del fisico erano automatiche e non potevano essere controllate.

– Vuoi farti leccare il seno piccolina? Eh? Ti piace?…

Giorgia non rispose nemmeno questa volta, ma fece un breve cenno di assenso col capo. Forse solo per dare soddisfazione al cliente, forse perché era vero.

– Sì… lo sapevo che ti piaceva… Giorgio, accontenta la nostra troietta… falla felice…

Il ragazzo le lasciò le braccia. Giorgia appoggiò le mani alla panca, aiutandosi così nel pompare sul cazzo dell’uomo, il busto leggermente inclinato all’indietro. Giorgio intanto le si avvicinò. Era nudo, e ora porgeva il culo a suo padre, ma i due uomini non ci badavano. Il ragazzo si chinò sul petto di lei e si protese a baciarle e poi succhiarle i capezzoli e i seni. Li succhiava e li leccava, e si spostava dall’uno all’altro.

Giorgia contrasse il volto in un’ennesima smorfia, ricevendo quel trattamento. Le piaceva, più di quanto volesse ammettere, e le dava fastidio che le piacesse così tanto. Aveva i seni e i capezzoli sempre più reattivi, sensibilizzati da quel trattamento, e non desiderava altro che di essere leccata, succhiata, mordicchiata. Non lo disse, ma ad un tratto prese il capo del ragazzo, afferrandolo per i capelli, e gli premette il volto sul proprio seno, invitandolo chiaramente a fare più forte. Il ragazzo capì – era meno stupido di quel che le era sembrato – e le mordicchiò il capezzolo, succhiandolo poi forte. Lei ansimò soddisfatta, perché era proprio quello che voleva.

– Ahhh… – commentò con un sorriso il vecchio, che seguiva tutto con attenzione, – quindi ti piace… è piccolino il seno, ma non è quello di una bambina… sono le tette di una donna… vogliose e calde… ti piace essere succhiata, eh, piccola troietta?…

Giorgia non disse nulla, ma questa volta l’uomo non si accontentò del silenzio.

– Allora, ti piace vero? Ti ho chiesto se ti piace… avanti, dimmelo!

Giorgia lo guardò brevemente. Poi, con voce il più possibile atona, ammise ad alta voce:

– Sì, mi piace…

– Che cosa ti piace, troietta?…

– Essere succhiata…

– Dove? Dillo bene, avanti!

– Mi piace… essere succhiata… sul seno…

– Brava… brava. Così mi piaci. Così si fa, piccola troia vogliosa che non sei altro. Basta adesso Giorgio!

Il ragazzo si interruppe e si fece da parte, e a Giorgia quasi dispiacque.

– Alzati adesso, Giorgina.

La ragazza ubbidì, si sfilò con un minimo di cura dal pene e si raddrizzò, scendendo dalla panca. Si fermò in piedi per terra, nuda, ancora un po’ ansimante.

– Guarda che ben di dio che abbiamo qui, Giorgio… Non è da tutti avere un simile corpo a disposizione, sai? Questo è un corpicino da combattente…

Giorgia sapeva di non essere una combattente, ma sapeva anche di avere un corpo fuori dal comune. Le altre contadine non lo avevano. Non erano così asciutte, toniche, perfette nelle forme, con la pelle così liscia e abbronzata. Soltanto il seno, lasciava a desiderare.

– Avanti ragazzo, prova anche tu l’ebbrezza. Mettiglielo dentro, prendila.

Giorgio si fece avanti senza esitare. Giorgia si lasciò guidare, interpretò ciò che il ragazzo voleva. Indietreggiò fin contro il tavolo, vi salì con le natiche nude, piegò indietro il busto e sollevò le ginocchia in aria, spalancandole. Offrì la vulva al ragazzo più piccolo di lei, il cui membro già duro era simile a quello del padre. In un attimo lui le fu dentro, perché lei era bagnata e calda. Iniziò a pompare.

Il pene del ragazzo le parve gonfiarsi ancor più di quello paterno. Lo sentì invaderle il ventre, grosso e possente, e le pompate che le dava erano forti e la scuotevano a fondo. Si lasciò presto scappare molti gemiti, ravvicinati, e di nuovo aveva la sua tipica smorfia in volto, e gli occhi serrati: stava godendo forte, come testimoniavano i rivoli di latte che le sgorgavano dai capezzolini.

– Bravo figliolo… così… la stai facendo godere di brutto, questa cagnetta. Le dai proprio quello che vuole. Così… Dài che le piace…

L’uomo, nudo, si affiancò a Giorgia, chinandosi vicino al suo volto, sul piano del tavolo:

– Ti piace, eh, cagnetta? Ti piace farti scopare, vero? Se no non lo faresti per lavoro…

Per una volta, Giorgia sentì di dover ribattere.

– Lo faccio perché… ci servono soldi…

– Tsk! I soldi si fanno in tanti modi… tu scegli questo perché ti piace farti scopare. Non puoi mentire con noi, lo vediamo come ti piace…

L’uomo sorrise sornione, mentre Giorgia aveva il volto contratto, e continuava a tremare sotto i colpi di reni del ragazzo che la penetrava lì sul tavolo.

– E poi è lo stesso lavoro che ha fatto tua madre, per tanti anni… non sarà un caso, no? È la vostra piccola passione di famiglia…

L’uomo rise, e Giorgia non rispose altro. Si limitò a ricevere: ricevere quel giovane cazzo gonfio, ricevere i colpi delle penetrazioni che si susseguivano ritmicamente.

Ricevette anche lo sperma, molto sperma: prima dal ragazzo, e poi dall’uomo, che finì il proprio percorso penetrandola alla stessa maniera del figlio. Su quel tavolo, a gambe spalancate, servì a ricevere l’orgasmo di entrambi.

La serata si protrasse poi più pigramente, con il vecchio che le chiese di rimanere nuda per loro e servirli: si fece servire la cena, si fece massaggiare, servire da bere. Per tutto il tempo lui godette della vista del corpo di Giorgia, e spesso allungò ancora le mani ad esplorarlo ed inzigarla.

Il tutto si concluse come già era successo la volta precedente. L’uomo chiese a Giorgia di darsi piacere da sola, su una poltroncina, nuda e a gambe larghe, così da mostrare bene a loro tutto ciò che faceva. Lui e il figlio intanto, seduti di fronte a lei, i membri in mano, se lo menarono con tutta calma, venendole poi addosso copiosamente mentre anche lei raggiungeva, gemendo e miagolando, l’orgasmo. Lo sperma che le giunse in viso e sui capelli fu molto, e Giorgia aprì la bocca per berne buona parte: fu un gesto automatico, che sapeva piacere al cliente, ma che – non lo avrebbe ammesso – aveva soprattutto voglia di compiere lei.

Alla fine si rivestì, con gli abiti semplici con i quali era venuta. I capelli corvini erano ancora appiccicati alle tempie e in parte al collo per lo sperma che li aveva bagnati. Si mise il mantello sulle spalle, e sostò di fronte all’uomo che contava qualche biglietto da dieci centesimi di denaro. Le diede il piccolo mazzetto in mano. Le sembravano sempre tanti, anche se tutti assieme valevano poco più di una moneta d’argento. Ma lei preferiva quella carta. Era più voluminosa.

– Presto ti inviteremo di nuovo, piccola Giorgia. Non saprai dirci di no, vero? – le sorrise l’uomo.

– Non dico mai di no – rispose asciutta la ragazza.

– Lo so, lo so bene.. lo sanno tutti, ormai! – l’uomo rise, divertito.

– Non c’è bisogno che lo sappiano tutti. Solo chi paga.

A sorpresa intervenne Giorgio, che fino a quel momento non aveva detto quasi nulla:

– Io e i miei amici vogliamo organizzare una festa. Credo che ti chiameremo. Vogliamo scoparti.

Giorgia lo guardò. I suoi amici erano ragazzi con cui lei era cresciuta. Anche se di un altro paese, li aveva probabilmente incontrati spesso, era capitato che giocassero insieme. Molti erano più piccoli di lei, ma alcuni forse avevano la sua età. Di certo loro sapevano chi era lei. E che cosa faceva.

– La mia tariffa la sai – gli disse. – Se siete in tanti, il prezzo aumenta.

– Quanto?

La mora rifletté un istante. – Quanti siete?

– Potremmo… forse sei o sette.

Giorgia rimase zitta qualche secondo. Non lo aveva mai fatto con così tanti. Ma erano soldi, e non voleva apparire debole o impreparata.

– Mi darete il doppio – disse, decisa.

Giorgio annuì. Non si dissero altro, per quel momento.

Giorgia sollevò il cappuccio del mantello, si girò mormorando uno sbrigativo saluto e aprì la porta, uscendo nella notte buia. Una leggera pioggia scendeva e permeava l’aria di umidità.

La porta si chiuse alle sue spalle e lei si incamminò lungo il sentiero, fuori da quel villaggio e verso il suo. Non incontrò nessuno, e preferiva sempre che fosse così. Quando si fu inoltrata di qualche centinaio di metri nella brughiera, abbassò il cappuccio del mantello e lasciò che la pioggia sottile le bagnasse la testa, lavandole i capelli. Lo sperma colava via con l’acqua, e lei si sentiva ripulire.

***

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