di Carol89
Capitolo 6
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Una delle immagini che hanno ispirato questo racconto [link]
Trascorsero circa due settimane, e Chloe e Giorgia fecero un altro lavoro insieme, prima che Giorgia trovasse l’occasione per andare dalla maga alla quale aveva pensato di rivolgersi. Anche in questo la aiutò Chloe. Dissero alla madre di Giorgia che andavano a casa di Chloe e che avrebbero passato la notte là, perché sua madre aveva bisogno di aiuto con un lavoro. In realtà Chloe andò a casa sua da sola: dopo che si furono allontanate lungo la strada, Giorgia deviò e imboccò da sola una strada secondaria che conduceva dritta nel bosco.
Chloe si era proposta di accompagnarla e aveva anche insistito, perché era preoccupata, ma Giorgia si era rifiutata. La mora in realtà era a sua volta preoccupata, sapeva o almeno credeva di correre dei rischi e proprio per questo non voleva coinvolgere l’amica.
Aveva deciso di andare di sera perché le avevano detto che la maga lo preferiva: la notte era più discreta. Lo preferiva anche lei, perché poteva passare più inosservata. Giorgia si era informata tramite pettegolezzi, chiedendo in giro e confrontando le risposte che riceveva. Non erano in molti a rivolgersi alle maghe, o almeno ad ammetterlo. Chi lo faceva lo faceva spesso per malocchi o malanni, e questa maga era la più nota nella loro zona.
Giorgia aveva paura. Ma la sua voglia di cambiare, e di ottenere il seno che sognava, era più forte.
Si addentrò nel bosco seguendo la strada, che divenne presto poco più che un sentiero. Il bosco era scuro. Giorgia non aveva paura del buio, era abituata a girare per la campagna anche a notte fonda. Il bosco era però un ambiente nuovo anche per lei, al quale era poco abituata. Era allerta, ogni rumore richiamava la sua attenzione.
La strada era semplice. Doveva soltanto seguire quel sentiero. Camminò per circa mezz’ora, addentrandosi sempre più a fondo nella foresta. Proprio quando cominciava a sentire fortemente il distacco dal mondo abitato e la pressione della fitta foresta attorno a sé, intravide fra i rami un chiarore, che ben presto si rivelò un’abitazione illuminata.
La casa della maga era al centro di una piccola radura, ampia praticamente quanto la casa stessa. Era una casa in legno, poco più che una grossa baracca, con molti rami e oggetti in legno intrecciato appesi sul bordo del tetto a spiovente. Aveva delle piccole finestrelle in vetro, che però erano opache: si vedeva che erano illuminate dall’interno, ma non si vedeva dentro.
Giorgia esitò qualche minuto ai margini della radura, osservando la casa. Non sembrava esserci nessuno intorno. A meno che qualcuno non fosse già dentro, forse quella sera era l’unica cliente. Si decise ad avanzare e si diresse all’ingresso. Bussò.
Per alcuni minuti non vi fu risposta, tanto che alla fine Giorgia bussò di nuovo. Infine la porta si aprì.
Sulla soglia si presentò una vecchia. Era bassa, ancor più bassa per il fatto che aveva la schiena piegata in avanti. Era vestita di un abito grigio che sembrava un insieme di stracci, calzava babbucce in pelle scamosciata e aveva un cappello, viola, anch’esso molto datato. Aveva lunghi capelli grigi, disordinati e dentro cui erano intrecciate alcune sterpaglie. Tutta la sua figura dava un’impressione di vecchiaia. Ma non incuteva timore. Giorgia si sentì rassicurata.
La vecchia non disse nulla, si girò e lasciò che Giorgia entrasse in casa, mentre lei tornava alla sua poltrona accanto a un camino in pietra. Giorgia richiuse la porta e avanzò nella piccola stanza, piena zeppa di oggetti: le era difficile riconoscerli, molti erano oggetti in legno, rami intrecciati, stracci, vecchi mobili. Sembrava una cantina ricolma di roba, più che la stanza di una casa.
La vecchia si era seduta e taceva. Giorgia avanzò di qualche passo e si fermò in piedi di fronte a lei. La ragazza aveva sulle spalle il mantello di lana, che ora aveva aperto dato che in casa faceva caldo. Sotto indossava calzoncini molto corti, marroni, e una camicia bianca. Calzava stivaletti in morbida pelle. Le sue lunghe gambe, lisce e abbronzate, erano nude.
Il contrasto fra la giovane ragazza e la vecchia era netto.
Giorgia era rassicurata, perché aveva temuto di trovarsi in una situazione più spaventosa. La vecchia sembrava innocua. Decise allora di rompere il silenzio.
– Sono venuta per chiederle un… servizio – disse.
La vecchia mosse lentamente la testa e fissò Giorgia con i suoi occhietti scuri, nel volto rugoso.
– Di che servizio hai bisogno, piccola? – le chiese. La sua voce era debole e roca, ma suonava decisa. Sembrava lucida. Si era espressa gentilmente, ma a Giorgia apparve fredda.
– Ho… voglio chiederle un cambiamento al mio corpo.
La vecchia per tutta risposta la squadrò lentamente da capo a piedi.
– Il tuo corpo, bambina, è giovane e piuttosto bello. Quale modifica puoi mai volere?
– Voglio ingrandire il seno.
– Ooh, capisco – annuì la vecchia. – Hai il seno troppo piccolo, e vorresti vederlo crescere, sì?
Giorgia annuì.
– È un problema molto… femminile. Mostrami il seno, bambina, fammi vedere com’è.
Giorgia se l’era aspettato. Eseguì l’ordine. Si slacciò del tutto il mantello, lo tolse dalle spalle e lo appoggiò su una sedia in legno che c’era lì accanto. Poi si slacciò i bottoni della camicetta, l’aprì e se la tolse.
Si era vestita bene, come per andare da un medico. La camicia era pulita. Sotto, non indossava altro. Rimase con il busto nudo, e posò la camicia sulla sedia, sopra al mantello.
Il suo busto nudo, longilineo e abbronzato, rimase così sotto gli occhi della vecchia, che si concentrò in particolare sul suo seno. Glielo fissò, con i piccoli occhietti scuri. Giorgia rimase con le braccia lungo i fianchi, lasciando che la maga glielo vedesse bene.
– Hai un seno molto piccolo – annuì la vecchia, – poco sviluppato per la tua età.
– Lo so. Voglio che cresca.
– Vuoi che cresca, certo… e cosa sei disposta a fare perché cresca, piccola?
– Ho portato dei soldi. Li ho messi da parte per questo. Spero che bastino.
– Soldi… certo, ti serviranno. Ma non sono tutto, i soldi.
Giorgia era sorpresa. Quella vecchia non le stava simpatica, ma voleva a tutti costi raggiungere il proprio obiettivo. Era molto determinata.
– Cos’altro vuole?
– Non è ciò che io voglio. È quello che tu vuoi. Questo conta. E cosa sei disposta a dare in cambio. Tutto ha un costo, tutto è uno scambio in questo mondo, bambina.
– E… cos’altro devo dare oltre ai soldi?
– Dolore.
– Dolore?…
– Sì. Proverai del dolore. E non solo. Avrai un debito.
– In che senso…?
– Avrai un debito con me, bambina. I soldi non bastano, non comprano tutto. Io ti darò ciò che vuoi, ma tu avrai un debito. Forse un giorno ti chiederò di onorarlo. Se non lo farai, mi riprenderò quel che ti ho dato. Mi riprenderò il tuo seno.
Giorgia sentì un brivido lungo la schiena. La voce di quella vecchia era dura, decisa.
– Hai capito, bambina? – le chiese, sporgendosi avanti verso di lei.
Giorgia rifletté un attimo, poi annuì.
– Allora, vuoi farlo davvero?
Giorgia annuì ancora.
– Bene. Se questa è la tua decisione, piccola, procederemo.
– Quando possiamo farlo?
– Lo faremo subito. Questa notte stessa.
Giorgia posò una mano sulla camicia, toccando nervosamente i bottoni con le dita.
– E quanto… ci vorrà? Basterà una volta…?
– Quando il sole si alzerà domattina, piccola, avrai il tuo seno nuovo. Gonfio, bello, il seno di una donna. Questa notte starai qui, e ti crescerà.
– Devo restare qui?
– Oh, sì, bambina, starai qui. Non vorrai andartene, credimi. – La vecchia rise, una risata roca e afona. Intanto si era alzata, muovendosi in modo sempre precario, ed era andata verso una vecchia cassapanca. L’aprì e ne prese una boccetta di vetro, piccola. Conteneva un liquido azzurrognolo.
Con questa tornò verso Giorgia e questa volta le si avvicinò. In piedi, la vecchia arrivava a malapena all’altezza del seno nudo di Giorgia. Si fermò molto vicina a lei.
– Hai soldi, dunque? Quanti ne hai?
Giorgia si frugò in una tasca dei calzoncini e ne trasse un mazzetto di banconote. Era spesso. Erano tutti i risparmi che era riuscita a mettere da parte. Lo porse alla vecchia, che lo prese e lo esaminò con aria dubbiosa.
– Mh, sì, un po’ di soldi. Possono bastare. I soldi non sono importanti. – Alzò il volto e incrociò gli occhi di Giorgia: – Quello che conta è il debito – disse. – E il dolore. Dovrai sopportarlo.
Giorgia annuì, mostrandosi decisa. Era preoccupata, ma non tanto da spaventarsi e desistere. Non aveva paura del dolore. Non le importava. Avrebbe sopportato, e poi si sarebbe trovata con il seno dei suoi desideri.
– Facciamolo, allora. Cominciamo.
– Aspetti, vuole… sapere come lo voglio…?
– Ahaha! – rise la vecchia. – No, piccola. Non importa a me come lo vuoi. Come tu lo vuoi, lo avrai. Ahah!
La vecchia aprì la boccettina e rovesciò un po’ del contenuto sulle proprie mani nodose.
– Dì addio al tuo piccolo seno, bambina.
Così dicendo, e posata la boccettina, alzò le mani verso i seni nudi di Giorgia. La ragazza sentì il contatto delle dita bagnate, fredde: il liquido era gelido. La vecchia le passò le dita sui seni, lei le sentì dure e magre, e si sentì bagnare entrambi i seni nudi. Le dita si soffermarono sui capezzoli, e bagnarono con attenzione tutta l’area delle mammelle.
Quando ebbe finito, la maga si asciugò le mani in uno straccio e tornò a metter via la boccetta. Giorgia rimase con il seno nudo e bagnato. Sentiva freddo alle mammelle.
La vecchia andò a sedersi sulla propria poltrona, davanti al fuoco. Giorgia, che era rimasta in piedi immobile, si sentì stupida.
– Che cosa devo fare adesso…? – chiese.
– Adesso? Niente. Aspettare. Inizierà presto.
La vecchia continuò ad osservare il fuoco, assorta e indifferente alla sua cliente. Giorgia ne fu indispettita. Prese la propria camicia e chiese se poteva rivestirsi.
– No, rivestirsi. No. Aspetta.
Giorgia stava per ribattere qualcosa, quando all’improvviso percepì un formicolio sulle mammelle. Era una sensazione leggera, come se tanti piccoli insettini le stessero zampettando sui seni. Se le guardò, ma non le parve di vedere nulla.
Un attimo dopo iniziarono a tirarle. Aveva la sensazione che le si stessero gonfiando, anche se apparentemente erano sempre uguali. Vide però che la pelle del seno le si arrossava. La sentiva tesa, sentiva come se le tette le si stessero gonfiando, e la pelle non bastasse a contenerle.
La sensazione aumentò e aumentò. In breve divenne dolore. Si sentiva i seni scoppiare. Adesso anche alla vista, guardandoseli, sembravano leggermente gonfi. Sentiva la pelle tesa, e il dolore aumentava.
Giorgia girò la sedia e vi crollò seduta. Si portò le mani al petto, ma non osava toccarsi. Emise un gemito.
– Mi fanno male… sento come se mi si stessero gonfiando!
– Era questo che volevi, no? – le disse la vecchia, senza accennare ad alzarsi.
– È normale?
– Il dolore è normale.
– Quanto durerà?…
– Pazienza. Dovrai avere pazienza.
Il dolore aumentò. Iniziò a sentire delle fitte, come se la crescita fosse disomogenea. Come se delle lame si infilassero nella carne dei suoi seni. Giorgia si lamentava quando le fitte erano troppo forti, le scappavano dei gemiti. Provò a toccarsi il seno, ma lo sentì caldo e il tocco delle dita le faceva male. Si tenne allora le mani sul ventre, cercando di resistere al dolore.
Aumentò ancora. Presto gli occhi di Giorgia si bagnarono di lacrime. Il dolore era acuto e persistente, pulsante. Aveva l’impressione che il seno le scoppiasse, che la pelle tesissima non riuscisse a contenerne la crescita. Temeva che le si strappasse, che il seno uscisse. Era ormai semidistesa sulla sedia, aggrappata ai braccioli, ansimava e sudava per il male. Aveva delle vertigini. Non pensò più alla vecchia, non sapeva neanche se fosse ancora lì. Si sentiva sola. In quel momento avrebbe voluto che ci fosse Chloe, avrebbe voluto chiederle aiuto. Avrebbe voluto anche sua mamma. Ma era da sola, e doveva resistere finché tutto fosse finito.
Quando il dolore aumentò ancora, Giorgia iniziò a sragionare. Teneva per lo più gli occhi chiusi, i denti serrati, e si lamentava contraendo gli addominali e stringendo il legno della sedia con tutta la forza che aveva. Si sentiva esplodere il seno. Avrebbe voluto strapparselo, strapparsi la pelle e liberare il seno.
Poi lo sentì accadere. Sentì uno strappo, come se la pelle avesse ceduto. Terrorizzata si guardò il seno, e vide il rosso del sangue: vide che la pelle, sopra l’areola del seno sinistro, si era strappata, e vide la carne rossa sotto. Sentì un altro strappo, e la stessa cosa accadde al seno destro, proprio sotto i suoi occhi. Giorgia urlò, terrorizzata. Il seno le stava letteralmente stracciando la pelle, e ne stava uscendo. Rivoli di sangue colavano lungo le mammelle e sul ventre, e altri strappi si produssero, sopra, sui fianchi e sotto le mammelle. Le stavano esplodendo.
Giorgia portò le mani al proprio seno a brandelli, urlando. Altri strappi, e i capezzoli le stavano letteralmente penzolando, appesi ormai solo a pochi millimetri di pelle. Se li prese fra le dita, con l’intento di sorreggerli. Sentì un dolore bruciante. Chiuse gli occhi, e quando li riaprì aveva i propri capezzoli in mano, strappati dai seni squarciati. La punta dei seni emergeva, carne rossa e sanguinante, in mezzo alla pelle stracciata. Giorgia si tenne i capezzoli in mano, li strinse nei pugni e li sentì duri, ruvidi, sodi. Non voleva lasciarli, voleva… forse salvarli, conservarli… non poteva credere a ciò che stava succedendo.
Pur con il dolore che la faceva urlare e le faceva girare violentemente la testa provò ad alzarsi, appoggiandosi alla sedia, sempre con le mani strette sui capezzoli staccati. Barcollò, rimase in piedi. Si guardava continuamente il seno, squarciato e sanguinante, che le bruciava: lo sentiva ancora crescere e modificarsi, e gli strappi e i dolori da taglio si susseguivano incessantemente.
Con il sangue che colava a terra, imbrattata, tentò di muoversi. Alzò uno sguardo terrorizzato sulla stanza, guardandosi attorno, cercando non sapeva neanche lei cosa. Le venne in mente la vecchia: era lei la causa di tutto! Guardò verso la poltrona, ma della vecchia non c’era traccia. Non capiva, se n’era forse andata? Ma il dolore era troppo forte, era totalizzante, invadeva i suoi pensieri. Cadde a terra in ginocchio e il dondolio del seno le provocò un’altra ondata di dolore violento. Talmente violento che si chinò in avanti e vomitò, di getto, sul pavimento. Poi cadde su un fianco, lunga e distesa a terra, e perse i sensi.
Si riebbe e perse nuovamente i sensi diverse volte nel corso di quella notte. Quando riprendeva coscienza il dolore la investiva come un’ondata. La vista del suo petto squarciato e sanguinante la faceva urlare, a volte dava di stomaco. A volte provava a toccarselo, nonostante il violento bruciore, e si imbrattava le mani di sangue. In poco tempo sveniva nuovamente.
Quando rinvenne per l’ultima volta era mattino. Lo capì perché la luce del sole entrava faticosamente dalla piccola finestrella sporca della casa. Lei era stesa sul pavimento, aveva i capelli bagnati di sudore, appiccicati alla fronte. Appena ebbe un minimo di lucidità si guardò immediatamente il petto. Rimase di sasso.
Sul suo petto nudo campeggiavano due seni trionfali, splendidi. Gonfi, sodi, affusolati e lisci, erano floridi e intatti, freschi, giovanili. Non c’era il minimo segno di ferite. La pelle era intatta e perfetta. Anche i capezzoli, i suoi capezzoli, identici a prima, erano al loro posto, sulla cima di quei seni perfetti.
Giorgia se li toccò, dapprima esitante, poi affascinata dal contatto. Erano tiepidi e sodi, le riempivano le mani, ed erano sensibilissimi: sentiva tutto, e i capezzoli le davano i leggeri brividi che ben conosceva.
Riuscì ad alzarsi. Si sentiva stanca, spossata, ma non aveva dolori particolari. Era infreddolita: era rimasta soltanto in calzoncini per tutta la notte, probabilmente a lungo stesa sul pavimento, priva di sensi. Non ricordava bene, aveva solo immagini confuse e il ricordo del violento dolore provato, e della paura.
In piedi, i seni assunsero la loro forma naturale: sollevati, sporgenti, tondeggianti. Splendidi. Provò a muoversi e se li guardò mentre oscillavano leggermente, morbidi ma sodi.
La stanza era deserta, della vecchia non c’era traccia. Giorgia comunque non aveva voglia di vederla e non la cercò nel resto della casa. Recuperò la propria camicia, che era intonsa, e se la mise addosso. Quando era arrivata le vestiva ampia, ora era giusta: i bottoni si allacciavano premendo leggermente sul seno nudo. In questo modo glielo tenevano anche più fermo. Avrebbe dovuto abituarsi a questi piccoli trucchi.
Il sorriso non le spariva dalle labbra mentre faceva queste piccole scoperte. Continuava a guardarsi il petto, a cercare la propria immagine riflessa, a sfiorarsi con le mani. Recuperò anche il mantello e se lo mise sulle spalle, quindi uscì. Era primo mattino, il sole si era già levato. Il bosco appariva freddo e indifferente. A Giorgia non importava di nulla. Mentre percorreva il sentiero in senso opposto rispetto alla sera prima, i suoi pensieri erano occupati soltanto dal suo nuovo, perfetto seno.
Quando giunse a casa non resistette. Entrata in cucina trovò sua madre intenta a cucinare, i fratellini al tavolo che finivano la colazione. La madre la guardò sorpresa:
– Sei già qui?
Giorgia non commentò, invece si tolse il mantello e poi slacciò la camicetta. La aprì con gesto teatrale e se la tolse. Si mise di profilo, sorridendo, con una mano sul ventre. Esibì il suo nuovo seno.
La madre glielo fissò in silenzio. Si asciugò le mani in uno straccio, quindi le si avvicinò, sempre guardandolo.
– Come hai fatto? – le chiese
Giorgia scrollò le spalle e non rispose. Si sfiorò con le mani una mammella nuda.
La madre glielo guardò per un altro po’.
– Produce latte? – le chiese infine.
– Credo di sì…
La donna andò a prendere un otre e glielo porse. Giorgia se la portò al seno. I suoi fratellini intanto guardavano la scena, muti. Lei si spremette con la mano un seno, e non riusciva ad impugnarlo tutto. Pose la punta sull’imboccatura dell’otre, il capezzolo proprio sul foro, e con solo due spremute il latte iniziò a sgorgarle copioso. Mentre usciva Giorgia sorrise, senza trattenere la propria felicità. Anche alla madre sfuggì un sorriso guardando quel ben di dio che riempiva velocemente l’otre.
Mentre recuperava la sacca piena e gliene dava un’altra, la donna pensava già al futuro:
– Dovrai alzare le tue tariffe. Adesso puoi farti pagare di più.
– Sì – annuì Giorgia. – Voglio anche… vorrei fare delle esibizioni. Dei lavori di quel tipo.
– Certo. Devi farlo vedere più che puoi. Ti pagheranno bene.
Quando ebbe finito con la mungitura non si ricoprì. Era felice, voleva che tutti vedessero, anche i suoi fratellini.
– Adesso vado a lavarmi – disse infine a sua madre. – Più tardi viene Chloe. Se non ho ancora finito la mandi di là?
La donna annuì. Giorgia se ne andò in bagno, dove si spogliò completamente e si dedicò alla cura del suo magnifico corpo.
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