Capitolo [part not set] di 6 del racconto Una tortura insolita

di Milka

Capitolo
5 – Ricompensa

Ho la schiena
appoggiata contro la porta del bagno. Vedo il mio petto alzarsi e
abbassarsi al ritmo del mio respiro. Ho il fiatone. Nella testa un
turbine di pensieri.

La vocina che è
la mia razionalità non ha smesso per un secondo di urlarmi
contro da quando sono uscita dall’aula, e come darle torto. Se mentre
ero in quella posizione qualcuno della panca vicina si fosse girato,
avrebbe potuto godere anche lui di un gran bello spettacolo. Per un
secondo ho pensato che Manuel si sarebbe tuffato con il viso fra le
mie cosce, ma fortunatamente almeno uno di noi due è riuscito
a mantenere il controllo, perché, se lo avesse fatto, io di
certo non avrei mantenuto il mio.

Il telefono vibra.
Oggi non posso neanche sperare in un attimo di pace!

“Allora? Il
damerino ha schizzato?”

“Sì, e
non poco…”

“Coraggio cara,
ti ascolto.”

Rimango stupita
dalla precisione con cui ricordo i dettagli. In quel momento l’unica
cosa a guidarmi era l’istinto, ma il mio cervello ha registrato ogni
singolo particolare. Mentre glieli racconto sento un fuoco montare
dentro di me, fino a che non riesco più a trattenermi. Digito
l’ultima frase con le dita tremanti.

“…ho
raggiunto il limite. Ti prego, lasciami venire.”

Aspetto la risposta
fissando lo schermo. Se dovessi ricevere un altro ‘no’,
non so se riuscirei ancora ad attenermi alle regole del nostro gioco.
Non saprei dove trovare la forza di volontà.

“Quindi credi
di aver raggiunto il limite? Ti sottovaluti. Credimi, se fossi qui
con me ti porterei ben oltre quelli che credi essere i tuoi limiti.”

Sento un brivido
freddo. L’idea di essere con Lei, nelle Sue mani, in Suo
potere, completamente indifesa, è un pensiero che non riesco a
sostenere. Non ora, non nello stato in cui sono adesso.

Penso che se fosse
qui al mio fianco in questo momento, riuscirebbe a farmi venire solo
sussurrandomi all’orecchio, solo con il suono della Sua voce.

D’altronde è
riuscita a farmi ridurre in questo stato semplicemente scrivendo su
di una tastiera.

“Ma ora non
sono lì con te, quindi mi fido. Se dici di essere al limite ti
credo. Oggi sei stata brava, obbediente. Penso che una piccola
ricompensa te la meriti…”

*Tock tock*

Qualcuno bussa alla porta. Lo ignoro, ansiosa di ricevere la mia
ricompensa, ma questo qualcuno non demorde, continuando a picchiare
con insistenza.

– Occupato! – urlo innervosita, ma la mia risposta non fa altro che
rendere i colpi più forti, ed è evidente che non si
fermeranno fino a che non aprirò la porta.

Giro la chiave, con la sola intenzione di coprire di insulti chi ha
deciso di venire a rompere con questo tempismo, ma non appena la
porta si apre, rimango di sasso.

E’ Manuel.

Inevitabilmente mi passa per la testa un pensiero: non è che…
è stata Lei?

Lo caccio subito indietro, rendendomi conto dell’assurdità
della cosa, ma la coincidenza e la tempestività del suo arrivo
è davvero sconcertante.

Rimango a fissarlo, con lo stesso sguardo vitreo che aveva lui pochi
minuti fa, mentre era diventato la mia preda.

Questo è davvero troppo…

Al diavolo!!

In un istante ci ritroviamo avvinghiati, in un intreccio di mani,
gambe, lingue.

Mi sbatte contro il muro e mi solleva le braccia sopra la testa,
continuando a baciarmi con foga. Io non trattengo minimamente i
gemiti, fregandomene altamente di chi potrebbe sentirci al di là
di quella porta, continuando a divorarlo e ad essere divorata.

Una volta sazio della mia bocca si inginocchia, solleva la gonna e
con un colpo deciso mi strappa i collant. Rilascio un verso, una
sorta di rantolo, e finalmente sento le sue labbra sul mio sesso, che
mi fanno inarcare la schiena.

E’ un contatto breve però, perchè dopo una sola
lappata lo sento allontanarsi.

Abbasso gli occhi e lo vedo scrutare la mia vagina con uno sguardo
strano. Poi allunga la mano, afferra qualcosa e molto lentamente,
troppo lentamente, la ritrae.

Con una calma snervante vengo privata della presenza di quell’intruso
che ormai aveva messo radici dentro di me. Rilascio un sospiro
lunghissimo e poi sento una risata.

– E questo?

Mi sta guardando con il pennarello in mano e un sorriso a trentadue
denti, che fa scoppiare a ridere anche me.

– Ti prego, non chiedere!

Mi scruta cercando di carpire qualcosa, ma io rimango impassibile.
Non ho nessuna voglia di perdermi in chiacchiere proprio ora, ho ben
altro in mente!

– Va bene…

Si porta il pennarello alla bocca e lo fa sparire fra le sue labbra.
Lo succhia e poi estrae la lingua per  ripulirlo da ogni goccia dei
miei succhi. Rimango senza fiato e lo osservo chiudere gli occhi
mentre si gusta il mio sapore.

– A quanto pare non è solo il tuo odore ad essere delizioso…

Lascia cadere il pennarello e si rituffa sul mio sesso grondante,
cominciando un lavoro di lingua impeccabile, che in pochi secondi mi
porta in estasi.

Mi lascio andare, abbandonandomi all’orgasmo che più
volte oggi mi è stato negato, che mi ha fatto impazzire,
perdere il controllo, fino ad arrivare ad implorare per averlo.

Ma ne è valsa la pena.

E’ intenso, avvolgente, stremante come pochi. Mi fa gettare la
testa all’indietro, spalancare la bocca, forse per emettere un
urlo o un gemito, che però non riesco a sentire, e mi lascia
con il fiatone e le gambe molli.

Continuo a respirare affannosamente, tenendo la bocca spalancata,
come se avessi paura di non riuscire a trovare aria sufficiente. Sono
stremata. Ma non è abbastanza per saziarmi. Voglio di più.

Mi ci vuole un po’ per riprendermi, ma non appena torno in me,
lo afferro per il collo della maglietta e lo tiro su. Lo bacio con
foga, mentre con le mani armeggio con i suoi jeans. Lo voglio, ne
sento il bisogno.

Lo lascio allontanarsi da me solo per infilarsi il preservativo e poi
non lo mollo più. Mi solleva una gamba e, finalmente, lo sento
penetrarmi. Entra lentamente, con una delicatezza che non credevo gli
appartenesse, e si ferma solo quando mi ha riempita fino all’ultimo
centimetro.

Questa sensazione di pienezza è inebriante. Quel maledetto
pennarello, stando dentro di me, me l’ha solo accennata,
facendomela desiderare spasmodicamente, ma ora è mia. Alla
fine l’ho ottenuta. E l’averla desiderata così
tanto, la rende ancora più bella, intensa, elettrizzante.

Comincia a muoversi, e ad ogni secondo il ritmo aumenta sempre di
più. Le mie mani sono sulla sua nuca, ma non so per quanto
reggerò in questo equilibrio precario su di una gamba sola.

Fortunatamente Manuel si accorge della mia instabilità, così
afferra l’altra gamba e mi solleva da terra, spingendomi con la
schiena contro al muro per fare perno. Lo circondo con le gambe, mi
aggrappo alle sue spalle per reggermi e mi abbandono a lui.

Non penso a nulla, mi godo solo le sensazioni.

Non so da quanto siamo dentro a questo bagno. Non so quante volte
sono venuta, ipersensibile come sono. Ho le unghie infilzate contro
la sua schiena, fortunatamente ha la maglietta, altrimenti penso gli
avrei lasciato dei solchi rossi non poco profondi.

Lo sento accelerare il ritmo e alla fine viene anche lui, con i miei
denti conficcati nella sua spalla, rilasciando un lamento che non mi
è chiaro se sia dovuto all’orgasmo o al mio morso.

Rimane dentro di me ancora un po’, per poi posarmi a terra.

Siamo entrambi schiena a muro, uno di fronte all’altra, ho gli
occhi chiusi ma sento distintamente il suo sguardo su di me.
Finalmente la mia fame è stata appagata.

– Non vuoi proprio dirmi da dove arriva quel pennarello?

– No. – Gli sorrido, e mi chino per raccoglierlo da terra e metterlo
dentro alla borsa.

Non appena sono di nuovo in piedi, mi afferra per una spalla e mi
spinge nuovamente contro il muro, appoggiando la sua fronte contro la
mia e sussurrandomi – Devo estorcerti l’informazione con altri
mezzi?

Lo spingo via – Non oggi. Ora devo andare davvero, o rischio di
perdere il treno.

– Non oggi, quindi…

– Non farti strane idee tu!

Faccio per uscire dal bagno, ma mi cade l’occhio sulle mie
gambe. Le calze sono tutte smagliate e c’è uno strappo
sul mio interno coscia, in bella vista. Non posso camminare per
strada in queste condizioni. Con dei movimenti rapidi sfilo le calze,
rimanendo a gambe nude, e le lancio addosso a Manuel che è
rimasto imbambolato a guardarmi cercando di capire cosa stessi
facendo.

– Per te. Tanto io non me ne faccio niente, visto come le hai
ridotte. Scommetto saprai farne buon uso…

Sul suo viso compare un sorrisetto e guardandomi negli occhi, si
porta i collant al naso, aspirando profondamente. Dopo avermi donato
quest’ultimo brivido, rompo il contatto visivo e mi volto,
girando la chiave ed uscendo dal bagno.

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