Capitolo [part not set] di 6 del racconto Una tortura insolita

di Milka

Capitolo 4 – Fuori Controllo

– Quindi ti piace il mio odore?

Lo
vedo trasalire. Non lo biasimo, mi sono avvicinata senza alcun
preavviso, posandogli una mano sulla coscia. Ho le labbra a un
millimetro dal suo orecchio e il seno schiacciato contro il suo braccio.

Penso di essere stupita quanto lui.

Qualcosa
è scattato in me, qualcosa che non scatta troppo spesso, e questo
qualcosa mi ha già pervasa, togliendomi la capacità di ragionare
razionalmente.

Ho il suo
sguardo fisso su di me, e sono così compiaciuta di avergli tolto quel
sorrisino beffardo dalla faccia. Mi sembra quasi di sentire gli
ingranaggi all’interno della sua testa lavorare, per cercare di capire
la situazione. Ma non c’è un bel niente da capire. Lei mi ha dato un
ordine ed io lo sto eseguendo, anche se, più che un ordine, la mia testa
lo ha elaborato come un via libera, un lascia passare. Avevo solo
bisogno di una piccola spintarella per finire dentro al dirupo a cui sto
girando intorno da stamattina. E avevo così tanta voglia di finire
dentro a questo dirupo…

Prima
che i suoi ingranaggi finiscano di girare gli afferro una mano e la
porto fra le mie cosce. Il fiume che scorre tra le mie gambe ormai è
straripato da un bel pezzo, le calze sono fradice, e così sta diventando
anche la sua mano mentre la faccio strofinare contro di esse. In tutto
questo non mi sono mai allontanata dal suo orecchio, contro cui ho
cominciato a respirare affannosamente.

Accompagno la sua mano, che non oppone alcun tipo di resistenza, davanti al suo viso e la vedo scintillante dei miei umori.

– Ecco a te. Ora puoi gustartelo come si deve…

Quel
briciolo di razionalità che mi è rimasto si guarda intorno per
assicurarsi che nessuno possa vederci. Ultima fila, vicino al muro, nel
bel mezzo della lezione, nessuno di fianco, aula semivuota a causa
dell’esame che avremo fra qualche giorno… Perfetto.

Ciao ciao razionalità.

– … e, se non ti dispiace, io mi gusto te.

Gli
assesto un leggero morso all’orecchio e poi scivolo sotto il banco,
mentre lui rimane imbambolato a fissarmi. Non sei più così spavaldo ora,
eh?

Gli sbottono i jeans e in un attimo
ho il suo membro semi eretto davanti agli occhi. Vorrei avventarmici
contro e succhiarglielo con tutto il desiderio che ho in corpo, ma non
lo farò. Manterrò la calma. Voglio divertirmi con lui.

Mi
avvicino e comincio a sfiorarlo appena con le labbra, sul pube e alla
base, lo riempio di baci, solo accennati. In un attimo lo vedo ergersi
in tutto il suo splendore. Tiro fuori la lingua e comincio a percorrere
l’asta, con un’unica lappata, lambendola appena, in una risalita
lentissima, estenuante. Arrivo alla cima, stuzzico con la punta della
lingua il forellino vibrante, e poi mi allontano.

Rimango ad osservare divertita quel cazzo pulsante, bello, possente. Ma non resisto a lungo.

Torno
su di lui e faccio sparire la punta fra le labbra, comincio a scendere
sentendolo scorrere sulla lingua e mi fermo solo quando sento i suoi
peli pubici solleticarmi il naso. Chiudo gli occhi e rimango così per
qualche istante, gustandomi questa presenza che si è fatta largo dentro
di me.

Alla fine mi
ritraggo. Sollevo il capo e faccio scorrere le labbra lungo l’asta, e
succhio, succhio forte, con tutta la voglia che mi ha pervasa e che ora
cerca uno sfogo per poter uscire. Lui freme, le gambe rigide come pezzi
di legno, i muscoli in tensione, ad attendere che io termini questa
salita che è ancora più lenta di quella di prima. E finalmente sono di
nuovo in cima.

Alzo lo sguardo e incrocio il suo. Un misto tra la confusione più totale e la venerazione. Non posso che esserne lusingata.

Con
un sorrisino beffardo lo ingoio di nuovo, questa volta senza staccare i
miei occhi dai suoi. Ci faccio scorrere la lingua, gioco con la
cappella, gli accarezzo le palle.

Sono
completamente andata. La lentezza e la delicatezza di prima hanno
lasciato il poso alla voglia, al desiderio, alla fame. Sto andando ad un
ritmo insostenibile, sia per me che per lui. Ad ogni secondo che passa
lo sento pulsare sempre di più, non penso durerà ancora per molto.

Qualche
altro risucchio, un ultimo affondo e, mentre ho il viso schiacciato
contro il suo addome, lo sento esplodere, rilasciando degli schizzi
generosi contro il mio palato. Lo lascio finire senza farmi scappare
neanche una goccia, e quando lo sento rilassarsi lo rilascio, dandogli
un ultimo risucchio.

Tengo in bocca il suo seme per un po’, me lo gusto.

Poi mi siedo sui talloni.

Cerco di nuovo il suo sguardo e ingoio tutto quello che mi ha donato, socchiudendo gli occhi solo per un istante.

Sono fuori di me.

Non ho mai desiderato così tanto di essere presa.

Per
sfogarmi mi andrebbe bene qualsiasi cosa, anche una sua gamba. Oh sì…
Vorrei afferrarla, mettermici a cavalcioni, e cominciare a sfregarmici
contro come una cagna arrap… Gio!!! Ti prego, ritrova un po’ di dignità!!

Bentornata razionalità!

Per fortuna hai deciso di tornare da questa vacanza giusto un istante prima dell’irreparabile.

Evviva il tempismo.

Faccio
un respiro profondo ed esco da sotto il banco. Lancio uno sguardo in
giro, nessuno sembra essersi accorto di niente, è andata bene anche
stavolta. Devo andare via il prima possibile, se rimango ancora un
secondo qui al suo fianco, va a finire che me lo scopo sul banco davanti
a tutti.

Dignità!!

Sì lo so! Non c’è bisogno che me lo ricordi, cara razionalità…

Comincio
a raccattare le mie cose, ma Manuel si riprende all’improvviso dallo
stato di catalessi in cui era caduto e mi afferra per un braccio.

– Non ti lascio scappare così.

– Fidati, è meglio che io vada.

Lo
fisso negli occhi, facendogli capire che non sto scherzando, e lo sento
allentare la presa. Mi divincolo senza problemi, probabilmente si è
reso conto anche lui che quello non è di certo né il luogo né il momento
per “proseguire la nostra conoscenza”.

(Non
che fosse il luogo o il momento per fare quello che io ho fatto a
lui… ma non si può mica guardare tutto, ormai quel che è fatto è
fatto!).

Prendo la borsa
e il cappotto e passo da dietro, scavalcando lo schienale della panca.
Lui mi osserva con uno sguardo carico di desiderio, e avere quegli occhi
puntati su di me mi fa perdere per l’ennesima volta quella poca
razionalità che mi era appena tornata.

Mentre
scavalco faccio passare al di là dello schienale una gamba alla volta, e
così facendo mi ritrovo per un attimo con le gambe divaricate, a
qualche centimetro dal suo viso.

Quello che lui si ritrova davanti agli occhi, penso sia uno spettacolo.

Il
mio sesso, completamente esposto, arrossato, pulsante e colante,
coperto solo da dei collant che sono diventati trasparenti ormai da
quanto sono zuppi. Le labbra leggermente schiuse per la presenza del
pennarello.

Vedo i suoi
occhi spalancarsi, come se avessero visto una divinità scesa in terra.
Ma un attimo prima che possa prendere consapevolezza di quello che ha di
fronte, io sollevo l’altra gamba e finisco di scavalcare, saltando giù
dalla panca e scappando dall’aula il più in fretta possibile.

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