Capitolo [part not set] di 6 del racconto Una tortura insolita

di Milka

Capitolo 2 – Il Pennarello

Ottimo.

Fantastico direi.

Sono appena le 7.30 del mattino e già sono stata scoperta.

Cerco
di evitare lo sguardo di un signore anziano seduto qualche posto più in
là, probabilmente preoccupato per il colorito poco umano che è comparso
(forse dovrei dire ri-comparso) sulla mia faccia.

Calma Gio. Non è successo niente di grave. La signora è scesa, non la rivedrai mai più.

O almeno così spero…

Osservo il display del cellulare: “Nuovo messaggio da Padrona”.

E’ stata Lei a volere che la salvassi con quel nome. Padrona.

Ricordo
bene la prima volta che l’ho chiamata così. Non è stato molto tempo fa,
un pomeriggio durante uno dei nostri “bollenti” scambi di mail, Lei di
punto in bianco mi ha chiesto “Chi sono io?”, e sono sicura di non avere
esitato mentre digitavo la risposta. Subito dopo aver premuto invio, ho
sentito un brivido scorrermi lungo la spina dorsale.

“Sei la mia Padrona”.

Chiudo
gli occhi. Non c’è bisogno di toccare con mano, lo sento benissimo.
Sono bagnata. Molto bagnata. Più di quel che vorrei ammettere a me
stessa. Ma il gioco, quello vero, in realtà deve ancora cominciare. Mi
decido a leggere il Suo ultimo messaggio. Ho aspettato fin troppo, non
voglio farla innervosire.

“Forza, lo so che sei pronta. Prendi il pennarello.”

Wow. Riesce a leggermi nel pensiero?

Sì,
sono decisamente molto “pronta". Prendo il pennarello dalla borsa e lo
faccio scorrere tra le dita. E’ un indelebile nero, dal diametro di
circa 2 cm, e penso di sapere dove andrà a finire.

“Cosa devo fare?”

“Ti concederò un po’ di sollievo. Mettilo dentro ai collant.”

“Vuoi che mi penetri?”

“Non ho detto questo, non avere fretta. Devi farlo scivolare fra le tue labbra e lasciarlo lì. I collant faranno il resto.”

Mi sbagliavo. Vuole farmi penare ancora un po’.

“Va bene, dammi qualche secondo. Vado in bagno e faccio come mi hai detto.”

“Ti ho forse detto di andare in bagno? No, mia cara. Lo farai lì dove sei.”

Cosa?

Rileggo più volte l’ultimo messaggio, sperando che per qualche ragione il testo cambi. Ma naturalmente ciò non accade.

Mi
guardo attorno. La carrozza non è molto piena, ci saranno una ventina
di persone al massimo e molti posti vuoti. Sono seduta vicino al
finestrino, quindi rientro nel campo visivo di al massimo quattro,
cinque persone. Non sono molte. Uno è il signore anziano di prima, che
ora è impegnato a leggere il giornale, poi c’è un ragazzo che dorme, uno
che ascolta la musica dagli auricolari con lo sguardo perso nel vuoto e
una ragazza che cerca di studiare, anche se il suo vicino di posto sta
parlando al telefono con un volume di voce un po’ troppo alto.

Sono tutti impegnati a farsi gli affari loro, perchè dovrebbero guardarmi?

E se mentissi?

Potrei andare in bagno e dirLe che in realtà ho fatto come mi ha detto. Lei non lo verrebbe mai a sapere…

No, è un’idea stupida, non avrebbe alcun senso. A questo gioco stiamo giocando in due e io non sono una che imbroglia.

Lo farò, ho deciso. Obbedirò anche stavolta. Devo solo essere discreta.

“Ok. Lo faccio.”

Digito in fretta e lancio un’ultima occhiata ai miei compagni di viaggio.

Tolgo
il cappotto e lo metto sopra alle ginocchia, così che possa coprire
almeno in parte le mie cosce che altrimenti sarebbero in bella mostra,
visto che ho già cominciato a sollevare la gonna. Non posso esitare e
non posso nemmeno guardarmi troppo intorno, altrimenti risulterei ancora
più sospetta. Trovo l’elastico dei collant e lo tiro quel tanto che
basta per infilarci dentro il pennarello.

Pausa.
Sento il cuore battere all’impazzata, ma faccio finta di niente
guardando fuori dal finestrino, fingendo di essere persa nei miei
pensieri. La parte più rischiosa è andata, ora devo solo mettere il
pennarello in posizione. Torno con la mano dentro le calze e spingo il
pennarello sempre più in basso. Lo sento divaricare le grandi labbra e
infilarsi fra di esse. E’ chiaro che sono completamente fradicia, visto
che scivola senza alcun attrito. Chiudo gli occhi e allargo leggermente
le gambe, per godermi le sensazioni che non mi ero accorta di desiderare
così tanto. Strofina sul clitoride procurandomi dei brividi, continua a
scendere arrivando ad intrufolarsi fra le piccole labbra, e le
attraversa completamente, arrivando quasi fino al buchino dietro.

Si ferma lì, disteso per lungo, a contatto con i miei punti più sensibili.

Tiro un sospiro, ce l’ho fatta.

– Luca! Torna subito qui!!

Apro
gli occhi e la prima cosa che vedo è un bambino di al massimo sei anni,
in piedi, a pochi passi da me, che mi fissa incuriosito.

Da quanto tempo è lì? Cosa ha visto??

Rimaniamo
a scrutarci per diversi secondi, e io sto per andare nel panico. Provo
ad azzardare un saluto, ma prima ancora che apra bocca, lui scappa via,
correndo verso la voce che l’ha chiamato dal fondo della carrozza.

Mi guardo attorno allarmata. Mi vedo già con una bella denuncia per “atti osceni in luogo pubblico”.

E
invece nulla è cambiato. Tutti i miei compagni di viaggio sono
esattamente nella stessa posizione in cui li avevo lasciati un minuto
fa, nessuno di loro sembra avermi notata e del bambino non c’è più
traccia. Se avesse detto qualcosa alla madre, sicuramente ce l’avrei già
qui di fronte a darmi una strigliata (e come darle torto). Invece così
non è.

L’ho fatta franca.

Tiro un sospiro di sollievo e prendo il cellulare.

“Fatto.”

“Non
rispetti gli accordi. Devi dirmi tutto. I tuoi movimenti, le tue
sensazioni, i tuoi pensieri. Altrimenti ti diverti solo tu!”

Se con divertirsi intende ‘rischiare di farsi venire un infarto ogni 3×2’ sì, mi sto divertendo da matti!

Sovrappensiero
faccio per accavallare le gambe, ma non appena ne sollevo una, una
leggera pressione del pennarello su un punto un po’ troppo sensibile, mi
provoca una scarica di piacere davvero intensa. Sono colta alla
sprovvista e non riesco a trattenere un gemito, che è sicuramente troppo
acuto per poter passare inosservato.

Quando me ne rendo conto è troppo tardi.

Ditemi che non è successo davvero…

Se prima gli atri passeggeri non mi avevano minimamente notata, ora hanno tutti gli occhi puntati verso di me.

Cazzo!

Mi
guardo la punta delle scarpe, sentendo in pochi secondi le orecchie
diventare bollenti. Cerco di fare finta di niente schiarendomi la gola,
ma non sono per niente credibile. Continuo a risentire nella mia testa
il verso che ho appena emesso, e penso che difficilmente possa essere
interpretato come qualcosa di diverso da un gemito di piacere.

Io nel dubbio continuo a tossire, ma sento fin troppo bene in sottofondo un paio di risatine sommesse.

Smetto
la recita solo quando sento la voce metallica annunciare che siamo
arrivati al capolinea. Miracolo, sono salva! Finalmente il viaggio più
angoscioso della mia vita è giunto al termine.

Mi
alzo per scappare lontano da questo treno il più in fretta possibile,
ma non appena sono in piedi mi ricordo quel che Lei aveva detto.

“I collant faranno il resto”

Ed è proprio così.

Forse
ho sbagliato io a mettere le calze più attillate che ho, anzi
sicuramente sono stata stupida. Ma mi era sembrata una buona idea, avevo
pensato “se devo farlo, tanto vale farlo bene!”. Ma in questo preciso
momento mi sto maledicendo per aver fatto una scelta del genere.

Ora
che sono in piedi sento i collant premere sul cavallo, proprio lì dove è
presente un intruso che normalmente non dovrebbe esserci. Il pennarello
viene spinto verso l’alto, e va a stimolare ancora di più dei punti
che, in un luogo pubblico, sicuramente non dovrebbero essere stimolati.
Un’altra scarica di piacere, ancora più intensa di quella di prima, mi
scuote, ma questa volta tengo le labbra serrate e riesco a trattenere un
gemito, che stava di nuovo per sfuggirmi.

Devo
andarmene il prima possibile di qui o finisce male. Scendo dal treno a
testa bassa, cercando di evitare gli sguardi degli altri passeggeri, che
ovviamente non hanno ancora dimenticato la mia figuraccia di poco fa.
Cerco di camminare il più normalmente possibile, ma il continuo e
persistente strusciare del pennarello, me la rende un’impresa molto
ardua.

Esco dalla stazione con il passo
più svelto che riesca a sostenere e riprendo in mano il cellulare per
raccontarLe ogni singolo dettaglio di quanto e successo su quella
carrozza, stentando io stessa a credere che ciò che sto scrivendo sia
accaduto veramente.

Ad ogni parola che digito, sento un sorriso allargarsi sempre di più sul mio volto.

Lo
devo ammettere, non si sbagliava. Anche dopo tutti questi imprevisti,
la verità e che mi sto divertendo da matti. Sento l’adrenalina nelle
vene, il cuore battere all’impazzata e un fiume scorrermi tra le gambe. E
tutto questo per merito di un paio di collant, un pennarello e…
soprattutto per Lei.

Devo camminare all’incirca un chilometro e mezzo per raggiungere la mia sede.

Se continuo così, dubito che arriverò senza avere un orgasmo.

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