Capitolo [part not set] di 4 del racconto Seaside: Giulia

Quarto capitolo del racconto. Incontriamo un nuovo personaggio, Andrea. Proprio quando lui incontra Giulia. E Roberta…

Questo racconto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

Il giorno seguente decisero infine di abbandonare la rada e dirigersi in porto. La decisione fu presa sostanzialmente da Angelina, la cui scelta venne silenziosamente e automaticamente ratificata dal marito. A convincere Angelina fu la conferma, ricevuta al cellulare, del fatto che sua madre e suo nipote Andrea erano giunti in vacanza in un paese vicino. L’occasione era giusta per incontrarli e non poteva essere perduta.
Salparono in tarda mattinata e procedettero pigramente, senza far correre il motoscafo. Non avevano fretta: si erano dati appuntamento con la nonna nel tardo pomeriggio e il posto in porto era già stato prenotato con una telefonata.
Pranzarono con dei panini e della frutta, informalmente, continuando la navigazione. A metà pomeriggio entrarono finalmente in porto, un po’ stanchi dalle ore di mare – liscio – e di sole.
Il porto era un marina privato ricavato tra i moli storici del paese, e aveva un suo fascino elegante. Barche ben più grandi della loro occupavano i posti più centrali, mentre il loro ormeggio era in una zona comunque dignitosa, direttamente sul pontile in pietra, a un paio di centinaia di metri dal centro del paese.
Della manovra di ormeggio si occupò principalmente Paolo, scambiando indicazioni con gli ormeggiatori, che li accompagnarono e aiutarono con un gommone. Il proprietario della barca, dall’alto del flyer, timonò e gestì i motori facendo ruotare e indietreggiare opportunamente la barca.
Angelina fece la sua parte, come era sua abitudine. In bikini marrone, un costume che rivelava tutto il suo essere sovrappeso e le grandi forme materne, con dei vistosi guanti in pelle gialla, stazionò all’angolo sinistro della poppa, con mezzo marinaio e cima d’ormeggio pronta al lancio.
Lo stesso fece Giulia, che si presentò come la sua alter ego. All’angolo opposto della poppa ma nella medesima posizione. Anche lei indossava un bikini, un bikini blu, con reggiseno senza spalline e a righe orizzontali blu e bianche. Molto più piccolo di quello della donna, perché molta meno era la carne da coprire: Giulia era abbronzata e magra, delicata al confronto di quella matrona. Anche lei indossava i guanti gialli destinati alle manovre, ma non aveva mezzo marinaio. Teneva le mani sui fianchi e osservava, pronta a intervenire con la cima d’ormeggio.
Al momento opportuno lanciò la cima all’ormeggiatore. Lo stesso fece poco dopo Angelina. Pur stando negli angoli opposti, avevano agito spontaneamente in modo coordinato e costruttivo e la manovra era riuscita bene. Paolo ripensò non poco a quella manovra.

La madre di Angelina, nonna di Roberta e suocera di Paolo, li raggiunse a bordo verso le quattro e mezza, accompagnata dal nipote Andrea. La nonna aveva oltre settant’anni, ma era un personaggio attivo e dal carattere deciso. Era abituata a comandare e mandare avanti una casa.
Quando salì a bordo salutò cordialmente, ma senza effusioni eccessive, la figlia e la nipote. Prima di salutare Paolo con i canonici baci sulle guance si fece presentare Giulia, perché il genero era ancora alle prese con l’ormeggio. Giulia era invece lì in pozzetto e l’anziana signora, il cui nome era Adele, rivolse l’attenzione su di lei.
– E questa signorina – disse, – ci presentate? – La nonna si fece avanti senza attendere risposte, porse la mano e si presentò. – Sono Adele, la nonna di Roberta. Tu sei una sua amica, immagino?
– Sì, mi chiamo Giulia – rispose lei, ricambiando la stretta di mano. La mano della donna, magra e dalla pelle da anziana, era però ferma, decisa nella stretta.
Quella donna suscitò simpatia in Giulia, e anche la ragazza sembrava essere piaciuta ad Adele.
Insieme a lei era salito a bordo Andrea, che Giulia salutò subito dopo, presentandosi anche a lui con una stretta di mano. Andrea era ancora un ragazzo, figlio della sorella di Angelina. Alto e magro, era timido ma socievole.
Giulia gli strinse la mano fissandolo contemporaneamente negli occhi con i propri occhi blu, sorridenti e volpini. Andrea le sorrise, ma quello sguardo lo colpì come una martellata.
Roberta lo aveva salutato allegramente, abbracciandolo affettuosamente, da cugina. Angelina gli aveva dato un bacio in fronte, informandosi su come andava la scuola.
Pochi minuti dopo, quando anche Paolo aveva raggiunto il gruppetto, Adele e Angelina si accomodarono in pozzetto per parlare con calma e bere qualcosa. Giulia colse l’occasione per proporre a Roberta:
– Noi andiamo a prua che prendiamo un po’ di sole?
Roberta annuì.
– Vieni con noi Andre? – aggiunse Giulia, coinvolgendo di punto in bianco il cugino di Roberta.
– Ok – fece lui con un’alzata di spalle.

Andarono a prua, sui prendisole. Le ragazze erano già in costume. Andrea indossava un’ampia t-shirt bianca, con il logo di una squadra di basket, e dei calzoncini costume azzurri con un disegno floreale bianco.
Si stesero tutti e tre sul prendisole, le due ragazze ai lati, lui al centro.
– Beh togliti la maglietta Andre, se no che sole prendi? – gli disse subito Giulia.
– Eh, sì sì – concordò lui un po’ impacciato. L’avrebbe comunque tolta, in realtà, ma lo fece subito.
Si stesero tutti e tre supini.
– È tanto che siete qui in vacanza? – proseguì il dialogo la mora.
– No, sono arrivato tre giorni fa con i miei… adesso loro sono rimasti su dove abbiamo la casa, e io sono venuto qui con la nonna qualche giorno.
– Ah ok. Gita con la nonna – scherzò Giulia.
– Sì – ridacchiò il ragazzino.
– La nonna ha un bel caratterino, ma è bello stare con lei – si intromise Roberta. Andrea si disse d’accordo.
Roberta e Giulia parlarono d’altro per qualche minuto. Poi Giulia tornò a interpellare direttamente il nuovo arrivato.
– Ma tu giochi a basket, Andre? – Lo chiamava familiarmente con un diminutivo inventato da lei stessa.
– Sì, un po’… cioè con gli amici, non in una squadra vera però.
– Ah ok… infatti sei alto. Poi si vede, hai i muscoli grossi per la tua età.
Andrea incassò, preso in contropiede.
– Eh… insomma – abbozzò.
In effetti, pur essendo alto e molto magro, il ragazzo aveva le spalle piuttosto larghe, e i muscoli del torace e delle braccia un po’ definiti. In particolare si distinguevano un accenno di bicipiti e di pettorali, e degli addominali un po’ segnati, pur sulla vita stretta. Erano le tipiche sproporzioni di un adolescente in piena crescita che fa dello sport. Giulia le trovava molto attraenti.
La ragazza ruotò su un fianco, girandosi così verso di lui. Piegò un braccio a reggersi la testa, l’altra mano l’appoggiò sul materassino proprio davanti al proprio petto. In quella nuova posizione incrociò lo sguardo di Andrea, che era ancora supino. Gli sorrise, con occhi che brillavano, e poi gli squadrò lentamente ed esplicitamente il torso nudo.
Roberta, stesa dall’altro lato, non vedeva, anche se sentiva.
– Non sei tanto abbronzato però. Sei ancora un po’ bianchino da città.
– Eh sì… – Andrea deglutì. – Sono qui al mare da poco…
– Sì però poi se usi questi costumi giganti non ti abbronzi più.
Giulia si riferiva ai calzoncini di Andrea, ampi e lunghi, che gli arrivavano fino alle ginocchia.
– Eh, vabbè…
– Scusa – incalzò lei – ti pare che noi usiamo dei costumi così? Non ci abbronzeremmo mai.
Mentre parlava Giulia scivolò in sù di qualche centimetro sul materassino, muovendo appena le anche. Una mossa discreta, che Andrea non poteva notare.
– Eh beh… no – ridacchiò Andrea.
– Guarda che differenza il tuo costume e il mio – lo invitò infine la ragazza.
Giulia rimase immobile, fissandolo in volto con il suo sorriso astuto, appena accennato. Andrea, impacciato, seguì automaticamente la sua indicazione, abbassando brevemente lo sguardo sul costume di Giulia.
Gli slip blu del suo costume, già piccoli, erano bassi. Si erano abbassati su entrambi i fianchi, in particolare su quello che appoggiava sul materassino. I fianchi della ragazza, affusolati e tondeggianti, magri e lisci, erano ben in evidenza: la loro nudità era interrotta soltanto dal discreto elastico degli slip.
Ma il fatto che gli slip fossero così abbassati apriva altre, nuove prospettive. Il bordo dell’indumento era sceso, ben più in basso che sul basso ventre. Si vedeva l’ultima parte degli addominali, laddove si restringevano, scendendo in mezzo alle cosce e confluendo nel pube.
Andrea, dalla posizione in cui era, vedeva molto. Vedeva il bordo degli slip leggermente sollevato sulla pelle, tenuto sospeso dalle cosce. Lo vedeva già basso, basso sul pube. Non seppe nemmeno riconoscere esattamente ciò che stava vedendo. Era bassissimo ventre o era… o era già il pube di Giulia?
Ciò che lo stupì, e lo bloccò per alcuni secondi – molto più del previsto – a fissare in basso, era quella pelle liscia, gradualmente più chiara verso il basso. La totale assenza di peli. Nell’ingenuità della sua giovane inesperienza si sarebbe aspettato di vedere dei peli, lì. Dei peli pubici. Come i suoi, del resto. Ma non c’erano. Eppure non c’erano dubbi, stava vedendo molto in basso… anche se non era certo che fosse già il pube. Dunque… la conclusione era una sola: Giulia era depilata.
Una volta giunto a quella certezza, non aveva però più riferimenti per capire cosa stava vedendo. Quanto in basso stava vedendo.
Ma di certo era qualcosa di anomalo, gli slip erano bassi, e lui stava vedendo molto.

Tutte queste riflessioni scaturirono in lui istintive e violente, e trattennero il suo sguardo in una direzione imbarazzante, inappropriata. Dopo diversi secondi riuscì infine a riprendersi e distogliere gli occhi da quella scena. Lo fece meccanicamente, in modo tutt’altro che naturale, alzando lo sguardo sul cielo, la testa dritta.
– Io mi abbronzo molto di più – concluse Giulia, apponendo un sigillo sul colpo appena messo a segno.
– Eh, sì – ridacchiò Andrea, incrociando rapidamente il suo sguardo ma subito distogliendo gli occhi nuovamente.
– Forse dovresti mettere anche tu uno dei nostri costumi – aggiunse la ragazza. – Così ti abbronzi bene.
– Eeh, vabbé… non credo che mi andrebbe bene – scherzò lui.
D’improvviso Giulia si rizzò, appoggiandosi sulle braccia distese raddrizzò il busto. In questo modo poté sporgere lo sguardo oltre il corpo di Andrea.
– Ròbe ma tu non dici niente??
– Che devo dire? – rispose Roberta, sorridendo.
Giulia intanto si assestò, scivolando ancora un po’ sul materassino con il fianco. Quest’ultimo movimento, a differenza del primo, non passò inosservato ad Andrea, la cui attenzione era inevitabilmente attratta, ormai, dal corpo di Giulia, e da una sua parte in particolare. Il ragazzo girò gli occhi e lanciò un’altra occhiata là in basso.
L’elastico degli slip, sul fianco che premeva contro il materassino, era scivolato ancora un po’ più giù. Gli slip si erano abbassati quindi un altro po’. Andrea vide, fra le cosce affiancate e al termine del ventre magro, raddrizzato, il basso ventre liscio e chiaro, ancora più scoperto di prima. La pelle liscia e priva di peli, più chiara, scivolava in basso, in mezzo alle cosce, profondamente, restringendosi a V. Appariva delicata e, nella parte più bassa, sembrava rigonfiarsi leggermente. Quando infine la pelle nuda terminava, al bordo degli slip, il rigonfiamento era ancora più netto, percepibile, e si iniziava a intravedere un leggero avvallamento centrale, un accenno di scissione.
Pur nella sua poca esperienza, Andrea si rese conto che era probabile che stesse vedendo, almeno in parte, il monticolo di Venere di Giulia.
Gli slip erano bassi e deformati, il tessuto molle, non in tensione come sarebbe stato se si fossero trovati al loro posto, nella posizione per cui erano progettati. Anche quello era un segno inequivocabile che non erano a posto, che erano pericolosamente più bassi di quanto avrebbero dovuto essere.
– Eh, non lo so – aveva risposto intanto Giulia, con aria finto-scocciata, – dì il tuo parere!
Roberta lanciò un’occhiata distratta ai calzoncini di Andrea.
– Secondo me è bello il costume che ha.
– Sì vabbè – fece Giulia, e ridiscese, tornando a stendersi sul materassino nella posizione di prima. Fissò Andrea negli occhi e commentò: – Non mi aiuta. È una battaglia persa.
Il ragazzino era scosso. Sorrise automaticamente alla battuta, confuso. Intuiva di dover stare al gioco, o comunque non sapeva come altro comportarsi, quindi seguiva la parte che gli era stata confezionata da Giulia stessa. I suoi pensieri però tornavano continuamente là, a quello che aveva visto. A quello che poteva vedere.
Di nuovo abbassò gli occhi, quasi fosse un movimento che non riusciva a controllare. Gli slip erano nella stessa posizione di un attimo prima. La stessa? Guardò solo per un istante, ma poi si interrogò sull’immagine mentale che ne trasse. Poco dopo lanciò un’altra occhiata – anche se già temeva di osare troppo – per chiarire ulteriormente i dettagli. Sì, era il monticolo di Venere quello che vedeva. Non poteva esserci dubbio. Era rialzato, leggermente prominente. E poi… possibile che ne vedesse anche la fine? Gli sembrava di distinguere una separazione, proprio al confine con gli slip… o era uno scherzo dell’immaginazione?
E comunque, possibile che fosse così liscio? Così liscia la pelle? Nemmeno un pelo… era depilata, depilata benissimo, con molta cura.
Ma soprattutto ciò che tormentava i pensieri di Andrea era la domanda: perché? Perché lo stava facendo? Se ne rendeva conto? Non le importava, non ci faceva caso? Lo faceva apposta? E perché? Era uno scherzo? O altro…?
– Poi, non voglio dire eh… – Giulia riprese a parlare, ed era ancora lo stesso argomento. – …ma se fai il bagno con quei calzoni, ti si inzuppano d’acqua. Vai a fondo.
– No vabbé… – fece spallucce lui.
Giulia mosse una gamba. Andrea aveva come dei radar posti ai margini del proprio campo visivo. Fissò lo sguardo sul suo volto, sui suoi occhi, ma la sua attenzione era tutta là, ai margini.
Giulia mosse la gamba che stava sopra. La piegò, spingendo avanti il ginocchio, e con la coscia si coprì il basso ventre. Il ginocchio si appoggiò al materassino. Sembrava un movimento fatto apposta per coprirsi. Coprirsi là.
Andrea guardò di nuovo il cielo. La sua mente era completamente piena e completamente vuota allo stesso tempo.
– Secondo me con un costume dei nostri nuoti meglio – sentenziò Giulia. Intanto si era portata una mano dietro al sedere, a sistemare qualcosa, forse per un prurito, forse per accarezzarsi. In realtà aveva preso gli slip per il fondo, sulle natiche, e li aveva tirati leggermente verso il basso.
Riportò la mano davanti a sé, nella posizione originaria. Andrea ruotò un’altra volta il capo verso di lei e incrociò il suo sguardo.
– …No? – gli chiese lei.
– Boh… forse – sorrise il ragazzino.
– L’unica è provare – sorrise Giulia.
Poi raddrizzò nuovamente la gamba. La riportò al suo posto, stendendola sopra l’altra, in tutta la sua lunghezza.
Era come un invito, molto esplicito. Andrea ci cascò, forse rendendosene conto almeno in parte. Ruotò gli occhi e guardò in basso.
Gli slip del costume adesso erano abbassati sul fianco superiore. L’elastico era perfino più basso sopra di quanto lo fosse sul fianco appoggiato al materassino. Il bordo degli slip, di conseguenza, era ancora più basso di prima. Molto più basso. Di almeno un paio di centimetri, forse di più.
Andrea vide il pube nudo di Giulia. Ne era certo, perché lì finiva tutto: vedeva chiaramente quello che ora poteva identificare come il monte di Venere. E vedeva dove terminava, in mezzo alle cosce. Le cosce erano vicine tra loro, ma non aderenti, almeno nella prima parte: si vedeva il vuoto in mezzo a loro, prima che iniziassero gli slip, e in quel vuoto si stagliava il monte di venere, glabro e chiaro, che terminava con un piccolo avvallamento proprio al centro, scindendosi in due parti. Lì, Andrea lo sapeva almeno vagamente, iniziava la vagina vera e propria. E tutto il pube di Giulia, nudo, era liscio e privo di peluria.
Il ragazzino non aveva mai visto ciò che stava intravedendo ora, se non in qualche rapida occasione in foto su Internet, insieme ad amici. Ma adesso era lì, era vero. Era una ragazza vera. E aveva la… cosa nuda. Almeno in parte, insomma.
– Vuoi provare?
Giulia lo stava ancora fissando in volto. Andrea se ne rese conto con sorpresa e rialzò gli occhi, incontrando i suoi. Oddio, aveva notato quindi che le stava guardando…?
– Non… lo so… – balbettò lui.
– No? Sei troppo affezionato al tuo costume?
Lo stava canzonando? Rideva di lui o con lui? Andrea non capiva… il sorriso di Giulia era enigmatico, e la situazione lo mandava in confusione totale.
– Ma dici che il mio ti entrerebbe?
La domanda lo paralizzò. Significava che doveva guardarlo? Come altro poteva valutare?
Andrea abbassò lo sguardo, questa volta esplicitamente. Non si soffermò a lungo, perché gli pareva comunque sconveniente… ma guardò, sapendo che lei sapeva e lo guardava.
All’inizio Giulia rimase ferma. Poi, quando lo sguardo di Andrea era chiaramente fisso là, piegò una gamba, sollevando la coscia. Questa volta la coscia non coprì: si sollevò meno, quando bastava in realtà ad allargare ulteriormente gli slip e offrire al ragazzo una prospettiva leggermente modificata del pube nudo.
Andrea fissava ancora. Giulia non aveva sperato che rimanesse in fissa così a lungo. Evidentemente l’effetto era magnetico, troppo forte, e lui non riusciva a distogliere gli occhi. Non diceva niente, e aveva le labbra chiuse.
La ragazza ne approfittò per un’ulteriore mossa. Raddrizzò la gamba, riportandola in pari con l’altra, esibendo nuovamente il pube con molta chiarezza. Quindi si portò una mano in basso, e cercò con le dita il bordo degli slip.
Naturalmente non lo trovò dove lo cercava. Allora chinò il capo e si guardò anche lei, fingendo sorpresa.
– Ops! – disse. Con le dita prese il bordino degli slip, praticamente sul fianco, e lo tirò in su, coprendosi un poco di più l’inguine. Non di molto, in realtà, perché il lato degli slip premuto tra il fianco e il materassino resisteva naturalmente nella propria posizione. Gli slip erano quindi adesso storti e sempre molto più abbassati del normale. Adesso si vedeva mezzo monticolo di Venere, mezzo inguine nudo.
Giulia alzò gli occhi su Andrea. Il ragazzo risollevò i suoi, incrociando lo sguardo di Giulia, e la trovò che sorrideva con un misto di imbarazzo e furba complicità.
– Forse a te non andrebbero – disse lei. Perché, si chiese lui?
Di nuovo il ragazzino abbassò lo sguardo e guardò là, cercando una spiegazione. Era lei a legittimarlo. Vide allora che la mano di Giulia, abbandonato il bordo degli slip, si infilava lungo il basso ventre, oltre il bordo degli slip. In parte dentro gli slip stessi. La mano coprì parzialmente l’inguine nudo, proprio sul monticolo.
– Boh… – commentò Andrea. Quello che emise fu un mormorio, anche se non lo aveva previsto.
– Sono troppo piccoli – spiegò allora Giulia. – Non hanno la forma adatta a un maschio.
Così dicendo, sotto lo sguardo fisso di Andrea, mosse la mano, gonfiando con il dorso gli slip. Nel farlo li allontanò dall’inguine, scoprendolo, in sostanza, del tutto. Nel gonfiare gli slip, per simularne il riempimento, li sollevò allontanandoli dal proprio inguine nudo, che rimase ancora più scoperto di prima.
– Dovrebbero essere così – commentò semplicemente.
– Sì vabbé… – commentò invece Andrea, con una smorfia che poteva essere un tentativo di sorriso. Giulia lo raccolse al volo, senza cambiare posizione.
– No? Troppo gonfio? – chiese, con un sorriso malandrino.
Lui le stava vedendo l’inguine nudo, e questo era ciò che la soddisfaceva.
– Eh… forse un po’ sì… – disse lui, senza distogliere gli occhi.
Giulia chiuse prontamente la mano a pugno, posandosela sul pube, e ne fece emergere soltanto il pollice. Il dito ritto sollevò il tessuto degli slip come fossero una tenda.
– Così? – chiese. Andrea rise alla battuta.
– Non lo so, dimmelo tu – incalzò infine lei. – Fammi vedere.
Così dicendo ritirò la mano dagli slip, che rimasero scostati con mezzo inguine nudo, e la posò sul materassino lì accanto.
– In che senso..? – chiese Andrea, guardandola disorientato.
– Fammi vedere come starebbero.
La ragazza allungò la mano e gli prese il polso, avvicinando la sua mano al proprio inguine. Lo fece con delicatezza ma con decisione. Lasciò la presa quando la mano era a pochi centimetri dall’inguine.
Andrea, prevedibilmente, tentennò.
– Boh… – mormorò ancora.
– Dai! Fammi vedere! – lo incitò lei.
Il ragazzo, dopo una pausa di riflessione, allungò la mano verso gli slip. Ne prese il bordo tra le dita, con estrema delicatezza, facendo attenzione a non sfiorare la pelle di Giulia. Li sollevò, tirando il bordo elastico, di un paio di centimetri. Lì si fermò, immobile, gli occhi fissi sulla scena di cui era diventato attore partecipante.
– Solo? – chiese semplicemente Giulia. Il ragazzino sorrise e tirò un po’ di più il costume elastico.
Giulia allora si mosse, fece scivolare in avanti entrambe le cosce, piegando le ginocchia, e ruotò leggermente avanti anche il bacino. Assecondando la trazione esercitata dalle dita di Andrea, gli slip elastici si mossero, scivolando lungo i fianchi della ragazza. Lei fece pressione con i piedi, sollevando leggermente il fianco che premeva contro il materassino e liberando così definitivamente il costume. Gli slip seguirono allora fedelmente le dita del ragazzino, scivolando oltre i fianchi della ragazza e lungo l’inizio delle sue cosce, abbassandosi. Di fatto, Andrea glieli stava sfilando.
Il ragazzo rimase immobile, come paralizzato da ciò che stava accadendo. Gli slip si erano arrestati all’inizio delle cosce di Giulia. La ragazza sollevò un altro po’ le ginocchia e rimise il bacino nella posizione di prima, spingendo indietro il sedere: gli slip scivolarono così di altri centimetri lungo le cosce nude e lisce. Alla fine giunsero quasi alle ginocchia. Glieli aveva tolti.
– Così tanto? – chiese Giulia. Sorrideva, e aveva parlato piano, con voce bassa.
– No… – mormorò Andrea, ritraendo a quel punto la mano, quasi spaventato da ciò che, si rese conto, sembrava aver fatto lui stesso.
Appena libera dalle dita del ragazzino, Giulia fece scivolare in basso le ginocchia, raddrizzando le gambe. Gli slip si spostarono insieme alle ginocchia, rivelando tutta la distanza percorsa: si allontanarono drasticamente dal ragazzo. Ed erano drammaticamente lontani ormai dall’inguine.
L’inguine di Giulia era nudo. Andrea lo vedeva in sostanza come prima, dalla posizione in cui era: il monticolo di Venere, liscio e chiaro, paffuto, e la coda di rondine con cui terminava. A differenza di prima vedeva adesso anche le cosce, interamente nude fino alle ginocchia.
Giulia cambiò posizione. Con un sospiro, come a dichiarare il gioco finito, ruotò supina, stesa sulla schiena e sul sedere. Le gambe nude si distesero in tutta la loro lunghezza, leggermente divaricate, anche se gli slip alle ginocchia non le permettevano di allargarle più di tanto.
Il suo pube glabro e nudo si ergeva al sole in mezzo alle cosce. Il monticolo di Venere era adesso ancora più evidente, con il suo leggero ma indiscutibile rigonfiamento. Andrea non finiva di stupirsi di quanto apparisse liscio e delicato.
– Meglio se non te lo do, forse. Va a finire che me lo strappi.
– Scusa… – mormorò incoerentemente il ragazzino.
– Figurati.
Giulia si portò una mano all’inguine, lo coprì col palmo, stese le dita sulla vagina e ne divaricò le labbra. Andrea, dall’alto, poteva vedere solo parzialmente quei movimenti. Lei portò all’inguine anche l’altra mano, stese due dita, medio e anulare, e le infilò enfaticamente fra le labbra della vagina. Nel farlo non nascose, anzi forse accentuò, un breve tremito in tutto il corpo, e contrasse visibilmente gli addominali.
La ragazza ritrasse l’altra mano, quella che aveva aperto la strada, e rimase con due dita infilate in vagina, ferme o muovendole lentamente. L’altro braccio lo stese, come se stesse normalmente prendendo il sole.
Andrea non sapeva che dire, ma le lanciò altre occhiate. Non riusciva a smettere. Giulia, pur avendo il viso rivolto verso il cielo, se ne accorse e seguì i suoi movimenti e sguardi. Dopo un minuto estrasse le dita dalla propria intimità, allungò la mano verso Andrea e gli riprese un polso.
La ragazza portò il braccio un po’ rigido ma inerme di Andrea verso di se. Gli avvicinò la mano al proprio inguine. L’abbassò, e ve la posò sopra. Per la prima volta il palmo di Andrea prese contatto con la pelle liscia e tiepida dell’inguine nudo di Giulia.
Giulia coprì la sua mano con la propria, cercò le sue dita e le premette, indirizzandole, fra le proprie labbra vaginali. Fece sì che le due dita centrali del ragazzino si aprissero la strada fra le labbra umide e morbide, e penetrassero nella calda vagina. Quindi gli lasciò la mano e stese il braccio accanto a sé, come l’altro.
Andrea si trovò, immobile come pietra, ad avere un braccio disteso e la mano appoggiata sulla calda intimità esposta della ragazza, con due dita profondamente affondate fra le floride labbra della sua vagina. Non aveva mai nemmeno sfiorato una vagina femminile fino a quel momento. Non sapeva nemmeno bene come fosse fatta. E ora vi teneva due dita dentro, e la sentiva nella propria mano. E la vagina di una ragazza figa più grande di lui, per giunta.
L’erezione di Andrea era al massimo, ma per fortuna gli ampi calzoncini la mascheravano bene, e lui stesso era tanto disorientato da non accorgersene neppure. Tutta la sua mente era concentrata sulle sensazioni di quella mano e sui pensieri di cosa dovesse, potesse, non dovesse fare. Giulia era una sfinge, muta, gli occhi chiusi, immobile. Andrea per un po’ rimase fermo, poi azzardò: mosse leggermente le dita. La ragazza non sembrò avere reazioni. Dopo un po’ lui le mosse di nuovo, sentendo con i polpastrelli quella strana, morbida e umidissima cavità calda.
Giulia questa volta si mosse.
La mora fece un debole mugolìo, poi sollevò le ginocchia e contemporaneamente rimise una mano sopra quella di Andrea. Le cosce, sollevate, si strinsero sulla sua mano, e le dita di Giulia premettero quelle del ragazzo, invitandole a muoversi. Giulia mosse anche il bacino, premendo leggermente contro la mano del ragazzo, e iniziò a sospirare piano.
Andrea seguì le indicazioni silenziose, muovendo le dita un po’ a caso. Sentiva il corpo di Giulia rispondere, la vedeva eccitarsi e attivarsi al suo tocco. Ne era affascinato e sconvolto. Cosa le stava facendo? La stava…?
Giulia iniziò a mugolare. Adesso erano mugolii e gemiti emessi a labbra chiuse, ma forti, distinguibili. Anche i movimenti del bacino erano evidenti, e il rumore delle sue chiappe nude che si staccavano e si riappoggiavano sui materassini. Premeva con forza le dita di Andrea, che rispondeva scavandole la vagina. Ma nel ragazzo corse anche un brivido di paura, perché a quel punto ciò che accadeva non era decisamente più segreto.
Roberta, accanto a lui, si sollevò sulla mani e guardò dalla loro parte. Vide subito tutta la scena. Rimase immobile, non disse nulla. Andrea non ebbe il coraggio di guardarla, e comunque era troppo preso da ciò che stava accadendo a Giulia, quello che lui (lui!) le stava facendo.
Giulia aveva aperto la bocca e oltre ad ansimare vistosamente, adesso gemeva e si lamentava a intervalli regolari. La sua voce rotta e i suoi gemiti acuti erano terribilmente sexy. Avrebbero fatto girare la testa al ragazzino anche da soli. Ma erano accompagnati da quel corpo meraviglioso e seminudo che si muoveva flessuoso e inebriato, si contraeva sotto le sue mani. Da quella vagina fradicia e calda che si stringeva attorno alle sue dita, sfregandosi vogliosa.
Andrea ebbe una polluzione, per fortuna non vista e di cui nemmeno lui si accorse consciamente: la visse soltanto come un sussulto e una breve assenza di fiato, ma un attimo dopo il suo giovane amico era di nuovo pronto sull’attenti.
Giulia ruotava la testa da un lato e dall’altro, ed emise dei gemiti più forti, seguiti da un: – Mmmmm…. sìì!….

A quel punto Roberta intervenne.
– Giulia – disse, semplicemente, ad alta voce e con tono deciso.
Giulia si fermò subito. Sollevò leggermente il capo, guardò l’amica, poi guardò sé stessa e Andrea. Prese la mano del ragazzino per il polso e gli sfilò le dita dal proprio intimo.
– Andrea! – gli mormorò, con tono di rimprovero, allontanandogli gentilmente la mano. – Non giocare con la mia vagina – concluse, con un sorriso ambiguo.
Liberatasi della mano del ragazzino si alzò a sedere, raggiunse gli slip e li risollevò, sollevandosi sulle natiche per rimetterli al loro posto. Poi prese una bottiglietta d’acqua che aveva portato con sé.
Mentre svitava il tappo scrollò le spalle rivolta verso Roberta. – È giovane – le disse. – Si è eccitato e non si è trattenuto.
Poi bevve, richiuse la bottiglietta e si stese nuovamente al sole, con un sospiro soddisfatto.
Anche Roberta tornò a stendersi senza dire altro. Soltanto Andrea era rimasto rigido e teso, in mezzo a loro, con le braccia lungo i fianchi e un rigonfiamento ora evidente sui calzoni, circondato da una macchia di bagnato.

Rimasero al sole per un altro quarto d’ora abbondante. Andrea si calmò a poco a poco, regolarizzando il respiro, ma non si rilassò. Era teso e preoccupato per le conseguenze di ciò che aveva fatto, e al tempo stesso non riusciva a smettere di pensarci. E Roberta? si chiese. Cosa c’entrava? Perché è intervenuta? E che cosa ha pensato quando ha visto tutto questo? Anche lei…? No… questo era un pensiero assurdo!
Alla fine Giulia decise che aveva preso abbastanza sole. Si stirò, poi ruotò a pancia in sotto e si alzò a gattoni. Prima di alzarsi del tutto avvicinò la bocca all’orecchio di Andrea.
– Maialino… – gli sussurrò, – magari capiterà ancora.
Poi si alzò, troneggiando su di lui nel suo fisico magro, slanciato e seminudo. Raccolse le proprie cose.
– Vado a farmi una doccia. Roby la fai con me?
– No… – mugugnò Roberta. Andrea pensò a quella strana proposta. Era uno scherzo o cosa?
– Andrea no… – disse poi Giulia sorridendo, – altrimenti finisce che mi ritrovo incinta…
– Dai!… – la ammonì Roberta con una smorfia.
– Ok, ok… – Giulia all’improvviso si chinò in avanti e afferrò il costume di Andrea per i bordi – ma togliti almeno questi, che sei tutto macchiato!
Così dicendo tirò in giù il costume. Andrea era magro, e Giulia con la sua forza riuscì a sollevarlo leggermente e abbassargli d’un colpo i calzoncini, trascinandoli fin oltre le ginocchia. Poi si raddrizzò e, soddisfatta, si girò e andò via.
Il pene di Andrea si ergeva nudo, ritto e roseo in mezzo alle cosce pallide, sorgendo dal cespuglio di peli castani e ispidi del pube. La sua erezione non poteva essere nascosta, né lui ebbe la presenza di spirito di nasconderla: si guardò lui stesso, sbalordito, il membro rigido, scappellato, e la cappella rossa e umida che oscillava in aria, al sole.
Anche Roberta, stesa accanto a lui, glielo guardò. Era rimasta anche lei senza parole, di nuovo.
Andrea girò la testa a guardare sua cugina.
– S…scusa – mormorò.
Roberta incrociò brevemente il suo sguardo, poi tornò a guardargli il giovane pene. La cugina maggiore scrollò le spalle.
– Sei tutto bagnato – commentò, e allungò una mano. Con un dito raccolse una chiazza di sperma che gli era colata sui peli. Nel farlo gli sfiorò il fianco del pene.
– Scusa… – mormorò ancora lui.
Di nuovo Roberta scrollò le spalle. – Non devi scusarti. È stata lei. Ha fatto un po’… la stupida.
Roberta gli guardò ancora il pene, non molto grande. Come guidata da un’intuizione, d’un tratto allungò nuovamente la mano. Questa volta glielo prese delicatamente fra le dita. Tirò verso il basso la pelle e completò lo scappellamento.
Andrea inspirò, sorpreso e scosso. I muscoli gli si contrassero involontariamente, sull’addome e altrove, e un piccolo fiotto di sperma eruttò dalla cima del pene, facendoglielo contrarre tutto.
Lo sperma ricadde sulle dita di Roberta e fra i peli pubici già sporchi del ragazzo.
– Scusa! – disse subito lui, quasi senza voce.
Roberta aveva socchiuso le labbra, sorpresa. Ora gli sorrise. Incrociò il suo sguardo. Fissandolo negli occhi, la cugina frizionò ancora il pene, con un movimento lento ma continuo.
Il ragazzino ansimò, gemette e poi venne, questa volta ripetutamente e con forti spasmi muscolari. Roberta lo accompagnò durante tutto l’orgasmo, continuando a massaggiargli il pene, svuotandolo del poco sperma che ne usciva, finché non fu lui, ormai piegato su sé stesso, ad allontanare la mano della ragazza, sua cugina, dicendo:
– N… no… basta… mi… mi fa male!…
Roberta ritrasse la mano e rimase a osservare il cuginetto, ansimante e che si teneva il pene, contratto.
– Scusa – mormorò questa volta lei.
Lui non rispose, limitandosi a respirare forte. Guardava in basso. Era profondamente imbarazzato, non sapeva neanche lui bene perché.
Roberta attese solo qualche istante, poi si pulì sommariamente la mano sull’asciugamano, ruotò su sé stessa e si alzò. Raccolse le sue cose e si fermò a dare un’ultima occhiata al cuginetto.
– Vado in pozzetto. Ti aspettiamo di là… quando vuoi.
Così detto se ne andò e lo lasciò solo coi suoi demoni.

Vai al capitolo...