Capitolo [part not set] di 4 del racconto Seaside: Giulia

Secondo capitolo del racconto. Fra Giulia e Paolo il limite è stato superato, ma Giulia sembra non accontentarsi di giocare soltanto con lui…

***

La mattina seguente Paolo si alzò presto. Era sveglio già da qualche ora. Andò in bagno, si lavò e uscì in pozzetto mentre Angelina ancora dormiva. Si era messo dei calzoni corti rossi e una maglietta bianca.
Apparecchiò la colazione per tutti, poi sedette a bere il caffé e leggere distrattamente una rivista.
Angelina fu la prima a raggiungerlo, già in costume da bagno, con un pareho attorno ai fianchi. Paolo la salutò e baciò, e lanciò un’occhiata ai seni grossi e cadenti sorretti dal reggiseno del costume marrone.
Subito dopo venne Roberta. Sua figlia indossava una lunga maglietta bianca, che faceva quasi da abito, e sotto aveva il costume. Anche lei lo salutò, allegramente, ma senza baciarlo. Sedette a mangiare.
Paolo pensava solo a Giulia. Era terrorizzato all’idea di rivederla. Ma al tempo stesso anelava a quel momento.
Che cosa avrebbe voluto fare? Essere da solo. Loro due soli. Sarebbe sceso sottocoperta, l’avrebbe raggiunta nella cuccetta e l’avrebbe chiavata. Di nuovo. L’avrebbe baciata, sulla bocca, sul ventre, sui seni… l’avrebbe baciata tutta.
Continuava a tornargli in mente ciò che era stato la sera prima, ma più ancora ciò che non era accaduto: si rese conto che non le aveva toccato, anzi nemmeno visto il sedere. Che non le aveva preso i seni in mano. Che non le aveva stretto le braccia, baciato le spalle, succhiato la lingua. Sembrava che non le avesse fatto niente, eppure l’aveva penetrata. L’aveva penetrata ed era venuto subito, in pochi secondi. Come un ragazzino. Quando ci pensava, si vergognava come un ladro. Lei lo avrebbe deriso?
Questi pensieri continuavano a rivoltarsi nella sua testa, si alternavano, sparivano e si ripresentavano. E con essi si ripresentavano, ritmicamente, la paura e la voglia di vederla. Quel supplizio, che era iniziato già a letto la mattina presto, durò a lungo, perché Giulia fu di gran lunga l’ultima a salire in coperta.
Avevano tutti già finito di fare colazione, e stavano chiacchierando, leggendo e programmando la giornata, quando la loro ospite fece finalmente la propria comparsa. Giulia aveva l’aria assonnata, i capelli ancora un po’ arruffati. Però sorrideva, ironizzando sulla propria condizione.
Si era già messa in bikini, e non indossava altro. Gli slip, valutò Paolo, erano quelli blu della sera prima. Il reggiseno era invece diverso, più tradizionale, due fazzoletti triangolari dello stesso blu, legati dietro al collo e dietro alla schiena.
Lui le lanciò diverse occhiate. Le guardò la pancia, il ventre piatto e magro ed elastico. Le guardò le gambe sottili, le guardò il sedere. Tutto quello che poteva, discretamente, guardare. Non c’era altri che lei a bordo, in quel momento.
Giulia salutò tutti, genericamente. Non sembrava comportarsi diversamente dal solito. Quando per la prima volta si rivolse a lui direttamente lo fece con naturalezza, con quel po’ di rispettoso distacco che aveva sempre mantenuto, mitigato dalla sua solita, indecifrabile ironia. Come se niente fosse.

Programmarono la giornata. In quella rada, per quanto bella, erano già stati a lungo. Decisero di comune accordo di spostarsi, di navigare un po’, magari cercare un’altra rada. Quella sera, come da programma, sarebbero entrati in porto.
Subito dopo colazione si misero in attività. Roberta sparecchiò, Angelina andò ad incremarsi e prepararsi, Paolo salì sul flyer e si dedicò alle manovre. Giulia, in realtà, era indietro di un turno: era ancora seduta a tavola e finì la colazione con tutta calma, mentre Roberta sparecchiava attorno a lei. Viste dall’esterno sarebbero sembrate la padrona della barca e un’inserviente.
Le due ragazze scambiarono qualche battuta. Giulia, quando fu soddisfatta, contribuì portando lei stessa la propria tazzina del caffé fino al lavello.
Poi uscì, notò che Paolo aveva già recuperato l’ancora grazie al verricello elettrico e stava dirigendo la prua verso il largo. Lei si aggrappò ai tientibene e salì la ripida ma confortevole scaletta che portava al flyer.
Paolo era in piedi ai comandi. Giulia gli giunse accanto, a un paio di passi di distanza, e guardò la prua come faceva lui.
– Salpati? – chiese dopo un attimo.
– Sì – rispose semplicemente l’uomo.
– Adesso si corre?
– Non subito… prima dobbiamo prendere il largo.
Giulia si portò le mani dietro la schiena e in un attimo sciolse e si tolse il reggiseno del costume. Poi si portò le mani dietro la testa, alzando i gomiti in aria, distendendo il petto e i piccoli, puntuti seni nudi al sole.
Paolo la guardò. Dapprima non disse niente. Era combattuto, avrebbe voluto dirle di ricoprirsi, che non era il caso. “Ma perché?”, si chiese poi.
– Le altre… sono…
– Roberta sta giù a leggere. Angelina non lo so, credo a prua.
Giulia abbassò le braccia, appoggiò le mani sul cruscotto, all’altezza dei fianchi. Rimase a guardare la prua.
Paolo tenne il timone con una mano e allungò la sinistra ad afferrarle un seno. Prese il piccolo, delicato seno destro nel proprio palmo. Lo tastò delicatamente, sentendolo serico e morbido.
– Ma… Paolo… – fece Giulia, sottovoce, con aria ironicamente scandalizzata. Le sue labbra e i suoi occhi sorridevano soddisfatti.
– Ieri non te le avevo neanche toccate… – disse lui, passando a palparle l’altro seno. Anche lui parlava sottovoce.
Giulia sollevò di nuovo le braccia, piegandole dietro alla testa. Spinse avanti il seno e si fece palpare ripetutamente entrambe le tette. Non smise di sorridere.
Quando sentì di aver recuperato su quel fronte, Paolo proseguì subito oltre. Abbassò la mano e le cercò la figa, insinuandosi sotto gli slip del costume. Giulia si piegò e rise piano.
– Ma!…
– Dai… fatti toccare… – L’uomo aveva mollato i freni, non si tratteneva. Stentava lui stesso a riconoscersi, né gli importava provarci. – Ti ho pensato tutta la notte… Sei stupenda…
Giulia non disse nulla, sorrise e basta. Si calò gli slip ancheggiando leggermente, li fermò all’inizio delle cosce, quanto bastava per scoprirsi l’inguine. Tornò ad appoggiarsi al cruscotto, con una gamba leggermente piegata, consentendo all’armatore di esplorarle con le dita l’intimità.
Lui la trovò umida.
– Papaaà!… – li interruppe un richiamo, dal basso. Era Roberta dal pozzetto.
– Cosa c’è – rispose ad alta voce l’uomo, ritirando subito la mano.
– La mamma, ti chiama.
– Cosa vuole – gridò lui. Aveva di nuovo entrambe le mani sul timone, era rigido.
– Aspetta…
Sentirono Roberta che parlava ad alta voce dentro la dinette. Giulia riprese gli slip e li risollevò, rimettendoli quasi al loro posto. In realtà li lasciò più bassi, soprattutto dietro: se davanti coprivano tutto a sufficienza, dietro un terzo dei glutei, in alto, rimanevano scoperti.
Tornò ad appoggiarsi al cruscotto, mani e anche, sinuosa.
Entrambi sentirono Roberta che saliva la scala, in ciabattine, portando la risposta. La ragazza li raggiunse sul flyer, sbucando alle loro spalle. Se fu sorpresa non poterono dirlo, perché entrambi le davano le spalle. Giulia, seminuda.
– Dice se vai subito veloce, o se prima può fare un bucato.
Paolo si voltò brevemente. – Va bene, va bene. Non abbiamo fretta.
– Ok – alzò la voce: – Mammaa! Puoi farlo!
– Ma dovete proprio urlare così? – chiese il padre, innervosito.
Giulia intanto si voltò, con un leggero sorriso in volto. Si appoggiò al cruscotto col sedere, rivolta verso Roby.
– Io preferivo se correvamo – le disse. – Ero venuta qui su apposta.
Roberta non diede segno di sorprendersi per le nudità dell’amica.
– No io no – replicò, – se fa troppo vento non prendo il sole.
– Frignona – la punzecchiò Giulia scoprendo i denti in un sorriso.
– Strega – ribatté lei, e le fece una smorfia. – Vieni sul prendisole?
– Sì – accettò subito la ragazza. Mentre Roberta imboccava di nuovo le scale, Giulia diede una rapida occhiata, sorridente, a Paolo. I loro occhi si incrociarono per qualche istante.
Senza dire altro, la giovane ospite scese le scale dietro all’amica.

A metà mattina raggiunsero una caletta riparata, con una bellissima spiaggia bianca. C’erano pochissime altre barche, benché il luogo fosse magnifico e la giornata perfetta.
Paolo manovrò e diede fondo all’ancora, poi, per il resto della mattina, rimasero a bordo. Le ragazze leggevano e prendevano il sole a poppa – Giulia per quasi tutto il tempo in topless – Angelina si era stesa a prua. Paolo stette per un po’ con lei, poi fece qualche lavoro alla barca.
Pranzarono presto, con un pranzo leggero e fresco preparato dalla matrona di bordo. Mangiarono in pozzetto, al tavolo, all’ombra del bimini. Erano tutti più o meno in costume, compresa Giulia, che per venire a tavola si era naturalmente rimessa il reggipetto.
Dopo pranzo, dopo caffé e pennichella, le ragazze si presentarono da Paolo chiedendo e proponendogli uno sbarco in spiaggia con il tender. Lui si disse disponibile ad accompagnarle, mentre Angelina declinò l’invito.
Il capitano mise in acqua il tender, un gommoncino bianco custodito dentro la poppa della barca. Quest’ultima si apriva idraulicamente e consentiva un agevole varo.
Il tender era dotato di un piccolo fuoribordo elettrico, silenzioso ed efficace. Sedettero tutti e tre sui bordi gommosi della barca, Paolo a poppa con la manetta del motore in mano, le due ragazze verso prua, su lati opposti. Ci vollero due minuti per raggiungere la riva. La spiaggia si rivelò splendida come sembrava vista dal largo.
C’era pochissima gente anche a riva, nel punto in cui sbarcarono erano distanti varie decine di metri dalle persone più vicine. Le ragazze scesero quando l’acqua arrivava loro poco sotto la cintola. Paolo si occupò di issare il gommone sulla spiaggia per un paio di metri, così da proteggerlo dalle onde.
Avevano portato l’attrezzatura minima necessaria per la spiaggia. Piantarono un piccolo ombrellone, stesero i teli spugna e vi si distesero sopra.
Paolo si mise all’ombra, proprio sotto l’ombrellone. Di fronte a sé aveva il mare turchese e la loro barca. Roberta si mise alla sua sinistra, con la testa all’ombra ma il resto del corpo al sole. Era in bikini, un bikini azzurro scuro.
Giulia scelse invece di stendersi alla destra dell’uomo, anche lei sul proprio telo spugna, in pieno sole. Paolo si trovò così in mezzo a due giovani ragazze in bikini. Rifletté un attimo sulla situazione e gli venne da sorridere. Ma per poco: subito tornò a pensare all’oggetto che gli riempiva i pensieri in quelle ore: Giulia. Il suo corpo. Tutti e due.
Non passò molto tempo prima che Giulia si togliesse nuovamente il bikini. Era stesa a pancia in su, e se lo tolse con il preciso intento di lasciare i seni nudi al sole. E naturalmente alla vista di Paolo, che li osservava il più possibile, al margine del proprio campo visivo.
L’ombra si spostava abbastanza rapidamente, e presto Roberta fu in ombra fino a metà del busto. Era troppo, così decise di spostare la propria salvietta e stendersi alla destra di Giulia, in pieno sole anche lei.
Il sole cominciava anche a lambire Paolo, ma lui non pensò nemmeno di spostarsi da quella posizione favorevole. Adesso Roberta era lontana da lui, e poteva permettersi di lanciare occhiate al corpo di Giulia tenendo contemporaneamente sott’occhio la figlia.
Giulia se ne accorse, e ci giocò. A un tratto si portò una mano sul seno sinistro, tolse dell’invisibile sabbia, poi prese a giochicchiare con le dita sul capezzolo. Se lo titillò e pizzicò lentamente. Paolo osservò tutto.
Poco dopo la stessa mano scivolò sul basso ventre, le dita si insinuarono di fianco agli slip, sollevandone il bordo laterale, e scoprirono in parte la vulva carnosa, inzigando anche quella.
Paolo osservata in silenzio tutti quei movimenti, disteso e appoggiato sui gomiti. Faticava a contenere la propria erezione.
D’un tratto Giulia si alzò a sedere. Recuperò il reggipetto del costume e se lo allacciò sul seno.
– Ho voglia di andare a esplorare un po’ tra le dune. Chi è che viene?
– Ma dove? – chiese Roberta.
– Qui, dietro la spiaggia. Non vedi che sono tutte dune?
La spiaggia era in effetti delimitata verso l’entroterra da una serie di basse dune sabbiose, punteggiate da vegetazione cespugliosa e secca.
– No grazie – rispose la ragazza, – fa troppo caldo. Piuttosto un bagno.
– Dopo il bagno. Prima un po’ di esplorazione. Paolo? – chiese, mentre già si stava alzando in piedi.
La mora ragazzina rimase in piedi in bikini, mani sui fianchi, a guardare Paolo aspettando la sua risposta. L’uomo esitò un attimo, chiedendosi se non sarebbe stato troppo esplicito.
– Ma… sì… magari… due passi ho voglia di farli…
– Dai, andiamo – gli fece cenno la ragazza – poi facciamo il bagno.
Roberta non parve far caso al fatto che suo padre si alzava e seguiva l’amica verso le dune sabbiose. Continuò a prendere il sole, stesa a occhi chiusi, rilassata.
Giulia condusse la marcia, camminando svelta sulla sabbia calda. Paolo la seguiva a un paio di metri. Quando raggiunsero la cima della prima duna, però, la distanza si accorciò.
Giulia si fermò a scrutare l’orizzonte. Paolo la affiancò, ma subito le appoggiò la mano su un braccio, indicandole di proseguire.
– Vieni, scendiamo qui… – mormorò.
– Si vede bene la barca, da qui – osservò Giulia, senza muoversi.
– Vieni, da più avanti non si vede…
La ragazza si lasciò convincere, seguì l’uomo che la guidò oltre l’avvallamento e oltre la duna successiva. Qui girò dietro ad un grande cespuglio verde scuro, coriaceo. Giulia lo seguì, lui si fermò, si voltò verso di lei e si protese per cercare di baciarla.
La ragazza evitò il bacio, girandosi di spalle. Paolo non desistette e le baciò con trasporto il collo, la spalla. Alzò le mani a cercarle e palparle il seno, da dietro, sotto il costume. Dopo un attimo le abbassò anche il costume, trovando il seno nudo.
L’uomo era rapito dai sensi, aveva il fiato già corto. Giulia sorrideva leggermente, lasciandolo fare. Fu lei stessa ad assecondarlo quando cercò di calarle gli slip: se li abbassò oltre le ginocchia, sfilò un piede e si chinò in avanti, divaricando le gambe lunghe e sottili – o non lunghissime, ma sottili e quindi slanciate. Porse il sedere a Paolo, spinse indietro il bacino, e lui ci mise un attimo ad abbassarsi il costume ed estrarre il pene già rigidissimo.
Glielo ficcò dentro da dietro, in figa.
Giulia sentì quella verga dura farsi largo improvvisamente in lei e godette. Fece dei gemiti, e si aggrappò con le mani agli arbusti che li nascondevano.
– Se arriva Roberta ci vedrà – mormorò, fra i gemiti, per mettere in allarme il suo stallone.
– No… no… perché deve arrivare?… non preoccuparti…
L’uomo ansimava, aggrappato con le mani ai suoi fianchi stretti ma morbidi, con gli addominali contratti mentre pompava il pene dentro di lei.
– E se passa qualcuno?… – incalzò la ragazza.
– No… non… chissenefrega… non mi importa…
La pompava con durezza, e Giulia sentiva tutto, e godeva di ogni centimetro di cazzo. Le sue piccole tette sbattevano, nude, perchè il reggipetto ancora allacciato era abbassato sullo stomaco.
– Papaà!… – venne all’improvviso il richiamo. Proverbiale.
Paolo si bloccò.
– E’ Roberta – commentò Giulia, come a dimostrare quanto aveva predetto.
– E’ ancora lontana – ragionò a voce alta Paolo.
L’uomo si sfilò prontamente da dentro a Giulia. Recuperò il costume e si dovette impegnare, con due mani, per ricoprirsi il pene rigidissimo, cercando di celare l’erezione.
Giulia intanto si era raddrizzata con tutta calma. Il cespuglio era più alto di lei. Restò in piedi a guardare Paolo, con una mano su un fianco, in attesa.
– Rivestiti – le disse l’uomo, ora preoccupato, vedendola ferma.
– Pa-aà! – risuonò ancora il richiamo di Roberta, ora più vicino.
L’uomo fece rapidamente il giro del cespuglio ed emerse a destra. Fece qualche passo prima di voltarsi e vedere Roberta, che li aveva ormai quasi raggiunti.
– Roby… eccoti. Sentivo che… ma…
– Ciao. Ha chiamato la mamma.
– Ah, sì… cosa dice?
– Dice se torniamo a bordo a prendere la merenda, che ce l’ha preparata. Ma ha detto subito perché se no si riscalda.
– Ah… certo… ho capito…
– Giulia dov’è?
– Non lo so, era qui in giro…
Giulia non si fece attendere. Spuntò da dietro il cespuglio, fermandosi però dove le fronde le arrivavano allo stomaco. Si era rimessa a posto il reggipetto.
– Ciao – disse a Roberta, sorridendo languidamente.
L’amica la guardò un po’ sorpresa. Alla fine sorrise a sua volta.
– Vieni a fare merenda?
– Prima facciamo un gioco?
– Che gioco? – chiese Roberta.
– “Giù le mutande” – disse Giulia, come se fosse ovvio.
– Cioè? – chiese Roberta già ridendo.
Giulia scattò in avanti. Paolo vide con sollievo che si era rimessa anche gli slip.
La ragazza mora corse verso Roberta, che tentò di proteggersi con un gridolino, girandosi. L’amica le afferrò gli slip azzurri e li abbassò con uno strattone, allontanandosi subito dopo.
Roberta era riuscita a trattenerli almeno in parte, afferrandoseli subito con una mano. Se li risollevò prontamente, e spese qualche secondo a rimetterseli a posto. Poi partì al contrattacco.
Si mise ad inseguire Giulia, che la schivò senza troppo impegno, cosicché dopo poco l’amica la raggiunse e le calò in un solo colpo gli slip fino quasi alle ginocchia. Giulia rise e si fermò, non potendo più correre.
Paolo, che era rimasto fermo dov’era, vide la giovane mora da tergo, ferma con il sedere nudo. Sua figlia invece rideva, allontanandosi con piccoli passi di corsa.
Giulia si risollevò con calma gli slip, poi fece una smorfia all’amica:
– Non me li hai ancora tolti – la provocò. Quindi scattò a correre, ma mentre all’inizio sembrava puntare su Roberta, cambiò obiettivo in corsa e si diresse verso Paolo.
L’uomo capì soltanto all’ultimo di essere stato coinvolto nel gioco. Prima che riuscisse a muoversi, Giulia gli si chinò alle spalle, gli prese i calzoncini del costume a due mani e con un movimento deciso glieli abbassò, del tutto. Fino alle ginocchia.
Il pacco dell’uomo emerse nudo, così il suo sedere bianchiccio, così il suo pene rigido. Non era forse in piena erezione, ma era comunque ancora eretto: lungo, orizzontale, chiaramente piegato all’insù.
Il pene oscillò in aria, nudo. Giulia attese un attimo, e appena l’uomo fece per chinarsi, gli abbassò ancora il costume, bloccandogli le gambe, e gli spinse il sedere con una spallata, facendolo cadere in avanti.
Paolo cadde semidisteso sulla sabbia.
Roberta, a pochi passi di distanza, aveva assistito stupita a tutta la scena. Non poté non ridere, sorpresa da quella situazione così inattesa.
– Papà!… – gli disse, con tono di scherzoso rimprovero per la sua goffaggine.
Paolo si voltò su un fianco. Guardò Roberta e rise, disorientato. Tentò di riprendersi i calzoncini, ma Giulia, che era rimasta a vigilare, si chinò e li raggiunse prima di lui, sfilandoglieli del tutto dai piedi.
La mora li lanciò a Roberta.
– Dai… – disse Paolo ridendo un po’ forzatamente, imbarazzato, e allungando una mano, – ridatemeli…
– Passa Roby! – chiamò Giulia correndo, e l’amica stette al gioco, lanciandoglieli. Paolo si alzò in ginocchio, coprendosi in qualche modo con una mano le pudenda. Allungò la mano libera tentando in qualche modo di bloccare Giulia, che gli corse accanto ma che subito rilanciò i calzoncini a Roberta.
– Roby… – le disse lui, con tono compassionevole.
– Devi prenderli!… – disse la figlia, sibillina.
Paolo si rialzò in piedi, sempre tenendosi una mano sull’inguine. Teneva il pene sollevato, coprendolo con mano e braccio. Era meglio di niente.
Appena Roberta vide che era in piedi rilanciò il pacco a Giulia. La mora, sorridente, si fermò. Si girò di spalle, sempre tenendo d’occhio Paolo, e lì davanti a loro si levò gli slip del costume. Per qualche istante le videro il bel sedere nudo, magro e liscio. Poi la ragazzina si mise il costume di Paolo.
– Adesso sono miei – disse tornando a girarsi, mani sui fianchi, sorridendo soddisfatta.
Roberta rise, sempre più sorpresa.
Paolo decise improvvisamente di reagire. Scattò in avanti verso Giulia. Per farlo mosse entrambe le braccia, e Roberta notò, per la prima volta davvero chiaramente, il pene lungo e nudo che ballonzolava, eretto, davanti all’inguine.
La mora provò a scappare, ma fu troppo lenta: in pochi passi l’uomo la raggiunse, l’afferrò per i fianchi e caddero sulla sabbia, lei davanti e lui aggrappato dietro.
– Aaah no! Roby!! – chiamò Giulia.
La ragazza avanzò, ma non sapeva come intervenire. Giulia provò a divincolarsi, ma Paolo le prese con decisione il costume e, uno strattone alla volta, glielo abbassò.
Giulia a quel punto cercò di scivolare via. Così facendo scivolò fuori dal costume, che Paolo tratteneva. Roberta la vide sgusciare fuori nuda, il sedere in aria, e subito voltarsi supina, scalciando con le gambe per liberarsi, la fichetta al vento.
Quando si fu liberata, ed entrambi furono quindi nudi – eccetto per il reggipetto di Giulia – la mora tornò all’attacco, rivoltandosi e afferrando il costume che Paolo stringeva. Si misero a contenderselo.
– Roby!! – chiamò ancora Giulia, ma Roberta, pur avvicinandosi ancora, non sapeva decidersi ad intervenire. La scena era divertente ma disorientante.
Giulia puntò le gambe, tentò di tirare, Paolo trattenne il costume con la forza delle braccia più muscolose. Nella lotta, l’uomo si era voltato supino, e ora Roberta poteva vedere molto chiaramente, in mezzo alle sue cosce, i coglioni nudi e il pene nudo che si ergeva, rigido, svettando. Il pene oscillava vistosamente nei movimenti convulsi di quella lotta.
Giulia tenne il costume con una sola mano, e posò l’altra sul petto dell’uomo, proprio sopra il capezzolo. Puntellandosi, sollevò una gamba e spinse il ginocchio di traverso sul suo bacino: con la gamba gli piegò e gli schiacciò di lato il pene rigido.
Questa mossa, Roberta non capì quanto volontaria, fece allentare la presa a Paolo, e Giulia riuscì a strappargli il costume dalle mani. Lo sollevò in aria e chiamò in causa l’amica:
– Roo! Prendilo!!
Roberta scattò allora in avanti, seguendo le istruzioni. Prese il costume dalla mano protesa di Giulia, e si allontanò di un paio di passi.
– No! – si lamentò Paolo. L’uomo afferrò Giulia per le spalle e la ribaltò indietro, stendendola a terra supina. Nel farlo ruotò insieme a lei, finendo praticamente disteso sopra di lei. I loro corpi nudi erano a contatto.
Paolo si sollevò sulle braccia. Alzò il capo a guardare Roberta e il proprio costume. La figlia non incrociò il suo sguardo, perché i suoi occhi si erano soffermati sul pene sempre eretto del padre, premuto contro il corpo nudo di Giulia.
Giulia tentò di divincolarsi, ma era fermata dal peso del corpo nudo di Paolo.
– Roby, ridammelo – comandò il padre assumendo un tono ragionevole.
– No Roby! – intervenne subito Giulia.
Una mano della ragazza mora si abbassò a cercare fra i loro corpi schiacciati, fra le gambe dell’uomo. Trovò e gli afferrò il pene nudo.
Paolo piegò le braccia, tornando a premere il corpo contro quello della ragazzina, e in questo modo nascondendo meglio ciò che stava accadendo. Giulia gli aveva impugnato il pene, e aveva iniziato a sbucciarlo ripetutamente.
Paolo piegò una gamba, mosse il bacino. Tentò di sottrarsi a quella stimolazione, ma era in un vicolo cieco: se si spostava, Roberta avrebbe visto. Se restava dov’era, doveva subire quella masturbazione.
– Pa’… – disse Roby, che non stava più sorridendo, ma sembrava piuttosto confusa. Paolo si rese conto che non poteva rimanere in quella situazione.
L’uomo ruotò su un fianco, allontanando il corpo da quello di Giulia. Per un attimo Giulia rimase con il suo pene in mano, alla luce del sole, ma lo lasciò prontamente. Paolo ruotò sulla schiena, quindi si alzò velocemente in piedi.
Era completamente nudo quando tornò a girarsi verso Roberta, e questa volta non fece sforzi inutili per coprirsi. Il suo pene era visibilmente eretto, sollevato come se fosse stato sorretto da fili invisibili, piegato all’insù come una banana. Sotto di esso dondolavano languidamente le sacche dei testicoli, coperte da una peluria non fitta ma sostanziosa.
Paolo mosse due passi verso la figlia, e tese una mano, senza dire niente. Giulia si era alzata a sedere.
Roberta stava per dargli il costume, alzò la mano per porgerglielo.
– No! – intervenne Giulia seccamente. La sua voce aveva il tono del comando. Roberta si bloccò.
Anche Paolo si voltò, guardando Giulia, sorpreso.
La ragazza mora si mosse, si alzò sulle ginocchia e camminò su di esse, goffamente, avvicinandosi a Paolo. Si fermò di fronte a lui, appoggiando il sedere nudo sui talloni. Sporse avanti le spalle, alzò una mano a prendergli delicatamente il corpo del pene, sporse il volto e se lo prese in bocca.
Di fronte a una Roberta stupita, e mentre Paolo era a sua volta a bocca aperta, Giulia iniziò a fargli un profondo bocchino. La ragazzina prese il pene in bocca a fondo, e lo succhiò intensamente. Dopo sole tre o quattro succhiate, Paolo era piegato in avanti e iniziava a gemere e ansimare. Prese la testa di Giulia con una mano, infilandole le dita fra i capelli corvini, delicatamente, soltanto per accompagnare quel gesto. Assecondò il movimento della testa di Giulia mentre lei gli succhiava lentamente il membro rigidissimo, succhiandolo fino in cima e poi riprendendolo in bocca fino quasi alla base.
Giulia aveva gli occhi chiusi, i tratti del volto distesi. Sembrava rilassata e impegnata. Roberta non smise di fissarla, a bocca aperta, senza credere ai propri occhi. Dopo un poco vide la ragazza lasciare dalla propria bocca il pene di suo padre, ormai lucido di saliva (un filo di saliva congiungeva le labbra della sua amica al pene di suo padre) e poi abbassare il capo, piegarlo e mettersi a succhiare la base del pene e i testicoli. Con la mano sinistra gli afferrò con cura il pene e si mise a masturbarglielo lentamente.
Roberta si fermò a fissare il glande fradicio e rosso e gonfio di suo padre, che si scopriva e si ricopriva, si scopriva e si ricopriva sotto i suoi occhi.
Paolo si era appoggiato con le mani in cima alle cosce, il busto piegato in avanti, e ansimava e mugolava di piacere. Era paonazzo, e non sembrava in grado di trattenersi: era quasi in trance. A un tratto l’uomo si raddrizzò, e girò il capo fino a incrociare lo sguardo di Roberta. Padre e figlia si fissarono per alcuni secondi, lui sconvolto, lei basita. Giulia aveva accelerato il ritmo della masturbazione, portò una mano a palpargli le palle e tornò a prendere in bocca il pene, senza smettere di frizionarlo sempre più rapidamente con la mano. Paolo mugolò, un lungo mugolìo ininterrotto, tremando a scatti con tutto il corpo. Roberta guardò alternativamente Giulia, impegnata a succhiare, e il volto di suo padre, sconvolto dal piacere, finché il ritmo divenne frenetico e il padre, con un lungo lamento, tremò e venne.
Giulia rimase appesa al pene con fermezza, tenendoselo in bocca. Strizzò gli occhi mentre fiotti di sperma, intuì Roberta, le esplodevano in bocca e in gola. Il padre sussultò diverse volte, violentemente, a denti stretti, mentre l’orgasmo si svolgeva e si esauriva lentamente. Giulia bevve tutto, sotto gli occhi di Roberta.
Quando ebbe finito, la ragazzina mora si sfilò il pene di bocca, succhiandolo fino alla fine per ripulirlo. Lo tenne ancora stretto con la mano, alzò lo sguardo a guardare il volto sconvolto dell’uomo, e infine lo lasciò.
Roberta osservò il pene arrossato e che andava gonfiandosi. Lo vide ciondolare sopra ai testicoli, attrezzo ormai inutile, svuotato.
Paolo ansimava. Fece un passo rigido all’indietro, sembrava quasi sul punto di cadere. Allungò una mano e attese: Roberta gli porse lentamente il costume e lui lo riprese.
Si voltò e le ragazze gli osservarono il culo nudo e pallido, mentre si allontanava camminando rigido verso il cespuglio più vicino.
Giulia, rimasta in ginocchio nella sabbia, si passò il dorso della mano sulle labbra, ripulendosele. Poi alzò il volto e guardò Roberta. Le due ragazze si fissarono, occhi negli occhi, per alcuni lunghi secondi.
– …Che cosa hai fatto? – chiese alla fine Roberta. Non c’era rabbia nella sua voce, ma solo stupore.
– Quello che voleva – rispose Giulia, scrollando le spalle. – Ti dà fastidio?
– I… io…
Giulia si rialzò in piedi appoggiandosi ad un ginocchio.
– Ti sei offesa? – C’era una vaga nota ironica nel suo tono. Quasi di presa in giro.
– N-no…
– Tieni – le disse, e così dicendo la prese per le braccia, si sporse verso di lei e la baciò sulle labbra.
Giulia infilò la propria lingua nella bocca semiaperta di Roberta, e la limonò, trasferendo così parte dello sperma che ancora aveva nella bocca dell’amica.
Roberta rispose inizialmente al bacio, quasi d’istinto, o semplicemente lasciò che l’amica usasse la sua bocca, e le toccò la lingua con la lingua. Appena si rese conto della sostanza che aveva in bocca si ritrasse di scatto.
– No… – disse, ma la voce era impastata perché la sua bocca era già in parte occupata dallo sperma.
Giulia rimase a guardarla con un sorriso che poteva essere di scherno o di complicità. Roberta chiuse la bocca e la riaprì, mosse la lingua, sentì quel liquido denso e acido in bocca.
– Mandalo giù – le suggerì l’amica.
Roberta esitò un attimo, poi deglutì. Una volta non bastò, e dovette deglutire di nuovo.
Giulia si sporse e la baciò brevemente sulle labbra. – Brava – le disse.
Poi si voltò e andò a recuperare i propri slip per rivestirsi.

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