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Terzo capitolo del racconto. Giulia, Paolo, Roberta: i confini vengono superati…
Questo racconto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.
Quel pomeriggio si attardarono nella rada più del previsto e alla fine decisero di fermarsi anche per la notte. il tempo era bello, la gente poca, avevano i serbatoi e il frigo pieni: nulla li limitava.
Roberta era diventata più silenziosa. Quello era stato il cambiamento piu significativo. Angelina non aveva ancora detto nulla in proposito, ma presto se ne sarebbe accorta. Paolo era preoccupato soprattutto da quello, che la cosa potesse sfuggirgli di mano. Per ora la riteneva ancora confinata, anche se certo, non era stato lui a scegliere di mettere in atto quello spettacolo… Avrebbe dovuto provare vergogna, se ne rendeva conto. Eppure, ogni volta che ci ripensava, ripensava soprattutto a Giulia, in ginocchio. Alla sua bocca stretta attorno al proprio cazzo durissimo. Al modo in cui aveva inghiottito e bevuto tutto il suo sperma.
L’occasione si ripresentò dopo cena, tardi, sul modello della sera precedente. Angelina già a letto, le ragazze, ufficialmente, anche. Paolo diede la buonanotte alla grassa moglie e le comunicò che usciva a fumare. lei bofonchiò qualcosa a proposito della salute, ma sembrava interessata solo a dormire.
In pozzetto non c’era nessuno. Paolo esitò un po’ lì, finché un rumore debole, ai suoi piedi, lo fece voltare: il reggiseno di un costume blu era appena caduto per terra. Sollevò lo sguardo verso il flyer e vide Giulia affacciata, che lo fissava.
Paolo salì, e la trovò già stesa sul prendisole, appoggiata ai gomiti. che prendeva la luce lunare.
Indossava solo gli slip del costume. Non furono un problema, quando lui la fece girare e glieli abbassò, prendendola da dietro. Le fu subito dentro. Era durissimo e lei era pronta come sempre.
Per alcuni minuti la montò come una pecora. lei incassò, soffocando ansiti di piacere.
A un tratto, la giovane puledrina si era allungata a prendere qualcosa, e si sfilò da lui. L’uomo rimase con il cazzo dondolante, estremamente rigido, quasi ridicolo. Umido. Lei si girò e gli presentò ciò che aveva in mano, con un sorriso silenzioso: erano due mollette, che si era evidentemente preparata in precedenza.
L’uomo le prese e ci pensò un attimo. Ovviamente aveva due possibilità, e stava a lui scegliere. Rifletté anche un istante sulla preparazione, e perversione, di quella giovane ragazza. Fino a che punto arrivava?
Prese la decisione. Si sporse avanti e pinzò una molletta su ciascun capezzolo carnoso di Giulia. Lei accettò di buon grado, senza commenti, facendo una smorfia di soddisfazione ad ogni pinzata e mordendosi le labbra.
Poco dopo riprese a chiavarsela, questa volta tenendosela in braccio. Lei, leggera, si lasciava usare come una bambola, e intanto si portava sistematicamente una mano al seno, a piegare e toccare delicatamente le mollette, torcendosi i capezzolini. Pur nell’oblio dei sensi, Paolo si rese conto che era un gesto volontario, anche se non ne capiva fino in fondo il perché.
Lo scoprì poco dopo. Giulia fremette più del solito, e subito con una mano si tolse una molletta dal seno.
– Guarda… – gli mormorò. Era la prima parola che diceva.
Paolo guardò, e vide un rivolo di latte sgorgare dal capezzolo tormentato di Giulia. Non gli era mai capitato, e la guardò sorpreso.
– Sono fertile – disse lei, continuando a muoversi. – Mi hai messa in calore…
Paolo sentì un calore animale salirgli dai lombi, un’eccitazione animalesca. Riprese a chiavarla. Giulia volle girarsi, riceverlo di nuovo da dietro, a pecorina, questa volta con le cosce larghe e le gambe semidistese. Lui la reggeva per la pancia e la pompava, potente, ritmico, come una macchina. Lei si teneva su un braccio mentre con l’altra mano si palpava i seni, piccoli ma gonfi e turgidi: lasciò cadere anche l’altra molletta, e Paolo vide il latte che continuava a sgorgare, da entrambi i capezzoli. Col procedere della penetrazione, piccoli fiotti schizzarono dalle mammelline, accompagnati dai gemiti di Giulia: la ragazza era in estasi e voleva che Paolo vedesse il latte che riusciva a spruzzare, perché si teneva i seni e si contorceva per mostrargli il capezzolo quando il latte schizzava.
L’eccitazione di Paolo era oltre ogni limite. Si rendeva conto che probabilmente stava lamentandosi troppo forte, ma non aveva modo di trattenersi.
Venne una prima volta, ma l’inerzia di desiderio era troppo forte. Proseguì, e poco più tardi venne una seconda volta.
Questa volta si esaurì, si svuotò, riversando ogni residua goccia del proprio seme dentro a quel corpo magro e fremente, che si contorceva e contraeva raggiungendo l’orgasmo insieme a lui.
Quando Paolo scese in pozzetto, si trovò davanti Roberta. Sua figlia era in pigiama. Lui si era rivestito, era in calzoncini corti e a torso nudo. Credeva di essere presentabile, ma nonostante questo si immobilizzò, colto alla sprovvista.
– Giulia è di sopra? – Fu lei a rompere il silenzio. Non sembrava serena, ma nemmeno alterata. Era stranamente apatica.
– C… credo di sì – rispose, stupidamente, lui.
La ragazza lo aggirò, dirigendosi alla scaletta. Lui, spaventato, la seguì.
Quando l’uomo emerse di sopra, si fermò un passo dietro alla figlia, entrambi immobili a fissare quella scena. Giulia era riversa sul prendisole, supina, le braccia larghe e le gambe piegate. Li guardava con un sorriso malizioso. Era nuda, interamente: i resti del suo costume erano sparsi attorno, gli slip ancora impigliati a una caviglia. E soprattutto, ciò che balzava più agli occhi, il suo petto era completamente sporco di latte, che le arrivava anche sulle spalle e sul ventre, e si concentrava soprattutto sulle mammelle nude.
Roberta la fissò a lungo in silenzio. Paolo non poteva vedere la sua faccia stupita, ma lesse lo stupore nella sua voce dopo alcuni secondi.
– È… cos’è?… – chiese la ragazza, senza capire.
Giulia si passò un dito sul petto, nel liquido biancastro.
– Il mio latte – disse sorridendo soddisfatta, quasi orgogliosa. – Tuo padre me l’ha fatto schizzare fuori tutto.
A Paolo girò la testa. Sua figlia si voltò verso di lui, e gli tremarono le gambe.
La domanda che gli fece a quel punto era quella che una figlia poteva fare al proprio papà.
– …Anche a me può succedere? – gli chiese.
Per un istante l’uomo annaspò a bocca aperta. Poi deglutì.
– Se… se ti ecciti molto… moltissimo – spiegò infine.
Roberta guardò ancora Giulia, languida, poi di nuovo lui.
– Non mi è mai successo – rifletté.
Paolo scese istintivamente con lo sguardo sul seno della figlia. Vide che era chiaramente senza reggiseno sotto la canottierina del pigiama. Prima non se n’era accorto.
– Te lo posso… fare io… se vuoi.
Non seppe mai come gli erano uscite quelle parole.
Roberta lo fissò per alcuni istanti in completo silenzio. La sua espressione s’irrigidì. Alla fine sbottò.
Con entrambe le mani si prese le spalline della canotta, e le calò con violenza. Si era denudata improvvisamente entrambi i seni, lì, di fronte a lui.
Paolo li guardò e pensò che erano belli, grandi, pieni, giovani e floridi. Più belli di quelli di Giulia, anche se forse, nonostante tutto, meno sexy.
– Sì, succhiami le tette! – gli urlò la figlia, ad alta voce, rabbiosamente. – Ti piacerebbe, eh!?
Lui si rese conto che piangeva, e che era sconvolta, di rabbia e di chissà che altro. Non seppe cosa dirle. Rimase immobile, mentre sua figlia gli girava intorno, imboccava la scaletta e se ne andava, sparendo sottocoperta.
Non la lasciò andare. L’uomo si riscosse dopo un attimo, si voltò e la inseguì. Fù rapidissimo e riuscì a fermarla in pozzetto, prima che rientrasse.
L’abbracciò da tergo, cingendole la vita con un braccio. Roberta piangeva e tentò di divincolarsi, ma lui la trattenne. La ragazza si fermò allora appoggiandosi al parapetto, singhiozzando, e si aggrappò al braccio del padre.
– Robi… piccola… – mormorò lui, accarezzandole la testa, cercando di calmarla.
Lei continuò a piangere, più piano, e rimase aggrappata al suo braccio forte. Aveva la canottiera ancora abbassata, quindi era a torso nudo: l’uomo sentiva il contatto della sua pelle liscia.
Roberta piegò il capo di lato, e appoggiò la guancia contro la spalla di lui. Docilmente. Paolo allora la cinse anche con l’altro braccio, stringendola a sé, il proprio petto nudo contro la schiena liscia e magra della ragazza.
Dopo un attimo portò una mano ad accarezzarle dolcemente il collo, e il petto.
Dopo un altro attimo, la mano scese sui seni nudi.
L’uomo iniziò a palparglieli. Apertamente, sempre più desideroso. Li scoprì, li esplorò, ne conobbe a fondo forma e consistenza. Erano pieni e sodi, gonfi, giovani. Tutt’altra cosa rispetto a quelli di Giulia: questi gli riempivano la mano, e sembravano disegnati nel marmo.
Sentì i capezzoli, e li saggiò con le dita, stuzzicandoli. Li sentì rigidi, ruvidi, e percepì i tremiti nel corpo della figlia ogni volta che li toccava.
Il busto di Roberta era più lungo di quello di Giulia. La vita era sottile, il ventre liscio e muscoloso. Paolo lo accarezzò, lo esplorò con le mani, dolcemente, languidamente. Si chiese dove si era formata tutti quei muscoli piccoli ma sodi.
Roberta non diceva nulla. Rimaneva con la guancia appoggiata a lui. Di tanto in tanto tirava su col naso, ma non piangeva più. Si lasciava toccare.
Dopo che l’ebbe toccata a lungo, la ragazzina gli chiese:
– Vuoi scopare anche me?
Più che un’offerta sembrava una domanda, una richiesta d’informazioni.
Paolo ci pensò su per un po’.
– Tu vuoi? – le chiese infine.
Roberta rispose quasi subito.
– Sì.
Le calò i calzoncini con semplicità, e subito dopo gli slip. Non li guardò quasi, anche se una parte di lui notò e registrò che erano belli, di pizzo. Quando ebbe il suo sedere nudo davanti, lo osservò a lungo, mentre la faceva piegare sul parapetto. Vide emergere la vagina, la vulva carnosa e rosea.
L’uomo si estrasse il pene, e lo puntò contro la vulva della figlia. La trovò umida e morbida e vi penetrò facilmente.
Mentre la pompava tornò a chinarsi su di lei e ad aggrapparsi ai seni gonfi e turgidi, che lo eccitavano particolarmente.
La sentì mugolare e uggiolare, mentre il ritmo si faceva più veloce e le pompate più forti. La sentì irrigidirsi sotto i colpi della verga del papà, e la sentì godere. Seguendo l’intuizione, le afferrò i capelli corvini e li tirò leggermente, tenendoli tesi, tenendole la testa sollevata indietro, contribuendo al suo piacere. La stava cavalcando secondo i migliori dettami.
Solo che era sua figlia.
Godette profondamente, quando venne. Anche lei raggiunse l’orgasmo, stimolata probabilmente dal gonfiore del suo cazzo e dai suoi sussulti. Non riversò in lei molto sperma, gliene era rimasto poco, ma fu sufficiente perché la ragazzina sentisse il seme caldo di suo padre invaderle il ventre.
A Paolo rimase impresso il modo in cui la figlia uggiolava quando raggiunse l’orgasmo. Gli sembravano i versi di un cagnolino.
Dopo l’orgasmo, l’ennesimo per lui, Paolo si appoggiò a un divanetto. Non aveva neanche la forza di rivestirsi, non subito.
Roberta, di fronte a lui, rotolò appoggiata al parapetto, girandosi di fronte e accovacciandosi a terra. Si guardò il seno nudo, e poi guardò il padre, che lo osservò a sua volta: due brevi, ma distinti, rivoli di latte erano colati da ciascun capezzolo.
– Mi è uscito il latte… – commentò lei, sorpresa.
Il padre annuì.
– Non mi era mai…
Lasciò la frase a metà, visibilmente stupita. Lui la guardò.
– L’hai già fatto… molte volte?
– Solo con due ragazzi – rispose lei, dopo averci pensato un momento.
Il padre annuì.
– Ti è piaciuto? – chiese poi, riferendosi chiaramente a quanto avevano appena fatto.
– Sì – mormorò lei.
Fu la prima a rialzarsi e rivestirsi, lentamente. Prima di andarsene esitò un attimo, cercando le parole.
– Buonanotte – disse infine, semplicemente.
– Buonanotte.
Lo lasciò in pozzetto, nudo, che ancora si riprendeva.
Un attimo dopo dalle scale scese Giulia. Lo raggiunse e si fermò un momento lì accanto. Si era rimessa gli slip, ma era ancora con i piccoli seni nudi.
– Bello spettacolino – commentò, sorridendo come solo lei sapeva fare.
Lui non disse niente.
– Peccato che non resisti di più. Ho ancora voglia. – Fece una pausa, poi: – Andrò a farmi tua figlia.
Lui la seguì con lo sguardo mentre spariva dentro la cabina. L’uomo chinò il capo. Rimase a lungo fermo lì, raccogliendo le forze necessarie ad alzarsi, rivestirsi, tornare nella propria cabina.
Non ci volle molto a Giulia per riuscire a coinvolgere Roberta. La trovò in cuccetta, le si stese accanto, le si strinse addosso e iniziò a toccarla. In breve, stavano limonando. In breve, erano nude e si toccavano le vagine.
Fu un amplesso lungo, delicato e ricco di sensazioni.
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