Capitolo [part not set] di 4 del racconto Seaside: Giulia

di Carol89

Giulia, ventunenne magra e sexy, è in vacanza con la famiglia della sua amica Roberta, a bordo della loro barca. Il suo atteggiamento provocante causa un crescendo erotico che passerà dall’esibizionismo al sesso esplicito, includendo situazioni incestuose.

Questo racconto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

***

Quell’estate Roberta era in vacanza con i suoi genitori, al mare. Avevano un motoscafo: bianco e nero, in plastica, moderno, probabilmente brutto secondo diversi canoni estetici, ma senz’altro in linea con le mode degli ultimi anni.

Il padre di Roberta, Paolo A., era un imprenditore figlio di imprenditori, che proseguiva le fortune di famiglia con le proprie aziende. Questa attività gli consentiva una buona ricchezza, e di essere proprietario di una barca di oltre 40 piedi.

La moglie di Paolo, Angelina A., era originaria del napoletano – a differenza del marito, bresciano. La strana accoppiata si poteva spiegare con il fatto che Angelina era emigrata al nord piuttosto giovane, e che era sempre stata una bella donna, di origini poi aristocratiche, per quel che potevano valere nel mondo moderno.

Roberta era nata e cresciuta sempre al nord, anche se qualche contatto con i parenti meridionali veniva ancora mantenuto, e lei stessa era stata alcune volte in visita in Campania.

La ragazza amava trascorrere le settimane estive a bordo dello yacht di famiglia, con i genitori, dei quali non disdegnava la compagnia, e con i vari ospiti che in genere si susseguivano. La barca, molto ampia e comoda, aveva tre cabine indipendenti, ciascuna con il proprio bagno, e poteva dunque ospitare comodamente fino a sei persone.

Anche quell’estate, come già era capitato in passato, avevano ospite a bordo un’amica di Roberta, Giulia.
Giulia aveva 21 anni, all’incirca la stessa età di Roberta, e come lei frequentava l’università, dove si erano conosciute e avevano fatto amicizia. Giulia era un tipo particolare: all’apparenza estroversa, non aveva difficoltà a relazionarsi con tutti; grazie a questa sua propensione lavorava anche come PR per un paio di locali milanesi. Non era una ragazza bellissima, era molto magra e aveva un viso dai tratti un po’ troppo netti per una bellezza classica, ma aveva splendidi occhi azzurri, bei capelli neri, e un modo di fare misterioso, che faceva in genere molta presa sui ragazzi.

Nel complesso, comunque, Roberta era senz’altro più carina: di poco più alta, altrettanto magra, ma con curve più accentuate e meglio distribuite e con un viso simpatico e carino, dai tratti meridionali, i capelli castani scuri e gli occhi profondi.

Quell’estate erano sulla barca da solo un paio di giorni. Giulia aveva viaggiato insieme alla famiglia, ospite trattata con gentilezza e discrezione, e a bordo condivideva la cabina con Roberta. Ci sarebbe stata, sì, una terza cabina libera, ma veniva solitamente usata come ripostiglio di bordo per le valige e ogni altra attrezzatura per la vacanza (ombrelloni, sdraio…), così le due ragazze aveva deciso di dividersi il lettone della seconda cabina, fatto che non creava loro apparentemente nessun problema. Erano amiche da tempo, erano sufficientemente intime, ed erano entrambe ragazze.
La madre di Roberta, Angelina, era piuttosto in carne. Un po’ sovrappeso. Lo pensò Giulia, quel pomeriggio, osservandola mentre si sistemava a prua sul prendisole, in costume da bagno scuro. Da giovane, meditò, doveva essere stata una bella donna, alta e formosa. Forse non magra come Roberta, ma del resto ogni tempo aveva i suoi canoni di bellezza, e alla sua epoca la magrezza non era certo considerata un pregio come oggi. Le forme della donna erano visibili anche oggi: il seno era prosperoso, nel costume. Ma non più sodo come un tempo.

Giulia si trovava nella veranda di poppa, uno dei luoghi più utilizzati del bel motoscafo: lì finora avevano fatto colazione, pranzato e si erano fermati la sera, sui divanetti attorno al tavolo, a giocare a carte, fumare e chiacchierare.

Anche Giulia era in costume, un due pezzi blu scuro piuttosto carino, adatto ad essere indossato in barca durante il giorno. Paolo A. era a poppa, a pochi metri da lei, e stava sistemando qualcosa della barca, Giulia non sapeva cosa. Aveva sempre parecchio da fare. Stare dietro alla barca era il suo hobby. In quel momento indossava dei calzoncini di costume rossi, lunghi al ginocchio, ovviamente firmati, ed era a torso nudo. Era già abbastanza abbronzato. Anche lui era leggermente sovrappeso, ma non di molto: aveva soltanto una discreta pancetta. Probabilmente da giovane era stato un tipo sportivo. Ora aveva i capelli grigi, che teneva corti.

Roberta riemerse da sottocoperta. Come suo solito, indossava il reggipetto del costume, in questo caso un bikini marrone con coppe classiche, e degli shorts, in questo caso rossi. Non era solita stare semplicemente in costume, quando era in barca. Giulia se ne era accorta, ma aveva deciso di mantenere le proprie abitudini e stare quasi sempre in bikini, anche perché aveva notato che sia Angelina che Paolo passavano la giornata in costume senza problemi, e si presentavano spesso così anche a tavola.
– Eccomi! – disse Roberta allegramente. – Andiamo in spiaggia allora?
– Yes. Nella borsa c’è già tutto?
Verificarono di avere da leggere, e recuperarono borsa e ombrellone. Poi si spostarono a poppa, dove c’era la passerella e dove trafficava il padre di Roberta.
Roberta passò per prima, salutandolo.
– Ciao papà, noi andiamo in spiaggia!
– Va bene, ciao tesoro.
Giulia si fermò un momento sulla passerella.
– Cosa sta aggiustando?
Paolo alzò lo sguardo. Giulia, in piedi un po’ più in alto di lui, era in bikini, con la sacca dell’ombrellone in spalla. Era magra, abbronzata, le gambe sottili, non lunghissime, lisce, il ventre piatto. Il costume era piccolo, sia nel taglio, che proprio nelle dimensioni delle coppe. Lo guardava da dietro i grandi occhiali da sole scuri, squadrati come andava di moda.
L’uomo le sorrise.
– Sto pulendo le guarnizioni del circuito dell’acqua dolce. Quella che ci serve per lavarci e cucinare.
– Ah, allora è importante – commentò Giulia, con tono affascinato. Paolo non capì fino a che punto scherzava – non lo capiva quasi mai.
– Beh… tutto è importante in barca. Tutto serve a tenerci a galla! – scherzò.
Giulia si limitò a sorridere, e proseguì, raggiungendo Roberta.
Le due ragazze tornarono dalla spiaggia verso le sei di sera. C’erano diverse spiagge attorno al porto e potevano essere raggiunte a piedi in pochi minuti di cammino.

Roberta e Giulia condividevano, oltre alla camera, uno dei due bagni di bordo. Quella sera fu Roberta la prima a farsi la doccia. Giulia sedette in veranda, su un divanetto, con le gambe raccolte, ad aspettare. Indossava ancora gli occhiali da sole, e ogni tanto trafficava con il cellulare.
Angelina e Paolo le avevano salutate al loro rientro. Angelina era ancora a prua, a prendere l’ultimo sole, e fumava una sigaretta. Paolo indossava una polo: probabilmente era stato in paese a comprare qualcosa per la barca.
Quando Giulia sedette, l’uomo era a prua con la moglie. Pochi minuti dopo tornò indietro ed apparve in veranda.
Mani sui fianchi, sorrise a Giulia e guardò il porto. Diverse barche stavano rientrando.
– Allora, era bello in spiaggia?
– Sì – sorrise Giulia. – Non c’è tanta gente.
– No… il grosso arriverà settimana prossima. Adesso è ancora presto.
Giulia scriveva al cellulare, e l’uomo le diede un’occhiata discreta. Il reggiseno del costume era carino, giovane e al tempo stesso elegante. E le coppe piuttosto piccole. Una seconda scarsa, giudicò Paolo. Le osservò il decoltée magro, intravide la forma delle clavicole. Vide il leggero rigonfiamento morbido sul petto, che spariva nelle coppe del reggiseno, e notò una vena, appena percepibile in trasparenza, vagamente verdognola, che scendeva dal petto lungo l’attaccatura del seno destro. Anch’essa spariva dietro al costume.
Giulia posò infine il cellulare e si alzò in piedi, stirandosi e sbadigliando. Si accostò a Paolo, anche lei mani sui fianchi.
– Ma… l’acqua funziona, vero? – chiese, sorridendo.
– Certo!
– Sì… non è che finisce a metà doccia…
– No, no, stai tranquilla – rise Paolo. – Ho solo pulito le guarnizioni.
Roberta nel frattempo aveva finito. Si affacciò per dire a Giulia che la doccia era libera e poi si infilò nella loro stanza.
– Allora mi fido… – scherzò la ragazza, muovendosi verso l’interno.
– Certo, certo – la rassicurò Paolo. Poi, colto da un’idea, le chiese: – Roberta ti ha fatto vedere come svuotare la sentina?
– Non mi ha fatto vedere niente – ribatté Giulia.
– Ah… beh aspetta, ora ti mostro. Altrimenti c’è il rischio che si allaghi tutto, se la fate una dopo l’altra.
Entrarono entrambi, prima Giulia poi Paolo, e si diressero al bagno. Giulia aprì la porta. Dentro tutto era bagnato per la doccia appena fatta da Roberta, e il costume da bagno della ragazza era nel lavandino.
– Guarda… entra pure – le disse Paolo.
Giulia entrò, e restò in piedi nel bagnetto, grande all’incirca come due cabine da doccia normali. Paolo rimase sulla porta, accanto a lei, e si sporse per indicarle un pulsante nero sotto il lavello.
– Tenendo premuto questo, fai funzionare la pompa di sentina, che svuota tutta l’acqua che si accumula lavandosi. Bisognerebbe farlo dopo ogni doccia.
– Ah. Va bene. Altrimenti… affondiamo?
– No – rise Paolo, – ci vuole un po’ prima che affondiamo. Ma è per non fare accumulare acqua a bordo.
Giulia si piegò in avanti col busto, mantenendo le gambe dritte, per guardare più da vicino il pulsante.
– Ma quindi l’acqua di ieri… non l’abbiamo ancora svuotata?
A Paolo scivolò un momento lo sguardo sulla schiena e poi sui glutei della ragazza, piccoli, magri e sodi, coperti solo in parte dal costumino sgambato.
– Sì, l’ho svuotata io ieri sera.
– Ah… ecco che cos’era quel rumore… che ho chiesto a Roberta se stavamo affondando…
Di nuovo Paolo rise.
– Stai pure tranquilla, non affonderemo, è impossibile.
– Mh. Mi fido…
Giulia era di nuovo dritta, girata ora verso di lui. Paolo notò che aveva una mano appoggiata al lavandino, mentre con l’altra si sfiorava il ventre piatto e dritto.
– Sì, tranquilla. Garantito – annuì l’uomo con un sorriso.
Per un istante restarono in silenzio, immobili. Giulia aveva uno sguardo diretto, con quegli occhi chiari e luminosi, e Paolo, come spesso capitava, dopo poco scostava lo sguardo. Questa volta gli cadde di nuovo sulla sottile vena che le si vedeva in trasparenza sul petto, a destra. Poi, più in basso, sulla mano di lei, che era scivolata sul basso ventre, ed il cui pollice toccava il bordino elastico degli slip.
Percependo che la situazione stava diventando vagamente imbarazzante, Paolo sorrise ancora e si mosse.
– Bene – disse, – se hai bisogno chiama. O chiama Roberta – aggiunse subito, correggendosi.
– Ok – disse Giulia, con un sorriso, e lo guardò allontanarsi.
Prima di fare la doccia Giulia andò in camera, dove Roberta si stava cambiando. Paolo, che si era fermato in veranda, senza nulla in particolare da fare, la sentì poi tornare verso il bagno, e gettò un occhio all’interno vedendola passare: di spalle, aveva le braccia conserte dalle quali pendeva un asciugamano. Indossava ancora gli slip del costume, ma non più il reggiseno: la lunga schiena era nuda, magra, ossuta, dritta, delicata.

Quella sera cenarono in paese. Dopo cena, in veranda, bevendo del liquore e giocando a carte, i genitori proposero di prendere il largo di lì a due giorni e di usare il giorno seguente per prepararsi e fare cambusa. Giulia e Roberta accettarono contente. Giulia e Angelina erano le uniche due che quella sera fumarono.
La mattina seguente Angelina e le due ragazze si recarono in paese a fare spesa. Pranzarono tutti quanti a bordo, e subito dopo pranzo Paolo andò in paese da solo, per prendere alcuni attrezzi che gli mancavano.
Faceva caldo, e il porto era tranquillo. Angelina si era stesa a prua. Dopo una mezz’ora, tornò verso poppa per parlare alle ragazze, che non sentiva da un po’ di tempo.
– Ragazze – chiamò piano, dalla veranda. – Roberta…
– Sì – risposero entrambe, in coro. Poi Roberta aggiunse: – siamo in camera, mamma.
Angelina entrò e scese i pochi gradini che portavano sottocoperta, quindi svoltò a sinistra. La porta della loro camera era aperta, Roberta e Giulia erano stese sul letto a riposare. Angelina si fermò sulla soglia e le due ragazze girarono la testa all’indietro e le sorrisero.
Roberta era stesa a sinistra. In bikini, aveva in mano un giornale di gossip. Giulia, alla sua destra, aveva una Settimana Enigmistica e una biro. Giulia aveva il bikini del giorno prima, ma soltanto gli slip: era senza reggiseno.
Sul momento, Angelina rimase un po’ sorpresa. Poi subito pensò che a bordo c’erano solo loro, tutte donne. Inoltre era lei che si era infilata in camera da loro. Sapeva che le ragazze erano amiche intime.
In ogni caso non poté trattenersi dall’osservare brevemente il petto di Giulia: il piccolo seno, di forma appuntita, piramidale, sodo ma appena accennato, era appena più chiaro del resto del busto magro, ed era sormontato da piccoli capezzoli scuri, circolari.
– State riposando? – chiese la donna dopo un attimo, un po’ ingenuamente, con un sorriso.
– Sì – confermò Roberta.
– Cioè, io sto facendo un cruciverba difficilissimo… – scherzò Giulia.
– Fa caldo – aggiunse Roberta.
– Sì, oggi non c’è aria…  Volevo chiedervi se volevate un caffè – propose la madre.
Le ragazze rifiutarono, ma Roberta chiese invece da bere. Angelina andò allora, con disponibilità materna, a riempire loro due bicchieri di succo fresco.
Tornò in camera e questa volta entrò. Si sporse su di loro e depositò un bicchiere in mano a ciascuna. Le sembrò un po’ strano porgerlo a Giulia, che teneva le mani proprio sopra il piccolo, giovane seno nudo. Ma subito Angelina si diede mentalmente della vecchia ammuffita. Per tanti anni lei stessa aveva fatto regolarmente topless in spiaggia. E aveva un seno ben più… importante di quello di Giulia.
– Stavo pensando di andare ancora in paese per il pesce… così non devo tornare stasera – disse, mentre le ragazze, sollevatesi a sedere, bevevano.
– Andiamo anche noi? – chiese Roberta a Giulia.
– Ho caldo – rispose secca Giulia.
– Dai io vado… tu aspetti qui?
– Ok.
Decisero le ragazze, Angelina non seppe cosa aggiungere. Poco dopo, Roberta e sua madre scesero sul pontile e si incamminarono verso il paese.
Rimasta sola a bordo, Giulia si alzò. Così com’era, in slip e a seno nudo, camminò nella dinette e si affacciò a guardare la veranda.
Si girò, e camminò ancora nella dinette deserta. Alzò le braccia in aria, stirandosi, e mormorò:
– Aaah… finalmente. Tutta mia… – Si fermò, sorrise: – La mia barca – aggiunse, per scherzare.
Tornò in camera a prendere la settimana enigmistica, e con essa si stese su un divano in dinette. Vestita dei soli slip. Da sola.

Alcuni minuti più tardi, Giulia era ancora sola quando sentì parlare e un rumore di motore in avvicinamento. Si alzò, incuriosita, e guardò fuori da un finestrino: vide un altro grosso motoscafo in avvicinamento, intento ad infilare la poppa proprio nel posto adiacente al loro.
Come sapeva, perché lo aveva visto fare dai genitori di Roberta, chi era a bordo doveva occuparsi della salute della propria barca in circostanze simili. Giulia uscì allora in veranda, per cominciare, ad osservare.
Sulla banchina non c’era nessuno. Era presto perché una barca rientrasse in porto, e a quell’ora non c’erano assistenti. L’altra barca era già a pochissimi metri da loro, e un paio di persone a bordo si stavano dando da fare con cime e mezzi marinai. Vedendo l’ampia poppa puntare dritta verso la loro fiancata, Giulia scattò sul passavanti di sinistra e si sporse ad afferrare il pulpito poppiero del nuovo motoscafo, per accompagnarne l’ingresso.
Un uomo, a bordo, le fece un cenno e un sorriso, e disse “grazie”. Lei rispose salutando. Intanto contrasse nuovamente i muscoli del corpo magro e seminudo, per spingere il motoscafo in modo che non sbattesse.
A prua della barca c’era una donna, seduta sui prendisole, che non partecipava alla manovra. Giulia ebbe l’impressione che la stesse fissando. Sorrise e la salutò, ma quella non rispose.
A poppa, i due uomini di bordo stavano ora scendendo a terra con le cime d’ormeggio. La loro barca era salva. Giulia si raddrizzò e rimase a guardare, mani sui fianchi, senza più nascondere, ormai, il petto nudo.
In quel mentre sentì dei passi sul pontile. Si girò, e vide Paolo, che tornava con un sacchetto di plastica in mano.
L’uomo osservò i nuovi arrivati, giudicò che fossero ormai in grado di finire la manovra senza aiuto e, dopo aver sostato un momento sul molo, salì a bordo. Aveva naturalmente già visto Giulia da lontano, e non poteva non essersi accorto del fatto che indossava soltanto gli slip del costume.
Giulia si voltò e scese in veranda, andandogli incontro. Mantenne una mano su un fianco, mentre l’altra se l’appese ad una spalla, coprendosi così parzialmente, con vago pudore, almeno un seno. Fissò in ogni caso Paolo con sguardo diretto e con un sorriso che mostrava sicurezza.
– E’ comparso all’improvviso. Ero in camera a dormire, sono uscita di corsa. Ci stavano per sbattere addosso.
Parlò piano, e anche Paolo le rispose a voce bassa, guardando il motoscafo appena ormeggiato.
– E’ sempre così… poi quando torni trovi le sorprese… strisciate sullo scafo, o peggio.
– Quella a prua se ne stava seduta… io ero appesa a spingere che per poco mi travolgeva, e lei stava lì seduta tranquilla, a guardare.
– Tsk! Tipico… la dama di bordo…
Giulia si voltò, e tornò sul passavanti, dando le spalle a Paolo. L’uomo si rese conto in quel momento, osservandola da dietro, che le stava vedendo il corpo interamente nudo, eccezion fatta per i sottili slip. Per il resto, la stava guardando nuda.
– Non so se questi cosi sono a posto… i parafianchi…
– Parabordi – la corresse l’uomo, raggiungendola.
– Eh… parabordi.
– Sì, vanno bene… così vanno bene.
Erano uno accanto all’altra, in piedi. Appena si raddrizzarono, il proprietario della nuova barca venne di fronte a loro.
– Buongiorno! – disse l’uomo, un toscano un po’ sovrappeso.
Paolo e Giulia salutarono entrambi.
– Sono a posto i parabordo? – chiese quello.
– Sì, siamo protetti – lo rassicurò Paolo.
– Bene. – Poi, rivolgendosi direttamente a Giulia, l’uomo disse: – Grazie per l’aiuto all’ingresso. Ti abbiamo fatto faticare un po’…
– Eh, insomma… E’ che non sono tanto forte, io spingevo, spingevo…
Mentre parlava, entrambi gli uomini la guardavano, sorridendo.
– Eh lo so, sono pesanti queste barche – ammise l’uomo. – Voi siete in transito o la tenete qui?
– No, la teniamo qui – rispose Paolo.
– Eh, sembra un bel posto. Vi trovate bene? – chiese ancora, questa volta rivolgendosi a Giulia.
La ragazza sorrise e rispose come se fosse lei la proprietaria della barca.
– Sì… c’è anche il paese a dieci minuti a piedi, con negozi di tutti i tipi… e poi ci sono varie spiagge sempre che si raggiungono a piedi…
L’uomo ascoltò con interesse la descrizione, infine, prima di congedarsi, porse la mano e si presentò. Sia Paolo che Giulia la strinsero, presentandosi a loro volta soltanto per nome.
Paolo si scostò, e fece cenno a Giulia di passare, sfiorandole una spalla nuda. La ragazza scese in veranda, seguita dall’uomo.
Giulia si girò di nuovo a fronteggiarlo, sistemandosi con le mani gli slip sul sedere.
– Angelina e Roberta sono andate a prendere il pesce in paese…
– Sì, le ho incrociate… Io sono tornato per sistemare gli attrezzi…
– Li ha trovati?
– Sì… sì.
– Voi volete venire in spiaggia, oggi?
– Non lo so… non so Angela cosa voglia fare…
– Noi penso che andremo.
– Certo…
Giulia esitò ancora qualche istante, guardandosi intorno, mani sui fianchi. Paolo, per l’ennesima volta in quei minuti, lanciò qualche occhiata al suo busto nudo, al petto magro, al seno: nudo, piccolo, piramidale, sodo, liscio, leggermente chiaro, sormontato da piccoli capezzoli violacei e rotondi, carnosi come bottoni.
– Stavi dormendo? – ruppe il silenzio l’uomo, con una domanda che sperava suonasse innocua.
– Sì… ero in cuccetta… poi ho sentito il rumore, le voci di loro che parlavano… ho visto da dentro che ci venivano addosso, allora sono corsa fuori subito.
– Hai fatto bene… mi spiace per il disturbo…
– Eh vabbè. Per salvare la barca… – sorrise, fissando Paolo negli occhi e inducendolo a sorridere a sua volta. – Va beh io vado a cambiarmi – aggiunse infine Giulia.
– Certo, va bene…
La ragazza rientrò sottocoperta.
Paolo, rimasto solo, si dedicò ad estrarre i nuovi attrezzi. E a confrontare mentalmente la visione di Giulia nuda con quella che si era immaginato.

Salparono la mattina seguente, come da programma. Il mare era abbastanza calmo, il sole splendeva, e navigare con il vento in faccia era bellissimo. Il motoscafo sportivo, forse un po’ limitato nella vita di porto, in quelle condizioni diventava una barca perfetta.
Si fermarono per pranzo in una rada, la prima che trovarono, scegliendo semplicemente in base alla fame montante. Ancorarono rapidamente, non lontano da riva, e mangiarono in pozzetto senza troppe formalità.
Dopo pranzo, prima di ripartire, decisero di riposare un po’. Si divisero per età: mentre i due coniugi A. si stesero a prua, sul prendisole, le due ragazze preferirono il prendisole di poppa, un po’ più riparato dal vento che intanto era leggermente aumentato.
Entrambe le ragazze, nel silenzio e nella pace pomeridiani, si stesero prone a prendere il sole e dormire. Entrambe si slacciarono il reggiseno del costume, per abbronzarsi meglio la schiena e il collo. Giulia lo tolse del tutto, mentre Roberta lo tenne sotto il corpo.
Passarono una ventina di minuti, forse, poi Giulia alzò improvvisamente la testa, come risvegliandosi, e annunciò sottovoce:
– Devo pisciare.
Roberta rise. Giulia tastò intorno a sè con la mano per qualche secondo, assonnata.
– Dove cavolo è il mio costume… va beh dammi il tuo.
La mora ospite prese il costume di Roberta per un laccetto; l’amica provò a protestare, ma l’altra, testarda come al solito, l’ebbe vinta rapidamente. Le sfilò il bikini marrone da sotto, si alzò a sedere e lo indossò, quindi si alzò del tutto e sparì sottocoperta.
Passarono forse due minuti, poi il padre di Roberta chiamò la figlia da prua.
– Cosa c’è!?… – gridò la ragazza di rimando, alzandosi sui gomiti.
– Roby, hai voglia di fare il caffé per favore?
La ragazza sbuffò, colta alla sprovvista. Mormorò qualcosa, poi rispose di sì ad alta voce, mentre si alzava a sedere, coprendosi con un braccio il petto nudo. Si guardò intorno, alla ricerca del costume di Giulia, ma non ne vide traccia.
– Checcavolo… Giulia!
Si alzò e, sempre tenendosi almeno un braccio sul petto, entrò a sua volta in cabina.
– Giulia! – chiamò ancora, mentre si dirigeva alla cucina.
– Che c’è!? Sono in bagno.
– Lo so, mi serve il mio costume!
Intanto preparò la caffettiera, con il seno nudo, indossando soltanto gli slip di costume marroni.
Mise la caffettiera sul fuoco, poi andò davanti alla porta del bagno.
– Dai Giulia, mi serve il costume, devo portare il caffé ai miei!
– Eh dammi il mio!
– Ma non ce l’ho, non l’ho trovato!
– Eh guarda, dev’essere lì sul prendisole… se no io come faccio, anch’io sono senza!
Roberta sbuffò, tornò verso poppa ma desistette dal tornare a cercare, dato che il caffé era già quasi pronto. Attese pochi minuti che la moka soffiasse, quindi lo versò in due ampie tazze a prova di ribaltamento, che mise su un vassoietto. Prese il vassoio con una mano e si coprì il seno con l’altro braccio, dirigendosi a prua.
– Ecco – disse la ragazza avvicinandosi ai genitori con il vassoio in mano. Si accovacciò, posandolo con circospezione.
– Tesoro, ma cosa fai senza costume? – chiese la madre, alzandosi faticosamente a sedere.
– Eh Giulia me l’ha preso, per andare in bagno, perché non troviamo più il suo… ora lo metto.
Il padre non fece commenti, la madre rimase zitta un attimo, prendendo il caffé. Poi, senza alzare gli occhi, commentò:
– Non girare senza costume in barca, lo sai che non mi piace.
– Ma no mamma, lo stavo solo cercando! – rispose la ragazza, esasperata. – Poi tanto non siamo mica in porto…
– Non importa, è questione di abitudine.
Tornando sottocoperta, con il vassoio vuoto e sempre un braccio di traverso sul petto, Roberta si trovò faccia a faccia con Giulia, che usciva in quel momento dal bagno. L’amica non si stava coprendo, era semplicemente in slip, con i piccoli e puntuti seni nudi che oscillavano leggermente sul petto.
– Dai ridammi il costume! Mi sono anche beccata la sgridata…
Giulia teneva il bikini marrone di Roberta in mano, svogliatamente, e lasciò che la ragazza lo riprendesse.
– Perché? – chiese con apparente indifferenza, ma in realtà attenta.
– Eh perché giravo senza.
– Tua mamma?
– Sì.
Roberta si reinfilò il costume, lì davanti a lei, coprendosi i seni ben più floridi e gonfi. Giulia si mise mani sui fianchi, come per presentare il problema.
– E io, adesso? – sorrise.
– Eh non lo so dove l’hai messo!…
– Vammelo a cercare, io non posso così!
– Ora vado.
Roberta lasciò il vassoio, poi uscì di nuovo a poppa, sul prendisole, a cercare il reggiseno di Giulia. Rientrò due minuti dopo.
– Boh, fuori non c’è…
Giulia era rimasta in attesa, mani sui fianchi. Non disse nulla, la guardò soltanto.
– Hai guardato in mezzo tra i cuscini? – chiese dopo qualche attimo.
Roberta sospirò.
– Riguardo… – disse stancamente, e tornò verso l’uscita.
Un secondo dopo però tornò a sporgersi indietro:
– Guarda che sta venendo mio papà… – avvertì.
– Sì, va bene, ma trovalo!
Roberta andò, e Giulia si apprestò ad attendere.
Quando Paolo entrò in dinette, diretto alla cucina, Giulia era in piedi accanto allo stipite del bagno. Era girata di spalle, rivolta verso il bagno, appoggiata allo stipite. Sentendo i passi di Paolo, girò il capo a guardarlo con gli intensi occhi azzurri.
– Ciao – disse l’uomo, che portava le tazzine in cucina.
– Ciao.
Il capitano della barca passò oltre, dietro la schiena (nuda) di Giulia, e si fermò al lavello. Giulia si girò verso di lui, e si appoggiò di petto allo stipite. Paolo si dedicava alle tazzine, allora fu Giulia a parlare:
– Il mio costume è sparito.
Paolo alzò gli occhi, e guardò la ragazza: metà del suo corpo era nascosto dalla paratia. L’altra metà era visibile, e vestito solo degli slip blu. Il braccio destro era basso, la mano afferrata allo stipite all’altezza del ventre. Il seno destro, nudo, era scoperto e visibile. Piccolo, puntuto, chiaro, con il capezzolo scuro e piccolo.
– Sparito? – chiese, sorpreso.
Giulia sorrise, soddisfatta della sorpresa ottenuta con le sue parole.
– Sì. Non si trova più. Roberta lo sta cercando.
– Ma è caduto in mare? – chiese Paolo sciacquando le tazzine.
– Eh non credo. L’avrei visto.
– Vuoi che provo a cercarlo da qualche parte?
– No è inutile… posso chiederti un favore?
– Certo…
– Me ne prendi un altro in camera? Perché Angelina si arrabbia se vado in giro così…
– Ah sì… certo… – Paolo si mosse verso la cabina di poppa. – Dove te lo prendo?…
– Sopra l’armadio, a sinistra. Subito sopra nel portaoggetti. Ce n’è uno bianco e rosso…
– Ok.
L’uomo andò a poppa. Tornò indietro pochi secondi dopo. Aveva in mano un bikini bianco a pois rossi, slip e reggiseno.
Lo porse a Giulia, che lasciò la paratia e gli si parò di fronte, senza più coprirsi i seni nudi.
– Oh grazie… – sorrise.
– E’ questo?…
– Sì perfetto.
– Ho preso tutto…
– Eh sì, se no sta male metà e metà – sorrise Giulia, e Paolo non capì se era uno scherzo o no, ma per precauzione sorrise.
Giulia intanto si girò, considerando evidentemente finito lo scambio. Era dentro il bagno, anche se la porta era aperta, ma tanto bastava a farle considerare legittimo il fatto di appoggiare il nuovo costume di fronte a sé e senza esitazione chinarsi, appoggiata al lavello, calandosi gli slip e sfilandoli poi dai piedi.
Paolo vide la schiena nuda e magra flettersi, e vide emergere il sedere, già abbastanza nudo fin da prima, ma ora completamente scoperto, magro e sodo, piccolo.
Giulia si raddrizzò, e lui la vide interamente nuda, da dietro. Rimase a fissarla, sorpreso e quasi inebetito. Magra, slanciata, abbronzata. Magra. L’opposto di sua moglie.
Intanto, nel giro forse di due o tre secondi, Giulia tornò a chinarsi, questa volta per infilarsi gli slip del nuovo costume. Sollevò un piede e poi l’altro, mentre l’uomo le guardava le gambe sottili e nervose, e poi fece scivolare in su gli slip, con due mani, mentre lo sguardo dell’uomo si soffermava sul culo nudo, che poi venne ricoperto dal tessuto leggero e striminzito. Buona parte dei glutei rimasero scoperti, abbronzati e lisci, sotto gli occhi rapiti dell’uomo.
Con il reggipetto in mano Giulia si voltò, ruotando su sé stessa, e si bloccò a fissare Paolo. Sul volto le si disegnò un sorriso sorpreso, negli occhi un punto di domanda, poiché trovava l’uomo ancora lì e mostrava di aspettarsi diversamente.
Paolo aprì bocca, ma non seppe cosa dire. Giulia non insistette oltre nel far notare la situazione, e si portò piuttosto il costume in posizione sul petto, coprendosi il seno e poi infilando le spalline.
Si girò di nuovo di spalle dicendo: – Me lo allacci?…
– Sì…
Giulia attese, mentre l’uomo allungava le mani sulla sua schiena magra e liscia. Lui prese i cordini e li unì, delicatamente, facendo un nodo con due belle galle. Si rese conto, mentre lo faceva, che gli era già capitato di immaginare l’operazione opposta: slacciarglielo.

Fino a circa metà pomeriggio rimasero in quella piccola rada a oziare. Le ragazze erano in pozzetto, intente a leggere riviste, quando Paolo arrivò dal passavanti laterale e si fermò davanti a loro.
– Ragazze, cosa volete fare questa sera? Possiamo stare qui la notte, oppure possiamo muoverci e raggiungere un porticciolo.
– Non possiamo fare entrambe? – chiese subito Giulia. Sembrava una battuta, ma Paolo si rese conto che poteva anche essere una domanda sensata.
– Beh potremmo dormire qui questa notte e dormire nel porto domani…
– Bello – sorrise Giulia.
Paolo chiese se anche a Roberta il programma andava bene, e la ragazzina non ebbe niente da obiettare.
– Dai, allora facciamo così. Allora potete continuare a stare qui tranquille… Più tardi se volete potete anche fare un bagno…
– Sì, io lo farei un bagno – intervenne Roberta. – Giuly tu lo fai?
– Mmm… – a Giulia l’idea sembrava annoiare. – Poi mi bagno il costume…
– Eh beh te lo cambi! Dai, pigra…
– Va bene, va bene…

Presero il necessario, si trasferirono sull’ampia plancia di poppa, dove Paolo aveva prontamente abbassato la scaletta in posizione, e da qui si immersero in acqua. Nuotarono e giocarono per parecchi minuti. Angelina le aveva raggiunte, restando però a bordo, e scattò loro alcune foto. Porse loro anche gli asciugamani quando uscirono dall’acqua.
Giulia si avvolse l’asciugamano attorno al corpo, sotto le braccia, come un lungo vestito, e da sotto si sfilò il reggiseno del costume. Lo strizzò e lo stese. Poco dopo fece lo stesso con gli slip, mentre Roberta la imitò solo per quel che riguardava il reggiseno.
– Vado sotto a cambiarmi – disse Roberta dopo qualche minuto che erano uscite. Giulia subito le chiese di portarle anche il proprio costume asciutto, spiegandole quale prendere.
La mora ospite rimase in pozzetto, dove sedette su un divanetto raccogliendo le gambe. Giochicchiò col cellulare e parlò un po’ con Angelina. Paolo faceva avanti e indietro, sistemando qualcosa.
Quando Roberta tornò indossava un reggipetto di costume bianco e dei calzoncini corti rossi. Porse a Giulia il suo costume e sedette con loro. Giulia ringraziò, e prontamente si infilò gli slip sotto l’asciugamano. Poi, in un momento in cui Paolo era appena passato ed era entrato sottocoperta, si sciolse l’asciugamano e si mise il reggiseno, in pochi secondi.
Era un bikini blu, slip sgambati e sottili di un blu uniforme, reggiseno a fascia a righe orizzontali bianche e blu, unite da un finto nodo davanti allo sterno. Era molto carino e giovane, e risaltava il suo fisico magro e sottile, sodo e tonico. “Giovane”, pensò semplicemente Angelina, provando per l’ennesima volta una punta d’invidia.
Quando Giulia si era messa il costume, lei le aveva rapidamente osservato il seno, piccolo ma così sodo e giovane. La stupiva notare quanto fosse sollevato e compatto, quanto la pelle di Giulia fosse elastica e liscia. Davvero era stata così anche lei?
Più tardi quella sera, dopo che ebbero cenato in pozzetto, Angelina era a prua con Paolo, al chiaro della luna, e gli confidò quei pensieri.
– …Quando guardo Giulia, in costume – gli disse, – rimango impressionata… ha un corpo così asciutto, la pelle così giovane… ma anch’io ero così, tesoro? Tu mi ricordi ancora?
– Certo che ti ricordo – le sorrise il marito, – e tu sei splendida anche adesso.
Paolo sapeva essere galante. Le sue gentilezze, per quanto prevedibili, non suonavano mai finte.
– Sì, ma di una bellezza diversa – replicò la donna guardando il mare nero. – Non avrò mai più un fisico giovane come il suo.
– Ti riferisci a Giulia? – chiese Paolo dopo un attimo.
– Sì.
Angelina continuava a guardare lontano, l’orizzonte.
– Beh lei… ha un terzo dei tuoi anni… è normale che abbia anche un fisico… diverso.
– A te lei piace – chiese Angelina. Guardava sempre l’orizzonte, e Paolo non fu certo se si trattava di una domanda o di un’affermazione.
– A me? – chiese.
– Sì.
– Cosa vuol dire se mi piace?
– Fisicamente, ti piace?
La donna sembrava chiederlo quasi con indifferenza. Non lo incalzò, attese semplicemente che lui rispondesse alla domanda.
– Ma… è un’amica di Roberta…
– Non ti ho chiesto se la scoperesti – replicò Angelina, questa volta girandosi a guardarlo con aria di rimprovero. – Ti ho chiesto – ribadì – se ti piace fisicamente una ragazza così giovane.
– Beh… è un po’… magra, per i miei gusti.
– Lo so. Ha il seno piccolo, e quasi non ha culo. A te è sempre piaciuto afferrarmi il culo – disse la donna con un sorriso complice.
Paolo sorrise a sua volta, ma dentro di sé si era immaginato la scena… aveva immaginato di tenere Giulia su di sé, afferrandola per i glutei. L’idea lo aveva eccitato più del previsto.
Angelina allungò una mano in mezzo alle sue gambe, sopra ai calzoncini, e gli tastò il membro, trovandolo indurito.
– Mmm… – sorrise – ti ho fatto pensare al mio culo?
– Il tuo culo è sempre nei miei pensieri – le sussurrò lui ad un orecchio.
– Questa notte mi dai il tuo prode cavaliere? – chiese lei.
– Molto volentieri…

Lo fecero. Quando era ormai quasi mezzanotte, e si erano da più di mezz’ora ritirati tutti nelle proprie camere, Paolo e Angelina, che si erano già spogliati per la notte, si scambiarono uno sguardo d’intesa e iniziarono ad accarezzarsi e baciarsi. Angelina si stese sul letto di prua supina, in sottovesta bianca molto trasparente. Se la sollevò, e sotto non indossava altro, e attese che Paolo si stendesse sopra di lei, a torso nudo, i calzoni del pigiama calati sulle cosce. Il suo membro duro si fece rapidamente largo fra l’umido delle grandi labbra di lei, ed iniziò a penetrarla. Angelina gemette debolmente, mentre il fruscìo dei vestiti e delle lenzuola e qualche cigolìo accompagnavano il loro ritmico amplesso. Non era eccezionalmente passionale, ma era comunque molto piacevole.
Proprio in quel mentre sentirono rumori nel bagno attiguo alla loro cabina. Angelina fermò Paolo con una mano. Rimasero immobili.
Era stato il rumore della porta che si chiudeva, seguito da altri rumori provenienti da dentro il bagno. L’ultimo fu inequivocabile: il discreto sibilo dell’urina nella tazza.
– Ma nel nostro bagno? – chiese Angelina.
– Sarà Roberta… – ipotizzò l’uomo.
Angelina lo spinse a indietreggiare e sfilarsi, quindi si alzò a sedere.
– Roberta? – chiamò dopo un attimo.
Da dentro il bagno, dopo qualche secondo, rispose una voce attutita: – Sono Giulia.
Nessuno dei due coniugi disse nulla, per la sorpresa. Fu la stessa Giulia, qualche secondo dopo, a rompere nuovamente il silenzio.
– Il nostro bagno non funziona. Roberta mi ha detto di venire in questo, perché ha detto che forse l’altro è chiuso. Cioè i tubi… non so.
I due coniugi si guardarono.
– Ah… ha… ha ragione – rispose infine Paolo. – L’altro bagno ha gli scarichi chiusi. Ma come mai il vostro non funziona?
Giulia tirò l’acqua del water, e loro la sentirono scorrere.
– Non lo so – rispose la ragazza. – Non si accende la luce.
– Ah… strano…
La porta del bagno si riaprì, e la voce di Giulia li raggiunse ora dal corridoio antistante la camera, meno attutita di prima.
– Scusate – disse, – non volevo disturbarvi.
Angelina, che prima si era chiesta se la ragazza avesse sentito qualcosa, ora ne ebbe la drastica conferma.
– Ma figurati – rispose prontamente Paolo, – hai fatto bene. Aspetta che vengo a controllare la luce…
Così dicendo si alzò dal materasso, risollevò i calzoni del pigiama e se li riportò in vita, coprendo il membro ancora oblungo e leggermente umido. Anche Angelina si ricompose, per quando potesse fare con indosso quella sottoveste.
Paolo andò alla porta, si voltò e sorrise ad Angelina. – Torno subito – le sussurrò. La donna annuì.
Aprì la porta e uscì nel corridoio, richiudendosela subito alle spalle. Giulia era là in piedi, in cima al corridoietto. In bikini.
– Sei ancora in costume? – le chiese Paolo, perché fu la prima cosa che notò.
– Me lo sono messa per venire in bagno – rispose lei enigmatica.
– Dò… un’occhiata alla luce in bagno…
Giulia si voltò e gli fece strada.
– Oppure potresti aprire l’altro bagno, così uso quello – gli propose intanto lei.
– Sì, anche…
L’uomo si soffermò un attimo al quadro elettrico, solo per constatare che gli interruttori erano sul verde.
– Dovrebbe accendersi… sarà bruciata la lampadina allora.
– Apriamo l’altro?
Giulia attendeva vicino a lui, a braccia conserte. Non era particolarmente sorridente, notò l’uomo.
– Sì – concordò, – poi domani la controllo.
Giulia si diresse per prima verso l’altro bagno, e l’uomo la seguì. Lo sguardo gli cadde un paio di volte sul suo sederino sodo, coperto solo dagli slip striminziti. In mutande, rifletté, sarebbe stata più coperta.
Giunsero al bagno, vicino alla cabina non utilizzata e quindi lontano da entrambe le altre. Giulia stette in piedi accanto alla porta, mentre Paolo si chinò a terra per raggiungere i rubinetti.
– Usi i calzoni del pigiama lunghi? – osservò la ragazzina.
Paolo si sorprese a riflettere sulla propria mise. In effetti, in condizioni normali, non si sarebbe mai presentato così di fronte a lei.
– Sì – confermò lavorando – io uso sempre i calzoni lunghi… mi dà fastidio dormire con quelli corti.
– Non hai caldo?
– No, in genere no…
– Ma sotto hai le mutande? – chiese la ragazza.
Paolo si fermò un attimo. Finì di aprire i rubinetti, poi richiuse l’antina e la guardò brevemente.
– …E’ importante? – chiese, in imbarazzo.
– No, ero curiosa – sorrise per la prima volta Giulia, con la sua solita, spiazzante ironia. – A me anche quelle danno fastidio – ammise poi la ragazza scrollando le spalle.
Paolo si rialzò, e si pulì le mani con uno straccio.
– Quindi dormi senza? – chiese, sorridendo a sua volta. Nella poca luce forse non si notava, ma era arrossito.
– Sì, io dormo nuda – spiegò Giulia con tono quasi annoiato. – I vestiti mi danno fastidio, a letto.
– Capisco… – Paolo si sentì in dovere di interrompere quel dialogo, prima che sfuggisse al suo controllo. Forse gli era già sfuggito. – Bene, qui adesso funziona… Se ti serve ancora puoi venire qui.
– Grazie.
Giulia gli sfilò accanto ed entrò nel bagno. Sempre a braccia conserte, si fermò a guardare l’uomo.
– …lo usi subito? – chiese lui, sorpreso.
La ragazzina annuì.
– Ma…
– Noi donne abbiamo sempre bisogno del bagno – disse la ragazza, sorridendo alle proprie parole. Ancora una volta Paolo non capì quanto scherzava e quanto era seria.
– Ok, allora… – fece per congedarsi, ma Giulia lo interruppe ancora una volta rapidamente:
– Io però te l’ho detto.
– …Che cosa?
– Come dormo.
La ragazza lo fissava con un sorriso enigmatico. Paolo tacque alcuni secondi.
– Tu non me lo dici? – lo incalzò lei.
– …Di solito non le metto – cedette infine l’uomo, con un sorriso.
– Mh. Immaginavo.
Per qualche istante si fissarono negli occhi, e quelli di Giulia brillavano e sorridevano, e Paolo vi si perse. Poi lei accostò la porticina e lo ringraziò di nuovo, augurandogli buonanotte. Lui mormorò qualcosa in risposta, e si trovò davanti alla porta del bagno chiusa.
Lentamente, si girò e si allontanò. Gli passarono mille possibilità d’azione per la testa. Ne scelse una.
Tornò di fronte alla porta e bussò piano.
– Giulia…
Sentì del movimento, poi la porta si aprì. Non del tutto, solo quel tanto che bastava ad inquadrare lei, in piedi oltre la soglia. Si era tolta il reggiseno, indossava soltanto gli slip.
Paolo guardò brevemente i piccoli seni nudi. Angelina aveva ragione, aveva il seno piccolo, ma la pelle estremamente giovane e distesa, elastica.
– Se ti servono degli asciugamani… cioè li avrai nell’altro bagno… sono nel mobiletto, sotto il lavello… prendili pure.
Giulia attese in silenzio mentre lui spiegava. Aveva quel vago sorriso disegnato sulle labbra sottili ma carnose.
– Anche per il bidè? – gli chiese.
– Sì… dovrebbero esserci tutti.
– Ok.
Giulia guardò il mobiletto, poi tornò a guardare lui:
– Mi aspetti che finisco? Ho quasi finito.
– …Va bene…
Lei richiuse la porta, e lui si chiese perché mai dovesse aspettarla. Eppure attese.
Non ci volle molto. Pochi secondi dopo la ragazzina riaprì la porta, e spense quasi subito la luce. Pochi attimi che bastarono a lui per notare che era senza più gli slip, teneva il costume in mano ed era interamente nuda.
– Accompagnami alla cabina, che è buio.
Lei gli prese un braccio e lo invitò a guidarla. Lui la precedette, facendole strada nella semioscurità della barca. Le lanciò alcune occhiate, e intravide qualcosa del suo corpo nudo, sottile e liscio.
Quando si fermarono erano davanti alla porta della camera delle ragazze, che era chiusa. Giulia gli sorrise:
– Grazie.
Si teneva una mano, quella con in mano il costume, proprio davanti all’inguine. L’altro braccio era disteso lungo il fianco, e per il resto era nuda.
– Di niente – sorrise lui. Le guardò ancora fugacemente il seno nudo.
– Allora buonanotte.
– Buonanotte…
Giulia si voltò, e questa volta lui poté vederle il sedere interamente nudo, con il segno più chiaro del costume, le natiche sode e muscolose, lisce. Era un sedere piccolo, ma di forma bellissima.
Lo guardò finché lei, senza più voltarsi, richiuse la porta alle proprie spalle.

Giulia raggiunse la cuccetta e si infilò sotto il lenzuolo alla destra di Roberta.
– Tutto bene? – le chiese lei con voce assonnata. – Sei stata via un’ora…
– Mi ha accompagnata tuo papà.
– Ah.. ok…
Poco dopo Roberta dormiva di nuovo.

Paolo entrò nella cabina armatoriale, ancora illuminata, e si richiuse la porta alle spalle. Angelina si era infilata per metà sotto il lenzuolo, dal proprio lato, e lo attendeva.
– Ci hai messo una vita – gli disse subito, mentre lui saliva sul letto accanto a lei.
– La luce non andava… non so perché… le ho aperto l’altro bagno.
La donna annuì, guardandolo. Mentre lui si stendeva al suo fianco, allungò una mano sul suo pacco. Trovò il pene allungato e glielo strinse leggermente.
– Sei ancora rigido – osservò.
Paolo sorrise. Era anche un po’ rosso in volto.
– Non mi sono dimenticato di quello che stavamo facendo…
– No, certo – disse la donna. Dopo un attimo chiese: – Giulia era in pigiama?
– N… no, perchè?
La donna si sorprese.
– Come no? E com’era vestita?
– Era ancora in costume… – L’uomo sorrise: – ha detto che non usa il pigiama… fa troppo caldo.
– Dormono nude? – chiese Angelina.
– O forse in costume… non so…
La donna parve riflettere su quell’informazione.
– Vuoi che riprendiamo… – azzardò lui dopo qualche secondo.
– No – lo interruppe subito lei. – Ora sono stanca.
Paolo annuì. Dopo poco Angelina scivolò sotto il lenzuolo, sistemandosi distesa nel letto.
– Magari esco a fumarmi una sigaretta… – disse lui, e suonò come una richiesta.
– Va bene – accordò la moglie. – Scusa, ma sono veramente stanca.
– Lo so. – L’uomo si sporse, le sorrise e le diede un bacio in fronte, delicatamente. Poi si alzò e uscì, mentre lei spegneva la luce.

Paolo ripercorse il corridoio di poco prima, salì le scale, attraversò la dinette e uscì in pozzetto. Si fermò a osservare la serata silenziosa illuminata dalla luna. Le sue sigarette erano accanto all’ingresso: le prese, e se ne accese una. Fumò rivolto verso il mare, di spalle alla dinette.
Quando Giulia gli parlò era appena dietro di lui, e lui non si sorprese.
– Non hai sonno? – gli chiese. Un attimo dopo si fermava accanto a lui, le braccia conserte.
Paolo la guardò brevemente. Aveva di nuovo indosso il bikini.
– Sigaretta serale…
– Buona idea – annuì Giulia.
– Vuoi? – lui le porse il pacchetto.
– Dividiamo – disse lei, alzando la mano verso la sigaretta già accesa. Lui gliela passò e lei fece due tiri, poi gliela restituì.
– Che silenzio – commentò la ragazza. – E che bel fresco.
Paolo annuì. Un attimo dopo, Giulia si slacciò facilmente il reggiseno, e lo posò su un divanetto davanti a loro. Gli chiese di nuovo la sigaretta e fumò a braccia conserte.
– Si sta benissimo.
– Già – concordò Paolo. – Ti dà fastidio anche il costume, alla sera? – osò poi chiederle, con una vena di ironia.
– Tutto. Sto bene senza niente.
– Fai pure – la invitò l’uomo, con un accenno di ironica cavalleria.
Giulia gli restituì la sigaretta, poi si prese gli slip e li calò, sfilandoli dai piedi. Li lasciò sopra al reggiseno.
Paolo guardò l’orizzonte, e la sagoma di Giulia accanto a lui, sempre presente a margine del suo campo visivo.
– Non volevo rovinarvi la serata – disse Giulia dopo un po’.
Paolo sorrise sorpreso.
– Ma… senti proprio tutto?…
– Non è che sento. Mi accorgo – sorrise Giulia.
– Ok… Non importa comunque…
– Insomma.
Paolo la guardò, lei aveva quell’enigmatico sorriso sulle labbra. Guardò di nuovo il mare.
– E’ normale quando si sta insieme da tanti anni – disse infine, con tono un po’ troppo da maestro.
– Grazie papà per la spiegazione… – lo prese in giro subito Giulia. Paolo rise.
– …scusa.
– Io sono giovane. Non posso capire.
– No?…
– No. Io quando ho voglia, scopo.
– Ah… capisco… – l’uomo sorrise, assecondando il gioco. Ma Giulia cambiò registro.
Avanzò di due passi, si girò e sedette sul divanetto di fronte. Era voltata verso di lui, adesso, e poteva vederla nuda. Completamente, nuda.
Giulia allargò le braccia, stendendole sullo schienale. Poi allargò anche la gamba destra, la sollevò, piegò il ginocchio e appoggiò il piede sul cuscino. In questo modo spalancò di fatto le cosce.
Rimase a guardarlo. Paolo diede ancora un tiro alla sigaretta, stupendosi del proprio sangue freddo, poi la spense nel posacenere che aveva con sé. Appoggiò tutto il pacchetto sul divano a sinistra, quindi si chinò e si sedette accanto a Giulia, accanto al suo ginocchio sollevato. L’uomo si chinò in avanti, abbassò il viso fra le cosce della ragazza e le baciò il sesso esposto, inziando subito a leccarlo.
Giulia piegò il capo indietro, socchiuse le labbra, chiuse gli occhi, e ricevette quel meraviglioso servizio. Per diversi minuti l’uomo andò avanti a leccarle la passera, poi si interruppe, salì con la testa e si soffermò a leccarle e prenderle fra le labbra i capezzoli e i seni. A Giulia piacque anche quello, e lo dimostrò muovendosi sotto di lui e sospirando piano.
Di nuovo Paolo si interruppe, e questa volta guardò verso la dinette. Tutto era in silenzio, e fermo e buio, ma lui era in apprensione.
– Chiudi la porta scorrevole – gli sussurrò lei, con senso pratico tutto femminile. Paolo seguì il suo consiglio e andò a chiudere in silenzio.
Tornò da lei, di fronte a lei, e prima che si sedesse lei si raddrizzò, lo prese per il bordo dei calzoni del pigiama, glieli allargò e li calò. Li lasciò scivolare a terra, scoprendogli pacco e gambe. Il pene che dondolò davanti al viso della ragazza, sovrastando i testicoli grossi e villosi, era irrigidito e lungo, sensibilmente piegato all’insù, con la cappella tozza già parzialmente scoperta.
Giulia glielo prese in mano e lo sbucciò delicatamente, ripetendo il gesto tre o quattro volte. Intanto guardava alternativamente lui, rosso in volto e con la bocca socchiusa, e il pene di fronte al proprio viso.
Quando fu certa che il cazzo fosse ben rigido, lo prese per i fianchi e lo invitò a scendere su di lei. Aveva voglia di prenderlo in figa, e glielo mostrò chiaramente, spalancando le ginocchia e trascinandolo a sé.
Paolo fu dentro di lei in un attimo. Lei era bagnata fradicia. L’uomo non trattenne dei singulti, dei brevi mugolii soffocati. Anche Giulia gemette, pianissimo, più piano che poteva. Il membro durissimo si fece largo in lei e si mise prontamente a pompare.
Paolo non ricordava la sensazione di una figa così stretta. Sentiva il cazzo completamente avvolto, gli sembrava di sentire ogni millimetro di parete del suo utero. Si sentì i lombi bollenti, le palle che si contraevano.
Anche Giulia godette di quel cazzo enorme, chiedendosi se era più grosso di quelli dei ragazzi, giovani, con cui era stata. A vederlo non le era parso, ma adesso che lo sentiva dentro si sentiva invadere. Forse era il peso di quel corpo, da uomo maturo, che contribuiva a quell’impressione. Si prese da sola i capezzoli fra le dita, se li torse e gemette piano.
Dopo poche pompate, Paolo, paonazzo e sbuffando, la fissò in volto. Senza riuscire a fermarsi, cercò però di parlarle:
– Hai… prendi… prendi la… pillola?… o altro?…
Giulia lo guardò, chiuse gli occhi godendo di piacere, lo guardò di nuovo. Non gli rispose subito.
– Sì – disse infine – prendo la pillola… Vai…
L’uomo riprese a pompare più forte, aumentò il ritmo. Lei si torse di nuovo i capezzoli. Bastarono pochi altri secondi, e lo sentì irrigidirsi e sbuffare. Il cazzo le sussultò nella figa, e sentì il primo getto di liquido caldo, subito seguito da altri due e poi da altri ancora.
Anche lei venne. Quando gemette, trattenendosi, le uscì quasi un miagolio. Si contrasse su sé stessa, premendo la testa contro il collo di lui, e sussultò insieme a lui, ricevendo lo sperma e godendo a sua volta.
Quando finirono, lui si lasciò andare sopra di lei, corpo nudo contro corpo nudo, e lei ne sentì tutto il peso.
Sentì i peli ruvidi sul petto dell’uomo appoggiati contro la propria pelle, sui propri seni.

Paolo si rialzò circa un minuto dopo. Giulia cominciava a temere che si stesse addormentando. L’uomo era invece ben sveglio.
Si sfilò con cautela da lei, e il suo membro nudo, semirigido, apparve coperto di sperma e umori. Un filo di sperma li unì finché lui non si fu messo in ginocchio. Lei richiuse le cosce e lo guardò da sopra i seni nudi, stesa di fronte a lui.
L’uomo fece un paio di respiri profondi, badando a che non fossero rumorosi.
– E’ meglio che… – iniziò a dire, cercando le parole. Giulia annuì.
– Vai – gli sussurrò. – Io rientro dopo.
Paolo annuì, riflettendo su quella strategia. Sì, aveva ragione, pensò.
La guardò ancora una volta. Allungò una mano e gliela mise su una coscia nuda, liscia, magra. La accarezzò un po’ goffamente.
– Vai – gli disse ancora lei.
– Sì.
L’uomo si alzò e recuperò i calzoni del pigiama da terra. Se li mise, coprendosi il pene umido e ancora un po’ allungato. A quel punto esitò di nuovo, guardandola. Accennò a chinarsi, forse per baciarla.
– Vai – lo interruppe lei, facendo contemporaneamente un cenno con il capo.
Paolo annuì e le augurò la buonanotte, in un sussurro. Quindi si girò e rientrò in barca.
Mentre attraversava la dinette, pensò che non l’aveva nemmeno baciata. Si rese conto che ne avrebbe avuto voglia, ma non osò fermarsi.
Poco dopo era interamente concentrato a rientrare in camera e poi nel letto, facendo il massimo silenzio, come se nulla fosse.

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