Capitolo [part not set] di 5 del racconto Vecchi amici

Questo contenuto è riservato a un pubblico adulto. Proseguendo nella lettura dichiari di avere almeno 18 anni.

Quando entrò in casa venne salutata dal familiare: “E’ questa l’ora di arrivare?” di sua madre.

Seguì il suono della voce fino alla stanza da letto da cui era stato spiccato.

“Sono le sette e un quarto – rispose indicando l’orologio sul comodino – Non mi sembra tardi”.

La madre era seduta davanti allo specchio della toeletta, intenta a allacciarsi un giro di perle attorno al collo.

“Ti sei dimenticata che siamo a cena dalla zia Anna?”, chiese la madre.

Rachele si battè una mano sulla fronte.

“Me ne sono dimenticata, hai ragione – disse – Non potevi chiamarmi per ricordarmelo?”.

Sapeva benissimo quanto la domanda fosse retorica: sua madre sembrava da sempre ignorare l’esistenza dei telefonini, preferendo di gran lunga la comunicazione viso a viso.

Rachele si sentì abbracciare le gambe da dietro, e quando si chinò vide la sua bambina sorriderle gioiosa.

Maya aveva preso dal padre austriaco i capelli biondi e gli occhi azzurri, al contrario di Rachele che aveva sia gli occhi che i capelli castani.

Sollevò la bambina e la prese in braccio, schioccandole qualche bacio sul viso.

La bimba dimostrò il suo apprezzamento con dei risolini.

“Sbrigati, che siamo già in ritardo. Tuo padre sarà qui a minuti”, le ricordò la madre guardandosi per l’ennesima volta allo specchio.

Rachele scosse la testa.

“Mamma, non vengo. Non ho un cazzo di voglia e ho anche un po’ di mal di testa”.

Delle due scuse, la prima era decisamente più vera della seconda.

La madre la guardò come se le avesse annunciato una disgrazia.

“Rachele, lo sai che la zia vuole vedere la bambina – si lagnò – E’ da Natale che non la vede!”.

“Non glielo impedisco mica”, rispose Rachele. Poi si rivolse a sua figlia: “E’ vero che vai dalla zia con i nonni e fai la brava, Maya?”.

La bimba la guardò con espressione contrariata, ma annuì, seppur visibilmente controvoglia.

“Vedi? – disse Rachele rivolta alla madre – Non ci sono problemi!”.

La donna stava per ribattere, ma lo squillo del citofono la zittì.

Scosse la testa, poi tese la mano alla nipote: “Dai, Maya, andiamo, che il nonno ci aspetta giù”.

Lanciò un’occhiata di riprovazione alla figlia e uscirono in silenzio.

Rachele attese che la porta si chiudesse, poi tirò un sospiro e andò in camera sua.

Quando si era separata era stata obbligata a tornare a vivere con i suoi genitori, sia per motivi economici sia per aver qualcuno che badasse alla bimba, ma talvolta non era facile far loro capire che non era più una bambina, nonostante occupasse ancora la stessa stanza che aveva da ragazzina.

Si sedette sul letto e si tolse le scarpe.

Avrebbe approfittato dell’assenza dei genitori per farsi una lunga doccia e per rilassarsi un po’.

La sua mente tornò alla bizzarra proposta che aveva ricevuto solo qualche ora prima.

Ne era ancora turbata, ma la vicenda aveva risvegliato qualcosa dentro di lei.

Per la prima volta da mesi, forse da anni, si era sentita nuovamente desiderata.

Anche il suo comportamento al supermercato ne era stato una conseguenza, quasi come se volesse saggiare la sua capacità di piacere ancora.

Slacciò i bottoni della camicetta e se la sfilò, rimanendo in reggiseno, lo stesso che poco prima aveva offerto alla vista dell’uomo con la maglietta dei Simpson.

Certo, quello era stato una preda facile, ma le aveva fatto piacere.

Così come le aveva fatto piacere scoprire di essere piaciuta a Marco, probabilmente il più bel ragazzo della compagnia.

Si sfilò la gonna e la gettò su una sedia, quindi si alzò in piedi e si portò davanti allo specchio.

Era cambiata anche lei da quelli che erano stati i suoi tempi d’oro, ma non era ancora da buttare via.

Si slacciò il reggiseno e lo lasciò cadere a terra.

Il seno era sempre stato il suo punto di forza e tutt’ora si difendeva con dignità. Portava una terza piena ed era ancora rotondo e regolare.

Non poteva dire lo stesso del suo sedere, che con gli anni e soprattutto con la gravidanza era leggermente lievitato.

Diede le spalle allo specchio e lo osservò con sguardo critico.

Si vedeva anche una smagliatura.

Si sfilò anche le mutandine e tornò a rimirarsi frontale.

Forse avrebbe dovuto rasarsi la sottile striscia di pelo che ancora portava sul pube. Le sue frequentazione della palestra, pur scarse, le avevano insegnato che non si usava più e che avrebbe fatto meglio a togliere tutto.

Per chi, però?

Il suo ultimo compagno di letto risaliva a circa sei mesi prima, quando al termine della cena di Natale del suo ufficio si era intrattenuta a casa di uno dei camerieri.

Nè l’esperienza, né il nome del ragazzo erano stata degne di essere ricordate.

Si passò una mano sulla pancia.

Aveva ancora una bella pelle ed era lieta di non aver mai ceduto alla tentazione di deturparla con tatuaggi o piercing.

Alcune ragazze ormai sembravano dei collage umani tanto erano ricoperte di immagini e simboli, in alcuni casì era difficile riconoscere le loro forme.

Si rimirò ancora.

E così Francesco e gli altri avevano pensato che quello spettacolo sarebbe stato all’altezza di un addio al celibato?

Ancheggiò davanti allo specchio e mandò un bacio ad un invisibile pubblico.

Forse non era così da buttare, in fin dei conti.

Si passò una mano su un seno, provocandosi un leggero brivido.

Era contenta di sua figlia e sarebbe morta per lei, ma si era trovata troppo presto a fare la mamma, per di più senza esserci portata.

Tante ragazze fin da giovani sognano di sposarsi ed avere figli, lei invece avrebbe voluto solo divertirsi ancora un po’, come quello stronzo di Joseph, il padre di Maya.

Lui era tornato in quel di Innsbruck a spassarsela, mentre lei cresceva la bambina anche per lui.

Si toccò l’altro seno.

Era una donna ancora giovane e carina, avrebbe meritato di passare le serate con dei ragazzi, non con una bambina e i genitori.

La mano si abbassò e sfiorò la fessura tra le grandi labbra.

Joseph sarebbe stato un po’ geloso se avesse saputo che la sua ex donna era ambita per uno spettacolo sexy?

Accennò qualche passo di danza davanti allo specchio, cercando di guardarsi con occhi maschili.

Lanciò uno sguardo provocante, si passò una mano tra i capelli e poi di nuovo giù, sul suo pube ormai leggermente umido.

Diede un bacio alla sua immagine riflessa e affondò leggermente il dito.

Si stava eccitando.

In quel momento le venne in mente il cetriolo che aveva comprato un paio di ore prima facendo la cretina al supermercato.

Non le piaceva da mangiare, magari le sarebbe piaciuto in altra maniera?

Uscì dalla stanza e si portò nel tinello, dove aveva posato le borse della spesa.

Era nuda e si chiese come si sarebbe giustificata se i suoi fossero rientrati in quel momento, magari a causa di un capriccio della bambina.

In nessuna maniera: era adulta, aveva ben il diritto di aggirarsi per casa sua come voleva, no?

Anzi, avrebbe anche potuto dire ai suoi: “Signori, volevo masturbarmi. Qualcosa in contrario?”.

Prese il cetriolo e lo portò in camera.

Sì, certo, se li vedeva i suoi a guardare la tv mentre lei si toccava nella stanza accanto…

Si sdraiò sul letto e cercò di cambiare pensiero.

Guardò l’ortaggio che stringeva in mano.

Era grosso, soprattutto ora che aveva deciso come utilizzarlo.

Chi era stato il ragazzo più dotato con cui era stata?

Sicuramente il dottor Morris.

Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi.

***

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