Capitolo [part not set] di 5 del racconto Vecchi amici
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[Photo credit immagine di copertina]

Rachele posteggiò l’auto davanti al bar e diede un’ultima controllata al trucco usando lo specchietto retrovisore.

Erano sette, otto anni che non incontrava Francesco e ci teneva a fare bella impressione.

Per l’occasione aveva anche indossato una gonna corta e una camicetta aderente.

Si diede un’ultima passata di rossetto, uscì dall’auto e entrò nel bar.

Non c’era molta gente e non ci mise molto a individuare il suo vecchio amico.

Lui stava guardando il telefonino, ma quando alzò lo sguardo e la vide il volto gli si illuminò con un sorriso.

“Eccoti, siediti. Sono contento di vederti!”, disse.

Rachele gli diede la mano, si scambiarono due baci sulla guance e si sedette di fronte a lui.

“E’ da una vita che non ho più notizie, non sei su Facebook”, disse lui.

“No, non fa per me. Avevo provato per qualche settimana, ma poi mi sono cancellata”, rispose lei.

“Allora? Che mi racconti? – la incalzò Francesco – Non stai più con Federico, mi pare”.

Lei scosse il capo.

“No, da una vita”.

La sua relazione con Federico era stata la causa dell’allontanamento da Francesco e dallo storico gruppo di amici.

Federico, suo fidanzato all’epoca, aveva aperto un negozio di abbigliamento con Marco, altro ragazzo del gruppo, ma nel giro di un anno avevano chiuso, con reciproche accuse di aver sottratto soldi dalla cassa.

Il gruppo aveva fatto quadrato attorno a Marco, Federico aveva smesso di frequentarli e di conseguenza anche Rachele.

Ironicamente, meno di un anno dopo si erano lasciati, ma lei non si era sentita di riallacciare i vecchi rapporti; in quel momento si stava chiedendo perché non l’avesse fatto.

Orgoglio, forse.

“Dopo di lui sono stata con Joseph, un ragazzo austriaco conosciuto sul lavoro, e abbiamo avuto anche una bambina, Greta, che ora ha due anni”, disse lei.

Francesco sorrise: “Bene, mi fa piacere. Ma hai detto sono stata. Non state più assieme?”.

Rachele annuì.

“Ci siamo lasciati circa un anno fa ed è ritornato in patria. Le cose non andavano più bene e neppure la bambina è servita a unirci. Cose che capitano…”, commentò con una punta di amarezza.

“Mi spiace”, disse Francesco, e interruppe l’imbarazzo ordinando due caffè.

Il cameriere li servì in qualche minuto.

“Mi hai scritto che volevi parlarmi. Di cosa si tratta?”, chiese lei, riferendosi al messaggio con cui Francesco l’aveva contattata qualche giorno prima.

“Ecco, la reputerai una stronzata, ma volevo farti una proposta”, disse Francesco, visibilmente imbarazzato.

Rimestava il caffè senza guardarla negli occhi.

“Dimmi”, chiese Rachele.

Sperava in una proposta lavorativa, visto che faceva part time e i soldi erano sempre pochi.

“Marco si sposa, lo sapevi?”, domandò Francesco, apparentemente cambiando argomento.

“No, non lo sapevo. Con Giovanna?”, chiese lei, menzionando la fidanzata storica di lui.

“Esatto. Dopo dieci anni, lei le ha imposto un ultimatum: o la sposava, o lei l’avrebbe lasciato. E così si sposano”.

“Sono contenta per loro, sono una bella coppia. Ma cosa c’entra questo?”.

“Ecco, ci siamo trovati con gli altri l’altra sera per organizzare l’addio al celibato. Non sapevamo bene cosa fare per non cadere nel solito clichè. Sai, la spogliarellista che esce dalla torta e cose del genere”.

“Certo – confermò Rachele – Anche perché secondo me sono anche tradizioni superate. Cosa avete deciso?”

“Abbiamo vagliato varie possibilità, poi ci è venuta un’idea che, pur apparentemente stupida, piano piano ci ha convinti tutti quanti”.

“Quale idea sarebbe?”, domandò Rachele curiosa.

Francesco si grattò la testa prima di rispondere, poi disse tutto d’un fiato: “Abbiamo pensato a te”.

Rachele strabuzzò gli occhi.

“Avete pensato a me per cosa?”.

“Per l’addio al celibato…come spogliarellista”.

Sorrise troppo apertamente per nascondere l’imbarazzo.

Rachele deglutì la saliva e si guardò attorno, rossa in volto.

“Ma che cazzo dici? Per chi mi avete presa?”, chiese abbassando la voce.

“Lo so, è una cazzata – rispose Francesco, anche lui sottovoce – Però mi sono detto: glielo chiedo, al massimo dice di no. E così te l’ho chiesto”.

“E così ti dico di no. Ma come è venuto fuori il mio nome?”, chiese Rachele incrociando le braccia sul petto.

“Perchè una sera stavamo parlando con Marco, e lui ci ha detto che tu sei stata sempre il suo sogno erotico”.

Rachele scoppiò a ridere.

“Ma cosa dici? Anzi, gli sono sempre stata sulle balle!”.

“Certo. Ma questo non vuol dire che tu non gli piacessi come donna. Lui è anche convinto che tu l’avessi capito e si è dispiaciuto della fine del rapporto di lavoro con Federico perché così non ti ha più vista”.

Rachele scosse il capo, accompagnando il movimento con una risatina nervosa.

“No, non mi ero accorta di nulla”.

“Allora si sbagliava. Comunque Marco non è l’unico a pensare che tu sia molto carina”, aggiunse timidamente Francesco.

“Franz, mi fa piacere sentire certe cose, ma non sono fatta per certe cose”.

Francesco sorrise sbieco.

“Lo immaginavo, ma ci ho provato lo stesso. Boh, vorrà dire che risparmieremo. Spero tu non ti sia offesa”.

Rachele fece cenno di no con il capo, ma si vedeva che mentiva.

“Mi ha fatto piacere vederti – disse alzandosi in piedi e tendendogli la mano – Saluta gli altri e fai gli auguri a Marco per le nozze. Vado a fare la spesa”.

Francesco le strinse la mano, abbozzando un tentativo di farla rimanere ancora qualche minuto.

Lei lo salutò con la mano e uscì dal bar.

Rachele montò in auto e tirò un grosso sospiro, quindi avviò il motore.

Al primo semaforo abbassò il finestrino e si accese una sigaretta.

Come era venuto loro in mente di proporle una cosa del genere?

Ora era una mamma, una donna adulta, non più una ragazzina.

Ingranò la marcia e attraversò la piazza.

Da giovane aveva avuto qualche momento un po’ selvaggio, effettivamente.

Come quella estate in Costa Azzurra, ospite di sua zia.

Un tizio l’aveva agganciata sulla spiaggia una mattina.

Aveva una trentina di anni, due baffi fuori moda e si era presentato come Didier, proprietario di una discoteca in cui quella sera si sarebbe svolta l’elezione di Miss Mentone.

L’aveva invitata a sfilare.

Lei aveva accettato subito, e solo quando la passerella era imminente aveva scoperto che la serata era sponsorizzata da una nota marca di biancheria intima e la sfilata sarebbe avvenuta con quell’abbigliamento.

Le altre ragazze non avevano fatto una piega, e così lei si era adeguata per non fare brutta figura.

Ricordava l’imbarazzo quando aveva messo piede sulla pista, vestita solo di un reggiseno e un perizoma bianchi, con migliaia di ragazzi urlanti e pieni di alcool attorno a lei.

Aveva trattenuto il fiato e aveva camminato guardando dritta davanti a sé, cercando di isolarsi dal mondo.

Non aveva vinto, ma la serata non era terminata in discoteca.

Dopo la chiusura, lei, la vincitrice – una bellissima ragazza svedese – e un’altra ragazza si erano recate a casa del proprietario della discoteca.

Si erano gettate nude in piscina e si erano abbeverate da grosse bottiglie di champagne, o almeno quello era sembrato.

Il mattino dopo si era svegliata nel letto di Didier.

Era ancora nuda, e ai suoi lati dormivano il padrone di casa e un altro ragazzo, anche loro senza vestiti.

Si era vestita, aveva chiamata un taxi ed era tornata a casa.

Qualche giorno dopo aveva incrociato Didier che correva sul lungomare.

“Ho una proposta da farti – le aveva detto lui dopo averla salutata – Sono socio di uno strip club a Jean Le Pen, vorrei tu ti esibissi da me”.

Lei gli aveva sorriso e aveva scosso il capo.

“Mi piacerebbe, ma non posso”, aveva risposto.

“Perchè? – aveva domandato lui – Saresti perfetta: hai un bel corpo, ti muovi bene e sei tremendamente sexy. Guadagneresti un sacco di soldi”.

“Perchè sono minorenne”, aveva risposto lei con una risatina maliziosa.

Gli aveva dato un bacio sulle labbra e se ne era andata, divertita dallo stupore dell’uomo.

Certo, erano altri tempi.

Da quel momento erano passati oltre dieci anni e, soprattutto, era intervenuta una gravidanza.

Ora era un po’ più rotonda e molto meno spregiudicata.

Posteggiò l’auto davanti a un minimarket, prese un carrello e si avventurò tra i banchi.

Che sorpresa era stato scoprire che Marco fosse un suo ammiratore!

Non se ne era mai accorta, né di lui né che Francesco – glielo aveva detto tra le righe poco prima – condividesse il pensiero dell’amico.

Entrambi avevano sempre avuto delle belle ragazze, era lusingata di essere entrata nei loro pensieri.

Prelevò due pacchi di biscotti per la figlia e uno di fette biscottate per sé.

Sarebbe cambiato qualcosa a quei tempi se avesse saputo di piacere ai due ragazzi?

Pensò a quella volta che Federico l’aveva lasciata sola per un intero week end per andare a vedere il motomondiale in Olanda e lei era rimasta sola in casa per tutto il tempo.

A saperlo, magari avrebbe invitato uno dei due….

Prese una bottiglia di bianco e una di rosso e le poggiò nel carrello, scacciando quel pensiero.

Doveva essere incazzata con loro; perché Francesco le aveva fatto quella proposta?

Pensava che avrebbe accettato?

O forse voleva togliersi un dubbio, un “o la va, o la spacca”?

Tanto cosa gliene fregava? Non si vedevano da anni e ora probabilmente non si sarebbero più visti, valeva la pena correre il rischio.

Si spostò nel reparto formaggi e notò con la coda dell’occhio un uomo girare l’angolo qualche passo dietro di lei.

L’aveva già notato prima, perché indossava una ridicola maglietta dei Simpson, decisamente poco appropriata per un uomo molto prossimo ai cinquanta.

Si voltò verso di lui e l’uomo distolse lo sguardo, concentrandosi in maniera esagerata su una fetta di fontina.

Rachele si allontanò di qualche passo e osservò che l’ombra dell’uomo si stava muovendo assieme a lei.

Sorrise senza farsi notare. Evidentemente quello era il giorno degli ammiratori.

Puntò un panetto di burro su un ripiano basso e lo prelevò piegandosi in avanti, in modo da offrire all’uomo uno scorcio sul suo sedere.

Lo depositò nel carrello e si chiese cosa stesse facendo.

Stava cercando di provocare uno sconosciuto?

Perché? Non le piaceva neppure, anzi, le faceva proprio schifo.

Però era divertente.

Si fece seguire nel reparto successivo, quello delle verdure.

Tastò con indifferenza delle carote, poi si spostò verso la cesta dei cetrioli.

Non ne aveva bisogno, non le piacevano neppure, però la divertiva immaginare quali pensieri avrebbe provocato a quell’uomo.

Ne prese due, li soppesò con attenzione, quasi come se li stesse cercando di una dimensione precisa, quindi li mise nel carrello.

Sarebbero costati pochi centesimi, ma l’espressione che vide sulla faccia dell’uomo le confermò che non si sarebbe pentita della spesa.

Si voltò per non scoppiargli a ridere in faccia, quindi si indirizzò verso le casse, sempre marcata ad uomo dal signor Simpson.

Non c’era molta gente e l’uomo si posizionò nella cassa alla sua sinistra, in modo da poterla guardare apertamente.

Ora non sembrava più preoccupato che lei lo notasse.

Rachele accostò il carrello al nastro trasportatore e si chinò per prelevare un articolo dal carrello.

Così facendo la camicetta si staccò dal suo corpo e istintivamente sollevò una mano per coprirsi il petto, ma si fermò prima di completare il movimento.

Chinata in quella maniera, stava offrendo all’uomo una vista esclusiva sul suo reggiseno.

Poggiò il pacchetto sul nastro trasportatore e prelevò un altro oggetto, compiendo lo stesso movimento di prima, senza alcuna fretta.

Quando ebbe spostato tutti gli articoli accanto alla cassa senti che il cuore le batteva forte.

L’uomo non aveva smesso di guardarla, ma era più indietro di lei e si stava affrettando a svuotare il carrello.

Rachele pagò con il bancomat e si allontanò rapidamente.

Si era divertita a provocare quell’uomo, ma non era il caso che lui la seguisse anche fuori dal supermercato.

Salì in macchina e scosse la testa.

Si era ridotta così, a fare la stupidina con i cinquantenni?

Era quello il suo target ora?

Partì e si accese una sigaretta.

Marco e Francesco erano ancora degli uomini attraenti, forse poteva ambire a qualcosa di meglio del signor Simpson.

“Fatti furba e pensa che hai una figlia”, si disse.

***

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