di Valery92

[Photo credit immagine di copertina]

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Ho deciso di raccontarvi una storia un po’ diversa da quelle che sono solita scrivere.

A differenza di altri miei altri racconti, che sono quasi tutti inventati al novanta – novantacinque per cento circa, questo è assolutamente vero.
Probabilmente non sarà spinto o molto eccitante rispetto a quelli cui voi (carissimi lettori e lettrici) siete abituati; ma per me rappresenta una specie di inizio. Inizio di che cosa non lo so ancora; magari muore qui, ma chi vivrà vedrà.

Si tratta di una piccola trasgressione a cui mi sono abbandonata in un momento che sarebbe stato, altrimenti, assolutamente normale.

Per Pasqua, io e alcune mie amiche ed amici, siamo andati in un parco pubblico a trascorrere il pomeriggio. Una volta giunti sul posto ci siamo accampati alla meno peggio con coperte e teli e ci siamo messi ad ammazzare il tempo.
Fin qui tutto assolutamente normale. Chiacchiere, sole e qualche gioco più o meno impegnato. La compagnia è piacevole e mi sono persino divertita a rincorrere e a tirare il frisbee.

Dopo un po’, però, mi butto a pelle di leopardo sul telo a prendere il primo sole di primavera. Più passa il tempo, meno mi sento presa dalla conversazione e più sprofondo in una specie di torpore.
In quello stato semi vegetativo mi metto a fare un po’ di giri mentali tra me e me giusto per non addormentarmi del tutto. La giornata è perfetta, ma inizio lo stesso ad elencarmi tutte le cose che potevano andare meglio oppure in modo diverso.

Penso al fatto che si poteva quasi andare in spiaggia. Forse non è ancora tempo di tirare fuori il costume, ma si sarebbe potuta fare una passeggiata. Immediatamente mi vengono a galla i ricordi dell’estate precedente: sole, ragazzi, partite a beach, l’ennesimo nuovo pareo da comprare, aperitivo sotto l’ombrellone e ragazzi (non è un errore di ripetizione, razza di perfettini che non siete altro).

Poi passo al gioco del frisbee di prima. Non me la sono cavata male, l’ho sempre preso al primo colpo usando una mano sola e non ho sbagliato quasi mai un lancio. Penso, tuttavia, che i miei amici si ricorderanno dell’unica volta che tirando il frisbee ho preso un albero lì vicino. L’albero era,  però, alle mie spalle. Stavo per tirare il frisbee caricando il braccio all’indietro, ma mi è partito accidentalmente e a quanto pare ha fatto un volo niente male prendendo l’albero alle mie spalle.
Avessi avuto un coltello avrei sicuramente ammazzato qualcuno.

Mentalmente glisso sulla mia scarsa prestazione e inizio a pensare a cosa avrei potuto fare ancora.
Inaspettatamente riaffiorano alcuni dettagli dei racconti che ho scritto e letto in giro per la rete. Chissà se questo fosse stato un vero racconto cosa sarebbe potuto accadere? Magari mi sarebbe venuto uno spunto per iniziarne uno nuovo.

Mezza assopita mi guardo attorno. Alcune mie amiche chiacchierano prendendo il sole. Altri guardano non so cosa da un cellulare; ma sembra divertente a giudicare dalle risate. Il resto della gente invece passeggia, si diverte e fa un mucchio di cose. Il parco in fondo è piuttosto affollato. Le api ronzano, le farfalle volano e c’è odore di erba un po’ ovunque; insomma situazione bucolica al massimo.

Attentamente vado alla ricerca di chissà quale situazione che mi possa ispirare per buttare giù due righe, ma niente di particolare attira la mia attenzione.  Desisto da quello sforzo creativo e ritorno a oziare sotto il sole. In fondo non si sta affatto male.

Mentre ozio mi appoggio un braccio sulla faccia per ripararmi gli occhi dalla luce diretta del sole e mi metto a osservare da vicino i miei braccialetti. Ne ho diversi argentati, rosa e lilla. Due-tre ciondoli che conosco a menadito e che non ho voglia di guardare. Poi passo a guardarmi la punta dei piedi, così, senza motivo. Per guardarli meglio ne alzo uno. Per fortuna l’erba non ha macchiato le scarpette, noto con sollievo.

Ad un tratto riabbasso il piede all’improvviso. Mi sto quasi dimenticando che porto la minigonna e che mettendomi ad alzare le gambe si sarebbe potuto vedere tutto. Al diavolo tutti gli altri guardoni. Mentre penso a quella seccatura mi viene subito in mente come iniziare il nuovo racconto. L’ispirazione nasce veramente dal nulla.

Sempre sdraiata sotto il sole mi immagino una storia di guardoni più o meno invadenti rispetto alla mia povera persona; ma non riesco a decidermi su nulla di preciso. Continuo a pensare a vuoto fino a quando mi viene in mente che avrei magari potuto fare qualcosa di alternativo. Un qualcosa di meno immaginario e più concreto. Ho letto troppi racconti su internet e già so cosa avrei potuto fare. Sarebbe stato alternativo e sicuramente avrei collezionato qualche emozione. Speriamo almeno nessuna figuraccia.

Quasi mi viene una fitta allo stomaco e poi una sensazione familiare di soddisfazione mi pervade. Avrei potuto ricercare attivamente io l’attenzione di qualche guardone. Sarei stata io per una volta la cacciatrice. Mi rialzo sul telo pronta all’azione.

Saluto la compagnia dicendo che vado a fare un giro del parco tanto per sgranchirmi le gambe. In realtà voglio andarmene in un posticino tranquillo dove fare il mio numero di magia; il più possibile lontana da chi mi conosce.
Prendo la borsetta e mi incammino. Mentre passeggio mi guardo attorno per cercare un luogo appartato dove attuare la mia recentissima fantasia. Quasi non sto più nella pelle.

Dopo un po’ individuo un paio di posti adatti. Il bagno pubblico, che è una di quelle cabine mobili di plastica piuttosto bruttine che ultimamente sembrano spuntare fuori sempre più spesso un po’ ovunque. C’è anche una siepe che corre lungo tutto il confine del parco e che è quasi a ridosso di un muretto di recinzione.
Opto per la siepe; c’è più spazio e inoltre odio i bagni pubblici perché puzzano sempre troppo.
Cerco un varco tra le foglie e mi ci infilo. Dall’altra parte non mi può vedere quasi nessuno. Quasi mi metto a sogghignare per l’euforia del momento. Così con una mossa fluida mi tiro su la minigonna e mi sfilo le mutandine facendo attenzione che non si sporchino con le scarpette. Poi mi rimetto a posto la gonna e mi infilo le mutandine nella borsetta. Sempre altrettanto velocemente mi tolgo la maglietta, mi sfilo anche il reggiseno e mi rimetto la maglietta.

Ora sono pronta per il mio spettacolo, ma prima faccio qualche prova camminando, accovacciandomi, sedendomi e rialzandomi per controllare che ci sia la possibilità per altri di riuscire a sbirciarmi sotto la mini. Anche le tette sono libere di muoversi, ma la maglietta è scura e non si nota molta differenza.

Riattraverso la siepe. Quasi mi aspetto di vedere una folla che ha visto tutto e che mi guarda come fossi una zoccola. Invece niente. Tutti camminano e si riposano come se niente fosse. Decido di non demordere e mi faccio una vasca per i sentieri del parco.
Nonostante sia vestita (a parte l’intimo) mi sento come se fossi nuda. Devo essere sicuramente tutta arrossita o forse è colpa del troppo caldo? Guardo la gente che incrocio camminando e mi stupisco che nessuno mi fissi o peggio. Dopo un po’ che cammino mi rendo conto che sono piuttosto ridicola a imbarazzarmi per una cosa di cui nessuno sa nulla; così decido di cambiare strategia.

Mi cerco un punto un po’ affollato e mi siedo su di una panchina. C’è molto traffico di passanti e neanche ad un tiro di sasso da lì ci sono dei ragazzi che stanno facendo una partita di calcetto improvvisata in mezzo al parco.
Mi metto a guardarli ansiosa di essere notata anche io. Tengo le gambe ben divaricate in modo da essere ben sicura che la mia micetta non passi inosservata.
I minuti passano, ma quei ragazzi neanche mi degnano di uno sguardo. Sbuffo; pensavo sarebbe stato tutto più immediato. I passanti invece mi guardano appena come si guarda chiunque incroci il tuo cammino per strada.

Dopo un po’ allungo le braccia sulla spalliera della panchina e tento di distendermi un po’. Faccio scendere il bacino giù per la panchina facendo sì che la mini rimanga un po’ su, scoprendomi le gambe.
Continuo con quel lento movimento fino a quando non ho mostrato un bel pezzo di coscia, poi mi fermo. Non voglio mettermi proprio a culo nudo in quel posto. Voglio mostrare qualcosa, ma di certo non ci voglio mettere un cartello indicatore alto cento metri che dice: “attenzione passera nuda”.
Il guardone se lo deve guadagnare il suo pane. Se mi spoglio tutta che gusto c’è? (Immagino solo vergogna). Oltre al fatto che non avrei mai fatto una cosa del genere, così palese.
Diciamo che l’idea di essere scoperta così per caso è per me molto più eccitante.

Me ne sto a crogiolarmi sotto al sole ancora un altro po’. Sempre su quella panchina, a fare la figura della cretina probabilmente. Con la coda dell’occhio noto che qualcuno di quelli che passano si sofferma a guardarmi; ma in fondo sono pur sempre una bella mora con la minigonna. Insomma non mi sembrano occhiate diverse da quelle a qui sono abituata. E quindi ci rimango un po’ male.
È possibile che non ci sia nessuno che provi ad attaccar pezza con me? Nessuno di quei ragazzi che giocano che si fermi improvvisamente a guardare sbalordito nella mia direzione? Pensavo ci fossero più persone maliziose e guardone nel mondo. Che delusione.

Sono ancora lì sulla panchina che penso al da farsi quando decido di cambiare postazione; probabilmente lì non pescherò alcune pesce (ho persino fatto la battuta).
Mi alzo e mi controllo la minigonna. È ancora abbastanza sollevata, ma nulla di troppo vergognoso. Mi metto la borsa a tracolla e continuo la vasca prestando attenzione alla gente che incontro.

Valuto attentamente le mie prede. Ci sono alcuni ragazzi e ragazze che prendono il sole vicino ad una panchina dove posso sedermi. Valuto bene la situazione; sicuramente una delle ragazze potrebbe notarmi e magari attirare l’attenzione dei suoi amici, ma altrettanto sicuramente poi nessuno di quei ragazzi per timore proverebbe ad attaccar pezza con me quindi non va bene e continuo il giro.

Dopo un po’ centro l’obiettivo. Vicino a una fontanella ci sono quattro panchine disposte di fronte due a due, con al centro due mini tavolini che non ho ben capito che funzione dovrebbero avere tanto sono minuscoli. L’importante è che due di quelle panchine sono occupate da signori che chiacchierano.
Mi fiondo subito su una delle panchine libere e mi ci siedo bene a gambe aperte. C’è il mio regalo di natale tra quelle panchine. Non so perchè quando sono eccitata stringo le gambe e me le sfrego tra loro; ma in questo momento devo fare esattamente il contrario.

Mi batte forte il cuore per l’emozione. A neanche due metri di distanza non posso non farmi notare. Ora il problema è quello di far finta di nulla, così tiro fuori il cellulare e mi metto a giocare tanto per tranquillizzarmi un po’.

La mia partita a Tetris non va bene neanche un po’. Perdo una partita dietro l’altra, ma non voglio perdere il momento in cui uno di quei signori si accorgerà del mio numero di magia; così li spio in continuazione.

Passati dieci minuti non sono più eccitata, ma quasi spazientita e mi è quasi passata la voglia di fare l’esibizionista. Che sia costretta a tirarmi su la minigonna e a ballare in mezzo a quella gente per farmi notare? Accidenti, pensavo fosse una cosa così semplice.
Non c’è uno di quei signori che mi fissi o che rimanga sbalordito o divertito. A parte qualche occhiata che mi sembra assolutamente normale per gente che si guardi attorno come fa chiunque, non sono riuscita a collezionare un bel nulla.
Adesso sento un po’ di amarezza. Mi ero così eccitata all’idea di quella piccola avventura che adesso mi sento quasi tradita, delusa in parole povere. Come quando ricevi un regalo che fa schifo.

Siccome oramai è passata più di mezz’ora, decido di tornarmene dalla amiche. Sono un po’ piccata e decido di tentare il tutto per tutto. Mi alzo dalla panchina e mi tiro ancor più su la minigonna.
Passo in mezzo a quei signori e vado per bere dalla fontanella.
Con movimenti lenti e decisi mi chino quasi a novanta gradi. Non ho idea di quanto sto mostrando e quanto sia ancora nascosto con precisione, ma apro il rubinetto e inizio a bere. Saranno passati circa venti secondi quando smetto di bere. Volto la testa leggermente di fianco per vedere se il pubblico ha gradito oppure no, ma non scorgo nulla di preciso, oppure l’eventuale pubblico è stato più veloce di me.
Mi risistemo la minigonna e torno dagli amici.

Sulla strada del ritorno mi fermo nel bagno pubblico e mestamente mi rivesto. Avrei potuto anche essere stata invisibile quel giorno. Non sarebbe cambiato nulla. Come un sabato sera che ti vesti e ti trucchi a tiro e nessuno ti caga mezzo. Uguale. Spero almeno con il numero della fontanella di aver fatto centro. Ma visto che non ho potuto accorgermi di nulla, anche se avessi fatto un punto è come se non contasse.

Che pomeriggio del piffero. Chissà se i miei amici stanno ancora giocando col frisbee. Quello si che è divertente.

Qui si conclude il mio debutto da esibizionista. Piuttosto fiacchino, vero? Non nascondo che mi sarebbe piaciuto che potesse succedere qualcosa di più o meno piccante. Dal saluto ammiccante di un passante o all’approccio di un perfetto sconosciuto. Magari poteva finire che ce ne andavamo tutti e due dietro la siepe a scopare come ricci o magari il tipo non mi sarebbe garbato neanche un po’ e gli avrei dato un due di picche.

Magari in futuro ci riprovo, ma sicuramente non subito almeno.

Bye.

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